Turismo, gli aiuti in arrivo per il settore: superbonus 80% e fondo perduto

Sono in arrivo varie misure per il settore del turismo: si va dal superbonus 80% al fondo perduto dai 40 mila ai 100 mila euro. E le strutture beneficiarie non sono solo gli alberghi, ma verranno incentivati anche i villaggi turistici, i campeggi e le strutture termali per interventi di ristrutturazione, efficientamento energetico e di adeguamento alla digitalizzazione delle strutture stesse.

Chi potrà beneficiare degli aiuti a fondo perduto e del superbonus 80% del turismo?

Ampio è il novero delle strutture del turismo che potranno beneficiare dei nuovi contributi a fondo perduto e del superbonus 80%. Rientrano nei finanziamenti gli alberghi, gli agriturismi, i villaggi, i parchi a tema, i campeggi e le strutture termali.

Per quali interventi si può ottenere il superbonus 80% e i contributi a fondo perduto nel turismo?

Gli interventi che danno luogo alla possibilità di ottenere il superbonus 80% e i contributi a fondo perduto per le strutture turistiche sono vari. Nel dettaglio:

  • l’efficientamento energetico;
  • la messa in sicurezza antisismica, inclusi gli interventi di ristrutturazione annessi;
  • le rimozioni delle barriere architettoniche;
  • la costruzione di piscine termali e le attrezzature inerenti;
  • gli oneri sostenere per digitalizzare le strutture.

Un’importante novità dei contributi che, a breve, potranno essere alla portata degli operatori del settore turistico è che gli aiuti riguarderanno non solo i nuovi interventi e le nuove costruzioni, ma anche gli interventi che risultano già in corso nel momento in cui è entrato in vigore il decreto del Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Pnrr). Resteranno esclusi nel 2021 dai bonus solo quegli interventi iniziati e già conclusi all’entrata in vigore del decreto.

Incentivi sul turismo: superbonus 80% e contributi a fondo perduto da usare entro il 2024

Gli incentivi sul turismo scatteranno entro la fine del 2021 e potranno essere utilizzati per interventi da effettuare entro il 2024. Nello specifico, gli operatori del turismo potranno optare per il superbonus 80% e i contributi a fondo perduto. Nel caso del superbonus, si tratta di un credito di imposta che matura fino all’80%. L’importo calcolato può essere utilizzato in compensazione e per quote costante nei 3 periodi di imposta susseguenti a quelli in cui sia stato realizzato l’intervento. I contributi a fondo perduto, invece, possono arrivare all’importo di 100 mila euro per ciascun intervento.

Superbonus 80% turismo, come funziona?

Il superbonus 80%, che dà diritto al credito di imposta, può essere richieste dalle strutture rientranti nel settore del turismo per interventi relativi alla progettazione di lavori, per aumentare l’efficienza energetica, per lavori di impianto delle piscine termali, per le attrezzature e apparecchiature, per interventi antisismici o barriere architettoniche e sui costi per la digitalizzazione.

Fondo perduto al turismo, quanto si può ottenere?

Per il fondo perduto al settore del turismo si parte da 40 mila euro. L’importo può essere aumentato di altri 30 mila euro per interventi inerenti l’innovazione delle strutture per spese tecnologiche e per la digitalizzazione. La quota minima per ottenere il contributo aggiuntivo deve essere pari al 15% delle spese di innovazione tecnologica e digitalizzazione sul totale dell’intervento. Ulteriori 20 mila euro possono essere concessi in presenza di imprenditoria femminile e di giovani. Infine altri 10 mila euro possono incrementare l’importo del fondo perduto per interventi in strutture del turismo delle seguenti regioni: Sicilia, Sardegna, Puglia, Molise, Campania, Calabria, Basilicata e Abruzzo.

Fondo perduto turismo, quali sono i limiti?

Il fondo perduto per il turismo può avere come importo massimo (40 mila euro minimi, 30 mila per spese tecnologiche e digitali, 20 mila per donne e giovani, 10 mila per le regioni del Sud) fino a 100 mila euro. È previsto il limite del 50% della cifra accordata come fondo perduto sul totale del costo complessivo dell’intervento. Per le imprese che ne faranno richiesta, il contributo a fondo perduto verrà accreditato in un’unica soluzione. Si può ottenere, su domanda, un anticipo fino al 30% di quanto spettante.

Come si può presentare domanda per il superbonus 80% e per il fondo perduto al turismo?

Per la presentazione delle domande del superbonus 80% e del fondo perduto, nonché sulle modalità operative per presentare l’istanza stessa, è necessario attendere le disposizioni del ministero del Turismo. Le modalità, infatti, verranno comunicate con un avviso entro 30 giorni dall’entrata in vigore del decreto sul Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). L’istanza dovrà essere trasmessa in via telematica.

Bonus affitti, il quadro RU per indicare gli aiuti ricevuti nel 2020

Con l’emergenza sanitaria, il legislatore ha previsto delle agevolazioni per sostenere autonomi e imprese dai danni causati dalla crisi. Una delle varie misure è stata il credito di imposta per i canoni di locazione pagati nell’esercizio dell’attività. Anche per il bonus affitti, dunque, è necessario indicare gli aiuti ricevuti nel quadro RU del modello.

Affitti, il primo bonus del 2020 da dichiarare nel quadro RU: il credito d’imposta per botteghe e negozi

Un primo aiuto sugli affitti, all’inizio della pandemia, è stato previsto dall’articolo 65 del decreto legge numero 18 del 2020. Il credito d’imposta per i canoni di locazione delle botteghe e dei negozi, è stato utilizzato dalle attività a partire dal 25 marzo 2020. Ai beneficiari è stato garantito un credito d’imposta pari al 60% dell’ammontare del canone di locazione relativo al solo mese di marzo 2020. Da segnalare che il credito d’imposta era ammesso limitatamente agli immobili rientranti nella categoria catastale C/1.

Attività che hanno beneficiato del credito di imposta sugli affitti a marzo 2020

Più nel dettaglio, il credito d’imposta è stato riconosciuto alle imprese che hanno dovuto chiudere l’attività per l’aggravarsi della situazione sanitaria in Italia. Il bonus, dunque, collegato al Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’11 marzo 2020, aveva sospeso le attività:

  • commerciali al dettaglio, a eccezione di quelle di generi alimentari;
  • ristorative;
  • dei servizi alla persona, come barbieri, parrucchieri, estetisti.

Il collegamento con il D.P.C.M. spiega anche l’esclusione di immobili di categoria catastale diversa dalla C/1, e dunque delle relative attività, al credito d’imposta sugli affitti.

Come si indica nel quadro RU il credito imposta affitti di marzo 2020

Chi ha percepito il credito d’imposta sugli affitti del mese di marzo 2020 adesso dovrà indicarlo nel quadro RU con il codice 11. L’importo da indicare nel rigo RU 5, alla colonna numero 3, è quello inerente alle spese sostenute nel corso del 2020. La compensazione si deve indicare nel rigo RU 6. Se è sopraggiunta la cessione del credito, va indicata nel rigo RU 9: in tal caso il cessionario non ha l’obbligo di compilare il quadro RU.

Bonus affitti 2020, il credito d’imposta istituito con il Dl 34 del 2020

I beneficiari del credito d’imposta istituito con il decreto legge numero 34 del 2020 sono stati sicuramente in numero più elevato. Il comma 1 dell’articolo 28 del provvedimento specifica che, al fine di contenere gli effetti negativi dell’emergenza da Covid, ai soggetti che svolgono attività d’impresa, arte o professione, con volume di ricavi o di compensi non oltre i 5 milioni di euro nel periodo d’imposta precedente a quello di entrata in vigore del decreto, è previsto un credito d’imposta nella misura del 60% dell’ammontare mensile del canone di locazione, di leasing o di concessione di immobili a uso non abitativo. L’immobile deve essere destinato allo svolgimento di attività industriali, commerciali, artigianali, agricole, turistiche oppure all’esercizio abituale e professionale dell’attività di lavoro autonomo.

Bonus affitti Dl 34, i periodi da considerare sono marzo, aprile e maggio 2020

Il credito d’imposta dell’articolo 28 del Dl 34/2020 spetta, altresì, alle strutture alberghiere e agrituristiche a prescindere dal volume di ricavi o compensi registrati nel periodo di imposta precedente. Ulteriori beneficiari del credito di imposta sono gli enti non commerciali e del terzo settore. Inoltre, rientrano anche gli enti religiosi civilmente riconosciuti. Il periodo di imposta previsto dal Dl 34 del 2020 deve essere considerato in riferimento ai mesi di marzo, aprile e maggio. Le strutture turistiche ricettive con attività stagionali devono far riferimento ai mesi di aprile, maggio e giugno 2020.

Come si registra il bonus affitti 2020 nel quadro RU

Attività e autonomi che hanno beneficiato del bonus affitti di marzo, aprile e maggio 2020 devono indicarlo nel quadro Ru. Il rigo di riferimento è Ru 5 alla colonna 3: qui si deve indicare l’ammontare del credito d’imposta spettante in riferimento ai canoni di locazione o di affitto relativi al periodo d’imposta oggetto della dichiarazione. In caso di cessione del credito d’imposta si deve indicare, invece, il rigo RU 9. In tale ipotesi, deve essere riportato nella colonna l’importo ceduto e comunicato all’Agenzia delle entrate tramite la procedura prevista. Non si deve compilare, in caso di cessione del credito d’imposta, la sezione VI B.

Credito di imposta nel rigo RU 5 per bonus affitti 2020: prospetto Aiuti di Stato

A differenza del primo bonus relativo a “botteghe e negozi”, il credito d’imposta previsto dal decreto legge 34 deve rispettare i limiti e le condizioni previste dal “Quadro temporaneo per le misure di aiuti di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza Covid”. Quindi, l’ammontare del credito indicato nel rigo RU 5 deve essere anche inserito nel prospetto “Aiuti di Stato” che si trova nel quadro RS. In questo caso, è necessario andare al rigo RS 401 e utilizzare il codice 60.

Un Natale in casa… vacanza

C’è la crisi? Viaggiare costa troppo? Gli hotel sono un salasso? Meglio la casa vacanza. Questa, almeno, sembra essere stata la tendenza delle recenti vacanze natalizie per gli italiani. Non un semplice “Natale con i tuoi”, ma un vero boom del business del turismo in casa vacanza.

Il portale Casevacanza.it ha monitorato i trend della domanda e dell’offerta da un lato, e il volume delle prenotazioni dall’altro, e ha rilevato che le case delle località turistiche hanno, in buona parte, registrato il tutto esaurito.

Secondo Francesco Lorenzani, responsabile di Casevacanza.it, “il 2013 è stato l’anno di vera esplosione del fenomeno delle case vacanza in Italia e non è un caso che il picco di richieste si sia registrato proprio alla fine di dicembre e all’inizio di gennaio. Il settore degli alloggi extra alberghieri ha registrato, rispetto al 2012, un incremento delle prenotazioni che sfiora il 30%. Le case vacanze sono viste come strutture più economiche rispetto agli hotel, ma anche più flessibili e pratiche per chi si muove con bambini, anziani o in grandi gruppi”.

Se si scelgono sempre più voli low-cost, si torna a viaggiare in bus e i tour operator parlano di cali superiori al 30% per le prenotazioni in hotel durante le vacanze di Natale, chi non rinuncia alla vacanza vuole risparmiare: la casa vacanza, pare essere l’ideale in questo senso, perché unisce il risparmio alla libertà di gestione.

A crescere, tuttavia, non è solo la domanda ma anche l’offerta di affitti turistici. L’esigenza di “fare cassa” e di mettere a reddito un immobile poco usato, la volontà di diventare piccoli imprenditori nel settore turistico e la semplicità di gestione delle case vacanza sono tutti fattori che hanno fatto aumentare il numero di immobili dati in affitto: la crescita, in media, rispetto allo scorso anno è stata pari al 20%, con picchi del 50% e oltre in alcune zone del Paese.

Il fenomeno, tuttavia, non si sta sviluppando uniformemente in tutto il Paese, limite tipico dell’Italia. Sul fronte della domanda, le regioni da cui arriva il maggior interesse per le prenotazioni sono Lombardia e Lazio, mentre le regioni nelle quali la domanda è cresciuta maggiormente sono Campania e Piemonte; sul fronte dell’offerta, invece, la concentrazione maggiore di case vacanza si ha in Puglia, Sicilia e Toscana: Puglia e Sicilia sono le regioni che nel corso dell’anno hanno visto la crescita maggiore rispetto al 2012.

Turismo, che Natale è stato? Siamo ancora fermi a 20 anni fa?

di Davide PASSONI

Tante volte dalle pagine di INFOIVA ci siamo occupati dell’industria italiana del turismo, sottolineando quanto sia vitale per l’economia del nostro Paese e quanto, come spesso accade per le eccellenze e le “filiere” del made in Italy, chi ne fa parte soffra di un male pericoloso: quello di ragionare, muoversi e decidere in ordine sparso.

Si fa sempre un gran parlare dipingendo la nostra industria turistica come il “petrolio” d’Italia, l’immensa ricchezza da valorizzare ecc.., ma poi le politiche latitano o si dimostrano insufficienti. I nodi, tipicamente, vengono al pettine nei periodi di maggior movimento e afflusso verso il nostro Paese: i ponti di primavera, le vacanze estive, il periodo natalizio, quello appena trascorso.

Nodi grossi, inestricabili che la crisi ha avuto il merito, diciamo noi, di portare in evidenza. Fino a quando la gente aveva di che spendere e spandere, anche quando l’offerta turistica italiana era nel complesso mediocre o comunque non all’altezza di quella di altri Paesi europei o del Mediterraneo, le magagne potevano essere nascoste serenamente sotto al tappeto. Ora non più. I soldi sono pochi, la voglia di avere servizi di livello spendendo, se non poco, quantomeno il giusto è sempre più evidente, le arretratezze o le fregature non passano più. Ecco perché, poi, italiani e stranieri preferiscono passare le proprie vacanze lontano dall’Italia.

Sarà successo così anche in queste ultime festività natalizie? INFOIVA cercherà di capirlo in questa settimana anche perché, se i dati sono negativi, il tempo per recuperare è sempre meno. Passate le Feste, ormai Pasqua e la primavera sono dietro all’angolo. Esagerati? Forse, ma il turismo e il turista non sono più quelli di 20 anni fa: assurdo gestirli o attirarli con politiche vecchie e poco integrate.

Per gli italiani la Pasqua è low cost

Il turismo, in profonda crisi già dall’estate scorsa, non si risolleverà con le imminenti vacanze pasquali: complice il meteo, che continua a prevedere freddo e maltempo, e la crisi economica, gli italiani non hanno la voglia, né le possibilità, di “staccare la spina” e organizzare un viaggio.
Ma, in questo caso, contrariamente ai trend che avevano caratterizzato le scorse vacanze, compresi Natale Capodanno e ponti, quando almeno i ristoranti avevano registrato buone entrate, la Pasqua 2013 sarà all’insegna dell’austerity anche per il settore della ristorazione.

I viaggiatori italiani sono in calo del 20%, mentre i turisti stranieri rimangono stabili, con dati molto simili al 2012.
E se a gioire sono le città d’arte, con Roma, Firenze e Venezia in testa, le località minori sono molto lontane dal registrare il sold out. In alcuni casi, anzi, la percentuale di stanze vuote tocca il 50%.
Insomma, ancora una volta gli imprenditori del turismo rimarranno a bocca asciutta e, per il riscatto, dovranno aspettare, e sperare, ancora un (bel) po’.

Ma molti addetti ai lavoro si sono stancati di attendere una rirpesa che non sembra arrivare mai e, infatti, nei primi due mesi del 2013, secondo i dati dell’Osservatorio Confesercenti, sono state registrate chiusure pari a 4.700 unità, ripartite tra alloggi e ristorazione.

Le percentuali degli italiani in partenza fanno calare anche il fatturato, in flessione da un minimo del 30% a un massimo del 40%. La spesa media per il viaggio di Pasqua, quest’anno, si aggira intorno alle 300-400 euro per una vacanza di 4-5 giorni e di 200-300 euro per quella di tre giorni. Le famiglie interessate a una settimana di vacanza in mete a lungo raggio spenderanno fino a 8000 euro.
Ma dove andranno i fortunati che possono permettersi una vacanza? Tra le scelte crescono Messico e Namibia, mentre le grandi capitali sono state battute dalle offerte low cost ed alternative.
Una delle proposte che sta riscuotendo maggiore successo è il 2×1 delle Crociere: con 399 euro si parte, alla faccia della crisi e delle spese folli.

Per quanto riguarda il turismo in entrata, il calo previsto varia dal 10 al 15%, con una spaccatura dal punto di vista delle mete: tengono le città d’arte mentre molte località balneari e prettamente turistiche, abituate ad inaugurare la stagione proprio a Pasqua, si sono viste costrette a rimandare l’apertura.

Vera MORETTI

Confturismo Veneto: investire nel settore, via tasse e rigidità

di Davide PASSONI

Continua il “giro di tavolo” di Infoiva tra i vari operatori regionali del turismo per avere un commento sulla stagione estiva ormai agli sgoccioli. Dopo il presidente di Federalberghi Emilia Romagna, Alessandro Giorgetti, oggi tocca al collega veneto Marco Michielli, presidente anche di Confturismo Veneto. E anche all’ombra della Serenissima, la situazione fa riflettere…

Un primo bilancio a caldo sull’andamento, in Veneto, della stagione turistica che si sta concludendo.
Partiamo dicendo che non commento i dati di partenze e arrivi, in quanto non danno la vera fotografia della situazione. Parlando sotto il profilo aziendale posso dire che, tutto sommato, se sono corretti i dati che leggo provenienti dal resto d’Italia, il Veneto complessivamente ha tenuto più di altre regioni. Il dato di fondo è che negli ultimi 3 anni la forbice tra incassi e margini operativi si sta divaricando paurosamente. Se, come è vero, fare buoni margini operativi significa avere buone capacità d’investimento, l’apertura della forbice è un grosso problema.

Ovvero?
Una volta le banche, per concedere un finanziamento a una struttura turistica guardavano prima di tutto il valore dell’immobile. Oggi non basta più, oggi le banche guardano la produttività dell’azienda e se questa cala o è quasi nulla il finanziamento non viene erogato. Se poi lo spazio per l’autofinanziamento è azzerato, diventa fondamentale il ricorso alle banche, che però non erogano: è un cortocircuito che mi preoccupa.

Nonostante un’offerta di prim’ordine…
Nel panorama nazionale la nostra offerta turistica è buona, per qualità e varietà. Certo, negli ultimi anni la clientela italiana ha alzato il proprio target perché ha cominciato a viaggiare all’estero, in Paesi nei quali trova strutture di dimensioni e livello molto alto, con decine di addetti e pensa, una volta che va in vacanza in Italia, di ritrovare gli stessi standard. Non sapendo che, per esempio, costruire o pagare del personale in Egitto costa infinitamente meno che da noi.

Com’è l’umore dei vostri associati? C’è ottimismo, pessimismo…
Basso, perché guardiamo con terrore al prossimo anno. Prevediamo già che a giugno 2013 avremo le strutture. Austriaci e tedeschi, che costituiscono buona parte della nostra clientela, faranno le vacanze a maggio, per cui prevediamo un buon maggio, ma con i prezzi di maggio. Se a giugno non arrivano loro e gli italiani non avranno soldi per andare in ferie – come è prevedibile -, chi verrà in quel mese? Rischiamo di trovarci con grosse problematiche da gestire a livello territoriale.

Chiusure…
Certo. Pensi che ci sono alberghi a Venezia che hanno chiesto di diventrare stagionali. A Venezia! Senza contare che, per esempio, la nostra montagna è incastrata tra Trentino Alto Adige e Friuli, regioni a statuto speciale che hanno finanziamenti e norative diverse e più vantaggiose rispetto alle nostre, non solo in ambito turistico.

Capitolo Imu. Che impatto ha avuto e avrà sul settore alberghiero regionale?
Secondo un calcolo che abbiamo fatto, a noi in Veneto ha portato in media un aumento dell’80% rispetto all’Ici. Dico io, abbiamo le tasse sugli utili più alte del mondo: peccato che le paghiamo su utili che non facciamo più.

Se potesse fare un appello al ministro Gnudi, che cosa gli chiederebbe come priorità per il turismo in Sicilia?
Il turismo è l’unica azienda che può dare immediata occupazione e immediata risposta alla crisi. Bisogna investire sul turismo ma abbiamo delle rigidità allucinanti e dei non senso come la tassa di soggiorno: ovunque sia stata applicata, non è mai finita a finanziare iniziative legate al turismo ma solo a tappare i buchi delle amministrazioni comunali.

Per non parlare delle tasse di stazionamento per le barche, dei controlli sui pagamenti in contanti…
Personalmente posso non essere d’accordo con un certo modo di ostentare la ricchezza, ma se ho, poniamo, un magnate russo che viene nel mio porto con lo yacht e mi lascia sul territorio qualche decina di migliaia di euro, mica lo faccio scappare con tasse assurde: faccio di tutto per farlo tornare, magari con gli amici. O se la stessa persona mi stappa 80 bottiglie di champagne in una notte, lo faccio perquisire dalla Finanza così non lo rivedo più nel mio locale? Ecco alcune delle rigidità che danneggiano il settore.

C’è dell’altro per Gnudi, vero?
A livello strategico è necessario un ripensamento della delega del turismo alle regioni. Si è trattato di un errore clamoroso. Abbiamo il marchio piu prestigioso al mondo che è il made in Italy, rispolveriamolo per il turismo, trasferiamo le competenze a livello centrale, basta al turismo degli assessori che vanno a far promozione all’estero alle proprie città: si vada alle fiere internazionali promuovendo centralmente l’Italia. Poi ciascuna regione o ciascun comune, se vuole, anche vada per conto suo. Poi chiederei anche una forte integrazione del sistema aeroportuale: è necessario trasferire su ala almeno il 30% del nostro turismo nei prossimi 10 anni, o saremo fuori mercato. Vuole un esempio? Noi come Veneto sosteniamo che il 60% della nostra clientela è tedesca, ma in realtà è bavarese. Perché in poche ore d’auto e di autostrada sono qui. Gli altri tedeschi vanno in Spagna o in Egitto: in aereo ci mettono meno e sono direttamente in spiaggia.

Italia.it, un’occasione persa?
Italia.it, una cosa vergognosa. Ci è costata 179 milioni e la sua efficacia è pari a zero. Dovrebbe essere il sito che fa entrare gli stranieri in Italia, dalla presentazione del Paese alla prenotazione dell’hotel, e invece per le prenotazioni ci siamo fatti superare da siti da come Booking o Expedia che fanno margini e profitti alle spalle dei nostri hotel. Se questi siti fossero italiani, almeno i soldi delle commissioni che incassano resterebbero qui, ma se un hotel deve arrivare a lasciare loro tra il 18 e il 40% e più di commissione, come fa a far crescere il fatturato? Più percentuale di incasso ti lascio, più persone mi mandi… Un sistema malato, a dispetto dei numeri.

Federalberghi Emilia: lasciateci liberi di fare impresa

di Davide PASSONI

Noi di Infoiva abbiamo tenuto un occhio vigile per tutta l’estate sull’andamento del turismo in Italia. Un’industria dalle enormi potenzialità, fatta quasi solo da piccole e piccolissime imprese e che, in quanto tale, non può che godere di un trattamento di sfavore da parte del governo e del fisco. Avevamo incontrato a luglio il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca, e ci eravamo fatti raccontare i primi mesi del 2012 visti dalla parte di chi opera nel campo dell’hospitality. Ora che, come cantavano i Righeira (miti assoluti) “l’estate sta finendo”, facciamo il punto con alcune Federalberghi regionali per capire che stagione si è lasciata alle spalle chi fa dell’accoglienza una professione. Cominciamo da Federalberghi Emilia Romagna e dal suo presidente, Alessandro Giorgetti.

Un primo bilancio a caldo sull’andamento, in Emilia Romagna, della stagione turistica che si sta concludendo.
La stagione è stata difficile, un po’ per tutte le regioni ma, credo, per noi più che per altri per via della comunicazione che è stata fatta sul terremoto di maggio, che ha rallentato le prenotazioni in due mesi cruciali come maggio e giugno. Da quello che si raccontava sui media sembrava che il terremoto avesse investito tutta la regio ma, naturalmente, non era così; da questo è derivata per noi la difficoltà a stare sul mercato e tante vendite non sono andate a buon frutto. Nonostante questo abbiamo mantenuto numeri importanti, un po’ in calo a luglio e ad agosto.

Cifre?
In termini spannometrici, non avendo ancora dati certi e completi, stimo un -10% di presenze e -15% di fatturato come media.

Tanta della vostra clientela storica è straniera: che ne è stato?
Trovo positivo che gli stranieri siano tornati: è sinonimo di un appeal sul mercato internazionale che non abbiamo perso.

E gli italiani?
Abbiamo pagato la crisi che coinvolge il ceto medio, che era la clientela base della nostra zona; impiegati, artigiani, piccoli commercianti hanno subito e subiscono la pressione delle manovre economiche del governo, la riduzione del loro potere d’acquisto e in tanti hanno tagliato le spese superflue, tra cui le vacanze. Non è solo una mia impressione, è un punto di vista suffragato da molte relazioni che vengono dal territorio.

Quali tipologie di strutture hanno privilegiato i turisti? Il piccolo albergatore tipo “Pensione Marisa” riesce ancora a trovare il suo spazio?
La “Pensione Marisa” della situazione lavora perché ha clienti abituali che mantengono nel tempo una relazione di fiducia quasi familiare. Più difficile la situazione di altre realtà, dove magari le persone pretendono di pagare meno degli anni scorsi per avere gli stessi standard di servizio alti che avevano in passato. La qualità va pagata, se non posso mantenere i prezzi non posso dare servizi all’altezza. Spesso, invece, la gente vorrebbe avere i servizi che ha, che so, a Sharm o sull’altra sponda dell’Adriatico, con schiere di camerieri al proprio servizio, ma non si rende conto che là il costo della manodopera è nettamente incomparabile al nostro.
Tornando alla “Pensione Marisa”, il suo rischio è che quando la sua clientela non ci sarà più, sarà fuori mercato. Come Federalberghi stiamo lavorando proprio per dare a questo tipo di imprese gli strumenti per evitare che ciò accada e che possano emergere: investiamo molto sulle capacità delle imprese e degli imprenditori, vogliamo resistere con capacità e passione per andare avanti.

Com’è l’umore dei vostri associati? C’è ottimismo, pessimismo…
Basso, c’è pessimismo perché si sentono compressi da normative e burocrazia, specialmente per quanto riguarda l’obbligo di segnalare all’autorità fiscale i pagamenti in contanti di somme ingenti, le spese per vacanze superiori a 3600 euro e via dicendo. Pressioni e verifiche fiscali stanno minando l’equilibrio dei nostri imprenditori, che già combattono in una stagione difficile come questa. Per fortuna almeno il tempo ci ha assistito, ci ha aiutato, ma il clima di sfiducia nel futuro e le difficoltà di tante imprese a rivedere la propria mission rimangono.

Capitolo Imu. Che impatto ha avuto e avrà sul settore alberghiero regionale?
In alcuni comuni abbiamo scambiato il tetto massimo dell’Imu al 10,6 per mille in cambio del non pagamento della tassa di soggiorno. Capiamo le esigenze di cassa dei comuni e la necessità di rispettare i patti di stabilità, ma vogliamo che i comuni turistici abbiano un trattamento diverso. In questo senso va la nostra alleanza con gli enti turistici per far capire alle istituzioni che il meccanismo va cambiato; pensi che in alcuni casi con il passaggio all’Imu è stato raddoppiato l’importo che si pagava con la vecchia Ici: aspettiamo la seconda rata per capire la mazzata che ci arriverà. Hotel, pensioni eccetera sono come edifici industriali, che danno lavoro e occupazione: perché devono essere tassati così?

Se potesse fare un appello al ministro Gnudi, che cosa gli chiederebbe come priorità per il turismo in Emilia Romagna?
Soprattutto di migliorare la logistica. Qui in regione abbiamo un problema di logistica oggettivo; aeroporti, autostrade, siamo indietro di decenni: il passante di Bologna che da 4 corsie passa a 2, siamo tagliati fuori dalla Tav… Nei Paesi vicini in pochi anni le infrastrutture cambiano il volto di città e regioni, qui non ce la facciamo mai. Sappiamo che alcune volte queste cose non dipendono direttamente dal ministro, così come i fondi che abbiamo chiesto per riqualificare le imprese, vediamo… Poi sarebbe necessario un regolamento diverso, a livello nazionale, sulla tassa di soggiorno. Insomma, logistica, tasse, fondi per la riqualificazione sono
elementi importantissimi per poter competere e restare sul mercato. Su questo vogliamo che si lavori, con basi di programmazioni serie in una nazione che sta ai primi posti nel mondo per patrimonio e potenzialità turistiche: dimostri con i fatti e non con le chiacchiere di essere all’altezza di questo ruolo.

In una parola…
Vogliamo essere liberi di fare impresa.

Arezzo, il grido di dolore degli albergatori

L’Imu rischia di uccidere il settore alberghiero ad Arezzo. Lo sostengono Confcommercio, Confindustria, CNA, Confesercenti, Confartigianato, Coldiretti e Cia in nome e per conto delle strutture alberghiere, degli agriturismo e di tutte le imprese ricettive presenti nell’area del capoluogo, chiedendo che “il Comune di Arezzo abbassi l’aliquota Imu sugli alberghi o li condannerà al tracollo“.

Infatti, in base ai provvedimenti dell’Amministrazione, da quest’anno gli alberghi si troveranno a pagare il doppio di quanto versavano per l’Ici. La quota fino al 2011 si aggirava intorno ai 23mila euro di media per ogni albergo di Arezzo, parametrata a un fatturato medio annuo di 1 milione e 690mila euro. Ora con l’Imu i due maggiori alberghi aretini passano da 22mila a 42mila euro e da 49mila a 87mila euro, perché il Comune innalza di tre punti e mezzo il coefficiente di moltiplicazione che era previsto per l’Ici, da 6.4 al 9.9.

Con un tasso di occupazione che viaggia intorno al 45% e una redditività per camera di poco più di 33 euro, segnali di una crisi già molo forte, nessuno potrà sopportare l’inasprirsi delle imposizioni fiscali, se non mettendo a rischio posti di lavoro e la stessa sopravvivenza dell’azienda“, sostengono le rappresentanze confederali.

Laura LESEVRE

Addio “ponti primaverili”. Turismo a rischio

Il recente annuncio del governo di voler cancellare i ponti del 25 aprile, 1 maggio e 2 giugno spaventa le associazioni di categoria del settore turistico. “Siamo assolutamente consapevoli del momento di difficoltà dell’economia italiana – interviene il Presidente di Assoturismo Claudio Albonetti – proprio per questo, però, ci stiamo interrogando se l’abolizione dei ponti primaverili vada nella direzione giusta, infatti con questa manovra si acquisterebbero 3 giorni di produttività ma si perderebbero ben 12 giorni di lavoro per l’industria del turismo. Non stiamo parlando solo di albergatori, ma della ristorazione, del commercio, dell’agroalimentare cioè di tutta la filiera del turismo, filiera in cui sono ben presenti lavoratori come in tutti gli altri settori economici. Per questo ci chiediamo se non sia il caso di fare una riflessione e di rendersi conto che questa medicina potrebbe produrre più danni che benefici. Con la soppressione dei ponti primaverili, continua Albonetti, si farà un grave danno all’economia turistica e nazionale, se poi a tutto questo aggiungiamo la tassa di soggiorno, l’incubo Bolkestein e non si mette mano alla riduzione dell’IVA sul turismo, mettendo così le nostre imprese turistiche in grado di competere con la concorrenza estera, rischiamo di assestare al nostro turismo un colpo gravissimo. Chiediamo pertanto al Ministro del Turismo di intervenire energicamente per salvaguardare il settore, ivi incluse quelle imprese stagionali che in questo momento stanno vivendo un periodo estremamente critico“.

Più positivo il presidente di Asshotel, Filippo Donati che apprezza il fatto che le vacanze siano detraibili dal reddito secondo la nuova manovra finanziaria. Manca però spinta propositiva e un reale clima di serena crescita. Chissà se la manovra dal canto suo riuscirà a dare un influsso positivo al settore turistico. Noi lo speriamo vivamente.

Turismo, in arrivo quasi 4 miliardi di finanziamenti

Tre miliardi e 615 milioni di euro a disposizione delle imprese del turismo per sostenerle e promuovere la competitività del settore. Si tratta dello stanziamento previsto dal progetto Italia&Turismo, realizzato dal ministro del Turismo, Michela Vittoria Brambilla, e presentato nei giorni scorsi a Palazzo Chigi con i rappresentanti di Intesa Sanpaolo, Unicredit, Gruppo Banco Popolare, Banca Popolare di Milano, Banca Popolare di Sondrio, Monte dei Paschi di Siena, Banca Nazionale del Lavoro e Banco Popolare dell’Emilia Romagna. Il finanziamento è destinato alle imprese turistiche così come definite dalla Riforma del turismo da poco diventata legge, quindi non solo le strutture ricettive, le agenzie di viaggio, i tour operator, ma anche le imprese della ristorazione, gli stabilimenti balneari, e ogni altro tipo di soggetto economico attivo nel settore.

Gli oltre 20mila sportelli degli otto istituti di credito firmatari, insieme ai consorzi di garanzia fidi delle associazioni di categoria appartenenti a Confindustria, Confcommercio, Confesercenti, saranno a disposizione delle imprese turistiche per supportarle nelle operazione di investimento e consolidamento. Bernabò Bocca, presidente di Confturismo, ha sottolineato che “stiamo facendo del nostro meglio, il turismo e la cultura sono quello che il Paese ha. Il futuro di un Paese va basato sulle carte importanti che si hanno nel mazzo, queste solo le carte più alte“.