Architetti, un concorso per Expo 2015

L’operato degli architetti italiani torna al centro dell’attenzione con un grande simposio internazionale previsto per il 25 giugno prossimo e organizzato dal Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori e da Paysage – Promozione e Sviluppo per l’Architettura del Paesaggio. Il simposio, dal titolo, “AGRITECTURE & LANDSCAPE – Paesaggio Agricoltura Architettura Urbanità: attraverso EXPO 2015”, si svolgerà proprio nell’ambito dell’Esposizione Universale di Milano.

L’iniziativa identifica infatti, come comunicano gli architetti, “nei nuovi rapporti tra città e campagna e nella riconnessione del fabbisogno nutritivo all’insediamento urbano le fondamentali tematiche progettuali, ma anche etiche, sulle quali interrogarsi, soprattutto alla luce dell’importante Esposizione Internazionale che, in questi mesi, sta coinvolgendo Milano, e non solo. Facendo proprio lo spirito di ricerca e di innovazione che caratterizza le esposizioni universali il Simposio intende promuovere lo scambio e la condivisione del sapere, valutando lo stato di avanzamento delle conoscenze in questo settore”.

Richiamando le tematiche del simposio, è stato bandito Premio – Concorso di progettazione “Agritecture & Landscape Award”, diviso in due sezioni alle quali potranno accedere Architetti, Ingegneri, Progettisti, Professionisti (prima sezione) e studenti, Amministrazioni Pubbliche o altre Istituzioni (seconda sezione).

Per partecipare al concorso è necessario presentare opere o progetti che ai suoi tre nuclei tematici: “Per la città densa”, “Per le aree periurbane”, “Per i territori rurali”. Chi accede alla prima delle due sezioni di cui sopra, deve essere iscritto obbligatoriamente a un ordine professionale, chi accede alla seconda no.

Per bando e info, www.paysage.it o concorsi.awn.it.

Architetti e nuovo codice degli appalti

Dopo gli ennesimi scandali legati all’assegnazione dei lavori per Expo 2015, l’iter per la definizione e l’approvazione del nuovo codice degli appalti ha finalmente subito in Parlamento una salutare accelerata. Perché, pur consapevoli del fatto che il malaffare difficilmente sarà sconfitto, l’Italia ha bisogno come il pane di un nuovo codice degli appalti.

Lo sanno anche gli architetti italiani, che in una nota a firma di Leopoldo Freyrie, presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, hanno commentato lo stato dell’arte sul nuovo codice.

La vera sfida del nuovo Codice degli Appalti – ha detto Freyriedeve essere quella di usare la leva della buona architettura contro mafie e corruttele. E’ il principio dell’unità del progetto nelle fasi preliminari, definitive ed esecutive che deve essere recuperato per definire, accanto alla garanzia del diritto d’autore, la responsabilità di chi progetta. Il senatore Zanda va al cuore del problema quando afferma che ‘dobbiamo ridare al progetto la centralità che deve avere. Se non lo facciamo non possiamo poi lamentarci della necessità di varianti in corso d’opera. Un buon progetto non può avere sorprese’”.

Se con il nuovo Codice degli Appalti finalmente – ha proseguito Freyrie -, il Governo e il Parlamento decideranno che nelle gare si vince sulla base di criteri di qualità del progetto, non solo avremo buone architetture pubbliche, realizzate bene e al giusto costo, ma avremo anche inferto un colpo molto serio alle mafie, che sugli appalti pubblici hanno costruito le fondamenta della loro economia. Avremmo anche finalmente la possibilità di assicurare ai cittadini italiani una buona opere utili e belle”.

Lettera aperta di Federarchitetti a partiti e istituzioni

Riceviamo e volentieri pubblichiamo una lunga lettera aperta a istituzioni e partiti a firma del presidente di Federarchitetti Paolo Grassi e del segretario nazionale Maurizio Mannanici sulle criticità della libera professione come architetti e ingegneri evidenziate da Federarchitetti S.N.A.L.P.

Il testo sugli interventi di modifica al Codice dei Contratti, di cui al Ddl S.1678 licenziato dal Senato ed inclusivo delle integrazioni dei relatori on. Esposito e Pagnoncelli, prevede positive misure indirizzate verso obiettivi di sviluppo e tutela sugli esiti degli appalti. Tuttavia, in particolare per quanto attiene la formazione dei servizi di progettazione, le stesse appaiono ancora “timide” e non adeguate a mutare in modo radicale uno scenario, quale quello attuale, particolarmente denso di criticità. 

In linea generale, emerge l’intenzione di porre attenzione ai contributi delle categorie interessate al processo di realizzazione delle opere anche per acquisire indirizzi atti a far emergere le potenzialità delle singole professioni, unitamente ad una semplificazione degli obblighi burocratico-documentali. 

Altresì positivi appaiono i principi volti a favorire l’unitarietà dei diversi livelli progettuali, l’omogeneità delle procedure e delle regole di affidamento sull’intero territorio nazionale, in linea con le direttive Ue, e la creazione di un Albo nazionale che individui i soggetti idonei a rivestire il ruolo di componente di Commissioni giudicatrici degli appalti.

Ancora positive sono le scelte che prevedono il divieto sia alla richiesta di cauzione sia alla incidenza di elementi di natura economica in fase di prequalifica per imprese e professionisti, così come il divieto di attribuzione dei compiti di Direzione Lavori nel caso di affidamento ad un Contraente generale, aprendo al concetto di scissione di responsabilità nello svolgimento delle esecuzione delle opere.

Significativo è il riconoscere centralità alla fase progettuale a garanzia della qualità delle elaborazioni a base degli interventi, anche per limitarne successivi ostacoli, insieme a regole di facilitazioni di accesso al mercato per le piccole imprese, da estendere anche alle prestazioni di servizi di progettazione e alle procedure di affidamento.

Per Federarchitetti, tuttavia, continuano a persistere nodi che devono essere necessariamente affrontati se si vuole che positive intenzionalità abbiano concreta applicazione.

 La volontà delle nuove generazioni nella scelta di un’attività autonoma continua ad essere ostacolata da una realtà normativa che determina redditi medi minimi, non favorisce la continuità del lavoro e allontana prospettive pensionistiche, mentre emerge, di contro, la necessità di un ricambio generazionale nelle pubbliche amministrazioni per offrire la possibilità di un nuovo rapporto tra settore pubblico e privato, improntato su regole certe, responsabilità definite ed assenza di percorsi discrezionali che agevolano opportunità di corruzione.

Diventa sempre più prioritario definire il ruolo che la pubblica amministrazione, in particolare con i propri uffici tecnici, deve ricoprire nel sistema strutturale del Paese. 

La stessa P.A. deve predisporre regole e condizioni per un corretto sviluppo dei soggetti operanti nel mercato, senza sostituirsi al privato in improbabili funzioni interne che ne limitano gli spazi minandone ogni necessaria trasparenza. Dualmente, sono da ridurre le procedure in-house condotte da numerosi Enti che, nel controllo del proprio operato producono, nel migliore dei casi, danni economici e culturali, come ampiamente riscontrato, e che, nei contratti integrati del comparto privato, concentrano riconosciuti aspetti negativi. 

Va evidenziato che le basi retributive del pubblico impiego, già sostenute a livello dirigenziale da incrementi di posizione e di risultato, non trovano alcuna giustificazione, se non in un eccesso di protezione e clientelismo politico e sindacale verso lo stesso, nel mantenimento dell’incentivo del 2% per le attività di progettazione degli Uffici tecnici, escludendone la competenza ai liberi professionisti.

Di contro, è auspicabile l’immissione di procedure che rendano sinergica l’azione pubblico-privata e la soppressione della contraddizione dei Sindacati che, agevolando i dipendenti del settore pubblico, indeboliscono la crescita degli addetti degli studi professionali da essi stessi rappresentati. 

Tra i vari aspetti, fondamentale è l’effettiva riduzione delle Stazioni Appaltanti al fine di semplificare ed omogeneizzare le procedure tagliando il perpetuarsi di abusi insiti nel clientelismo locale. Ancora flebili sono i tentativi ed i risultati in tale auspicata direzione. 

In linea con principi di garanzia occorre che, come per le Commissioni aggiudicatrici degli appalti, anche le funzioni dei collaudi abbiano riferimenti centralizzati, anche interregionali, concepiti per fasce di esperienze con applicazione di sistemi informatici e/o introduzione di sorteggi, onde sviluppare in condizione di trasparenza le procedure di controllo che risultano ancora foriere di gravi anomalie.

Il coinvolgimento dei giovani nel lavoro può prevedersi in misura proporzionale ed obbligatoria agli importi nella progettazione e realizzazione delle opere, mentre per i piccoli e medi studi professionali deve essere previsto l’inserimento nei grandi interventi appannaggio delle Società di ingegneria, come del resto già previsto per le imprese, non solo a favore di una crescita degli stessi ma anche a vantaggio di un più ampio confronto culturale e di qualità degli interventi. 

Le priorità già segnalate, all’attuale come ai precedenti Governi, oltre ad essere finalizzate allo sviluppo del settore libero professionale, oggi soccombente a livello internazionale, offrono ampi margini all’abbattimento della corruzione, costituendo fondamento per un’architettura qualitativamente elevata nella generalità degli operatori, se supportata da adeguate scelte della P.A. 

Si confida in una particolare attenzione alla luce dei molteplici aspetti di crisi oggi presenti nel settore dei pubblici appalti.

Collaborazione Italia-Usa per gli architetti italiani

È stato siglato nei giorni scorsi un protocollo d’intesa tra il Consiglio Nazionale degli Architetti, l’Ordine degli Architetti di Milano e Provincia e l’Associazione Internazionale di Interior Design. Obiettivo dell’accordo è quello di stimolare la formazione, le esperienze professionali e gli scambi culturali tra i professionisti che operano in Italia e negli Usa.

Non si tratta di un’iniziativa isolata, ma di un accordo che si inserisce all’interno del Progetto di Internazionalizzazione avviato da tempo dal Consiglio Nazionale degli Architetti per individuare nuove opportunità di lavoro all’estero per i professionisti italiani, valorizzare le loro competenze e le professionalità e supportare chi già opera fuori dall’Italia.

Ecco perché il protocollo siglato dagli architetti italiani prevede, sia in Italia sia negli Usa, anche l’organizzazione di eventi congiunti, di concorsi di progettazione e/o di idee, oltre a mostre, tavole rotonde, fiere di settore.

Sotto il profilo più strettamente burocratico, il protocollo prevede la messa in opera di accordi per sviluppare le attività degli architetti; la definizione e l’implementazione di progetti comuni che valorizzino la cooperazione e i risultati di accrescimento congiunto; iniziative di ricerca e sviluppo congiunte nello scambio di know-how nei settori della progettazione e della pianificazione, del project financing e del project management.

Gli architetti italiani scrivono a Delrio

Non ha nemmeno fatto in tempo a mettere piede nel proprio nuovo ufficio di Piazza di Porta Pia, che il neo ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Graziano Delrio si è già visto subissato di richieste e desiderata da ogni associazione d’impresa e professionale. Non ultimi gli architetti italiani i quali, per bocca del presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, Leopoldo Freyrie, hanno messo nero su bianco quelle che considerano le priorità del nuovo mandato ministeriale.

Mettere in atto senza indugi politiche per la rigenerazione urbana sostenibile, ‘riuso’, coordinate attraverso l’istituzione di una apposita Agenzia nazionale, come già esiste all’estero, ad esempio in Francia, che possa intervenire con denari pubblici per aiutare i processi di rigenerazione di Comuni e Regioni attraendo il capitale privato; adottare, dopo aver posto fine alla bulimia burocratica, il Regolamento edilizio unico che sia anch’esso finalizzato al riuso; dare vita alla tanto attesa Legge urbanistica; accelerare il varo del nuovo Codice degli Appalti”. Mica robetta quella messa sul piatto dagli architetti italiani.

Secondo Freyrie, “il ‘riuso’ non è solo il primo obiettivo dei progettisti italiani ma è, soprattutto, un grande progetto d’investimento di idee e di denaro sulle città che può fare da volano per la ripresa del settore dell’edilizia, così duramente colpito dalla crisi. Ed è proprio la risposta alla crisi che gli italiani aspettano, per rimettere a posto gli 8 milioni di edifici che si avviano a fine vita, per risparmiare 25 miliardi all’anno di energia sprecata, per mettere le case in sicurezza da sismi e inondazioni. Lo è anche per realizzare spazi pubblici che ridiano il senso delle comunità, per creare le condizioni perché fioriscano idee, innovazione e impresa, per rilanciare il settore delle costruzioni ed agganciare, quindi, la ripresa”.

Per il numero uno degli architetti italianiservono coraggio e lungimiranza – e magari anche qualche non indispensabile infrastruttura in meno – per realizzare una rivoluzione copernicana nella politica economica del nostro Paese che punti a ricollocare le città italiane al centro della crescita, rigeneri i quartieri abitati, migliori l’habitat; che ridia centralità alla progettazione, unica garanzia di una architettura di qualità e vera e propria arma contro il malaffare, la mafia, la cattiva sorte delle opere pubbliche”.

Gli architetti italiani: cambiare l’Investment compact

Durissima lettera degli architetti italiani al governo contro il cosiddetto Investment compact, la legge che, riservando le politiche di incentivi destinati alle start up e Pmi innovative alle sole società di capitale esclude i professionisti italiani. Cosa ancor più grave perché, sottolineano gli architetti italiani, già avvenuta per la reti d’impresa e il voucher digitale.

Ecco allora che Leopoldo Freyrie, Presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, a nome di tutti gli architetti italiani ha scritto una lettera di fuoco al presidente del Consiglio, Matteo Renzi, al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, e ai ministri dello Sviluppo economico, Federica Guidi, e dell’Economia, Pier Carlo Padoan.

Ancora una volta – scrive Freyriesi è messo in atto un vero e proprio apartheid economico sociale che esclude milioni di professionisti, ‘regolamentati’ o no: tra essi centinaia di migliaia di giovani talenti che ogni giorno sfornano idee e progetti indispensabili allo sviluppo dell’Italia, come peraltro è sempre stato nella storia economica italiana dal dopoguerra, dall’esperienza di Olivetti, per arrivare al made in Italy del design, della moda, del cibo, del digitale”.

Non volendo credere ai complotti – continuano gli architetti italiani – ci immaginiamo che ancora una volta la visione miope di un mondo ‘duale’ ottocentesco, composto solo di imprenditori e lavoratori abbia la meglio su una visione strategica e globale, in cui l’economia della conoscenza sia centrale, in cui gli ‘autonomi’ con la loro indipendenza, mobilità e flessibilità accendano scintille di impresa e di internazionalizzazione”.

Nel momento in cui l’Italia dovrebbe implementare i segnali di crescita, coinvolgendo tutta la comunità nazionale e l’energia espressa dalle idee dei professionisti, relegarci in un ghetto fiscale da partita Iva fa male ai nostri redditi, ormai vicini alla soglia di povertà, ma fa malissimo all’Italia che mortifica i suoi talenti migliori”.

Nella lettera, gli architetti italiani chiedono un’immediata revisione dell’Investment compact, “evitandoci l’odioso atto di ricorrere contro il nostro Paese in sede comunitaria per far valere i diritti sanciti agli articoli 48, 81 e 82 del trattato, come interpretati dalla Corte di giustizia delle Comunità europee”, articoli secondo i quali “si deve considerare impresa qualsiasi entità, a prescindere dalla forma giuridica rivestita, che svolga un’attività economica, incluse in particolare le entità che svolgono un’attività artigianale o altre attività a titolo individuale o familiare, le società di persone o le associazioni che svolgono regolarmente un’attività economica”.

Inoltre, gli architetti italiani chiedono al Governo e al ministro Guidi di “modificare definitivamente e urgentemente sia nelle politiche e norme già in essere che in quelle future, l’atteggiamento sbagliato di ‘razzismo economico-sociale’ che esclude interi settori della comunità produttiva da incentivi economici e politiche sociali”.

POS obbligatorio e sanzioni, l’ira degli architetti

Abbiamo scritto qualche giorno fa dell’idea del governo di introdurre delle sanzioni salate per quanti, esercenti e professionisti, non si sono ancora dotati del POS obbligatorio. Le reazioni delle associazioni professionali di fronte a questa prospettiva non si sono fatte attendere.

Il Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, nello specifico, ha definito la prospettiva sanzionatoria per quanti non avranno il POS obbligatorioingiusta, anacronistica, punitiva e inutile”.

E ha argomentato punto su punto in una nota i perché di questa presa di posizione contro il POS obbligatorio e le sanzioni: “Ingiusta perché si basa sul presupposto e sul pregiudizio che tutti i liberi professionisti siano evasori fiscali; anacronistica perché impone un’attrezzatura informatica già superata dalla fatturazione elettronica e dai pagamenti effettuabili via smartphone; punitiva perché, per quanto riguarda gli architetti, costi e sanzioni, andranno a colpire giovani che, come dimostra la ricerca del Cresme sullo stato della professione, hanno redditi mensili che oscillano tra 500 e 1000 euro frutto della emissione, nella migliore delle ipotesi, di non più di 10 fatture annue; inutile perché non costituisce in alcun modo un deterrente nei confronti dei pagamenti in nero e dell’evasione fiscale”.

E, a dimostrazione che il POS obbligatorio non va giù agli architetti italiani, la nota conclude: “Viceversa, l’imposizione della ‘macchinetta’ POS sembra avere tutte le caratteristiche di un favore ai suoi produttori e gestori, a scapito di milioni di professionisti. Sembra evidente che per il Senatore Aiello, che ha presentato il ddl, i liberi professionisti non facciano parte della categoria dei consumatori e, in fase elettorale, le campagne del suo partito per affermare il ruolo dei professionisti nell’economia e nel lavoro siano state solo parole al vento”.

Gli architetti italiani e le pari opportunità

L’impegno degli architetti italiani per promuovere le pari opportunità continua. Domani, dalle 9.30 alle 17, la sede del Consiglio Nazionale degli Architetti a Roma, in via di Santa Maria dell’Anima,10 si tingerà di rosa per “Aequale: la professione al femminile”, una giornata dedicata a pari opportunità e parità di genere in ambito professionale.

Nell’ambito della giornata ci saranno l’inaugurazione di Aequale, progetto informativo e primo spazio web del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori dedicato alle pari opportunità; l’illustrazione di best practices, con i progetti delle commissioni Pari Opportunità degli Ordini Provinciali degli Architetti; la presentazione della ricerca del Cresme “Gender Pay Gap: una realtà da affrontare”.

Un momento importante sarà quello, nel corso della mattinata, durante il quale sarà posto l’accento sull’accesso al credito e sui nuovi strumenti per le professioniste promossi dal Dipartimento Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Lisa Borinato, consigliere delegato alle Pari Opportunità del Consiglio Nazionale degli Architetti non ha dubbi: “Sarà un momento di riflessione per focalizzare l’attenzione sulla presenza delle donne in architettura e per fare il punto sul loro decisivo contributo alla trasformazione dei nostri territori con grande professionalità, passione e creatività. Così come lo sarà per individuare strumenti ed interventi politici per affrontare il tema della condizione lavorativa ed economica delle professioniste che rappresentano una riserva di idee e di capacità”.

Da Federarchitetti un documento per il rinnovo del Comitato delegati Inarcassa

Gli architetti italiani hanno elaborato un documento programmatico (clicca qui per scaricarlo) per la gestione Inarcassa nel quinquennio 2015-2020. La Cassa di Previdenza e Assistenza Ingegneri ed Architetti rappresenta infatti uno dei pilastri fondanti durante e dopo il percorso professionale di ciascun iscritto.

Secondo Federarchitetti le pressioni, anche concitate nel corso degli anni, prodotte da associazioni, ordini, iscritti, hanno sensibilmente migliorato i servizi erogati, mitigando la burocraticità di gestione, spesso vessatoria nei confronti degli aderenti.

Molto resta ancora da fare, dicono gli architetti, perché Inarcassa acquisisca un ruolo che possa essere di “accompagnamento” alle molte esigenze sociali di assistenza che la società richiede in modo sempre più pressante.

Nell’esercizio del proprio ruolo istituzionale di tutela sindacale, Federarchitetti ha anticipato e denunciato le molte distorsioni che ancora ci sono nel settore delle libere professioni, proponendo quanto resta da fare, ma ha anche sostenuto quanto possa essere più efficiente un’attività improntata all’azione sinergica tra Inarcassa, Sindacati ed Ordini professionali.

Nonostante questo impegno, prevalgono ancora tendenze al protagonismo che continuano a penalizzare le categorie di architetti ed ingegneri. Federarchitetti, nell’interesse dei liberi professionisti e in sintonia con quelli del Paese, vuole raccogliere le forze più attente e sensibili sulla linea di un proprio programma di intenti, perché la prossima struttura di Inarcassa attivi tutte le misure individuate, in modo che gli iscritti possano vedere in essa un supporto affidabile su cui contare.

In tal senso è stato articolato il documento programmatico dei candidati di Federarchitetti presenti nelle diverse province, al quale gli architetti auspicano la maggiore adesione possibile. Il documento rappresenta un contributo operativo del quale il futuro Comitato dei Delegati dovrà prendere atto al fine di attivare quelle riforme necessarie per rendere Inarcassa meno aliena e più sostenibile rispetto gli interessi economici e sociali dei liberi professionisti.

L’Ue plaude agli architetti italiani

Importante riconoscimento per gli architetti italiani a livello europeo. Il Commissario europeo per la politica regionale, Corina Cretu, ha infatti inviato nei giorni scorsi una lettera al presidente degli architetti italiani Leopoldo Freyrie nella quale ha ricordato che “l’Unione europea già realizza investimenti volti al rafforzamento dei centri urbani. La politica di coesione dell’Ue poggia sul principio del partenariato, che conferisce maggior voce in capitolo alle autorità locali. Oltre il 50% degli investimenti del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (Fesr) verranno destinati, nei prossimi anni, alle aree urbane e di questi investimenti almeno il 5% dei finanziamenti disponibili saranno gestiti direttamente dalle città interessate”.

Una lettera originata dalla diffusione, da parte degli architetti italiani, del cosiddetto “Manifesto per la rigenerazione delle città europee”, presentato a novembre 2014 nel corso del forum EU Cities Reloading.

Un manifesto nel quale gli architetti italiani chiedevano, tra le altre cose, di “avviare una politica integrata per la rigenerazione delle città europee, piccole e grandi, con particolare attenzione alle comunità escluse, come le città lontane dai corridoi infrastrutturali e i quartieri periferici o degradati delle grandi città e di promuovere questa stessa politica presso i Governi nazionali, allentando il patto di stabilità laddove impedisca investimenti pubblici che garantiscano standard minimi di sicurezza e salute dei cittadini e rispetto dell’ambiente”.

Ecco, dunque, il plauso degli architetti italiani alla lettera del Commissario, espresso dal Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori: “Siamo soddisfatti per il vivo apprezzamento dimostrato dal Commissario europeo per la politica regionale, Corina Cretu, riguardo all’impegno degli architetti italiani teso a sottolineare la centralità delle città e la necessità di uno sviluppo urbano sostenibile”.