Imprese Confapi: bene art. 8, ma aiuta chi è grande

Secondo un sondaggio effettuato tra 800 Pmi aderenti alla Confapi, l’articolo 8 della manovra finanziaria viene promosso, soprattutto per sostenere incrementi di competitività e salario e per aiutare la gestione delle crisi aziendali. Il 70% delle aziende intervistate pensa che “gli interventi sono prevalentemente a vantaggio della grande impresa”.

Gli altri ambiti per i quali l’articolo 8 interessa alle imprese Confapi sono “interventi per la qualità dei contratti di lavoro (72%), interventi per sostenere l’occupazione (71%), per sostenere l’avvio di nuove attivià’ (70%), per l’emersione del nero (68%) e per l’adozione di una forma di partecipazione dei lavoratori (66%).

Circa la metà degli associati Confapi (48,4%) ritiene che le attuali leggi sul lavoro non siano adeguate alle esigenze delle Pmi e l’82% pensa che “la manovra incida poco o niente sulla possibilità di modifica dello Statuto dei Lavoratori“.

Secondo il presidente nazionale della Confapi, Paolo Galassi, “si parla sempre dello Statuto dei Lavoratori, ma dobbiamo parlare invece di Statuto del Lavoro per tutelare il posto di lavoro“.

Articolo 8: è scontro in Parlamento

C’è aria di tempesta in Parlamento dopo l’approvazione dell’articolo 8 della manovra finanziaria che prevede la possibilità di derogare con i contratti aziendali e territoriali ai contratti nazionali e alla legge.

In materia di licenziamento, eccezion fatta per quello discriminatorio, per gravidanza o matrimonio, le modifiche apportate dalla maggioranza in commissione Bilancio al Senato all’articolo 8 del decreto, prevedono la possibilità di licenziare anche tramite un accordo a livello aziendale o territoriale, raggiunto a maggioranza dai sindacati più rappresentativi.
In contrapposizione con quanto previsto dall‘articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, e in particolare la legge 300 del 1970 che impone, per le aziende sopra i 15 dipendenti, il reintegro nel posto di lavoro in caso di licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo.

Dura la replica di parlamentari e sindacati: per la Cgil si tratta di una manovra che viola la Costituzione, e la sua leader, Susanna Camusso passa all’attacco: ”il governo autoritario annulla il contratto collettivo nazionale di lavoro e cancella lo Statuto dei lavoratori, e non solo l’articolo 18, in violazione dell’articolo 39 della Costituzione e di tutti i principi di uguaglianza sul lavoro che la Costituzione stessa richiama”.

Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, tiene a sottolineare, in risposta alle parole della Camusso, che ‘‘è inequivoco che tali interventi non possono modificare le norme di rango superiore come i fondamentali principi costituzionale o di carattere comunitario e internazionale’ e che quindi ”non ha senso parlare di libertà di licenziare o usare altre semplificazioni che non corrispondono, neppure lontanamente, alla oggettività della norma”.

Il confronto sull’articolo 8 del decreto in discussione in Parlamento non può trasformarsi in uno scontro continuo tra diverse concezioni sul sistema di relazioni sindacali necessario al nostro Paese“, è la nota di intervento del direttore generale di Confcommercio, Francesco Rivolta.

Cisl e Uil evidenziano infine l’importanza di una precisazione, ossia che solo i sindacati comparativamente più rappresentativi possono siglare intese a livello aziendale, come stabilito nell’accordo interconfederale, unitario, del 28 giugno scorso, evitando la costituzione di sindacati di ”comodo”.

Alessia Casiraghi