Imprese agricole contro l’IMU

Oltre ai terreni anche stalle e i fienili, gli annessi rustici, i capannoni per ricovero attrezzi: l’IMU non risparmia neanche quelli che sono di fatto i mezzi di produzione per le imprese agricole. Per questo le associazioni di categoria del settore (Cia, Coldiretti, Copagri, Confagricoltura) hanno scritto a tutti i Sindaci del Veneto invitandoli ad applicare la facoltà, stabilita per legge, di ridurre fino al 50% la nuova tassa soprattutto per gli agricoltori che coltivano direttamente il fondo.

L’intervento presso le amministrazioni pubbliche è volto a scongiurare la scomparsa di un tessuto di imprese che crea occupazione, garantisce l’equilibrio idrogeologico e la produzione di tipicità che fanno la ricchezza agroalimentare unica al mondo. “Vogliamo richiamare alla stessa sensibilità tutti i primi cittadini – hanno detto i presidenti delle organizzazioni – perchè non è possibile trattare un bene che produce reddito attraverso la sua coltivazione come un bene che viene acquisito per intenti speculativi da parte di soggetti terzi rispetto al mondo agricolo”.

A livello nazionale è stato già avviato un confronto serrato con il Governo al fine di differenziare i parametri riducendo l’aggravio per gli imprenditori iscritti come coltivatori diretti alla previdenza Inps. Ma l’entità della manovra rimane un vero e proprio salasso dove i valori del prelievo triplicano. Cia, Coldiretti, Confagricoltura, Copagri intraprendono un’azione unitaria per tutelare l’agricoltura colpita da tassazioni che minano seriamente la competitività del comparto: la superficie agricola, le strutture connesse all’attività sono strumenti di lavoro e non capitali rifugio per investitori. Un occhio di riguardo dunque, a chi con la terra ci lavora e non vive di rendita fondiaria.

Fonte: Agenparl.it

Confartigianato Sicilia: agevolazioni per le imprese rosa

Agevolare tramite un sostegno creditizio le 3000 imprese femminili del territorio siciliano che rischiano la chiusura. Maria Concetta Cammarata, presidente regionale di Confartigianato Donne Impresa ha incontrato il presidente dell’ABI Sicilia Roberto Bertola, responsabile di territorio del Gruppo Unicredit, per discutere le misure da adottare al fine di offrire un sostegno economico alle quote rose della realtà imprenditoriale siciliana.

Nell’isola infatti, sono circa 3000 le donne imprenditrici che rischiano la chiusura della propria azienda a causa delle anomalie presenti all’interno del sistema bancario, che di frequente disattende gli accordi stipulati a livello nazionale con le Associazioni di categoria.

A denunciarlo è proprio Maria Concetta Cammarata, presidente regionale di Confartigianato Donne Impresa: “accade sempre più spesso che i referenti di zona e le agenzie locali non applichino i protocolli d’intesa siglati, opponendo alle imprese del territorio eccessivi ostacoli, determinandone talvolta anche il fallimento. In più, i Direttori delle filiali non informano le imprese dell’esistenza di misure di agevolazione concepite proprio per favorire l’accesso al credito da parte delle PMI. Come le garanzie prestate dai Consorzi fidi che possono arrivare sino al 50%, consentendo agli imprenditori – altrimenti non capaci di adeguata copertura – di accedere ai finanziamenti, e la possibilità di beneficiare di un abbattimento del 60% degli interessi dovuti sugli affidamenti, fruibile nel caso di Confidi convenzionati con la Regione.”

Al termine dell’incontro, il responsabile per la Sicilia del Gruppo UniCredit, Roberto Bertola ha confermato il proprio impegno nell’aprire un dialogo con la Confartigianato, al fine di trovare degli accordi che favoriscano la crescita delle imprese al femminile, ma soprattutto per esaminare i casi concreti di irregolarità.

Alessia Casiraghi

Iva: slitta al 31 dicembre lo spesometro over 25mila euro

La scadenza per la comunicazione telematica delle operazioni rilevanti ai fini Iva riferita al periodo d’imposta 2010 è stata prorogata al prossimo 31 dicembre. La proroga riguarda i dati relativi alle cessioni di beni o prestazioni di servizi effettuate e ricevute dai soggetti passivi, di importo non inferiore ai 25mila euro. E’ quanto si evince dal provvedimento del direttore dell’Agenzia del 19 settembre 2011, che ha introdotto anche un aggiornamento circa le specifiche tecniche che tengono conto delle indicazioni fornite dalle associazioni di categoria.

Il provvedimento del 22 dicembre 2010 prevedeva, in linea con il Dl 78/2010, per tutti i soggetti Iva, l’obbligo di comunicare in via telematica all’Agenzia delle Entrate le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate e ricevute, di importo pari o superiore a 3.000 euro, al netto dell’Iva. Per le operazioni senza obbligo di emissione della fattura, ovvero giustificate da scontrino o ricevuta fiscale, il limite fissato è invece di 3.600 euro, al lordo dell’Iva.

Per garantire un’introduzione graduale dell’adempimento, il provvedimento del 22 dicembre ha previsto, per l’anno d’imposta 2010, l’obbligo di comunicare le sole operazioni per le quali è stata emessa o ricevuta una fattura di importo non inferiore a 25mila euro.

Il nuovo termine, che, con il provvedimento odierno passa dal 31 ottobre 2011 al 31 dicembre 2011 riguarda, dunque, solo le operazioni di importo pari o superiore a 25mila euro, per il periodo d’imposta 2010.

A.C.

Formatori sicurezza sul lavoro vogliono un registro nazionale

Le sigle Firas-Spp, Federformatori, i formatori edili di FeSica-Confsal Edilizia, Anfos, Anfop e Anesa che coprono l’intera categoria dei formatori sulla sicurezza nei posti di lavoro hanno vagliato la volontà di istituire un registro nazionale per valorizzare e tutelare la professione.

Noi facciamo una richiesta ben precisa alle istituzioni: vogliamo che sia istituito un registro nazionale dei formatori sulla sicurezza sul lavoro. E quindi che ci siano dei paletti, dei punti fermi per i formatori che operano nella sicurezza, una sorta di codice deontologico in materia da seguire, come avviene ad esempio in campo medico” – ha detto Vivietta Bellagamba, vicesegretario generale vicario di Firas-Spp recentemente in occasione di un congresso a Roma.

Recentemente è stata avanzata anche l’ipotesi di creare una una consulta interassociativa, un organismo democratico, con un rappresentante legale ‘super partes’, che rappresenti i professionisti davanti alle istituzioni.Rolando Morelli, presidente di Anfos ha aggiunto: “La figura del formatore per quanto ruguarda la sicurezza sui luoghi di lavoro è stata inizialmente ‘prevista’ dal decreto legislativo 626 che è stato poi abrogato, e quindi con il decreto 81/08. Più che la figura del formatore, però, il decreto obbliga i datori a formare i propri lavoratori in merito ai problemi che riguardano la sicurezza sui luoghi di lavoro. Il datore di lavoro per adempiere a questo compito che è spesso gravoso e complesso, perché ci sono tante norme tecniche da applicare durante la formazione, si avvale di figure professionali esperte nella materia, e cioè i formatori”.

Ad oggi vi è solo la norma Uni Iso, la 17024, che permette ai formatori di certificarsi, troppo poco per una prefessione che merita di essere maggiormente valorizzata.

M.Z.

Intesa Sanpaolo, Rete Imprese: vicini ad aziende e territorio

In un momento congiunturale difficile, in cui la crisi si fa sentire specialmente nei confronti delle piccole e medie imprese, alcuni istituti di credito si sono mossi per non far mancare il proprio sostegno a questa fetta vitale del sistema economico italiano, mettendo a disposizione strumenti creditizi e accordi finanziari studiati per favorire le imprese nel loro territorio, nel loro intimo tessuto produttivo. È il caso di Intesa Sanpaolo, che nel febbraio scorso ha siglato con Rete Imprese Italia un accordo che garantisce il pieno sostegno alle piccole imprese associate, partendo proprio dal territorio, il vero incubatore delle Pmi italiane, il terreno di coltura dal quale fioriscono le eccellenze della nostra produzione per prendere poi lo slancio verso il mercato nazionale e quelli esteri.

I numeri di questo accordo parlano da soli: 5 miliardi di finanziamenti messi a disposizione dal Gruppo, 2,6 milioni di imprese interessate per un totale di oltre 11 milioni di addetti, pari al 60% della forza lavoro in Italia. I 5 miliardi guardano a un insieme di interventi che Rete Imprese Italia ha definito esigenze prioritarie delle imprese associate in questa fase congiunturale: sostegno al capitale circolante e Breve Termine, ricapitalizzazione delle imprese, ristrutturazione del debito, sostegno alla liquidità. E la filosofia dell’accordo è chiara: le sue linee guida saranno declinate tramite intese che Rete Imprese Italia e Intesa Sanpaolo sigleranno a livello locale , per rispondere alle esigenze di imprese che operano in contesti tra loro molto diversi. Agevolare il dialogo tra banca e impresa è infatti uno tra i principali obiettivi di Rete Imprese Italia e di Intesa Sanpaolo.

Ma come si traduce, nel territorio, questa vicinanza all’impresa? Fondamentalmente mettendo insieme l’autonomia lasciata alle strutture di Area di Intesa Sanpaolo con un network di referenti territoriali di Banca e Associazioni. Infatti, le Aree di Intesa Sanpaolo dispongono di ampia autonomia per poter individuare soluzioni “su misura” che rispondano a esigenze specifiche. Le oltre 5.700 filiali del Gruppo sono dotate di un applicativo web che fornisce dati economici su ciascun territorio, con l’obiettivo di orientare efficacemente l’azienda che si muove in quel microcontesto e garantirle un flusso di informazioni utili a cogliere ogni opportunità di lavoro e di crescita che si presenti sul territorio. Inoltre, le Associazioni di categoria che aderiscono a Rete Imprese Italia e le 23 banche del Gruppo Intesa Sanpaolo mettono a disposizione una rete di referenti locali, uno per ogni Provincia, che garantiscono la necessaria vicinanza alle imprese del territorio.

In più, Intesa Sanpaolo ha messo a punto due semplici modelli di autovalutazione economico-finanziaria – a disposizione delle imprese associate sui siti internet delle Associazioni di categoria locali che hanno sottoscritto l’accordo -, dedicati ai settori commercio e artigianato: tali strumenti consentono alle aziende associate di effettuare, grazie alla consulenza qualificata delle Associazioni di categoria, un’autovalutazione della propria attività imprenditoriale considerando elementi quantitativi e qualitativi. Gli strumenti richiedono l’immissione di un numero contenuto di dati che, trattati in modo statistico, restituiscono una valutazione riferita sia alle singole aree di indagine sia al complesso dei dati economico-finanziari dell’impresa.

In sostanza, i modelli consentono di valutare la situazione economico-finanziaria dell’azienda con dati di bilancio definitivi, provvisori e anche con le sole evidenze contabili per le imprese più piccole; verificare la sostenibilità economico-finanziaria delle possibili scelte imprenditoriali, simulando l’impatto delle stesse sulla struttura del bilancio e sulle dinamiche patrimoniali, economiche e finanziarie; aumentare la conoscenza e la consapevolezza sul tipo di informazioni richieste da tutti i soggetti che interagiscono con l’azienda, in particolare la banca, migliorando le capacità di dialogo con gli interlocutori.

Da non dimenticare, infine, il coinvolgimento dei Confidi, determinante per Rete Imprese Italia e Intesa Sanpaolo. In quest’ottica è stato creato un Portale Confidi, un’interfaccia web che consente un dialogo diretto con i Consorzi di Garanzia Fidi, al fine di condividere con tempestività l’andamento delle posizioni dei clienti, e la trasmissione delle garanzie con firma digitale.

Marco Morelli, direttore generale vicario di Intesa Sanpaolo: “Abbiamo costruito un’intesa fondata sulla collaborazione tra banca e impresa, dove i meccanismi di funzionamento di entrambe sono trasparenti e condivisi. Mettiamo certamente a disposizione di imprenditori e professionisti importanti risorse, ma soprattutto il nostro patrimonio umano e tecnico. Vogliamo individuare con le aziende reali obiettivi di crescita e raggiungerli grazie al lavoro comune sul territorio“.

Giorgio Guerrini, presidente di Rete Imprese Italia: “È un’intesa che si distingue per la valorizzazione delle specificità territoriali delle piccole imprese e per la flessibilità di risposta alle loro peculiari esigenze creditizie. Si tratta di un segnale concreto di attenzione ai nostri imprenditori i quali, nonostante la crisi, non hanno perso la voglia di investire e di reagire alla congiuntura negativa. La strada per agganciare la ripresa passa da un impegno comune che deve vedere le banche impegnate a dare fiducia alla piccola impresa, a considerarla decisive per creare reddito, occupazione, nuova imprenditorialità“.

Corrado Passera, consigliere delegato di Intesa Sanpaolo: “Siamo stati al fianco delle imprese italiane quando la crisi ha fatto sentire i suoi effetti più pesanti. Ci fa particolarmente piacere firmare un accordo che diventerà operativo in un contesto migliore rispetto a quello dei mesi passati. Oggi più che mai mondo del credito e mondo dell’impresa devono unire le forze per imprimere una svolta positiva al ciclo economico. Tutti sanno quanto le piccole e piccolissime imprese siano determinati per la crescita e l’occupazione nel Paese: Intesa Sanpaolo non farà mai mancare loro il necessario sostegno“.

Business Coach oggi: professione a tutto tondo

Nona e ultima puntata del viaggio di Infoiva, il Quotidiano online delle Partite Iva, nel mondo del Business Coaching, professione che da qualche tempo si sta diffondendo con successo anche in Italia. In collaborazione con il Dott. Giulio Ardenghi, uno dei pochi e qualificati Business Coach italiani.

Esistono oramai da anni anche in Italia associazioni di categoria che certificano gli iscritti e hanno un codice deontologico. Purtroppo non fanno massa. Dipendono molto dalle scuole di formazione di coaching (poche eccellenti, molte evanescenti) e non sempre si rivolgono a tutti i potenziali clienti, ma solo a quelli che in teoria fanno “nome”. Ma questi il coaching se lo fanno in casa, molte volte, o accedono al mercato internazionale. Credo che dovrebbero agire più sulle associazioni di categoria, camere di commercio, sindacati, unioni industriali provinciali, incubatori di start-up. Utile l’aggiornamento che propongono, ma ancora più utile sarebbe una chiara distinzione fra chi esercita operativamente con i clienti e chi insegna coaching.

In Italia il mercato, lo dicono i numeri è ancora in fase di sviluppo. I professionisti eccellenti ci sono (cercateli con cura) e si confrontano anche a livello internazionale. Ma vige ancora un po’ la vecchia formula italiana “chi fa da sé fa per tre”. Le associazioni dovrebbero unirsi e fare focus. A volte mi sembra che abbiano bisogno di un buon business coach per sviluppare un piano con obiettivi veloci, misurabili e duraturi.

Il mercato incalza, i clienti sono più esigenti e quindi sono del tutto ottimista che nei prossimi 2 anni vedremo il “business coaching d.C.”- per parafrasare Marchionne – espandersi tramite professionisti preparati.

Dott. Giulio ARDENGHI

http://www.businesscoachingefficace.com/

Business Coach: qual e’ l’identikit del suo assistito?

Settima puntata del viaggio di Infoiva, il Quotidiano online delle Partite Iva, nel mondo del Business Coaching, professione che da qualche tempo si sta diffondendo con successo anche in Italia. In collaborazione con il Dott. Giulio Ardenghi, uno dei pochi e qualificati Business Coach italiani.

Se fino a un paio di anni fa erano soprattutto le multinazionali che si rivolgevano al business coaching, oggi si nota un impulso nelle PMI alle prese con l’innovazione tecnologica, o meglio, a come venderla, a come proporsi sui mercati internazionali, a come dare forte impulso alla rete di vendita e al marketing. Anche le PMI si sono rese conto che non è sufficiente avere un’ottima tecnologia applicata se non la si sa vendere. La competizione è accanita, le novità durano meno che nel passato e vanno sfruttate presto e bene, l’inventiva e l’innovazione continua sono dei doveri come un tempo la manutenzione. Inoltre occorre distribuire il rischio su più mercati. Non sempre le PMI hanno tutte queste competenze, per cui accedono ai servizi del business coaching efficace per muoversi in fretta e bene, evitando gli errori da inesperienza.

Purtroppo c’è poca sensibilità presso le associazioni di categoria e le camere di commercio a proporre alle PMI di adottare un coach che le segua da vicino: prevale il superato e poco efficace modello della formazione d’aula.

Molte sono le start up che sia avvalgono dei sevizi di un business coach che le segua dalla A alla Z. Un settore, questo, che mi stimola molto e su cui sto ottenendo ottimi risultati.

Anche imprese artigiane si stanno interessando al business coaching per diventare PMI. La prima cosa di cui si rendono conto è che il cliente cerca l’artigiano, ma l’imprenditore cerca i clienti. E il know-how commerciale delle imprese artigiane è basso. Il business coach può, affiancando la struttura, accelerare la crescita delle competenze in azienda.

Un’esplosione recente di richieste è da parte di persone che, volenti o nolenti, uscite dal mondo del lavoro o spinte da necessità, sono alla ricerca di formule che permettano loro di ricercare redditi sussidiari o paralleli. Come sfruttare capitali dormienti o competenze formatesi nel tempo. Qui il business coaching svolge un ruolo sociale importante, ridando speranza e stima a queste validissime persone che cercano di vincere l’indolenza paralizzante che può prendere e bloccare qualsiasi iniziativa e voglia di fare.

Dott. Giulio ARDENGHI

http://www.businesscoachingefficace.com/