Avvocato matrimonialista – Un codice etico ?

Di Matteo Santini (Foro di Roma: http://www.studiolegalesantini.com)

Negli ultimi tempi si assiste ad un fervido dibattito tra gli operatori del settore in ordine all’opportunità di introdurre un codice etico o deontologico specifico per gli avvocati matrimonialisti intendendosi per tali gli avvocati che esercitano la loro attività in via prevalente nel settore del diritto della famiglia e dei minori.

L’esigenza è dettata in primis dalla peculiarità e dalla delicatezza delle questioni che riguardano i diritti dei minori, condizione questa che impone all’avvocato di porre in essere una serie di comportamenti e di cautele volte a salvaguardare l’equilibrio psico-fisico dei minori evitando, per quanto possibile, che questi siano sottoposti a traumi derivanti dalla conflittualità genitoriale.

Questo tipo di approccio impone all’avvocato l’acquisizione di una serie di conoscenze che non sono solo di natura giuridica ma che coinvolgono anche i campi della psicologia, delle pedagogia e della mediazione familiare.

Ciò non vuol dire che l’ avvocato matrimonialista debba sostituirsi allo psicologo; significa, invece, avere quelle competenze che lo portano ad individuare le criticità del caso specifico e a suggerire al proprio assistito di intraprendere tutti quei percorsi che possono apparire utili per superare gli aspetti più conflittuali della crisi familiare e per la salvaguardia dell’interesse del minore, valore quest’ultimo da considerarsi come preminente ed essenziale ed intorno al quale è costruita l’intera struttura del diritto di famiglia europeo.

Nella ricerca di un punto di equilibrio volto a salvaguardare i diritti delle parti coinvolte nel conflitto si realizza compiutamente quella che a giudizio dello scrivente è la funzione più nobile dell’avvocato ossia la funzione sociale.

L’Articolo 56 del nuovo Codice Deontologico Forense in tema di Ascolto del minore sancisce che: “L’avvocato non può procedere all’ascolto di una persona minore di età senza il consenso degli esercenti la responsabilità genitoriale, sempre che non sussista conflitto di interessi con gli stessi.
L’avvocato del genitore, nelle controversie in materia familiare o minorile, deve astenersi da ogni forma di colloquio e contatto con i figli minori sulle circostanze oggetto delle stesse.
L’avvocato difensore nel procedimento penale, per conferire con persona minore, assumere informazioni dalla stessa o richiederle dichiarazioni scritte, deve invitare formalmente gli esercenti la responsabilità genitoriale, con indicazione della facoltà di intervenire all’atto, fatto salvo l’obbligo della presenza dell’esperto nei casi previsti dalla legge e in ogni caso in cui il minore sia persona offesa dal reato.
La violazione dei doveri e divieti di cui ai precedenti commi comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da sei mesi a un anno”.

L’articolo 56 introduce il tema essenziale dell’ascolto del minore da parte degli avvocati. Appare evidente quanto possa essere pericoloso e dannoso per l’equilibrio del minore un colloquio intrattenuto con l’avvocato di uno dei genitori parti del conflitto; le domande suggestive rivolte dal legale rischiano di diventare un tentativo per avvalorare la tesi difensiva del proprio assistito arrivando, nei casi più gravi, a suggerire al minore i contenuti di eventuali risposte che il minore dovrà fornire all’organo giudicante in sede di audizione. In questi casi invece di cercare di preservare la serenità del minore e di tenerlo, per quanto possibile, al di fuori dalle dinamiche conflittuali dei genitori lo si catapulta all’interno di una realtà spesso drammatica rendendolo vittima impotente dell’immaturità degli adulti o arbitro delle liti tra i propri genitori. Tali esecrabili comportamenti hanno dato luogo, nel corso degli ultimi anni, ad una serie di provvedimenti sanzionatori particolarmente severi da parte dei singoli consigli dell’ordine (provvedimenti poi confermati in sede di appello dinnanzi al Consiglio Nazionale Forense).

Diversamente, quando l’avvocato è nominato curatore speciale del minore (ex art.78 c.p.c.), e lo difende sede contenziosa (art.86 c.p.c.), o lo assiste in sede negoziale e contrattuale (art.320 c.c. u.c.) dovrà necessariamente procedere all’ascolto del minore, se non contrario all’interesse di quest’ultimo, non essendo in tali ipotesi necessario il consenso dell’esercente la responsabilità genitoriale che versi in conflitto di interessi (situazione la cui presenza dà luogo e giustifica il ricorso a quelle figure “esterne”).

In relazione alle modalità di ascolto del minore, soprattutto con riferimento all’eventuale presenza di un esperto, sarà lo stesso avvocato a decidere (specie in relazione all’età e alla capacità di discernimento) se procedere direttamente all’ascolto o se avvalersi dell’ausilio di un tecnico esperto in psicologia.

Il 3 comma dell’articolo 56 disciplina anche le ipotesi in cui, nell’ambito di un procedimento penale, il soggetto minore, imputato, parte offesa o testimone, debba essere ascoltato o assunto come informatore, anche mediante il rilascio di dichiarazioni scritte, dall’avvocato: quest’ultimo, in tali casi, deve invitare formalmente gli esercenti la responsabilità genitoriale, con indicazione della facoltà di intervenire all’atto e fatto salvo l’obbligo della presenza dell’esperto nei casi previsti dalla legge ed in ogni caso in cui il minore sia persona offesa dal reato.

A giudizio dello scrivente in capo ad un avvocato matrimonialista sussiste altresì un dovere etico di ridurre al minimo il contenzioso tra le parti. Ciò significa non solo evitare di aggravare la posizione della controparte attraverso azioni plurime o strumentali ma anche consigliare, ove possibile, al proprio assistito di ricorre a strumenti alternativi al giudizio contenzioso quali la mediazione familiare o il diritto collaborativo (tale principio è in parte anche divenuto “obbligo giuridico” nell’ambito della legge 162/2014 sulla c.d. “negoziazione assistita”).

Commetterebbe un illecito deontologico anche l’avvocato che accetti incarichi ove il proprio assistito sia mosso da chiari propositi di ritorsione nei confronti della controparte o che agisca penalmente senza avere acquisito ragionevoli elementi sulla responsabilità della controparte.

Accade, infatti, in taluni casi, che l’avvocato poco esperto rischi di divenire uno strumento nelle mani del cliente (c.d. braccio armato) perdendo così il connotato essenziale affinchè il legale possa esercitare serenamente ed in modo proficuo il proprio patrocinio ovvero l’indipendenza.

Possa trattarsi di mala fede o di semplice incompetenza del legale le conseguenze derivanti dall’intraprendere azioni di natura penale nei confronti della controparte sono spesso irrimediabili e precludono, specie nei casi in cui si presenta querela per reati per cui non ammessa la remissione di querela (abusi sessuali, maltrattamenti in famiglia) la possibilità di una composizione bonaria della questione.

Esistono poi una serie di obblighi specifici in capo all’ avvocato matrimonialista che si ricavano dalle norme codicistiche e che impongono agli avvocati, pur nel rispetto del loro ruolo di difensori delle parti, di non agire o non produrre atti finalizzati all’elusione di norme imperative o principi inderogabili. Ad esempio sarà passibile di sanzione disciplinare l’avvocato che assecondi le richieste del cliente di eludere le norme sull’affidamento condiviso dei minori o obbligazioni economiche in favore del coniuge più debole economicamente e/o dei figli (in tal caso le sanzioni sono anche di natura civile stabilendo espressamente l’articolo 155 bis del codice civile che se una domanda di affidamento esclusivo è palesemente infondata , il giudice può considerare il comportamento dell’istante ai fini della determinazione dei provvedimenti da adottare nell’interesse dei figli ferma restando l’eventuale applicazione dell’articolo 96 del codice di procedura civile sulla responsabilità aggravata).

Alcuni comportamenti espongono l’avvocato a sanzioni non solo di tipo disciplinare ma anche di natura penale. In alcuni casi giunti all’attenzione dell’organo disciplinare forense il difensore aveva prodotto in giudizio corrispondenza riservata della controparte (sia essa postale, telematica o telefonica), illecitamente acquisita con ciò violando anche norme di natura penale.

Esiste infine il delicato tema del rapporto tra avvocato familiarista e consulente tecnico di parte e di ufficio. Tali questioni impongono la conoscenza non solo delle norme codicistiche in materia di CTU ma anche di tutte le prassi adottate nei vari tribunali per l’espletamento della consulenza di ufficio; prassi che sono spesso il frutto di protocolli di intesa tra il tribunale ed il consiglio dell’ordine degli avvocati.

L’esigenza di introdurre un codice deontologico per gli avvocati matrimonialisti è particolarmente sentita in virtù proprio della delicatezza dei temi trattati. E’ però evidente che l’introduzione di un codice deontologico potrebbe avvenire solo per mezzo di una legge dello Stato. Attualmente esistono delle linee guida dettate da associazioni di settore; principi che hanno efficacia vincolante solo per gli iscritti a tali associazioni ma che, allo stesso tempo, possono essere particolarmente utili in quanto rappresentano delle prassi virtuose dalle quali prendere spunto.

Ritengo però che, nella formazione di un “buon” avvocato matrimonialista gli elementi imprescindibili debbano sempre essere l’aggiornamento continuo, l’esperienza processuale e una particolare sensibilità in ordine alle problematiche che riguardano i soggetti deboli; sensibilità che non si impara sui libri o nelle accademie ma che è il frutto del nostro percorso di vita, degli insegnamenti e dell’educazione ricevuta nel corso di un vita intera.

Diritto del lavoro, corso di perfezionamento a Roma

Quello del diritto del lavoro è senz’altro uno dei temi più caldi del momento, con una riforma del mercato del lavoro che incombe e un ordinamento giuridico che cerca di stare al passo con i tempi.

In questo senso si inquadra un interessante corso di perfezionamento a Roma sul tema “Art. 18 e licenziamenti, tra passato e futuro”. L’appuntamento è per giovedì 14 giugno 2012 nell’Aula Magna della Chiesa Valdese, Via Pietro Cossa 40, dalle 14 alle 20.

Il corso vale 6 crediti formativi. Per informazioni e prenotazioni www.dirittodellafamiglia.com, www.tuteladeidiritti.com

Modera e coordina l’avv. Matteo Santini.

RELATORI
Prof. Stefano Bellomo – Ordinario Diritto del Lavoro Università di Perugia
Prof. Nicola De Marinis – Professore di Diritto del Lavoro Università del Molise
Prof. Sergio Magrini – Professore Diritto del Lavoro presso la LUISS
Prof. Paolo Pizzuti – Professore Diritto del Lavoro Università del Molise
Prof. Giampiero Proia – Ordinario Diritto del Lavoro presso l’università di Roma Tre
Prof. Antonio Vallebona – Ordinario Diritto del Lavoro Università di Tor Vergata
Avv. Corrado Cardarello – Managing Partner Quorum Legal
Avv. Andrea Marziale – Partner Quorum Legal

RELAZIONI
Il licenziamento per c.d. motivi economici (i.e. per giustificato motivo oggettivo)
La conciliazione obbligatoria nei licenziamenti per motivi economici
Il nuovo licenziamento disciplinare
Le varie ipotesi di licenziamenti discriminatori
Profili processuali delle controversie sui licenziamenti
I licenziamenti collettivi nei nuovi scenari
I poteri del Giudice del Lavoro nella valutazione dei licenziamenti

L’addebito della separazione

Con ordinanza n. 4540 del 24 febbraio 2011, i Giudici della Corte Cassazione affermavano che in presenza di “giusta causa” nell’allontanamento dalla casa coniugale di uno dei coniugi, non vi fossero i presupposti per l’addebito della separazione.

Si ritiene che tale comportamento, non costituisse di per sé motivo di addebito, essendo invece necessario verificare se esso fosse l’effetto dell’intollerabilità del rapporto oppure la causa.

Così il giudice, caso per caso, era chiamato ad effettuare una valutazione la quale lasciava un ampio margine di discrezionalità in ordine all’eventuale “scriminante” per il coniuge allontanatosi.

Ad esempio, si è ritenuto ricompreso nel concetto di “giusta causa”, il coniuge che si allontana a seguito di una stabile relazione extraconiugale dell’altro o il coniuge che subisce ripetuti atti di violenza dall’altro.

La questione va pertanto esaminata sotto il profilo dell’ampiezza delle scriminanti in presenza delle quali, un comportamento di per sé illegittimo e motivo di addebito della separazione, viene considerato legittimo.

Ciò premesso, appare evidente che se di scriminanti si tratta, debba farsi riferimento ad un principio generale affermato dalla normativa e ribadito più volte dalla Giurisprudenza; e cioè che l’allontanamento dalla residenza familiare, ove attuato unilateralmente dal coniuge, e cioè senza il consenso dell’altro coniuge, di per sé costituisce violazione di un obbligo matrimoniale e conseguentemente causa di addebito della separazione poiché porta all’impossibilità della coabitazione, obbligo e presupposto stesso di un rapporto matrimoniale.

Si è sostenuto in Giurisprudenza che se la frattura del rapporto coniugale è precedente all’allontanamento dall’abitazione, della quale pertanto non poteva essere stato causa, l’addebitabilità della separazione al coniuge che si allontani deve essere esclusa senza necessità di verificare ulteriormente se il comportamento dell’altro coniuge costituisca violazione dei suoi doveri coniugali.

A parere del sottoscritto il criterio sopracitato è troppo generico e soprattutto rimesso a valutazioni soggettive che prestano il fianco ad un ampissimo margine di discrezionalità da parte dei giudici di merito, con il rischio attuale di valutazioni difformi da tribunale a tribunale in ordine a situazioni pressoché identiche.

Ritengo che sia necessario un quid pluris affinché un comportamento codificato come “illegittimo” e fonte di conseguenze giuridiche rilevanti anche sotto il profilo patrimoniale (addebito della separazione), possa ritenersi ammissibile e giustificato.

Si tratta quindi di valutare con il massimo rigore possibile le situazioni in presenza delle quali l’allontanamento unilateralmente determinato dall’abitazione coniugale possa ritenersi giustificato.

In particolare, incomberà sul coniuge che si è allontanato l’onere della prova circa l’esistenza di quel giustificato motivo che, rendendo oggettivamente intollerabile il protrarsi della convivenza, ha legittimato il comportamento.

La Cassazione Civile con sentenza numero 2059 del 14.02.2012  ha stabilito che l’abbandono del tetto coniugale prima della domanda di separazione e senza una valida ragione fa scattare automaticamente l’addebito. A maggior ragione se il coniuge che ha reciso la coabitazione lo ha fatto per intraprendere una convivenza more uxorio. Infatti, il coniuge, il quale provi che l’altro ha volontariamente e definitivamente abbandonato la residenza familiare senza aver proposto domanda di separazione personale, non deve ulteriormente provare l’incidenza causale di quel comportamento illecito sulla crisi del matrimonio, implicando esso la cessazione della convivenza e degli obblighi ad essa connaturati, e gravando sull’altra parte l’onere di offrire la prova contraria, che quel comportamento fosse giustificato dalla preesistenza di una situazione d’intollerabilità della coabitazione, nonostante l’assenza della giusta causa prevista dall’art. 146 cpv. c.c..

Ovviamente, in presenza di accordo tra le parti o nel caso in cui la parte o le parti abbiano proceduto al deposito di un ricorso per separazione, l’allontanamento dalla casa coniugale non rappresenta motivo di addebito della separazione.

In problema si pone pertanto solo con riferimento alla valutazione del comportamento del coniuge che si allontana adducendo l’esistenza di situazioni talmente gravi da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza e non una generica e non motivata “intollerabilità”.

Avv. Matteo SANTINI | m.santini[at]infoiva.it | www.studiolegalesantini.com | Roma

È titolare dello Studio Legale Santini (sede di Roma). Il suo Studio è attualmente membro del Network LEGAL 500. || È iscritto come Curatore Fallimentare presso il Tribunale di Roma; Presidente Nazionale del Centro Studi e Ricerche sul Diritto della Famiglia e dei Minori; Membro dell’AGIT (associazione avvocati Giusconsumeristi); Consigliere Nazionale AGIT (associazione avvocati Giusconsumeristi); Responsabile per la Regione Lazio dell’Associazione Avvocati Cristiani; Membro dell’I.B.A. (International Bar Association); Membro della Commissione Osservatorio Giustizia dell’Ordine degli Avvocati di Roma; Segretario dell’Associazione degli Avvocati Romani; Conciliatore Societario abilitato ai sensi del Decreto Legislativo n. 5/2003; Direttore del “Notiziario Scientifico di Diritto di Famiglia”; Membro del Comitato Scientifico dell’ A.N.A.C. || Autore del Manuale sul trasferimento dell’Azienda edito dalla Giuffré (2006); Co-autore del Manuale sul Private Equity (2009 Edizione Le Fonti). || Docente di diritto e procedura penale al Corso in Scienze Psicologiche e Analisi delle Condotte Criminali (Federazione Polizia di Stato 2005). || Collabora in qualità di autore di pubblicazioni scientifiche con le seguenti riviste giuridiche: Diritto & Giustizia (Giuffré Editore); Corriere La Tribuna (Edizioni RCS); Notiziario Giuridico Telematico; Giustizia Oggi; Associazione Romana Studi Giuridici; Il Sole 24 Ore; Studium Fori; Filo Diritto; Erga Omnes; Iussit; Leggi Web; Diritto.net; Ius on Demand; Overlex; Altalex; Ergaomnes; Civile.it; Diritto in Rete; Diritto sul Web; Iusseek.

Io non ho paura (delle pari opportunità)

Non è tempo di nascondere la testa sotto la sabbia. È tempo di agire. Agire significa garantire innanzitutto le pari opportunità all’interno dell’avvocatura. Pari opportunità tra donne e uomini, pari opportunità tra giovani e meno giovani, pari opportunità tra colleghi abili e diversamente abili.

Ritengo che in assenza di effettive pari opportunità una società non possa definirsi democratica. L’articolo 3 della Costituzione sull’uguaglianza sostanziale troppo spesso è rimasto un nobile principio disapplicato. Chi crede che in Italia oggi esista la meritocrazia, che crede che un giovane avvocato figlio di “nessuno” abbia le stesse possibilità di realizzazione professionale di un collega di pari età con alle spalle una famiglia di avvocati è un illuso o peggio un ipocrita.

E allora dico che non è tempo di festeggiare ma solo tempo di agire se non vogliamo sprofondare nel più buio dei precipizi.

Quando ho realizzato il servizio baby parking insieme a Fabrizio Bruni e Mauro Vaglio a favore degli avvocati mamme al fine di dare loro la possibilità di collocare i propri figli presso strutture specializzate durante le ore in cui sono impegnate in udienza, tantissimi colleghi e colleghe mi hanno contattato chiedendomi come avevamo fatto a realizzare un qualche cosa di straordinario di cui si parlava da anni ma che nessuno era mai riuscito a compiere.

Ho risposto loro che in realtà non abbiamo realizzato nulla. Abbiamo solo avuto tanta voglia di fare e ci sono attivato per stipulare alcune convenzioni con asili in zona tribunale che, a prezzi assolutamente politici, hanno garantito un servizio essenziale per le mamme e i papà che si trovano a doversi dividere tra attività professionale e gestione dei propri figli. Un problema che nel corso della vita riguarda oltre il 90% dei colleghi.

La mia idea di politica forense è un’idea di pari opportunità. Meno feste, meno cerimonie, meno sprechi, soprattutto in un momento storico di gravissima crisi economica. Tutti denari spesi inutilmente quando sarebbe invece necessario destinare riserve di bilancio per garantire ai giovani la possibilità di esercitare effettivamente la professione senza doversi presentare sul mercato come degli pseudo dipendenti sotto pagati; ad esempio, destinando queste riserve per garantire prestiti di onore o per erogare finanziamenti a fondo perduto a favore dei giovani che intendono avviare uno studio o dei meno giovani che lo studio devono riavviarlo dopo aver affrontato un periodo di oggettiva difficoltà (per problemi di salute, ecc.).

Lo stesso servizio di baby parking attraverso un minimo impegno economico potrebbe essere garantito gratuitamente agli avvocati mamme destinando riserve a bilancio dirette a tale scopo o destinando fondi per la costituzione di un asilo all’interno del tribunale (come avviene nelle principali università). Se ne parla da tempo ma le promesse in questo Paese valgono solo in campagna elettorale. A chi contesta in modo superficiale e puerile che non ci sono i fondi rispondo che con i denari utilizzati per le spese di rappresentanza per le cene, per le ricorrenze e per le feste si potrebbe fare davvero tanto; a chi contesta che in Tribunale non ci sono spazi disponibili rispondo che la digitalizzazione, de-materializzazione e delocalizzazione dei documenti e degli archivi oltre ad essere realizzabile a costi irrisori (ci sono società che effettuano il servizio a costi bassissimi) garantirebbe la disponibilità di quegli spazi oggi occupati da inutili e vetusti documenti e da tonnellate di cartaccia.

Non posso fare valutazioni tecniche su dati attuali in quanto, non sono riuscito a reperire sul sito del consiglio dell’ordine gli ultimi bilanci. L’unica cosa che posso fare è quella di garantivi, per il futuro, un effettivo cambiamento a favore e nell’interesse di TUTTI.

Non c’è tempo per perdersi in polemiche, insulti, attacchi personali o in puerili auto elogi. È tempo di fare e di agire.
Non mi fermerò mai neanche di fronte alle eventuali intimidazioni, non abbandonerò mai il campo fino a quanto le pari opportunità nella professione non si saranno effettivamente realizzate. Voglio lasciare e lascerò ai miei figli una società più giusta e meritocratica. E lo farò ad ogni costo!

Chi non è interessato alla mie parole può tranquillamente “cancellarmi” con un click. Non voglio imporre la mia presenza o il mio messaggio a nessuno. Utilizzo lo strumento web solo perchè, non avendo alcun ruolo istituzionale ed essendo un avvocato “figlio di nessuno” posso esprimere la mia idea solo attraverso questo meraviglioso strumento di democrazia chiamato INTERNET (RETE GLOBALE).

Avv. Matteo SANTINI | m.santini[at]infoiva.it | www.studiolegalesantini.com | Roma

È titolare dello Studio Legale Santini (sede di Roma). Il suo Studio è attualmente membro del Network LEGAL 500. || È iscritto come Curatore Fallimentare presso il Tribunale di Roma; Presidente Nazionale del Centro Studi e Ricerche sul Diritto della Famiglia e dei Minori; Membro dell’AGIT (associazione avvocati Giusconsumeristi); Consigliere Nazionale AGIT (associazione avvocati Giusconsumeristi); Responsabile per la Regione Lazio dell’Associazione Avvocati Cristiani; Membro dell’I.B.A. (International Bar Association); Membro della Commissione Osservatorio Giustizia dell’Ordine degli Avvocati di Roma; Segretario dell’Associazione degli Avvocati Romani; Conciliatore Societario abilitato ai sensi del Decreto Legislativo n. 5/2003; Direttore del “Notiziario Scientifico di Diritto di Famiglia”; Membro del Comitato Scientifico dell’ A.N.A.C. || Autore del Manuale sul trasferimento dell’Azienda edito dalla Giuffré (2006); Co-autore del Manuale sul Private Equity (2009 Edizione Le Fonti). || Docente di diritto e procedura penale al Corso in Scienze Psicologiche e Analisi delle Condotte Criminali (Federazione Polizia di Stato 2005). || Collabora in qualità di autore di pubblicazioni scientifiche con le seguenti riviste giuridiche: Diritto & Giustizia (Giuffré Editore); Corriere La Tribuna (Edizioni RCS); Notiziario Giuridico Telematico; Giustizia Oggi; Associazione Romana Studi Giuridici; Il Sole 24 Ore; Studium Fori; Filo Diritto; Erga Omnes; Iussit; Leggi Web; Diritto.net; Ius on Demand; Overlex; Altalex; Ergaomnes; Civile.it; Diritto in Rete; Diritto sul Web; Iusseek.

Il processo telematico (o… l’uovo di Colombo)

Il 19 novembre 2011 è stato ultimato il passaggio del processo civile telematico da una vecchia piattaforma (CPECPT) alla Posta Elettronica Certificata (tutti gli avvocati avevano l’obbligo di comunicare al Consiglio dell’Ordine di appartenenza il proprio indirizzo di PEC entro il 29.11.2009 ai sensi del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185).

A decorrere da tale data i biglietti di cancelleria telematici vengono inviati direttamente all’indirizzo PEC comunicato da ogni avvocato al proprio ordine di appartenenza. Il passaggio è stato effettuato solo da alcuni Tribunali ma, allo stato, ancora molti ordini italiani, non hanno comunicato gli albi completi di indirizzo PEC.

Il termine “processo telematico” rappresenta ancora per molti operatori del settore giustizia qualche cosa di misterioso ed alieno. In realtà, non stiamo parlando di un nuovo sistema processuale ma solo della possibilità data alle parti, al giudice e alla cancelleria di formare, comunicare e notificare gli atti processuali mediante documenti informatici. Il documento informatico sottoscritto con firma digitale ha efficacia probatoria pari a quella della scrittura privata ai sensi dell’art.2702 del codice civile (L. 15 marzo 1997 n.59 e del D.P.R. 10 novembre 1997 n.513).

L’introduzione del processo telematico consente la creazione del fascicolo informatico, formato dalla cancelleria che provvede ad inserire gli atti e i documenti probatori inviati per via telematica dall’avvocato difensore. Evidenti e notevoli i vantaggi sotto il profilo dell’economia processuale, del risparmio sia in termini di costi di materiale, sia di spazi che di personale. Ma il risparmio si spinge bene oltre, sino a consentire agli avvocati una migliore gestione e pianificazione della propria attività di studio evitando continui spostamenti che, specie nelle grandi città, costringono i colleghi a trascorrere ore prima incolonnati nel traffico e poi giunti in tribunale ad attendere il proprio turno nelle ormai note ed interminabili file.

Costituirsi in giudizio o consultare il fascicolo d’ufficio senza più recarsi in Tribunale, con realizzazione di quel principio di economia processuale del quale spesso di disquisisce in modo astratto. Purtroppo il processo telematico non è stato preceduto da una idonea campagna informativa e di alfabetizzazione informatica che avrebbe consentito un approccio più celere all’utilizzo di strumenti informatici (ivi inclusa la riqualificazione del personale interno addetto alle cancellerie).

Già dal 18 maggio 2011 sono divenute efficaci le novità per l’informatizzazione del processo sia civile che penale, ed in particolar modo per il processo telematico, introdotte dal Decreto del Ministero della Giustizia del 21 febbraio 2011 n. 44 Si tratta di regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

Come precedentemente affermato il processo telematico non incide sulla struttura del processo ma prevede la costituzione di una rete informatica tra avvocati e cancellerie, trasformando altresì l’attuale fascicolo cartaceo in un fascicolo virtuale inserito in rete, nonché la creazione di un accesso autorizzato alla rete telematica giudiziaria per ogni operatore di diritto (magistrati, avvocati, personale di cancelleria, ecc.) con diversi gradi di abilità (creazione dell’atto, trasmissione, lettura) e di un indirizzo di casella di posta elettronica certificata cui il programma potrebbe inviare gli avvisi sui depositi eseguiti nel fascicolo virtuale, segnalando altresì le eventuali scadenze per il compimento di atti processuali.

Ogni sistema può divenire efficace solo se viene culturalmente recepito. Molte delle resistenze pratiche allo sviluppo del processo informatico derivano da una scarsa campagna informativa e da un atteggiamento “ostile” delle vecchie generazioni poco avvezze all’utilizzo del sistema informatico. Basterebbe spiegare loro la semplicità sotto il profilo pratico dell’utilizzo dello strumento e degli innumerevoli vantaggi a fronte di un minimo sacrificio di alfabetizzazione informatica.

Dal 2012 è nostra intenzione organizzare una serie di incontri e convegni diretti proprio ad informare avvocati ed operatori della giustizia circa il funzionamento del processo telematico, accelerando al massimo i tempi per il passaggio dal vecchio al nuovo.

L’obiettivo finale deve essere a mio giudizio l’eliminazione totale del fascicolo cartaceo e dell’uso della carta. A chi obietta che i dati informatici sono più vulnerabili e maggiormente soggetti ad attacchi di virus informatici e ad accessi non autorizzati con violazione della privacy è agevole rispondere che, i sistemi informatici evoluti prevedono sistemi di back up e di sicurezza molto più incisivi ed efficaci rispetto ai sistemi di sicurezza e agli strumenti predisposti per impedire gli accessi fisici al personale non autorizzato all’interno dei tribunali o nelle cancellerie.

Avv. Matteo SANTINI | m.santini[at]infoiva.it | www.studiolegalesantini.com | Roma

È titolare dello Studio Legale Santini (sede di Roma). Il suo Studio è attualmente membro del Network LEGAL 500. || È iscritto come Curatore Fallimentare presso il Tribunale di Roma; Presidente Nazionale del Centro Studi e Ricerche sul Diritto della Famiglia e dei Minori; Membro dell’AGIT (associazione avvocati Giusconsumeristi); Consigliere Nazionale AGIT (associazione avvocati Giusconsumeristi); Responsabile per la Regione Lazio dell’Associazione Avvocati Cristiani; Membro dell’I.B.A. (International Bar Association); Membro della Commissione Osservatorio Giustizia dell’Ordine degli Avvocati di Roma; Segretario dell’Associazione degli Avvocati Romani; Conciliatore Societario abilitato ai sensi del Decreto Legislativo n. 5/2003; Direttore del “Notiziario Scientifico di Diritto di Famiglia”; Membro del Comitato Scientifico dell’ A.N.A.C. || Autore del Manuale sul trasferimento dell’Azienda edito dalla Giuffré (2006); Co-autore del Manuale sul Private Equity (2009 Edizione Le Fonti). || Docente di diritto e procedura penale al Corso in Scienze Psicologiche e Analisi delle Condotte Criminali (Federazione Polizia di Stato 2005). || Collabora in qualità di autore di pubblicazioni scientifiche con le seguenti riviste giuridiche: Diritto & Giustizia (Giuffré Editore); Corriere La Tribuna (Edizioni RCS); Notiziario Giuridico Telematico; Giustizia Oggi; Associazione Romana Studi Giuridici; Il Sole 24 Ore; Studium Fori; Filo Diritto; Erga Omnes; Iussit; Leggi Web; Diritto.net; Ius on Demand; Overlex; Altalex; Ergaomnes; Civile.it; Diritto in Rete; Diritto sul Web; Iusseek.

“L’avvocatura del futuro”, un ciclo di seminari a Roma

L’avvocato Matteo Santini insieme al collega Fabrizio Bruni ha inaugurato un ciclo di incontri sul tema delle PARI OPPORTUNITA’ NELLE PROFESSIONI.

Il primo incontro (fissato per il 15 dicembre ore 13-15 nella Sala Conferenze della Chiesa Valdese di Roma in Via Pietro Cossa 42) sarà dedicato alle donne nell’avvocatura (seguirà la costituzione della commissione legislativa sulle pari opportunità alla quale tutti i colleghi interessati sono invitati a partecipare attivamente per la redazione di un disegno di legge a tutela delle “avvocatesse” madri).

Il secondo incontro verterà sulle problematiche dei giovani professionisti nell’ambito dell’avvocatura (sarà costituita una Commissione Scientifica finalizzata alla redazione di un disegno di legge che agevoli i giovani nell’esercizio, in proprio, dell’attività professionale attraverso la previsione di una serie di sgravi fiscali effettivi e mediante l’accesso a finanziamenti agevolati o prestiti di onore).

Nel terzo e conclusivo incontro si affronterà il tema dell’avvocato in difficoltà cercando di individuare le opportune soluzioni per supportare i colleghi che per situazioni contingenti (problemi di salute, familiari, crisi economica, ecc.) si trovano a dover fronteggiare periodi di estrema difficoltà. Un dovere degli avvocati, come cittadini e colleghi, quello di non abbandonare mai tali colleghi.

Per prenotarsi all’incontro gratuito del 15 dicembre ore 13 sul tema della DONNA NELLA PROFESSIONE è possibile scaricare il modulo all’interno del sito www.dirittodellafamiglia.com

La politica delle parole

di Matteo SANTINI

La politica delle parole vale anche per la categoria forense; è la politica di chi fa finta di protestare contro provvedimenti osceni che stanno giorno dopo giorno annichilendo e mortificando la professione forense, mentre, di fatto, fa l’occhiolino ai poteri forti che vorrebbero una categoria forense a servizio delle grandi imprese. La politica delle parole è quella di chi coltiva solo il proprio orticello dimenticando che se non si lavora tutti insieme, le grandi carestie colpiscono inesorabilmente la terra di tutti.

Rassegnazione o vigliaccheria ? Forse entrambe le cose; il servilismo nei confronti dei potenti è un malcostume tipicamente Italiano, in parte giustificato dal timore che se si è da soli ad alzare il capo, si viene più agevolmente individuati e schiacciati. L’occhiolino ai potenti ci rende apparentemente più sereni; falsamente convinti di godere della protezione dei forti e magari speranzosi di potere un domani raccogliere le briciole della grande torta ormai divorata dalle grandi avide bocche.

E’ ora di cambiare ma le parole non bastano. E’ ora che tutti gli avvocati, si rendano conto che è in atto una campagna mediatica e legislativa finalizzata all’annientamento della categoria. Rispetto a quanto affermato nella recente manovra economica (approvata da “illustri” colleghi che siedono in Parlamento), rispondo che la professione forense mai e poi mai rientrerà tra le attività economiche di cui all’articolo 41 della Costituzione. La nostra non è attività di impresa.

La nostra tutela Costituzionale discende direttamente da un altro articolo (che non è il 41 come a molti fa comodo pensare): mi riferisco ovviamente all’articolo 24. Oltretutto, la funzione di interesse pubblico svolta dagli avvocati è confermata dalla stessa normativa comunitaria, recepita dall’ordinamento italiano. Quali sarebbero le indebite restrizioni all’accesso e all’esercizio delle professioni di cui all’articolo 3 del DL 138/2011 ? Se, consideriamo come indebite restrizioni le disposizioni volte a limitare il numero degli iscritti, a verificare l’effettiva preparazione degli aspiranti avvocati attraverso un esame di stato serio e rigoroso, a limitare forme di concorrenza sleale mediante aste al ribasso sulle tariffe dei servizi professionali, allora ciò significa che il nostro legislatore, oltre ad essere molto abile nel rovesciare e mistificare la realtà, possiede anche un macabro umorismo. In Italia siamo in 240mila avvocati: mi viene il dubbio che le restrizioni “debite” o “indebite” che si vogliono abolire, in passato non siano mai esistite o quanto meno non abbiano funzionato!

Avv. Matteo SANTINI | m.santini[at]infoiva.it | www.studiolegalesantini.com | Roma
È titolare dello Studio Legale Santini (sede di Roma). Il suo Studio è attualmente membro del Network LEGAL 500. || È iscritto come Curatore Fallimentare presso il Tribunale di Roma; Presidente Nazionale del Centro Studi e Ricerche sul Diritto della Famiglia e dei Minori; Membro dell’AGIT (associazione avvocati Giusconsumeristi); Consigliere Nazionale AGIT (associazione avvocati Giusconsumeristi); Responsabile per la Regione Lazio dell’Associazione Avvocati Cristiani; Membro dell’I.B.A. (International Bar Association); Membro della Commissione Osservatorio Giustizia dell’Ordine degli Avvocati di Roma; Segretario dell’Associazione degli Avvocati Romani; Conciliatore Societario abilitato ai sensi del Decreto Legislativo n. 5/2003; Direttore del “Notiziario Scientifico di Diritto di Famiglia”; Membro del Comitato Scientifico dell’ A.N.A.C. || Autore del Manuale sul trasferimento dell’Azienda edito dalla Giuffré (2006); Co-autore del Manuale sul Private Equity (2009 Edizione Le Fonti). || Docente di diritto e procedura penale al Corso in Scienze Psicologiche e Analisi delle Condotte Criminali (Federazione Polizia di Stato 2005). || Collabora in qualità di autore di pubblicazioni scientifiche con le seguenti riviste giuridiche: Diritto & Giustizia (Giuffré Editore); Corriere La Tribuna (Edizioni RCS); Notiziario Giuridico Telematico; Giustizia Oggi; Associazione Romana Studi Giuridici; Il Sole 24 Ore; Studium Fori; Filo Diritto; Erga Omnes; Iussit; Leggi Web; Diritto.net; Ius on Demand; Overlex; Altalex; Ergaomnes; Civile.it; Diritto in Rete; Diritto sul Web; Iusseek.

LIBERALIZZAZIONI (pericolo scampato?)

Chi pensava che il rischio della mercificazione e della disgregazione della categoria forense, fosse ormai scongiurato, dopo le proteste dell’avvocatura che hanno portato al ritiro dell’articolo 39 bis della manovra finanziaria appena approvata dal Governo, resterà deluso nel leggere il testo dell’articolo l’Articolo 29 1-bis ovvero “Al fine di incrementare il tasso di crescita dell’economia nazionale, ferme restando le categorie di cui all’articolo 33, quinto comma, della Costituzione, sentita l’Alta Commissione di cui al comma 2, il Governo formulerà alle categorie interessate proposte di riforma in materia di liberalizzazione dei servizi e delle attività economiche; trascorso il termine di otto mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, ciò che non sarà espressamente regolamentato sarà libero”.

In primis, non si comprende, se le “proposte di riforma in materia di liberalizzazione” da parte del Governo, siano vincolanti o meno per le categorie coinvolte. Cosa accade se il Governo non formula alcuna proposta ? Sarà comunque necessario provvedere alla regolamentazione entro 8 mesi ? Il testo dell’articolo 29 comma 1 – bis è assolutamente lacunoso. Ma soprattutto: in che modo le categorie professionali possono recepire le “proposte” del Governo ? A leggere il testo, dovrebbe essere l’organo istituzionalmente rappresentativo della categoria a dover recepire i “suggerimenti” del governo, traducendoli poi in un regolamento “ad hoc”. Si tratterebbe in sostanza, di consegnare una delega in bianco al Consiglio Nazionale Forense, per l’emanazione di un regolamento, che non esiterei a definire “il padre di tutti i regolamenti” ovvero un provvedimento che, avrebbe come fine ultimo di consentire al CNF di disciplinare (rectius: di riformare) in toto, la professione forense. Decisamente un passo in avanti, rispetto al DDL 1198 sulla modifica dell’ordinamento professionale, che attribuiva ampissimi facoltà e poteri al CNF, sovrapponendo la potestà regolamentare, con la rappresentanza politica ed istituzionale dell’avvocatura e con la funzione giurisdizionale. Il DDL giace (per fortuna) ormai dai tempo in Senato, forse destinato ad essere ritirato, ma il medesimo risultato e le medesime intenzioni dell’estensore del DDL 1198 potranno essere ottenute, direttamente dall’organo che avrà il “compito” di scrivere il regolamento destinato a cambiare per sempre la vita degli avvocati. Ovviamente, promanando da un organo rappresentativo della nostra categoria, ci aspettiamo un regolamento che sia all’altezza del ruolo istituzionale ricoperto dal CNF ma soprattutto che tuteli realmente gli interessi ed i diritti della categoria forense, contemperando le legittime spinte verso la liberalizzazione con le peculiarità della nostra professione (si vedano anche le deroghe previste dalla cd direttiva Bolkestein in materia di servizi di interesse generale) e con il suo ruolo sociale e di valenza costituzionale, tenendo a mente che “liberalizzare” non significa e non può significare in alcun modo “svendere” o “mercificare” o ancor peggio “ridicolizzare” una professione che, al contrario, ha assoluto bisogno di essere valorizzata e difesa anche di fronte alla collettività che, complice una campagna mediatica denigratoria nei confronti della categoria forense, ritiene quella degli avvocati una lobby di affaristi, dimenticando non solo la drammatica situazione di precarietà in cui versano migliaia di avvocati ma soprattutto ignorando il ruolo di assoluto rilievo nel panorama istituzionale della figura dell’avvocato, come filtro tra il cittadino e la giustizia e pertanto come portatore dell’interesse del cittadino, a fare valere i propri diritti, dinnanzi agli organi della giustizia.

Quale sarà il prezzo che la categoria forense dovrà pagare a favore della liberalizzazione ?

Mala tempora currunt, sed peiora parantur …. a meno che l’esercito degli avvocati, si desti in tempo utile per evitare la catastrofe.

Avv. Matteo SANTINI | m.santini[at]infoiva.it | www.studiolegalesantini.com | Roma
È titolare dello Studio Legale Santini (sede di Roma). Il suo Studio è attualmente membro del Network LEGAL 500. || È iscritto come Curatore Fallimentare presso il Tribunale di Roma; Presidente Nazionale del Centro Studi e Ricerche sul Diritto della Famiglia e dei Minori; Membro dell’AGIT (associazione avvocati Giusconsumeristi); Consigliere Nazionale AGIT (associazione avvocati Giusconsumeristi); Responsabile per la Regione Lazio dell’Associazione Avvocati Cristiani; Membro dell’I.B.A. (International Bar Association); Membro della Commissione Osservatorio Giustizia dell’Ordine degli Avvocati di Roma; Segretario dell’Associazione degli Avvocati Romani; Conciliatore Societario abilitato ai sensi del Decreto Legislativo n. 5/2003; Direttore del “Notiziario Scientifico di Diritto di Famiglia”; Membro del Comitato Scientifico dell’ A.N.A.C. || Autore del Manuale sul trasferimento dell’Azienda edito dalla Giuffré (2006); Co-autore del Manuale sul Private Equity (2009 Edizione Le Fonti). || Docente di diritto e procedura penale al Corso in Scienze Psicologiche e Analisi delle Condotte Criminali (Federazione Polizia di Stato 2005). || Collabora in qualità di autore di pubblicazioni scientifiche con le seguenti riviste giuridiche: Diritto & Giustizia (Giuffré Editore); Corriere La Tribuna (Edizioni RCS); Notiziario Giuridico Telematico; Giustizia Oggi; Associazione Romana Studi Giuridici; Il Sole 24 Ore; Studium Fori; Filo Diritto; Erga Omnes; Iussit; Leggi Web; Diritto.net; Ius on Demand; Overlex; Altalex; Ergaomnes; Civile.it; Diritto in Rete; Diritto sul Web; Iusseek.

A Roma la Conferenza Nazionale sul diritto di famiglia e dei minori

L’avvocato Matteo Santini e il Centro Nazionale Studi e Ricerche sul diritto della Famiglia e dei Minori, organizzano a Roma la Conferenza Nazionale sul diritto di famiglia e dei minori. L’evento, patrocinato dalla Regione Lazio e da Telefono Azzurro, si terrà venerdì 24 giugno nell’Auditorium Giovanni Paolo II all’Università Europea di Roma, Via degli Aldobrandeschi 190. Sono richiesti 10 crediti formativi, di cui 2 deontologici. Moderatore e coordinatore sarà l’avvocato Matteo Santini.

Questo il programma provvisorio.

Ore 9: Saluti delle Autorità, del Magnifico Rettore e dei rappresentanti degli enti patrocinanti Prof. Paolo Scarafoni (Magnifico Rettore), Sen. Maria Elisabetta Alberti Casellati (Sottosegretario di Stato alla Giustizia)

Ore 9.25: Interventi dei relatori.

– 09.25 Avv. Carolina Valensise (Vice Presidente CaMiNo Camera Minorile Nazionale)
– 09.45 On. Roberta Angelilli (Vice Presidente Parlamento Europeo)
– 10.00 Prof.ssa Paola Balducci (Ordinario di Diritto Penale Università di Lecce)
– 10.20 Prof. Giovanni Doria (Ordinario di Diritto Civile Università di Tor Vergata)
– 10.40 Prof. Mauro Orlandi (Ordinario di Diritto Privato Università di Tor Vergata)
– 11.00 Prof. Vincenzo Mastronardi (Ordinario di Psicopatologia Forense – Università La Sapienza)
– 11.20 Prof. Luigi Viola (Docente di Diritto Privato Università E_Campus)
– 11.40 Prof. Giovanni Furgiuele (Ordinario di diritto Civile Università di Firenze)
– 12.00 Prof.ssa Lucia Ruggeri (Ordinario di Diritto Privato Università di Camerino)
– 12.20 Pr.ssa Grazia Attili (Ordinario di Psicologia sociale Università La Sapienza)
– 12.40 Prof. Michele Riondino (Professore di Diritto Minorile Università Lateranense)
– 13.00 Prof. Marino Maglietta (estensore della legge 54/2006 sull’affidamento condiviso)
– 13.30 Avv. Giorgio Lombardi (Presidente Associazione APL)
– 13.50 Dott. Fabio Nestola (Presidente FENBI)
– 14.10 Dott. Otello Lupacchini (Sostituto Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Roma)
– 15.30 Dott. Giuseppe Spadaro (Presidente del Tribunale di Lamezia Terme)
– 16.00 Prof. Rocco Favale (Ordinario di Diritto Privato Università di Macerata)
– 16.20 Dott.ssa Loretta Ubaldi (Criminologa)
– 16.40 Avv. Pietro Di Tosto (Consigliere dell’Ordine degli Avvocati di Roma)
– 17.00 Avv. Titti Troianiello Consigliere dell’Ordine degli avvocati di Napoli)
– 17.20 Prof. Avv. Marco Scarpati (Docente Università di Modena)
– 17.40 Avv. Carolina Ferro (Centro Studi Famiglia)
– 18.00 Avv. Mauro Vaglio (Consigliere dell’Ordine degli Avvocati di Roma)

Ore 19: Spazio riservato alle associazioni.
 
– OUA (Roberto Nicodemi)
– ANF (Mario Scialla)
– CaMiNo Camera Minorile Nazionale (Carolina Valensise)
– Unione Camere Minorili (Luca Muglia)
– Accademia Forense (Mauro Mazzoni)
– Agire e Informare (Andrea Costanzo)
– Associazione degli Avvocati Romani (Avv. Fabrizio Bruni)
– Avvocati della Tavola Rotonda (Avv. Roberto Maria Meola)
– Associazione la Tutela dei Diritti (Avv. Lello Spoletini)
– Azione Legale (Avv. Antonino Galletti)
– Unione Nazionale delle Camere Minorili Multidisciplinari (Manlio Merolla)
– Associazione Europea Integrata Psicologi ed Avvocati per la Famiglia (Donatella De Caria)
– Associazione Familiaristi Italiani (Carlo Ioppoli)
– Associazione Genitori Sottratti
– Associazione Adiantum

Ore 21: Chiusura dei lavori.

La casa coniugale (assegnazione in caso di separazione e divorzio)


di Matteo SANTINI

La casa coniugale o casa familiare è quel luogo fisicamente individuato (di norma corrispondente ad un appartamento) all’interno del quale i coniugi (o i conviventi more uxorio) svolgono la maggior parte della vita di coppia . Il diritto dell’assegnatario di un’abitazione già adibita a casa coniugale, si configura come un atipico diritto personale di godimento, trascrivibile e opponibile a terzi ai sensi dell’articolo 2643 del codice civile.

Con riferimento all’assegnazione della casa coniugale in caso di separazione o divorzio il nuovo testo dell’articolo 155-quater. del codice civile dispone che il godimento della casa familiare sia attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli.

La norma contempla esclusivamente il criterio d’elezione che deve ispirare l’organo giudicante al momento dell’emissione del provvedimento di assegnazione ma non indica quali sono i criteri secondari sulla base dei quali deve essere orientata la scelta in caso di assenza di prole. Tale omissione, forse scientemente voluta dal legislatore, lascia ovviamente alle Corti di merito un vasto margine di discrezionalità relativamente all’assegnazione della casa coniugale.

E’ opportuno rilevare come la lettera dell’articolo 155 quater del codice civile in riferimento all’assegnazione della casa coniugale, consideri come elemento non esclusivo ma solo prioritario per effettuare la scelta, l’interesse dei figli. Questo significa che pur essendovi un criterio di “scelta”, tuttavia, il Giudice non è obbligato a disporre l’assegnazione al coniuge economicamente più debole (che non vanti sulla stessa diritti reali o di godimento), neanche se ad egli siano affidati figli minori o con lui convivano figli maggiorenni non ancora economicamente autosufficienti, qualora l’equilibrio delle condizioni economiche dei coniugi e la tutela di quello più debole possano essere perseguiti altrimenti. (Con sentenza n. 9071 del 21.06.2001 la S.C. ha cassato una sentenza che aveva sostenuto la decisione unicamente sulla necessità di garantire l’esigenza del figlio maggiorenne, incolpevolmente non autosufficiente, a permanere nell’abitazione originaria, insieme con il padre non proprietario della casa).

Ancora la Corte di Cassazione con sentenza n. 376 del 15.01.1999 ha stabilito che non esiste alcun obbligo a carico del Giudice di assegnare la casa coniugale al coniuge economicamente più debole, neanche se a lui siano affidati figli minori o con lui convivano figli maggiorenni non ancora economicamente autosufficienti, qualora l’equilibrio delle condizioni economiche dei coniugi e la tutela di quello più debole possano essere perseguiti altrimenti (Cass. Civ. n. 376 del 15.01.1999).

In quest’ultimo caso la Corte (pur sotto la vigenza della vecchia normativa), si è spinta sino ad escludere qualsiasi riferimento all’interesse dei figli in ordine all’assegnazione della casa coniugale ponendo l’accento esclusivamente sul diritto di proprietà e sulle condizioni economiche delle parti e sulla tutela del coniuge debole.

Il corollario del suddetto principio è rappresentato dall’obbligo da parte del giudice di indicare, valutare e motivare le ragioni che, nell’esclusivo interesse della prole, lo inducano ad assegnare la casa familiare al coniuge con il quale la prole conviva, e tale obbligo assume sempre maggiore rigore, via via che aumenti l’età della prole, riducendosi con il passare degli anni la necessità di conservazione dell’ambiente familiare (Cass. Civ. n. 10797 del 29 ottobre 1998). Tale obbligo di motivazione assume infatti dimensioni di sempre maggiore puntualità ed aderenza alla fattispecie concreta, con l’aumentare l’età della prole, riducendosi con il passare degli anni la necessità di tale conservazione dell’habitat, con attenuazione del disagio psichico e materiale che si accompagna al mutamento dell’abitazione.

Solo qualora vi sia una situazione di cointestazione dell’immobile e non vi siano figli minori o maggiorenni conviventi, la valutazione delle condizioni economiche dei coniugi sarà presupposto prioritario ai fini dell’assegnazione della casa coniugale.

Cosi la Corte di Cassazione in sentenza n. 2070 del 23.02.2000: “Nell’ipotesi in cui la casa familiare appartenga ad entrambi i coniugi, manchino figli minorenni o figli maggiorenni non autosufficienti conviventi con uno dei genitori, ed entrambi i coniugi rivendichino il godimento esclusivo della casa coniugale, l’esercizio del potere discrezionale del giudice non può trovare altra giustificazione se non quella di, in presenza di una sostanziale parità di diritti, favorire quello dei coniugi che non abbia adeguati redditi propri, al fine di consentirgli la conservazione di un tenore di vita corrispondente a quello di cui godeva in costanza di matrimonio: da ciò consegue che, laddove entrambi i coniugi comproprietari della casa familiare abbiano adeguati redditi propri, il giudice dovrà respingere le domande contrapposte di assegnazione del godimento esclusivo, lasciandone la disciplina agli accordi tra i comproprietari, i quali, ove non riescano a raggiungere un ragionevole assetto dei propri interessi, restano liberi di chiedere la divisione dell’immobile e lo scioglimento della comunione. Ne consegue anche che, venuta meno la situazione che giustificava la temporanea compressione del diritto di comproprietà dell’ex coniuge non assegnatario, questi non può per ciò solo vantare alcun diritto al godimento esclusivo dell’abitazione della quale è mero comproprietario ma deve, in mancanza di accordo con l’ex coniuge assegnatario, proporre una domanda di divisione per lo scioglimento della comunione“.

Ciò sta a significare che l’assegnazione della casa coniugale cointestata, in presenza di un disequilibrio economico tra le parti, avrà come fine quello di riequilibrare le rispettive posizioni economiche, ma nel caso in cui non vi sia un coniuge economicamente più debole, e non vi siano figli minorenni o maggiorenni conviventi, non esisterà alcun criterio per poter disporre l’assegnazione ad un coniuge piuttosto che ad un altro e questo perché non vi è alcuna prevalenza di un diritto dell’uno su quello dell’altro bensì una condizione di esatta equivalenza tra i diritti in questione; entrambi i coniugi infatti risultano titolari di un diritto costituzionalmente garantito quale il diritto di proprietà e nessuno dei due si trova in una situazione di svantaggio economico tale da determinare in capo al soggetto più debole il sorgere di un diritto al mantenimento.

In modo difforme si è invece espressa la Suprema Corte con sentenza n. 11696/2001 affermando che in materia di divorzio, l’assegnazione della casa coniugale è finalizzata esclusivamente alla protezione della prole, e non è prevista in funzione della debolezza economica di uno dei coniugi, alle cui esigenze è destinato l’assegno divorzile. Ne consegue che il giudice non potrebbe, in assenza di figli conviventi, assegnare la casa coniugale, della quale i coniugi siano comproprietari, a quello fra i due che ritenga economicamente più debole, onde sopperire a tale squilibrio.

A parere di chi scrive, questo criterio deve ad oggi essere considerato come completamento superato in virtù del nuovo testo dell’articolo 155 del codice civile il quale ribadisce espressamente che il criterio prioritario per disporre l’assegnazione è quello della tutela della prole; il che significa che accanto ad un criterio “prioritario” ben possono coesistere altri criteri da adottare in via subordinata specie quando non vi sono figli minori o maggiorenni conviventi.

Questo sta a significare che ai fini dell’assegnazione della casa sulla quale entrambi i coniugi vantino diritti di proprietà, il giudice potrà anche tenere conto delle condizioni economiche dei coniugi e le ragioni della decisione a favorire il coniuge più debole, ed in caso di assenza di figli minori o conviventi potrà valutare anche le ulteriori finalità volte a consentire un certo equilibrio tra le condizioni economiche dei coniugi ed al tempo stesso ad assicurare una soluzione sostanzialmente equa, in quanto correlata alle ragioni della decisione, nonché a favorire il coniuge più debole.
Tuttavia, come opportunamente osservato dalla Corte di Cassazione (12428/1991) il giudice non può disporre l’assegnazione a favore del soggetto non titolare del diritto di proprietà o godimento, ove questi non abbia la qualità di assegnatario di figli minori o di convivente con i figli maggiori (non autonomi), atteso che la norma citata, di natura eccezionale, si fonda essenzialmente sulla necessità di conservare l’habitat domestico (inteso come il centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si esprime e si articola la vita della famiglia). Come testé affermato qualora il Giudice nulla disponga in ordine all’assegnazione, l’utilizzo della casa coniugale spetterà automaticamente ed esclusivamente al coniuge esclusivo proprietario.

Avv. Matteo SANTINI | m.santini[at]infoiva.it | www.studiolegalesantini.com | Roma

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