Azione di riduzione e testamento: chi può proporla e come

Cosa succede se alla morte di un genitore o del coniuge si scopre che la propria quota di eredità è in realtà di ammontare inferiore a quanto si riteneva di dover ereditare? In questi casi la strada principale per ottenere ciò che spetta è l’azione di riduzione.

Che cos’è l’azione di riduzione

Si è visto in precedenza, nell’articolo che potete leggere QUI, che il legislatore individua degli eredi legittimari, cioè dei soggetti a cui spetta una quota di eredità e questo anche contro la volontà del defunto espressa in un testamento. Nel caso in cui vi siete accorti dal testamento che in realtà la vostra porzione di eredità è inferiore alla quota prevista da legge, il consiglio è di esercitare l’azione di riduzione. Questa è volta a ridurre le quote assegnate agli altri eredi in modo da poter ricostruire la propria legittima. Naturalmente chi fa un testamento sa che ci sono dei legittimari e, nel tentativo di ridurre il patrimonio e favorire qualcuno, potrebbe aver disposto dei suoi beni in vita: l’azione di riduzione può riguardare anche donazioni. Occorre quindi ricostruire il patrimonio, ricordando che le donazioni di modico valore non rientrano in questa riunione fittizia dei beni.

Ad esempio possono essere considerate le donazioni in denaro finalizzate all’acquisto di una casa, ma non certo una donazione di ridotta entità, magari del valore di poche centinaia di euro.  Deve essere ricordato fin da ora che l’azione di riduzione è diversa da un’azione per vizi di validità del testamento, inoltre può essere esercitata anche in assenza di testamento, ad esempio nel caso in cui alla morte di un genitore ci si accorga che tutti i beni sono stati donati in vita e quindi la successione legittima ha ad oggetto beni di valore inferiore a quella che poteva essere la quota legittima.

Come si applica l’azione di riduzione

L’azione di riduzione può essere esercitata solo da:

  • eredi legittimari;
  • eredi degli eredi legittimari che non esercitano l’azione;
  • aventi causa degli eredi legittimari, ad esempio creditori.

Tra l’altro occorre ricordare che il soggetto che propone l’azione di riduzione ha l’onere probatorio quindi deve riuscire a quantificare il patrimonio e quindi l’effettiva quota che gli spetterebbe. L’azione si propone nei confronti degli altri eredi e donatari.

Quali norme si applicano

L’azione di riduzione trova il suo fondamento nell’articolo 553 del codice civile che stabilisce “Quando sui beni lasciati dal defunto si apre in tutto o in parte la successione legittima, nel concorso di legittimari con altri successibili, le porzioni che spetterebbero a questi ultimi si riducono proporzionalmente nei limiti in cui è necessario per integrare la quota riservata ai legittimari, i quali però devono imputare a questa, ai sensi dell’art. 564, quanto hanno ricevuto dal defunto in virtu’ di donazioni o di legati”.

Appare evidente che se i legittimari hanno ricevuto in vita donazioni dal de cuius, ad esempio denaro per acquistare casa, oppure un quadro di valore, devono sommare il valore di tali beni a quanto ricevuto con il testamento e calcolare quindi la legittima tenendo in considerazione, anche tali beni.

L’articolo 554 invece stabilisce Le disposizioni testamentarie eccedenti la quota di cui il defunto poteva disporre sono soggette a riduzione nei limiti della quota medesima.

L’articolo 556 stabilisce come si ricostruisce il patrimonio al fine di determinare le quote: Per determinare l’ammontare della quota di cui il defunto poteva disporre si forma una massa di tutti i beni che appartenevano al defunto al tempo della morte, detraendone i debiti. Si riuniscono quindi fittiziamente i beni di cui sia stato disposto a titolo di donazione, secondo il loro valore determinato in base alle regole dettate negli articoli 747 a 750, e sull’asse così formato si calcola la quota di cui il defunto poteva disporre.

Come si ricostruiscono le quote

L’articolo 558 del codice civile indica come si procede dal punto di vista pratico alla ricostruzione della quota legittima e prevede che la riduzione di quelle detenute dagli altri eredi sia ridotta proporzionalmente in modo da ricostruire la quota erosa degli eredi legittimari.  Nel caso in cui non sia sufficiente questa azione, si procede a ritroso con la riduzione delle donazioni fatte in vita dal de cuius e, in base all’articolo 559 del codice civile, si procede partendo dall’ultima donazione effettuata fino a recuperare le quote dei legittimari. Emerge quindi che si vanno a ridurre le donazioni solo nel caso in cui con la sola riduzione delle quote ereditarie non si riesca a ricostruire la legittima.

Azione di restituzione

La tutela degli eredi legittimari è totale infatti, l’azione di riduzione è considerata di accertamento costitutivo, quindi va ad accertare se vi è stata una lesione e stabilisce le nuove quote. In seguito ad essa, nel caso in cui le parti non procedano volontariamente alla restituzione dei beni, si può proporre l’azione di restituzione. La restituzione può avvenire in natura o per equivalente, quindi in denaro. Nel caso in cui questi beni siano stati alienati a terzi, è possibile esperire l’azione anche nei confronti dei terzi.

La prescrizione

Per esercitare l’azione di riduzione è previsto un termine di prescrizione, lo stesso è di 10 anni. Nel tempo ci sono state diverse interpretazioni inerenti il momento in cui inizia a decorrere il termine per la prescrizione. In un primo momento, con l’avvallo della Corte di Cassazione, l’orientamento prevalente prevedeva che il termine iniziale per il maturare della prescrizione iniziasse a decorrere dal momento dell’apertura della successione. Questo orientamento ha subito molte critiche perché in tale fase il legittimario effettivamente non ha conoscenza della sua quota quindi non può valutarne la consistenza.  Di conseguenza è stato oggetto di modifica  e la Corte di Cassazione ha accettato come criterio per l’inizio della decorrenza dei termini di prescrizione quello della pubblicazione del testamento (sentenza 5920 del 1999).

In realtà anche questo secondo orientamento appare oggi superato e la maggior parte dei giuristi è concorde nell’affermare che il termine inizia a decorrere dal momento dell’accettazione dell’eredità. Naturalmente questo limite non si può applicare all’erede pretermesso, cioè di cui il testamento non parla, ciò in quanto costui non è chiamato all’eredità e non può accettarla.

Il tentativo di conciliazione obbligatorio

In Italia negli ultimi anni si è cercato di ridurre il contenzioso giudiziario caratterizzato da un carico piuttosto imbarazzante per i tribunali. Per fare ciò si è previsto che molte azioni per arrivare in aula devono prima essere oggetto di mediazione; l’azione di riduzione, con introduzione del decreto legislativo 28 del 2010 si trova  tra quelle per cui è prevista la mediazione.

Deriva da ciò che i legittimari che ritengono di essere lesi dal testamento o dalle donazioni fatte in vita da un loro congiunto, devono rivolgersi a un legale che instaurerà una procedura di mediazione per la conciliazione. Solo nel caso in cui questa non dovesse andare a buon fine si potrà procedere con un’azione giudiziaria. L’istanza di mediazione deve essere proposta all’Organismo di Mediazione territorialmente competente con l’assistenza di un legale. L’introduzione della procedura ha un costo di 40 euro + IVA, ci sono poi le spese legali. Se la mediazione è risolutiva sicuramente vi è una riduzione dei costi e una risoluzione più celere.

La quota legittima nella successione testamentaria: di cosa si tratta?

Nel precedente articolo, che si può visionare QUI, si è visto chi sono gli eredi legittimi, cioè coloro che per legge ereditano in assenza di testamento,  ma cosa succede nel caso in cui il defunto abbia disposto dei suoi beni attraverso un testamento? Ecco come funziona la quota legittima (chiamata così perché prevista e determinata dalla legge)  in caso di testamento.

La successione testamentaria: limiti

La legge stabilisce che un soggetto possa disporre dei propri beni liberamente attraverso il testamento che può essere:

  • olografo (art. 602 c.c.);
  • pubblico (art. 603 c.c.);
  • segreto (art. 604 cc).

Nel caso in cui siano presenti dei figli, un coniuge e in alcuni casi i genitori, questi hanno una quota riservata, si tratta di una quota anche denominata “indisponibile” che non può essere quindi destinata ad altri soggetti o comunque lesa.  In questo caso la legge parla anche di successione necessaria. La prima premessa riguarda la quota disponibile che quindi il testatore può dare a chiunque, anche senza vincoli di parentela, questa viene definita “mobile” perché il suo ammontare dipende dal numero dei legittimari.

La quota legittima: a quanto ammonta

Naturalmente se la quota disponibile è “mobile”, cioè non fissa, altrettanto lo è la quota indisponibile. L’articolo 537 del codice civile stabilisce che:

  • Se il genitore lascia un solo figlio ( e nessun coniuge), a costui è riservata una quota legittima pari alla metà del patrimonio;
  • Se lascia due o più figli a costoro è riservata complessivamente una quota di 2/3 del patrimonio da dividere in parti uguali.

In merito a questo articolo del codice, deve essere ricordato che in precedenza prevedeva differenze tra figli legittimi e naturali: i legittimi potevano liquidare in denaro la quota dei naturali ed era una loro facoltà, il comma è stato abrogato completando così il processo di totale parificazione tra figli naturali e legittimi.

L’articolo 537 del codice civile deve essere coordinato con l’articolo 542 che si occupa del caso in cui oltre ai figli, tra i legittimari c’è anche il coniuge. In questo caso le quote sono così determinate:

  • nel caso in cui il testatore abbia un coniuge e un figlio, spetta 1/3 dell’eredità al coniuge e 1/3 al figlio, di conseguenza 2/3 sono indisponibili e 1/3 è la quota disponibile;
  • se il defunto aveva coniuge e 2 o più figli la quota di legittima è metà patrimonio ai figli che lo dividono in parti uguali e ¼ del patrimonio al coniuge, la rimanente parte (1/4) è disponibile.

Note sull’applicazione della quota legittima

Deve essere sottolineato che le quote previste nell’articolo 542 sono di “recente modifica” cioè sono entrate in vigore nel 2014 e determinate con il d.Lgs 154 del 2013. Inoltre il coniuge separato, ma non divorziato, ha gli stessi diritti del coniuge vero e proprio, ad eccezione del caso in cui la separazione sia con suo addebito. Infine, al coniuge spetta sempre il diritto di abitazione sulla casa coniugale ( se di proprietà di entrambi o solo del defunto) anche se la stessa viene ereditata da altri soggetti.

Ai genitori spetta la quota di legittima solo nel caso in cui il testatore sia morto senza lasciare figli, in questo caso la loro quota è di 1/3 del patrimonio in assenza del coniuge e ¼ in presenza dello stesso. La rimanente parte è la quota disponibile.

Tra le note che occorre sottolineare vi è che i figli adottivi, se adottati quando avevano già compiuto 18 anni, non sono titolari di alcuna quota di riserva.

Infine, merita un cenno anche l’istituto della “rappresentazione” che interviene nel caso in cui il figlio del testatore abbia deciso di non agire per ottenere la sua quota, oppure sia assente, ad esempio perché deceduto, in questo caso la sua quota, per “rappresentazione” spetta, se esistono, ai discendenti. Ad esempio un soggetto muore lasciando testamento, ha due figli, di cui uno deceduto, quest’ultimo a sua volta ha un figlio in vita, a costui per rappresentazione spetta la quota del padre.

Come si calcola la quota legittima nella successione necessaria?

I problemi circa la quota riservata ai legittimari ovviamente sorge solo nel momento in cui la stessa sia lesa dal testatore, ad esempio perché ha escluso dall’eredità un figlio che lo ha deluso, oppure ha lasciato al coniuge una porzione di eredità inferiore rispetto a quella che gli spetterebbe. E’ però vero che ormai tutti sono a conoscenza dell’esistenza della quota di riserva e quando una persona si reca dal notaio per il testamento (solo l’olografo può essere fatto senza che intervenga un notaio) viene comunque informato su questi limiti.

Proprio per questo spesso in vita il de cuius ha avuto comportamenti volti a ridurre il patrimonio, magari donando in vita i beni alle persone che vuole favorire, spesso anche con negozi simulati, ad esempio con un atto di compravendita fittizio. Naturalmente al verificarsi di ciò si può avere comunque una lesione della legittima e allora la legge determina dei correttivi e stabilisce che anche i beni donati in vita, se di rilevante valore, tenendo in considerazione le capacità del de cuius, devono essere riuniti alla massa ereditaria al fine di determinare l’esatto ammontare della quota di legittima.

Di conseguenza,  possono sorgere problemi per quanto riguarda la determinazione concreta della quota di beni che non è disponibile, soccorre a tal proposito l’articolo 556 del codice civile che stabilisce “Per determinare l’ammontare della quota di cui il defunto poteva disporre si forma una massa di tutti i beni che appartenevano al defunto al tempo della morte, detraendone i debiti. Si riuniscono quindi fittiziamente i beni di cui di cui ha disposto in vita il defunto a titolo di donazione, secondo il loro valore determinato in base alle regole dettate negli articoli 747 a 750 del codice civile, e sull’asse così formato si calcola la quota di cui il defunto poteva disporre.”

Regole per ricostruire l’asse ereditario

Tra le note occorre sottolineare che nel ricreare fittiziamente il patrimonio del de cuius è necessario inserire anche i beni trasferiti in modo simulato. Tra i debiti, rientrano anche le spese sostenute in occasione della morte, cioè le spese funebri.

Si è detto che la legge in caso di successione testamentaria stabilisce delle quote che sono “intoccabili, in favore di coniuge, figli e in alcuni casi genitori, ma occorre sottolineare che questa procedura non è automatica, cioè il soggetto che ritiene lesa la sua quota legittima da donazioni fatte in vita o dal testamento stesso, deve agire per ottenere tutela attraverso l’azione di riduzione prevista dall’articolo 549 del codice civile, se non lo fa c’è il rischio di prescrizione.