Prestiti alle imprese giù. E sale il rischio usura

Appena intravisto qualche timido segnale di risveglio dell’economia, qualcuno si è subito affrettato a scrivere di una ripresa delle erogazioni di prestiti alle imprese da parte delle banche. Le cose, però, non stanno proprio così.

Il sistema bancario italiano è infatti sotto pressione da parecchi mesi e molte banche sono in difficoltà per crediti deteriorati difficilmente esigibili. Il risultato è che da maggio 2016 a maggio 2016 i prestiti alle imprese sono calati di 13,8 miliardi, che diventano 117 se si allarga l’arco temporale agli ultimi 5 anni (maggio 2011).

Una situazione, quella del calo dei prestiti alle imprese, che ha spinto la Cgia ha lanciare l’allarme usura. Secondo gli artigiani mestrini, il rischio per le aziende di finire nelle mani degli strozzini a causa del calo dei prestiti alle imprese interessa tutto il Paese, da Nord a Sud.

L’Ufficio studi della Cgia ha rilevato che, rispetto a un indicatore nazionale medio pari a 100, la situazione più a rischio è quella della Campania, il cui rischio usura è pari a 157,3 (+57,3% rispetto alla media Italia), seguita dalla Calabria (152,7), dalla Puglia (130,8), dalla Sicilia (129,2) e dalla Basilicata (128,6).

Le regioni meno a rischio, ma non immuni, a causa del calo dei prestiti alle imprese sono Trentino Alto Adige (51,3) e Valle d’Aosta (63,2 per cento) Significativi i casi di Friuli Venezia Giulia (78,2) e Veneto (80,6) i cui indici di rischio usura, per quanto bassi, sono in forte crescita rispetto agli anni precedenti.

Lo conferma il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo: “Dopo il Lazio, il Veneto è una delle regioni dove la contrazione dei prestiti bancari è stata più pesante. A seguito delle difficoltà incontrate dalla Banca Popolare di Vicenza, da Veneto Banca e da alcune banche di credito cooperativo, nell’ultimo anno la contrazione dei prestiti alle imprese venete è scesa di ben 3,4 miliardi di euro, pari al -3,6% mentre nei vicini Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige il credito alle imprese è ripartito”.

Con le sole denunce effettuate all’Autorità giudiziaria – conclude Zabeonon è possibile dimensionare il fenomeno dell’usura: le segnalazioni, purtroppo, sono molto esigue. Per questo abbiamo incrociato i risultati di ben 8 sottoindicatori per cercare di misurare con maggiore fedeltà questa emergenza. Ciò che pochi sanno sono le motivazioni per le quali molte aziende cadono tra le braccia degli strozzini. Oltre al perdurare della crisi, sono soprattutto le scadenze fiscali o per fronteggiare piccoli imprevisti di spesa a spingere molti piccoli imprenditori nella morsa degli usurai, spesso per importi molto contenuti che non superano qualche migliaio di euro”.

Finanziamenti alle imprese per l’apprendistato

Importanti finanziamenti alle imprese erogati all’interno delle misure di intervento previste dal programma FIxO, gestito da Italia Lavoro. È stato infatti aperto un Avviso pubblico per la concessione di finanziamenti alle imprese che assumono giovani con contratti di apprendistato di alta formazione e ricerca.

Possono presentare domanda di finanziamenti alle imprese i datori di lavoro privati con sede operativa (nella quale dovrà essere operata l’assunzione) sul territorio italiano, che assumano per almeno 24 ore settimanali, con contratto part-time o full-time di almeno 12 mesi, giovani di età compresa tra i 18 e i 29 anni con contratto di apprendistato.

I finanziamenti saranno di 6mila euro per ogni soggetto assunto con contratto di apprendistato full-time e di 4mila euro per ogni soggetto assunto con contratto di apprendistato part-time. Il contributo non è cumulabile con altri contributi finalizzati all’assunzione erogati da Italia Lavoro, ma è cumulabile con altri finanziamenti alle imprese erogati a favore del medesimo apprendista.

La domanda di contributi potrà essere presentata solo cliccando su questo link, entro e non oltre il 30/9/2016, e comunque entro 60 giorni dalla data di inizio del rapporto di apprendistato per il quale viene richiesto.

La debolezza delle banche è un rischio per le imprese?

La bufera che da diverse settimane sta imperversando sulle banche italiane potrebbe avere dei riflessi anche sulle imprese che, proprio nei confronti delle banche, sono maggiormente esposte? Secondo l’agenzia di rating Moody’s, la risposta alla domanda è no.

In un suo studio Moody’s sostiene che gran parte delle imprese italiane cui è assegnato un rating ha un’esposizione “modesta” nei confronti banche e che i prestiti concessi dagli istituti di credito sono generalmente a lungo termine e non soggetti a discrezionalità.

Attenzione però. Moody’s mette in guardia da una eventuale riduzione del credito bancario che, secondo l’agenzia, avrebbe un impatto sulle piccole imprese senza rating, mentre tra le aziende con rating sarebbero più esposte a rischi quelle con la valutazione più bassa.

Anche in questo caso, il problema più grosso arriverebbe dalle sofferenze bancarie. Se, infatti, le banche italiane che le devono ridurre non lo facessero, questo “potrebbe portare alla revoca o alla riduzione delle linee di credito ‘uncommitted’, creando problemi di liquidità per le imprese che si affidano a tali linee“, sostiene Moody’s.

Un rischio al quale sarebbero più esposte le aziende con rating in area B, anche se gran parte delle 16 aziende con rating B analizzate nello studio possono contare su un numero sufficiente di fonti di liquidità di sicurezza, che le aiuterebbero anche in caso di una stretta delle banche.

Accordo tra Ente Nazionale per il Microcredito e Gruppo BPER Banca

L’Ente Nazionale per il Microcredito (ENM) e il Gruppo BPER Banca hanno siglato nei giorni scorsi un accordo che consentirà di mettere a disposizione di cittadini e piccole aziende un plafond di 75 milioni di euro. Tale importo consentirà il finanziamento di oltre 3400 iniziative di microcredito imprenditoriale attraverso l’opera dell’Ente Nazionale per il Microcredito, che garantirà l’accesso al Fondo di Garanzia PMI (sezione Microcredito) e una corretta erogazione dei servizi accessori.

Sulla base del monitoraggio effettuato dall’ENM, per cui ogni beneficiario sviluppa un quoziente occupazionale di 2,43 unità lavorative, si prevede che nell’arco di due anni si genereranno circa 8.286 nuovi posti di lavoro.

Il programma di ENM e del Gruppo BPER Banca per il microcredito sarà a breve operativo in tutte le filiali BPER Banca in Emilia Romagna, per essere poi esteso all’intero territorio nazionale attraverso le banche del Gruppo.

Come istituzione pubblica – ha spiegato il presidente di ENM Mario Bacciniil nostro scopo è diffondere la cultura del microcredito quale strumento di microfinanza attivo per l’inclusione sociale e finanziaria. A tale fine abbiamo creato un modello che va sotto il nome di ‘via italiana al microcredito’, fondato sulla erogazione dei servizi complementari che caratterizzano l’attività di microcredito e possono garantire non solo lo startup d’impresa ma anche la sua sopravvivenza nel tempo”.

L’Ente – ha aggiunto Baccinisopperisce grazie a un contatto diretto con il cittadino alla carenza di strutture idonee ad erogare i servizi aggiuntivi. Così vengono abbattuti costi che altrimenti le banche non potrebbero sostenere. Di questo beneficia il cittadino, che così accede gratuitamente a un servizio di qualità certificato“.

Il Gruppo BPER Banca è da sempre attivo sui territori di riferimento ed è impegnato ad ascoltare i bisogni dei singoli, delle famiglie, delle imprese e dell’intera comunità – ha commentato il vicepresidente di BPER Banca Luigi Odorici -. In questo ambito si inquadra la convenzione con l’Ente Nazionale per il Microcredito, che rappresenta una ulteriore modalità di supporto nell’erogazione del credito alle micro imprese che in Italia rappresentano la larga maggioranza delle unità produttive. L’accordo è sostanzialmente indirizzato alle attività ausiliarie di tutoraggio che possono essere particolarmente importanti per le piccole aziende nella fase di start up, di sviluppo e di consolidamento. In questo modo il Gruppo BPER Banca rafforza gli strumenti di dialogo e di supporto con la propria clientela al fine di contribuire concretamente allo sviluppo delle realtà locali”.

Assolombarda e UniCredit portano in Bulgaria le best practice italiane

Buone notizie per le imprese che necessitano di finanziamenti per i propri investimenti. È stato infatti firmato nei giorni scorsi un accordo di collaborazione tra Confindustria Bulgaria, UniCredit Bulbank, UniCredit e Assolombarda, relativo al progetto Bancopass, avviato da Assolombarda in partnership con UniCredit e altri istituti di credito con lo scopo di permettere alle imprese di farsi conoscere meglio dal sistema bancario e di ottenere risposte più veloci alle domande di credito.

Il progetto nasce dalla constatazione che emerge sempre più la necessità di modificare il modo in cui viene vista la relazione tra banca e impresa, in modo da sviluppare nuove soluzioni che possano facilitare il rapporto e portare benefici ad entrambe le parti.

In concreto Bancopass è un insieme di strumenti, condivisi con i principali stakeholder finanziari, che l’Associazione mette a disposizione delle imprese per gestire meglio la relazione con banche e finanziatori.

I vantaggi che derivano da questo strumento sono molteplici: aiutare l’azienda a monitorare il proprio stato e il contesto competitivo; facilitare l’individuazione di scelte strategiche per sviluppare l’attività in modo organico, equilibrato e sostenibile, intervenendo su più fronti; permettere alle banche e ad altri soggetti esterni di capire meglio l’azienda, le sue logiche, il suo “stato di salute” e le sue prospettive.

L’esperienza Bancopass in Assolombarda dal 2012, anno della creazione del progetto, al 2015 ha consentito a quasi 800 imprese di standardizzare la comunicazione con 27 stakeholder finanziari. Presto lo strumento sarà attivo anche in Bulgaria grazie alla collaborazione tra Confindustria Bulgaria e Assolombarda, che sarà implementata nel Paese balcanico in partnership con UniCredit Bulbank, e introdurrà un’esperienza italiana di successo nella gestione dei rapporti tra piccole e medie imprese e sistema bancario in Bulgaria.

La Bulgaria condivide infatti una caratteristica peculiare con l’Italia: il suo tessuto produttivo è in gran parte formato da piccole e medie imprese, i soggetti economici che più necessitano di assistenza nell’accesso al credito.

La collaborazione tra Confindustria Bulgaria e Assolombarda esiste ormai da anni. Bancopass rappresenta un ulteriore passo che potrebbe portare a un trasferimento di best practice anche a livello europeo.

Derivati e crediti deteriorati: siamo davvero i più deboli d’Europa?

In questi giorni si fa un gran parlare della debolezza delle banche italiane, di quanto queste siano piene di derivati nocivi o di crediti deteriorati (denaro prestato che difficilmente riusciranno a riavere) e di quanto le sofferenze bancarie italiane siano sotto la lente dell’Europa.

La realtà racconta invece di problemi di un sistema bancario europeo che trova gli istituti di credito del Nord Europa ben più esposti al rischio derivati e, in prospettiva, più fragili di quelli italiani.

Lo ha evidenziato un’analisi dell’Ufficio studi della Cgia, che ha preso in esame gli ultimi dati forniti dall’Autorità Bancaria Europea (EBA) relativi a marzo del 2016, scoprendo che le banche finlandesi, del Regno Unito e della Germania hanno in pancia più del 20% del loro attivo in derivati, una quota che in Italia è di appena il 5,3%, meno della metà rispetto alla media dell’Unione Europea (12,9%).

La Cgia ricorda come i derivati siano strumenti finanziari complessi, il cui valore dipende dall’andamento di altre variabili, le cosiddette variabili sottostanti (prezzi di materie prime o di attività finanziarie ecc.). Questi strumenti finanziari derivati vengono utilizzati per proteggersi da scostamenti non voluti dei prezzi di mercato (come il prezzo del petrolio o i tassi di cambio tra valute), per fini speculativi cioè orientati a realizzare profitti scommettendo sull’evoluzione del prezzo dell’attività sottostante o per sfruttare differenze tra l’andamento del prezzo del derivato e di quello dell’attività sottostante.

Come ricorda Paolo Zabeo, coordinatore dell’Ufficio Studi della Cgia, i derivati “non sono prodotti esenti da rischi e con l’avvento del nuovo millennio le banche europee hanno sperimentato, a vari gradi, l’adozione di questi strumenti sia per gestire i rischi che con l’intento di generare ricavi extra-creditizi. Non è da escludere che i derivati possano rappresentare un rischio sistemico, specie in questa fase di turbolenza dei mercati finanziari; non è forse un caso che nel corso dell’ultimo anno le banche stesse hanno cercato di ridurre l’incidenza di questi prodotti nei loro bilanci”, passata, da marzo 2015 a marzo 2016, dal 15,2% al 12,9%.

Le rilevazioni fornite dall’Autorità Bancaria Europea sono relative a un campione di istituti di credito composto da oltre 150 banche europee, almeno 3 per ogni Paese, con un numero crescente a seconda della dimensione degli stati. Ebbene, dalla analisi della Cgia risulta che, sulla base del totale attivo delle banche italiane (pari a 2.323 miliardi di euro) e di quelle tedesche (4.060 miliardi di euro) è possibile stimare come l’ammontare dei derivati in capo alle banche italiane sia di almeno 123 miliardi di euro mentre per quelle tedesche di almeno 813 miliardi.

Se si analizza la composizione dell’attivo di banche tedesche e italiane si nota come l’elevata quota di derivati in capo alle banche tedesche è andato a scapito del credito. Se l’incidenza dei prestiti bancari tedeschi è comunque superiore alla metà del totale bilancio (56,2%), è evidente come questa quota sia molto più bassa della media per l’Ue (64,3%) e dell’Italia (67,8%).

Infatti, la Cgia sottolinea come gli ultimi risultati dell’Eba indichino come la redditività delle banche tedesche sia nettamente più bassa della media europea. Il ROE, ossia indicatore che misura il rapporto tra l’utile e il patrimonio netto, si è attestato ad appena il 2,6%, meno della metà di quello europeo, pari al 5,8%, e più basso di quello italiano, che ha toccato il 3,3%.

Un altro punto a sfavore delle banche tedesche è quello relativo al livello di crediti deteriorati, i cosiddetti “non performing loans”, NPL. Se infatti, rispetto al totale dei crediti lordi questo livello è basso (a marzo 2016 era il 3,1% sul totale dei crediti lordi contro il 16,6% dell’Italia), il motivo è perché lo in Germania lo Stato è intervenuto sugli NPL già nei primi anni della crisi finanziaria globale. Ecco perché il tasso di copertura degli NPL rimasti in capo alle banche tedesche, ovvero la loro capacità di coprire le eventuali perdite con risorse già accantonate, pari al 37,3%, è inferiore sia alla media europea (43,8%), sia alla media italiana (45,8%).

MiPAAF e UBI Banca a sostegno dell’ agroalimentare

UBI Banca ha siglato un protocollo di intesa con il ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (MiPAAF) grazie al quale mette a disposizione un plafond finanziario di 2 miliardi di euro, utilizzabili nel triennio 2016-2018 per agevolare l’accesso al credito delle imprese operanti nel settore agricolo e agroalimentare, per favorirne la crescita in Italia e all’estero.

A presentare il protocollo d’intesa, nei giorni scorsi, il ministro dell’Agricoltura, Maurizio Martina, e il presidente del Consiglio di Sorveglianza di UBI Banca, Andrea Moltrasio, che hanno suggellato l’accordo confermando i reciproci impegni per sostenere un settore chiave dell’economia italiana come quello dell’ agroalimentare

L’accordo sostiene un comparto, quello agroalimentare, che in questi anni deve fronteggiare diverse sfide: dal rialzo dei costi produttivi, alla necessità di un ricambio generazionale, dalle novità introdotte dalla riforma della Politica Agricola Comunitaria del 2015 con la revisione della normativa dei pagamenti diretti alle imprese agricole, alla cessazione del regime delle “quote latte”.

Proprio per questo il Governo, insieme all’Unione Europea e alle Regioni, ha adottato una serie di misure a sostegno del settore agricolo e agroalimentare, che vanno dal favorire il ricambio generazionale, all’attuazione di misure per la semplificazione e la sburocratizzazione in agricoltura.

Le aziende italiane si distinguono però per la loro vitalità confermando strategicità e potenzialità soprattutto per quanto riguarda l’export dei prodotti del settore agroalimentare, che nel 2015 ha raggiunto i 36,8 miliardi di euro, a fronte dei 34,4 miliardi conseguiti nel 2014. In termini percentuali, l’aumento è stato del 7,3% su base annua, evidenziando un andamento del settore nettamente migliore rispetto alla tendenza dell’export nazionale complessivo (+3,7%).

Il plafond UBI è destinato principalmente alla realizzazione di piani di investimento destinati alla valorizzazione ed allo sviluppo delle filiere produttive italiane, sia direttamente sia intervenendo a sostegno delle imprese agricole che conferiscono loro i prodotti, favorendone la valorizzazione con particolare riguardo a quelli a Denominazione d’Origine.

Infine, proprio perché il Gruppo vuole essere il partner di riferimento per le imprese del settore, il Protocollo si distingue anche per la sua flessibilità, prevedendo intervenenti in caso di difficoltà finanziaria delle aziende, dando loro la possibilità di allungare, sospendere o rimodulare i piani di rimborso dei finanziamenti in essere.

Questa nuova iniziativa si inserisce all’interno del progetto del Gruppo denominato Farm&Food, lanciato già dal 2014, e studiato specificatamente per le esigenze del settore agroalimentare, che include finanziamenti dedicati, consulenza specialistica e particolari polizze assicurative.

Pagamento della quattordicesima? C’è il finanziamento

Il mese di giugno per le imprese e per i lavoratori è sinonimo di quattordicesima. Spesso, però, per molte Pmi dover erogare questo emolumento rappresenta uno sforzo importante. Il mondo delle banche lo sa, e mette in campo iniziative come quelle di Banca Sella, che ha previsto un finanziamento ad hoc per le piccole e medie imprese che devono pagare ai dipendenti la quattordicesima o l’anticipo della retribuzione per le ferie.

Si tratta di un finanziamento di 1800 euro per ciascun dipendente cui erogare la quattordicesima, rimborsabile in quattro rate mensili a partire dal prossimo mese di settembre.

Il finanziamento per la quattordicesima a disposizione delle Pmi è reso possibile grazie al plafond creato dal Gruppo Banca Sella utilizzando le risorse ottenute alle aste Tltro indette dalla Bce.

A differenza di quanto hanno fatto altri istituti di credito, queste risorse sono state integralmente destinate da Banca Sella alla creazione di un plafond per sostenere il credito delle imprese, con condizioni di finanziamento vantaggiose.

In una nota, il gruppo ha affidato il commento al finanziamento per la quattordicesima al responsabile Mercati Commerciali, Luca Ferrarese: “Questa soluzione è uno strumento che può essere utile per le piccole e medie imprese che si trovano ad affrontare scadenze importanti e consistenti, in termini di impegno economico, in questo periodo estivo che tradizionalmente vede un rallentamento degli ordini e della produzione. Un finanziamento ad hoc può essere una soluzione valida per affrontare più agevolmente queste scadenze e rappresenta un gesto di attenzione verso le esigenze e le necessità delle aziende”.

Finanziamenti alle imprese under 35

Il sostegno all’imprenditoria giovanile parte anche e soprattutto dai finanziamenti alle imprese composte da giovani. Ne è un esempio il bando FUnder35, promosso da ben 18 fondazioni, che mette in campi finanziamenti dedicati alle imprese culturali no profit ideate e gestite da giovani di under 35.

Possono aspirare ai finanziamenti di FUnder35 esclusivamente le organizzazioni culturali senza scopo di lucro, composte prevalentemente da under 35 e che hanno nell’ambito della produzione artistica creativa la loro principale occupazione.

I finanziamenti di FUnder35 possono contare su una dote complessiva di 2,65 milioni di euro e riguardano il 75% dei costi totali dei progetti finanziati, senza alcuna soglia massima ma con un controllo di qualità sui costi/benefici del progetto finanziato, la cui durata deve essere compresa tra il 31 dicembre 2016 e i 3 anni successivi.

Il bando FUnder35 finanzia progetti che possano rendere sostenibili nel tempo le imprese che li propongono e la loro attività. Nello specifico, il bando utilizza:

  • azioni mirate al miglioramento/ripensamento della struttura organizzativa (come ad esempio nuovi modelli operativi e strumenti gestionali, iniziative di qualificazione del personale non artistico e dei servizi interni di supporto tramite percorsi di formazione e innesto di competenze manageriali);
  • azioni finalizzate all’introduzione sul mercato di prodotti o servizi di carattere innovativo, in grado di favorire il posizionamento strategico dell’organizzazione;
  • azioni finalizzate al rinnovamento, anche attraverso l’uso di tecnologie innovative, dei processi e degli strumenti di produzione (funzionali al rafforzamento, all’estensione, alla differenziazione dell’offerta);
  • azioni orientate all’attivazione di collaborazioni stabili e aggregazioni/fusioni con altri soggetti del settore nella prospettiva di realizzare economie di scopo e/o di scala.

Per conoscere i dettagli dei finanziamenti erogati dal progetto FUnder35, clicca qui per scaricare il bando e presenta online la domanda entro le 23.59 dell’1 luglio 2016.

UniCredit, Ghizzoni saluta

E alla fine si è verificato quello che tutti già sapevano ma che nessuno poteva dire: l’ad di UniCredit, Federico Ghizzoni, ha fatto un passo indietro dando la propria disponibilità all’uscita dal gruppo e dando il via all’avvicendamento ai vertici dell’istituto di piazza Gae Aulenti. Ghizzoni manterrà le proprie deleghe fino alla nomina del successore.

UniCredit ha emanato una nota al termine del cda straordinario, nella quale sottolinea come il consiglio di amministrazione e Ghizzoni hanno constatato che si sono verificate le condizioni per un avvicendamento al vertice del gruppo bancario.

Ecco dunque che Ghizzoni ha dato la propria disponibilità a definire, insieme al presidente di UniCredit, un’ipotesi di accordo per la risoluzione del proprio rapporto con il gruppo, impegnandosi però a mantenere le proprie funzioni fino alla nomina del suo successore, che sarà da lui supportato durante la fase di transizione.

Diversi, finora, i nomi circolati per la successione di Ghizzoni alla guida di UniCredit, anche se ancora un a certezza su chi siederà sulla sua poltrona non c’è. Quello che è certo è che il nuovo si troverà di fronte a diversi scenari e sfide da portare avanti.

UniCredit dovrà infatti muoversi lungo due direzioni principali: dismettere alcune attività, in Italia e all’estero razionalizzare la struttura in Italia, al fine di equilibrare un aumento di capitale che pare non più rimandabile. essere inevitabile.

E non si tratta di bruscolini. Secondo JpMorgan, UniCredit avrebbe bisogno di nuovo capitale fino a 9 miliardi, 5 dei quali potrebbero venire da un aumento vero e proprio e il resto dalla cessione del 45% di Fineco e del 20% di Bank Pekao, la banca polacca di cui UniCredit controlla circa il 50%. Due istituti estremamente in salute e performanti che, con la banca turca Yapi Kredi pesano sull’utile del gruppo per circa il 40%.

Grandi manovre verso le quali i piccoli risparmiatori guardano con attenzione, per evitare possibili colpi di scena che penalizzerebbero, come sempre accade in questi casi, la base della piramide. Mentre il vertice cadrebbe sempre in piedi, atterrando sul soffice materasso di una buonuscita milionaria.