Crisi, c’è l’accordo sul pacchetto di misure

La maratona salva-euro durata oltre dieci ore porta a casa, quasi all’alba, tutti i risultati ormai insperati. I leader dell’Eurozona hanno trovato un accordo su un pacchetto “completo” di misure anti-crisi che metterà in sicurezza le banche attraverso ricapitalizzazioni per 106 miliardi di euro, darà certezza ai Paesi a rischio con un fondo salva-Stati da oltre 1.000 miliardi e salverà la Grecia con nuovi aiuti per 130 miliardi, facendo pagare un prezzo maggiore alle banche esposte con Atene per ridurre il debito del Paese. E anche l’Italia rientra nel piano dell’Eurozona per arginare la crisi dei debiti: gli impegni che ha preso vengono inseriti nelle conclusioni del summit, che plaude alle misure annunciate ma incalza sulla loro applicazione, guardando subito alla prossima tappa, ovvero un piano pensioni definito entro dicembre. Di seguito tutte le “decisioni estremamente importanti del vertice Ue”, come ha sottolineato il presidente della Bce Jean Claude Trichet:

BANCHE. L’Europa ha deciso di ricapitalizzare quelle ‘sistemiche’, già sottoposte agli stress test, cioé 90 in tutto. Significa trovare, entro giugno 2012, 106 miliardi di euro, e per quelle italiane 14,7 miliardi. Gli sforzi serviranno per portare il coefficiente patrimoniale al 9%. Per rifinanziarsi dovranno trovare prima capitali propri, anche attraverso ristrutturazioni e cartolarizzazioni, poi potranno chiedere l’intervento degli Stati e solo in ultima battuta può intervenire il fondo salva-Stati Efsf. Inoltre, quelle in fase di ricapitalizzazione non potranno distribuire dividendi né bonus. E dovranno essere valutate “le esposizioni al debito sovrano dell’area euro, calcolate ai valori di mercato al 30 settembre 2011”.

FONDO SALVA-STATI. L’Efsf aumenterà la sua potenza di fuoco di 4-5 volte, fino a raggiungere i 1000 miliardi di euro. Lo farà attraverso due opzioni: vendendo assicurazioni sui titoli dei Paesi, e con uno strumento ad hoc, lo ‘special purpose vehicle’, che attrarrà fondi da investitori esterni (come la Cina a cui Sarkozy ha aperto) e istituzioni (come il Fmi, che ha già dato la sua dipsonibilità).

PERDITE BANCHE ESPOSTE IN GRECIA. L’accordo è per un taglio del valore nominale dei titoli del 50%. Tutti, tranne quelli detenuti dalla Bce. Accettando queste perdite, le banche assicureranno al debito greco di tornare nel 2020 ad un livello sostenibile, ovvero al 120% sul pil. Obiettivo che sarà raggiunto anche grazie a un contributo ulteriore del programma di aiuti pari a 130 miliardi di euro entro il 2014. La revisione del secondo piano salva-Grecia dovrà essere approvato entro il 2011 e l’operazione sui bond greci dovrà essere realizzata all’inizio del 2012.

ITALIA. L’Eurozona è soddisfatta degli impegni presentati dall’Italia e chiede a Roma di “presentare urgentemente” un ambizioso calendario per la realizzazione delle riforme. Per quanto riguarda le pensioni, i leader “prendono nota” delle intenzioni italiane e chiedono che entro dicembre venga presentato un piano dettagliato su come raggiungere l’obiettivo.

Fonte: Ansa.it

Cara P.A., ora paga i tuoi debiti alle PMI. Te lo impone l’Ue, basta ritardi

di Davide PASSONI

Oggi partiamo da una buona notizia. La Commissione Europea ha finalmente trovato un accordo con l’Europarlamento e con il Consiglio dei ministri Ue per varare una direttiva contro i ritardi nei pagamenti da parte della pubblica amministrazione. Una piaga per l’economia, non solo italiana ma europea, una jattura con la quale si sono trovati a fare i conti molti dei nostri lettori che, quindi, sanno bene di che cosa stiamo parlando.

Nell’Ue i pagamenti in ritardo ammontano a quasi 2 miliardi all’anno, con tempi medi di 65 giorni e casi estremi che arrivano a 180. Ora, secondo la direttiva europea in via di approvazione, il termine ultimo per i pagamenti sarà di 60 giorni; dal 61esimo in poi, per le P.A. scatterà l’interesse dell’8% sul debito. Una mossa che dovrebbe sbloccare circa 180 miliardi, in buona parte a favore delle PMI.

Da noi la pubblica amministrazione ha un debito di circa 70 miliardi verso i propri fornitori, molti dei quali sono, guarda caso, PMI. Lo sa bene la Commissione Europea, visto che da Bruxelles ricordano che questa intollerabile morosità è spesso causa del fallimento di imprese che sarebbero altrimenti sane e produttive, specialmente se di piccole e medie dimensioni. Se aggiungiamo che in Italia, sempre secondo fonti Ue, i ritardi nei pagamenti sono passati da 138 giorni nel 2008 a 170 nel 2010 e che il 50% delle nostre imprese registra ritardi medi di 2-4 mesi e il 25% persino di 6, ecco che questo accordo tra Commissione, Europarlamento e Consiglio dei Ministri Ue appare quanto mai salvifico. Purché…

Purché chi nel Palazzo dovrebbe decidere sul futuro e sulla salvezza della nostra economia non trovi qualche gabola per decidere sulla salvezza della pubblica amministrazione. Di fatto già ora la P.A. fa spesso orecchie da mercante, fingendo di ignorare le disposizioni di legge che impongono il pagamento a 30 giorni dal ricevimento della fattura, oltre alla decorrenza e all’importo degli interessi per il pagamento ritardato. Un comportamento non più sostenibile, già più volte sanzionato dal Consiglio di Stato, che continua a essere tenuto con la scusa della mancanza di fondi, della crisi, dei costi della macchina pubblica.

In quest’ottica, c’è da sperare che i due anni concessi ai Paesi Ue per recepire la direttiva non diventino un alibi per prendere/perdere tempo. Lo sa bene il Taiis, che ha chiesto di definire in tempi rapidi la quantificazione dei debiti, per approvare una soluzione che possa sanare il pregresso senza incidere negativamente sui conti pubblici. Una soluzione fattibile con un piano di rientro decennale del debito che inciderebbe sul Pil fino a un massimo dello 0,4% all’anno. Se si pensa che il totale dei debiti commerciali in Italia equivale a 4 punti di Pil, è chiaro quanto la nostra economia possa trarre beneficio da una recuperata capacità di spesa e di investimento da parte delle imprese. 

Non basta quindi la crisi dei mercati mondiali; non basta la stretta sul credito operata dalle banche, che ha ridotto la circolazione di liquidità mandando in sofferenza le piccole e medie imprese che non hanno una capacità finanziaria adeguata per affrontarla; non bastano il nero e l’evasione, cancri che allignano nel nostro tessuto produttivo di base sottraendo ricchezza al Paese e, di conseguenza, risorse alle imprese stesse che credono di fare le furbe. Dobbiamo anche lottare contro una P.A. morosa e supponente.

Ora l’Ue dice basta, redde quod debes. Peccato che, come al solito, sia dovuta intervenire l’Europa per arrivare là dove non siamo in grado di arrivare noi, per furbizia, per ignavia o solo per pigrizia. Vedremo ora se alla P.A. converrà di più pagare a termine o continuare a voltarsi dall’altra parte, accollandosi quell’8% in più.