Da artigiano a imprenditore: quanto impegno è richiesto

In termini di tempo dedicato al lavoro, colui che guida il processo di trasformazione da azienda artigiana a PMI deve calcolare almeno un +40%. Questo all’inizio, in quanto sarà occupato a imparare nuove competenze e a metterle in pratica. Inoltre, aumenta l’analisi (senza trasformarsi in paralisi) del mercato, della concorrenza, del mix di produzione, della composizione del portafoglio clienti, della distribuzione geografica, dei margini, dei costi per unità prodotta, del costo del lavoro, etc.

Per molti settori artigianali, anche se di valore elevato quali l’hi-tech, o il green business, sovente mancano dati quantitativi ufficiali e verificati.

Così come un grande impegno lo richiede l’impostazione di una funzione commerciale che sappia individuare i potenziali nuovi clienti (prospect), contattarli attraverso fiere, visite, dimostrazioni o via internet. E di conseguenza la realizzazione di un’immagine aziendale sexy, che si concretizza nel rifacimento del sito web, piuttosto che con la realizzazione di una nuova brochure che trasmetta la nuova immagine dell’azienda, il suo posizionamento, le sue differenze verso la concorrenza.

L’abitudine di fare ogni tre mesi un punto della situazione economica è sana e va pianificata. Controllare come ci si sta muovendo col fatturato verso il budget e verso l’anno precedente è una pratica da eseguire almeno settimanalmente.

L’IT viene in soccorso e quindi una snella ma esaustiva piattaforma di controllo delle commesse (dai preventivi all’incasso) è essenziale. Avere un cruscotto che, con al massimo 12 parametri, tiene sotto controllo le principali aree dell’azienda, aiuta a riconoscere per tempo un problema e a intervenire tempestivamente con azioni correttive.

In un’economia sofferente come è oggi quella italiana, può essere indispensabile cercare sviluppo in un’area geografica più vasta: da impresa locale a regionale, nazionale, internazionale.

I primi risultati della nuova configurazione si ottengono in generale dopo 9-12 mesi dall’inizio della mutazione se si è veloci nell’implementazione delle azioni di base. Il punto non è fare il +30% rispetto all’anno precedente, obiettivo che dalla mia esperienza è possibile realizzare. Ma continuare a crescere anno dopo anno. In altri termini, il secondo anno è più impegnativo del primo, in quanto occorre agire più sull’efficienza interna (più velocità, più precisione, ossessivo controllo dei costi) e, molto probabilmente, affrontare un tema delicato: siamo pronti ad andare all’estero? In Paesi con una crescita più vivace e continuativa? Come ci organizziamo?

Le alleanze, in questo caso con partner internazionali, possono essere utili accertandosi che essi non vogliano solo utilizzare la vostra tecnologia d’avanguardia per presentarsi ai loro clienti con le soluzioni più all’avanguardia per poi dirottarli di nuovo su quelle in loro possesso.

L’impegno del “general manager” è in funzione della sua abilità di imparare facendo, della capacità di coinvolgere i soci e i collaboratori nel fare bene e velocemente, nel delegare accertandosi di aver costruito un valido sistema di controllo. Nel tempo, quindi, cambia la qualità dell’impegno. Si alza, diventa più efficace, ci si sposta dall’high performance all’eccellenza. Considerate sempre quello che io chiamo “attrito da primo distacco“, ovvero la resistenza a rendere efficace una qualsiasi nuova azione fuori dalla routine. Siate cauti nel calcolare i tempi di realizzazione di azioni che non avete mai fatto prima. Inserite un fattore K (una costante) pari a +N giorni sui tempi ideali.

Dott. Giulio ARDENGHI | g.ardenghi[at]infoiva.it | www.businesscoachingefficace.com | Bergamo

Business Coach professionista, affianca imprenditori di grandi aziende e di PMI, manager e professionisti affinché sviluppino risorse utili a raggiungere i loro obiettivi professionali e personali con soddisfazione, velocemente, in modo misurabile e duraturo. È specializzato nei processi di cambiamento (professionali e aziendali) e nel lancio di start-up. Dopo la tesi (IULM- Milano) sulle Relazioni Esterne del Centro Georges Pompidou (Beaubourg) di Parigi ha iniziato il percorso professionale nel settore comunicazione, per proseguire nel marketing e commerciale. É stato per 25 anni manager di multinazionali italiane e straniere. Ha lavorato e vissuto a Londra, Singapore e Seoul. Ha raggiunto la posizione di direttore generale e poi ho deciso d’intraprendere l’attività di Business Coach che gli sta dando molte soddisfazioni. Ha conseguito un advanced master in PNL, un attestato di counselling in PNL, ha seguito corsi di Gestalt, l’Hoffman Process, ed ha partecipato ai seminari di Jodorowsky. È stato docente alla Scuola di Direzione Aziendale di Torino. Ha tenuto seminari in università italiane e straniere su temi della comunicazione, dell’innovazione, gestione e motivazione della forza vendita. Giornalista pubblicista, i suoi articoli specifici e dal taglio pratico su temi applicativi legati all’area del coaching (start-up, come diventare imprenditori di se stessi, il vero cambiamento, migliorare la propria carriera, trovare la propria vocazione, autostima e leadership) sono pubblicati anche in Internet. Unisce una solida e comprovata esperienza di campo con una meticolosa preparazione di psicologia applicata. Gli piace definirsi un enzima: acceleratore di processi di trasformazione. Il suo motto è pragmatismo col cuore.

Da artigiano a imprenditore: i fattori chiave di successo

Il passaggio da artigiano a imprenditore perché avvenga con successo, cioè con risultati economicamente veloci, misurabili, positivi e duraturi, si basa sui seguenti fattori chiave:

1) Allineamento: ovvero coerenza fra i propri valori, qualità personali, doti, competenze professionali e l’obiettivo di sviluppo che abbiamo in mente. Se ci sono più persone, come soci, famigliari coinvolti nell’impresa, è essenziale che anch’essi siano allineati sull’intento e sugli obiettivi. Nello specifico, tutti devono convergere sul perimetro operativo dell’impresa, sugli obiettivi, sulle modalità operative, sull’organizzazione da creare, sulle politiche retributive, sulle priorità strategiche, sulla gestione del personale, sull’attenzione agli aspetti economici.

2) Cambiamento: ovvero la volontà profonda di imparare nuove materie e di mettere in atto nuovi comportamenti. È la parte sicuramente più difficile. Il cambiamento parte da noi stessi. Non può essere esterno a noi. Quindi il nuovo modo di pensare e di agire deve trovare la motivazione dentro di noi. Costanza, determinazione, pazienza, perseveranza, pianificazione, velocità di reazione, pensare come una multinazionale tascabile sono derivate del cambiamento che deve avvenire nel nostro modo di vederci. Avremo successo se ci sentiamo veramente a nostro agio nella nuova dimensione d’impresa che stiamo costruendo.

3) “Primus inter pares“: in ogni organizzazione che superi le 5 persone occorre che ci sia il punto di riferimento, la persona che mette energia, che cristallizza le decisioni operative, che stimola la struttura a non rifugiarsi nelle aree di confort del passato, che sostiene il morale, che sprona all’eccellenza, che coagula la condivisione ed evita di usare il “braccino” nell’implementazione delle decisioni. Inoltre è colui che smantella convinzioni e opinioni con fatti e analisi quantitative. Che tiene il ritmo. Che pensa e agisce come capo di una multinazionale tascabile.

4) Sensibilità economica: attenzione ai margini, al listino prezzi, alla preparazione dei preventivi, al controllo feroce dei costi, agli impegni di cassa, al raggiungimento degli obiettivi di fatturato mensili, ai costi per unità prodotta e alla resa economica delle macchine sono fattori igienici, cioè indispensabili nel quotidiano di un imprenditore. Poi, coinvolgere i soci ogni tre mesi nel fare un punto della situazione economico/commerciale, analizzando gli scostamenti dal budget, trovandone le ragioni e mettendo in atto operazioni correttive. Anche la sensibilità finanziaria fa parte di questa competenza: leasing, ipoteche, debiti, siete sicuri che sia tutto sotto controllo? State approfittando delle moratorie o facilitazioni per dilazionare le rate di pagamento o accorpare debiti e ottenere migliori condizioni? Come vi ponete nei confronti delle banche? L’imprenditore ricorre sovente al credito, molto più dell’artigiano. Questo è un elemento che deve essere gestito con estrema cura e in modo periodico e non casuale.

5) Pianificazione: non è sempre richiesto di utilizzare metodi di project management, ma di sicuro è vitale non essere dei terribili semplificatori che improvvisano. Non confondete urgenze con priorità. Non è un buon segnale di gestione efficiente e sana se lavorate dalle 5,30 di mattina sino a notte fonda, obbligando i vostri soci o collaboratori a fare altrettanto. La frenesia è indice di dispersione di attenzione, mancanza di focus. Sovente il tutto è accompagnato da una visione del dettaglio esasperata e dalla cecità di fronte a eventi importanti. Fallire la pianificazione è pianificare il fallimento. Pianificare significa anche valutare per tempo l’impatto sul conto economico delle decisioni operative. Si guadagna a preventivo, non a consuntivo (grande rischio!).

Dott. Giulio ARDENGHI | g.ardenghi[at]infoiva.it | www.businesscoachingefficace.com | Bergamo

Business Coach professionista, affianca imprenditori di grandi aziende e di PMI, manager e professionisti affinché sviluppino risorse utili a raggiungere i loro obiettivi professionali e personali con soddisfazione, velocemente, in modo misurabile e duraturo. È specializzato nei processi di cambiamento (professionali e aziendali) e nel lancio di start-up. Dopo la tesi (IULM- Milano) sulle Relazioni Esterne del Centro Georges Pompidou (Beaubourg) di Parigi ha iniziato il percorso professionale nel settore comunicazione, per proseguire nel marketing e commerciale. É stato per 25 anni manager di multinazionali italiane e straniere. Ha lavorato e vissuto a Londra, Singapore e Seoul. Ha raggiunto la posizione di direttore generale e poi ho deciso d’intraprendere l’attività di Business Coach che gli sta dando molte soddisfazioni. Ha conseguito un advanced master in PNL, un attestato di counselling in PNL, ha seguito corsi di Gestalt, l’Hoffman Process, ed ha partecipato ai seminari di Jodorowsky. È stato docente alla Scuola di Direzione Aziendale di Torino. Ha tenuto seminari in università italiane e straniere su temi della comunicazione, dell’innovazione, gestione e motivazione della forza vendita. Giornalista pubblicista, i suoi articoli specifici e dal taglio pratico su temi applicativi legati all’area del coaching (start-up, come diventare imprenditori di se stessi, il vero cambiamento, migliorare la propria carriera, trovare la propria vocazione, autostima e leadership) sono pubblicati anche in Internet. Unisce una solida e comprovata esperienza di campo con una meticolosa preparazione di psicologia applicata. Gli piace definirsi un enzima: acceleratore di processi di trasformazione. Il suo motto è pragmatismo col cuore.

Da artigiano a imprenditore: gestire Soci e Collaboratori

Un capitolo delicato. Se i soci sono operativi nell’impresa artigianale devono avere un ruolo definito: commerciale, amministrazione, produzione, ricerca&sviluppo, etc. Siete certi che ognuno sappia esattamente cosa deve fare? Non ci sono inefficienze da sovrapposizione? C’è il “primus inter pares” che svolge le funzioni di Direzione Generale, di coordinamento delle varie iniziative?

In azienda ci deve essere un solo punto di riferimento. Chi vuole mettersi in gioco? Fare da leader del cambiamento, conoscendo conseguenze e responsabilità? Il leader deve ottenere la legittimazione dal gruppo. Ma, prima di tutto, deve sentire il ruolo dentro di sé. Deve sapere dove vuole arrivare, come arrivarci e in che tempi. Deve essere di esempio: impara cose nuove, le applica e poi impara come farle fare agli altri. Cioè acquisisce delle competenze non solo da “professional” ma anche da manager. Non demorde quando incontra resistenze al cambiamento o vede che il socio, seppure d’accordo ideologicamente, si rifugia nelle aree di confort, continua con le vecchie abitudini, non si impegna a imparare materie nuove.

Il carisma del leader deve fare da enzima per accelerare i processi di miglioramento. Persistere, portare pazienza, avere determinazione e portare a casa qualche veloce risultato rafforza la sua credibilità operativa e strategica.

I soci continuano, logicamente, a confrontarsi a condividere le decisioni più importanti. Il leader fa da traino, da motivatore. Sprona e aiuta a migliorarsi. È un compito difficile, non sottostimate i tempi né le resistenze attive e passive. Ci saranno; e potranno portare a qualche tensione che dovrà essere gestita ricordando i valori aziendali condivisi e la visione concordata. In una fase del processo più avanzata, non è da escludersi che qualche socio si perda lungo la strada perché divenuto più elemento di inefficienza e rallentamento che di booster allo sviluppo.

Se avrete gestito in modo eccellente il passaggio da impresa artigianale a PMI (piccola-media impresa) avrete considerato questa eventualità e quindi, al momento opportuno, dopo N tentativi di recupero del socio, se infruttuosi, vi sarete premurati di ricoprire le sue specifiche competenze con un collaboratore o con un altro partner più adatto ai tempi e alla fase che l’azienda sta vivendo.

Sostituite il mito della grande famiglia, dove tutti si vogliono bene (non è vero, nella pratica) con una chiara e condivisa definizione dei compiti e dei ruoli, degli obiettivi quantitativi da raggiungere, dei premi alla produttività o alla generazione di margine. Ogni collaboratore avrà una descrizione scritta della propria mansione, un referente gerarchico e un colloquio semestrale o annuale per la valutazione del proprio operato. Le regole d’ingaggio devono essere esplicite. Le regole per gli incentivi note e trasparenti.

Un leader non punisce, esorta a ottenere l’eccellenza ed è al fianco del collaboratore per insegnare come migliorare la prestazione.

Un leader non coccola (paternalismo). Gratifica il collaboratore quando c’è il merito. Professionalità, sensibilità, etica devono essere alla base del rapporto con i collaboratori se l’eccellenza è il traguardo che vi state ponendo.

Rendere noto in un’occasione formale annuale gli obiettivi dell’azienda aiuta a creare spirito di corpo così come la celebrazione di importanti commesse conquistate o l’avvio di una nuova macchina in produzione.

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Business Coach professionista, affianca imprenditori di grandi aziende e di PMI, manager e professionisti affinché sviluppino risorse utili a raggiungere i loro obiettivi professionali e personali con soddisfazione, velocemente, in modo misurabile e duraturo. È specializzato nei processi di cambiamento (professionali e aziendali) e nel lancio di start-up. Dopo la tesi (IULM- Milano) sulle Relazioni Esterne del Centro Georges Pompidou (Beaubourg) di Parigi ha iniziato il percorso professionale nel settore comunicazione, per proseguire nel marketing e commerciale. É stato per 25 anni manager di multinazionali italiane e straniere. Ha lavorato e vissuto a Londra, Singapore e Seoul. Ha raggiunto la posizione di direttore generale e poi ho deciso d’intraprendere l’attività di Business Coach che gli sta dando molte soddisfazioni. Ha conseguito un advanced master in PNL, un attestato di counselling in PNL, ha seguito corsi di Gestalt, l’Hoffman Process, ed ha partecipato ai seminari di Jodorowsky. È stato docente alla Scuola di Direzione Aziendale di Torino. Ha tenuto seminari in università italiane e straniere su temi della comunicazione, dell’innovazione, gestione e motivazione della forza vendita. Giornalista pubblicista, i suoi articoli specifici e dal taglio pratico su temi applicativi legati all’area del coaching (start-up, come diventare imprenditori di se stessi, il vero cambiamento, migliorare la propria carriera, trovare la propria vocazione, autostima e leadership) sono pubblicati anche in Internet. Unisce una solida e comprovata esperienza di campo con una meticolosa preparazione di psicologia applicata. Gli piace definirsi un enzima: acceleratore di processi di trasformazione. Il suo motto è pragmatismo col cuore.

Da artigiano a imprenditore: i primi passi operativi

Definire chi siamo e che cosa facciamo in modo sintetico, preciso e chiaro, anche per poterlo comunicare.

Esempio: un’azienda di incisioni stampi con tecniche esclusive laser ha creato il seguente slogan “Laser or nothing”. Aggressivo, facile da ricordare, specifico.

Individuare e dare un nome accattivante alle diverse linee di produzione o di lavorazioni.
Sempre la medesima azienda ha creato il settore “Just in Time” per le lavorazioni veloci e poco complesse, il settore “Touch&Feel” per lavorazioni che richiedono texture in 3D e che creano un effetto tattile, e il settore più artistico è stato chiamato “Il Nuovo Cesello”.
Questa azienda eseguiva già queste tre diverse lavorazioni, ma non avevano un nome, erano indifferenziate. Oggi differenzia anche l’approccio ai clienti.

Inoltre, ha registrato il nome D.R.E. (Design Rendering Engineering) che indica l’insieme dei software e del know-how necessario per le incisioni in 3D. Oggi può dire di essere l’unica azienda ad avere il DRE, nome che è entrato nel lessico corrente di settore. In comunicazione è passato il concetto: “Chi non ha il DRE ha solo macchine”.

Capire quanto è grande il mercato di riferimento è importante. Ma non è sempre facile. Torno alla nostra azienda laser. Il suo mercato di riferimento è il mercato delle incisioni di stampi o quello delle incisioni possibili solo col laser? Inoltre, non sempre in settori specialistici si trovano dati attendibili sulla cubatura del mercato.

Più facile è individuare quei 2 o 3 settori che fanno l’80% del mercato. Sempre riferendoci all’azienda laser, il settore automotive è quello più importante. Quindi un’attenzione particolare verrà posta per sviluppare azioni di penetrazione in quel segmento con la linea “Touch&Feel”.

Scegliere il posizionamento della propria azienda, del marchio, è un altro passo operativo. Vogliamo essere una “boutique” o un operatore nella media di settore? In funzione della specificità vera suggerisco di posizionarsi in una nicchia specifica. Più unica è la nostra tecnologia, più possiamo distinguerci. Quindi, compilate una lista solida delle competenze che fanno la differenza nei confronti dei concorrenti e dei clienti.

Concentratevi sull’analisi realistica delle possibilità di crescita: a livello locale, regionale, nazionale, internazionale. Evitate convinzioni. Usate numeri. Confrontatevi con le associazioni di categoria o con “amici” già presenti sul mercato.

Un’azienda con 20 dipendenti e circa 3 milioni di euro di fatturato è leader in due province lombarde per la progettazione e l’assemblaggio di sistemi di sicurezza. L’imprenditore non desidera allargare il proprio perimetro operativo. La nostra azienda di applicazioni laser, al contrario, ha deciso di cercare un’alleanza con un player internazionale per accedere ai settori più ricchi e ai mercati internazionali. A voi la scelta. Nel secondo caso non sentitevi inferiori a una multinazionale. Voi avete un’esclusiva tecnologia o un know-how che può completare la gamma di soluzioni offerta dal “gigante” e viceversa. Preparatevi a condurre una negoziazione, a redigere un Memorandum of Understanding (MOU). Un imprenditore deve avere la disponibilità a imparare nuove materie, eventualmente con l’aiuto di un professionista esterno.

I vostri conti sono in ordine? Sapete quant’è il MOL (margine operativo lordo)? Quanto incide il costo del lavoro? Quanto cubano i leasing e i debiti? Quant’è il vostro margine? Non esiste dinamismo commerciale senza un ferreo controllo dei costi e la conoscenza del vostro conto economico.

Dott. Giulio ARDENGHI | g.ardenghi[at]infoiva.it | www.businesscoachingefficace.com | Bergamo

Business Coach professionista, affianca imprenditori di grandi aziende e di PMI, manager e professionisti affinché sviluppino risorse utili a raggiungere i loro obiettivi professionali e personali con soddisfazione, velocemente, in modo misurabile e duraturo. È specializzato nei processi di cambiamento (professionali e aziendali) e nel lancio di start-up. Dopo la tesi (IULM- Milano) sulle Relazioni Esterne del Centro Georges Pompidou (Beaubourg) di Parigi ha iniziato il percorso professionale nel settore comunicazione, per proseguire nel marketing e commerciale. É stato per 25 anni manager di multinazionali italiane e straniere. Ha lavorato e vissuto a Londra, Singapore e Seoul. Ha raggiunto la posizione di direttore generale e poi ho deciso d’intraprendere l’attività di Business Coach che gli sta dando molte soddisfazioni. Ha conseguito un advanced master in PNL, un attestato di counselling in PNL, ha seguito corsi di Gestalt, l’Hoffman Process, ed ha partecipato ai seminari di Jodorowsky. È stato docente alla Scuola di Direzione Aziendale di Torino. Ha tenuto seminari in università italiane e straniere su temi della comunicazione, dell’innovazione, gestione e motivazione della forza vendita. Giornalista pubblicista, i suoi articoli specifici e dal taglio pratico su temi applicativi legati all’area del coaching (start-up, come diventare imprenditori di se stessi, il vero cambiamento, migliorare la propria carriera, trovare la propria vocazione, autostima e leadership) sono pubblicati anche in Internet. Unisce una solida e comprovata esperienza di campo con una meticolosa preparazione di psicologia applicata. Gli piace definirsi un enzima: acceleratore di processi di trasformazione. Il suo motto è pragmatismo col cuore.

Da artigiano a imprenditore: i problemi da superare

Accettare l’idea del cambiamento, da artigiano a imprenditore, è una cosa. Cambiare davvero è un’altra. Le persone tendono a non cambiare le proprie abitudini. Guidare una modifica nel modo di operare in un’azienda è molto delicato. La proprietà deve essere di buon esempio, deve motivare continuamente i propri collaboratori, occorre intervenire quando il gruppo tende a ritornare nelle proprie aree di confort.

Il lato positivo è che se la proprietà riesce a insistere sul cambiamento per un tempo equo, con costanza e coerenza, il nuovo modo di lavorare si sostituirà al precedente diventando una nuova abitudine.

Un’analisi onesta dei punti di forza e debolezza passa sovente attraverso un esame delle competenze  e dei deficit dell’imprenditore che rispecchiano i plus e i minus dell’azienda. Capito questo, si può passare a un piano di sviluppo personale e aziendale. Anche attingendo a chi può affiancare, come un navigatore, l’imprenditore in questa trasformazione.

Come su ogni nave, a bordo deve esserci un solo comandante, ovvero la persona che è in grado di prendere decisioni e di attuarle. Quindi anche se l’impresa è costituita da più soci o è a carattere famigliare deve esserci un “primus inter pares” ovvero colui che eserciterà il ruolo di direttore generale, oltre a essere il responsabile commerciale o di altra funzione operativa.

Le caratteristiche di questa figura sono: credibilità, autorevolezza, determinazione, senso etico, competenza, leadership. C’è posto per un solo leader in azienda. Questo è il primo aspetto pratico da risolvere.
Poi vengono la strategia commerciale, l’organizzazione e l’efficienza della produzione, l’ottimizzazione dell’R&D, ruoli funzionali-operativi ben definiti, il ferreo controllo dei costi e un periodico (ogni tre mesi) check-up della situazione economico-finanziaria (conto economico, budget, analisi degli scostamenti).

Purtroppo constato che in molte aziende artigianali, anche in quelle tecnologicamente all’avanguardia, si delegano gli “economics” al commercialista. Una grave lacuna. L’imprenditore deve saper leggere e valutare i propri conti. Deve dedicare un tempo equo all’analisi dei risultati e predisporre correttivi, se è il caso.

Sugli interventi desidero essere chiaro. L’imprenditore deve avere fiducia in se stesso e quindi trovare la determinazione a mettere in atto anche decisioni forti. L’uso del “braccino”, come a tennis, non porta a osare, a ragion veduta, ma a stare nel mezzo a non prendere vere decisioni per paura di fallire o di alterare equilibri che sono in realtà già saltati (esempio: costo del lavoro, margine per unità prodotta, ricerca di alleanze).

Essere “timidi” non paga e non è una caratteristica del vero imprenditore, piccolo o grande che sia. Pensare e agire da multinazionale significa non precludersi alcuna opzione e puntare in alto.
Faccio un esempio. L’azienda decide per la prima volta di partecipare a una fiera di settore: il mio suggerimento, basato su esperienze pratiche, è di puntare alla fiera principale in Europa. Eventualmente facendo un test di messa a punto dello stand e del materiale espositivo presso una fiera provinciale. Ma non perdete tempo nel muovervi a cerchi concentrici. Mirate subito al top. Ovviamente occorrerà prepararsi in modo specifico e curando i dettagli del pre-fiera, del durante, e soprattutto del dopo fiera, ovvero su come gestire i contatti raccolti (prospect), ad esempio, all’Euro Mold di Francoforte.

Se la vostra azienda sarà sexy, si apriranno prospettive che oggi fate difficoltà a intravedere come possibili.

Dott. Giulio ARDENGHI | g.ardenghi[at]infoiva.it | www.businesscoachingefficace.com | Bergamo

Business Coach professionista, affianca imprenditori di grandi aziende e di PMI, manager e professionisti affinché sviluppino risorse utili a raggiungere i loro obiettivi professionali e personali con soddisfazione, velocemente, in modo misurabile e duraturo. È specializzato nei processi di cambiamento (professionali e aziendali) e nel lancio di start-up. Dopo la tesi (IULM- Milano) sulle Relazioni Esterne del Centro Georges Pompidou (Beaubourg) di Parigi ha iniziato il percorso professionale nel settore comunicazione, per proseguire nel marketing e commerciale. É stato per 25 anni manager di multinazionali italiane e straniere. Ha lavorato e vissuto a Londra, Singapore e Seoul. Ha raggiunto la posizione di direttore generale e poi ho deciso d’intraprendere l’attività di Business Coach che gli sta dando molte soddisfazioni. Ha conseguito un advanced master in PNL, un attestato di counselling in PNL, ha seguito corsi di Gestalt, l’Hoffman Process, ed ha partecipato ai seminari di Jodorowsky. È stato docente alla Scuola di Direzione Aziendale di Torino. Ha tenuto seminari in università italiane e straniere su temi della comunicazione, dell’innovazione, gestione e motivazione della forza vendita. Giornalista pubblicista, i suoi articoli specifici e dal taglio pratico su temi applicativi legati all’area del coaching (start-up, come diventare imprenditori di se stessi, il vero cambiamento, migliorare la propria carriera, trovare la propria vocazione, autostima e leadership) sono pubblicati anche in Internet. Unisce una solida e comprovata esperienza di campo con una meticolosa preparazione di psicologia applicata. Gli piace definirsi un enzima: acceleratore di processi di trasformazione. Il suo motto è pragmatismo col cuore.

Business Coach oggi: professione a tutto tondo

Nona e ultima puntata del viaggio di Infoiva, il Quotidiano online delle Partite Iva, nel mondo del Business Coaching, professione che da qualche tempo si sta diffondendo con successo anche in Italia. In collaborazione con il Dott. Giulio Ardenghi, uno dei pochi e qualificati Business Coach italiani.

Esistono oramai da anni anche in Italia associazioni di categoria che certificano gli iscritti e hanno un codice deontologico. Purtroppo non fanno massa. Dipendono molto dalle scuole di formazione di coaching (poche eccellenti, molte evanescenti) e non sempre si rivolgono a tutti i potenziali clienti, ma solo a quelli che in teoria fanno “nome”. Ma questi il coaching se lo fanno in casa, molte volte, o accedono al mercato internazionale. Credo che dovrebbero agire più sulle associazioni di categoria, camere di commercio, sindacati, unioni industriali provinciali, incubatori di start-up. Utile l’aggiornamento che propongono, ma ancora più utile sarebbe una chiara distinzione fra chi esercita operativamente con i clienti e chi insegna coaching.

In Italia il mercato, lo dicono i numeri è ancora in fase di sviluppo. I professionisti eccellenti ci sono (cercateli con cura) e si confrontano anche a livello internazionale. Ma vige ancora un po’ la vecchia formula italiana “chi fa da sé fa per tre”. Le associazioni dovrebbero unirsi e fare focus. A volte mi sembra che abbiano bisogno di un buon business coach per sviluppare un piano con obiettivi veloci, misurabili e duraturi.

Il mercato incalza, i clienti sono più esigenti e quindi sono del tutto ottimista che nei prossimi 2 anni vedremo il “business coaching d.C.”- per parafrasare Marchionne – espandersi tramite professionisti preparati.

Dott. Giulio ARDENGHI

http://www.businesscoachingefficace.com/

Una missione utile del Business Coach: aiutare le imprese a superare la crisi

Ottava puntata del viaggio di Infoiva, il Quotidiano online delle Partite Iva, nel mondo del Business Coaching, professione che da qualche tempo si sta diffondendo con successo anche in Italia. In collaborazione con il Dott. Giulio Ardenghi, uno dei pochi e qualificati Business Coach italiani.

Le imprese che hanno difficoltà sono le aziende che innovano poco e che hanno perso l’abitudine di inventare cose nuove e di proporle in fiere e mercati internazionali. Sono le aziende che puntano sul prezzo e non sulla qualità e sull’inventiva, sullo sconto e non sull’innovazione. Sui settori stanchi e non sulle nuove aree di mercato sia geografiche che di settore come il green business o eco-business che dir si voglia. Che non conoscono il web 2.0 e non si sforzano nemmeno di tentare di capire cosa sia.

Queste mutazioni obbligano anche il business coach a un continuo aggiornamento in modo da essere sempre aggiornatissimo sulle nuove frontiere del business. Chi non si aggiorna è perduto. Chi non conosce a memoria “L’onda anomala”, breve Bibbia del web 2.0, è tagliato fuori. Così come chi non ha idea dei mercati esteri, perché non ci ha mai lavorato, o è poco sensibile agli aspetti di servizio al cliente e di produzione e logistica o del sistema fornitori.

Un mio maestro di management diceva: “Il bisognino fa correre la vecchietta”; oppure un professore di Harvard: “Quando il ghiaccio si fa sottile, bisogna pattinare più velocemente”.

C’è maggiore richiesta di servizi di qualità. C’è maggiore richiesta di vere esperienze comprovate. C’è maggiore richiesta di professionisti che vogliono essere misurati (R.O.I. del business coaching), c’è maggiore richiesta di chi sa ascoltare, porre domande intelligenti e dare risposte pertinenti.

La selezione che si osserva nelle aziende avviene, e ben venga, anche nel settore del coaching.

Dott. Giulio ARDENGHI

http://www.businesscoachingefficace.com/

Business Coach: qual e’ l’identikit del suo assistito?

Settima puntata del viaggio di Infoiva, il Quotidiano online delle Partite Iva, nel mondo del Business Coaching, professione che da qualche tempo si sta diffondendo con successo anche in Italia. In collaborazione con il Dott. Giulio Ardenghi, uno dei pochi e qualificati Business Coach italiani.

Se fino a un paio di anni fa erano soprattutto le multinazionali che si rivolgevano al business coaching, oggi si nota un impulso nelle PMI alle prese con l’innovazione tecnologica, o meglio, a come venderla, a come proporsi sui mercati internazionali, a come dare forte impulso alla rete di vendita e al marketing. Anche le PMI si sono rese conto che non è sufficiente avere un’ottima tecnologia applicata se non la si sa vendere. La competizione è accanita, le novità durano meno che nel passato e vanno sfruttate presto e bene, l’inventiva e l’innovazione continua sono dei doveri come un tempo la manutenzione. Inoltre occorre distribuire il rischio su più mercati. Non sempre le PMI hanno tutte queste competenze, per cui accedono ai servizi del business coaching efficace per muoversi in fretta e bene, evitando gli errori da inesperienza.

Purtroppo c’è poca sensibilità presso le associazioni di categoria e le camere di commercio a proporre alle PMI di adottare un coach che le segua da vicino: prevale il superato e poco efficace modello della formazione d’aula.

Molte sono le start up che sia avvalgono dei sevizi di un business coach che le segua dalla A alla Z. Un settore, questo, che mi stimola molto e su cui sto ottenendo ottimi risultati.

Anche imprese artigiane si stanno interessando al business coaching per diventare PMI. La prima cosa di cui si rendono conto è che il cliente cerca l’artigiano, ma l’imprenditore cerca i clienti. E il know-how commerciale delle imprese artigiane è basso. Il business coach può, affiancando la struttura, accelerare la crescita delle competenze in azienda.

Un’esplosione recente di richieste è da parte di persone che, volenti o nolenti, uscite dal mondo del lavoro o spinte da necessità, sono alla ricerca di formule che permettano loro di ricercare redditi sussidiari o paralleli. Come sfruttare capitali dormienti o competenze formatesi nel tempo. Qui il business coaching svolge un ruolo sociale importante, ridando speranza e stima a queste validissime persone che cercano di vincere l’indolenza paralizzante che può prendere e bloccare qualsiasi iniziativa e voglia di fare.

Dott. Giulio ARDENGHI

http://www.businesscoachingefficace.com/

Quali sono i servizi del business coaching efficace?

Sesta puntata del viaggio di Infoiva, il Quotidiano online delle Partite Iva, nel mondo del Business Coaching, professione che da qualche tempo si sta diffondendo con successo anche in Italia. In collaborazione con il Dott. Giulio Ardenghi, uno dei pochi e qualificati Business Coach italiani.

I servizi offerti da un business coaching efficace si possono dividere in tre categorie:
1) alle persone
2) alle aziende/imprese/istituzioni
3) ai team

1) Alle persone
A imprenditori e imprenditrici che desiderano far partire una start up. Qui i servizi vanno dalla verifica dell’idea e del modello di business sino alla sua implementazione operativa. Il business coaching aiuta l’imprenditore a capire quali competenze gli sono necessarie, a colmare le lacune, a scegliere e valutare eventuali esperti di settore, a superare momenti di stress e di sfiducia, a valutare i partner, a capire quali conseguenze e quali responsabilità possono esserci nella sua vita privata. Oltre a suggerire, ma non sostituendosi all’imprenditore, quali verifiche economiche, di mercato, logistiche, organizzative, di sistema sono necessarie per una verifica empirica dell’idea di business.
Al manager. I servizi coprono tutti i temi legati alla pianificazione della carriera, al cambio d’azienda o di mansione, a prepararsi all’espatrio, ad adattarsi alla nuova conformazione societaria, all’assunzione di nuove responsabilità, al coordinare team multiculturali, ad assicurare gli obiettivi di funzione.
Inoltre, il business coaching può essere utile a quelle persone che vogliono riprendere in mano le redini della propria vita e uscire da quella sorta di pigrizia mentale che le blocca nella ricerca di nuove opportunità di reddito, incidendo negativamente anche sulla stima di sé.

2) Alle aziende/imprese/istituzioni
Dovendo rendere più efficaci gli investimenti ridotti in formazione, le aziende e le istituzioni tendono a concentrare i budget sui veri talenti, ovvero su quelle figure aziendali che per posizione, competenze o risultati ottenuti possono davvero fare la differenza. Le aziende a questo punto preferiscono una formazione tagliata su misura, più specifica e personale. Il tema di base, in un modo o nell’altro, è sempre legato a facilitare il cambiamento, che si rivela essere il vero ostacolo in azienda nella sua implementazione. Le resistenze sono ampie e nascoste, al di là dei dichiarato, ognuno si tiene ben strette le aree di comfort, pensando che vecchie soluzioni vadano bene anche in un mondo che cambia alla velocità della luce. Il business coaching efficace affianca i senior manager a definire e seguire una road map del cambiamento nell’epoca dopo crisi, dove le regole del gioco sono completamente cambiate e la complessità o viene capita e utilizzata a proprio vantaggio o travolgerà le aziende statiche.

3) Ai team
L’applicazione del diversity management è una necessità per tutte quelle aziende che cercano di ottenere dai propri diversi collaboratori la capacità di captare i segnali sottili dei mercati internazionali. I team sono preposti a creare intrecci multifunzionali, a proporre piani nuovi e a mettere in atto cambiamenti di tipo 2 (non solo innovazione, ma invenzione). Il business coach affianca chi deve costituire un team, nel selezionarlo, nel nominare il team leader, nel fissare le “regole d’ingaggio”, i budget di competenza, i tempi, etc.

Dott. Giulio ARDENGHI

http://www.businesscoachingefficace.com/

Business Coach, che fai nella mia azienda?

Quinta puntata del viaggio di Infoiva, il Quotidiano online delle Partite Iva, nel mondo del Business Coaching, professione che da qualche tempo si sta diffondendo con successo anche in Italia. In collaborazione con il Dott. Giulio Ardenghi, uno dei pochi e qualificati Business Coach italiani.

Il professionista del business coaching è un professionista indipendente o collegato con Società di Consulenza, che si occupa di sviluppare le competenze professionali dei singoli clienti o di piccoli gruppi.

Il business coach efficace è orientato al risultato che avrà concordato col cliente nel primo incontro. Il risultato può essere di tipo personale come lo sviluppo di carriera, l’aumento dello stipendio, una migliore capacità di parlare in pubblico, di apparire in tv, di gestire colleghi, collaboratori, capi, di essere più creativo e innovativo, di usare in modo migliore le leve motivazionali.

Oppure l’obiettivo è strettamente connesso alla performance aziendale: selezionare, guidare team di lavoro, riorganizzare la forza di vendita, ridefinire i perimetri operativi del marketing, dare impulso alle vendite all’estero, sviluppare nuovi brevetti, apportare cambiamenti di organizzazione, affiancare le new entry, attirare e trattenere talenti, affrontare controversie relazionali, migliorare le fasi di negoziazione e trattativa, focalizzare le migliori risorse su uno o pochi progetti essenziali. Occuparsi con l’imprenditore del passaggio consegne generazionale. Affiancare il cliente quando è determinato sulla necessità di cambiare abitudini e consuetudini aziendali e di comportamento.

Dott. Giulio ARDENGHI

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