Legge di Stabilità: tutti contenti, tranne le partite Iva

Esclusi dal Jobs Act e discriminati dalla nuova Legge di Stabilità, il popolo dei partitivisti continua ad essere colpevolmente ignorato. La manovra Renzi-Padon prevede, infatti, l’innalzamento dell’aliquota Irpef forfettaria dal 5 al 15% (il cosiddetto Regime dei minimi), per i professionisti e i lavoratori autonomi con un basso giro d’affari. Un così brusco innalzamento potrebbe falcidiare, però, decine di migliaia di giovani professionisti e artigiani che, magari, hanno appena cominciato a lavorare o che, complice la violenza della crisi degli ultimi anni, hanno visto crollare il giro d’affari della propria attività. In sostanza: il passaggio ad una flat tax del 5% a quella al 15% significherebbe un’ulteriore mazzata per i professionisti che ogni giorno devono lottare contro l’oppressione del Fisco.

Coloro che accederanno al Regime dei minimi, inoltre, non potranno eccedere il limite dei 20 mila euro annui in beni strumentali, da escludere i beni di valore inferiore ai 516,46 euro, non calcolando gli investimenti nell’arco del triennio precedente ma ricomprendendo anche locazioni e noleggi. A partire dal 2015, salvo modifiche in sede parlamentare, comunque, potranno farne parte tutti coloro che rientrano nei limiti di reddito previsti con la nuova Legge di Stabilità: il nuovo limite sarà compreso in un range che andrà dai 15.000 € annui (per i professionisti) ai 40.000 € (per artigiani e commercianti).

Altro importante fattore di differenziazione rispetto alle norme attuali sarà il decadimento del limite di età a cui si doveva sottostare in precedenza: dal 2015, infatti, si potrà continuare a rimanere all’interno del regime anche qualora si siano superati i 35 anni di età e i 5 anni di apertura. L’aumento dell’aliquota, secondo il legislatore, sarà quindi compensato dalla maggior platea a cui si potrà aderire; resta il fatto che la differenziazione delle soglie appena introdotte potrebbe avvantaggiare alcuni titolari di partita Iva, ma risultare inevitabilemente penalizzante per altri.

Per fortuna ci sarà tutto il tempo in Parlamento per modifare alcuni particolari nelle prossime settimane. Sempre che qualcuno prenda a cuore le sorti del popolo dei partitivisti…

Jacopo MARCHESANO

Partite Iva, il crollo continua

 

Ormai il trend è consolidato: le aperture di nuove partite Iva nel nostro Paese continuano a calare. A giugno di quest’anno sono state aperte 38.311 nuove partite Iva per una flessione del 3,8% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.

La sintesi dell’Osservatorio sulle partite iva, pubbicato sul sito del Dipartimento delle Finanze, spiega come: “la distribuzione per natura giuridica evidenzia che il 72,7% delle nuove aperture è relativo alle persone fisiche, il 20,7% alle società di capitali, il 5,7% alle società di persone. Rispetto al mese di giugno 2013, si notano le flessioni di aperture per le persone fisiche (-5,5%) e per le società di persone (-9,7%), mentre per le società di capitali si registra un aumento (+4,3%)”.

La classificazione per settore conferma il commercio sul gradino più alto del podio delle nuove aperture, con un numero di partite Iva pari al 24,5% del totale. Seguono le attività professionali con il 13,1% di aperture e le costruzioni con il 9,4%.

“Riguardo alla ripartizione territoriale – si legge sul sito del Mef – il 41,7% delle partite Iva avviate nel mese di giugno è localizzato al Nord, il 22,7% al Centro e il 35,4% al Sud e Isole. Nel confronto con lo stesso periodo dell’anno precedente, il numero di aperture risulta in aumento solo nella provincia autonoma di Trento (+5%), in Sicilia (+2,7%), in Abruzzo (+2,5%) e in Campania (+1,2%), mentre si assiste ad una riduzione del numero di aperture in tutte le altre Regioni, in particolare in Valle d’Aosta (-29,6%), nella provincia autonoma di Bolzano (-15,6%) e in Molise (-15%)”.

JM

Partite Iva, a maggio in calo del 6,9%

Secondo il Mef sarebbero 43.643 le partite Iva aperte nel mese di maggio, il 6,9% in meno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Il 73,3% delle nuove aperture è relativo alle persone fisiche (-9%), il 19,9% alle società di capitali (+2,5%), il 6% alle società di persone (-10,2%). Il 41,5% delle partite Iva è localizzato nelle regioni settentrionali, il 29,3% al centro e il 35,8% al sud e isole.

Sempre al primo posto, ovviamente, il commercio con il 23,9% delle nuove aperture, mentre ferme al 13,1% le attività professionali e al 10,4% l’agricoltura. Servizi di informazione e comunicazione (+3,7%) e trasporto e magazzinaggio (+3,3%) sono i settori che hanno fatto registrare gli incrementi maggiori. Attività finanziarie (-41,2%), attività immobiliari (-13,0%), attività professionali, scientifiche e tecniche (-9,5%) e costruzioni (-9,1%), sono invece i reparti dove si è assistito alle flessioni più significative.

JM

Bussoni: “Partite Iva in calo, ma la crisi è giunta al termine”

In questa nostra settimana interamente dedicata all’approfondimento dei dati resi noti nei giorni scorsi dall’Osservatorio sulle partite IVA sulle nuove aperture nel mese di aprile (-3,3% rispetto allo scorso anno), dopo aver ascoltato le interessanti considerazioni di Anna Soru, presidente dell’ACTA, abbiamo incontrato oggi il segretario generale di Confesercenti, Mauro Bussoni, per una veloce intervista in merito.

Dott. Bussoni, nei giorni scorsi il ministero dell’Economia ha reso noti i dati relativi alle nuove partite Iva aperte nel mese di aprile che certificano un calo del -3,3%, come leggere questo dato?
La grande crisi, che pesa sulle nostre spalle ormai da 6 anni, è sul punto di terminare. Non è però terminata: siamo ancora nella palude. E nella prima parte del 2014 gli effetti della recessione hanno continuato a pesare sulle imprese italiane e sul mercato interno, che è il mercato di riferimento per la maggior parte delle PMI e delle ditte individuali.

Partendo da questo quadro, il calo non sorprende…
Così come non sorprende che le aperture di nuove partite iva siano diminuite soprattutto nel Nord-Est, un’area del Paese che ha sempre avuto un altissimo tasso di imprenditori: avviare un’impresa o una ditta – soprattutto una ditta individuale – è sempre una scommessa, e in questa fase – in cui si registrano segnali positivi ma non ancora una vera ripresa – le possibilità di fallire potrebbero sembrare più alte agli imprenditori. Soprattutto nel commercio, la cui deregulation – avviata nel 2012 dal Governo Monti – ha sfavorito decisamente i piccoli, che si trovano nell’impossibilità o quasi di competere con la Grande Distribuzione Organizzata.

Quando saranno riscontrabili le prime inversioni di tendenza?
Difficile lanciarsi in previsioni precise. E’ probabile, però, che l’inversione arriverà quando arriverà la tanto attesa ripresa dell’Italia, da cui non dovremmo essere troppo lontani: secondo le stime del governo, la nostra economia dovrebbe iniziare a registrare miglioramenti nella seconda parte di quest’anno. La prudenza è però d’obbligo: troppe volte, in questi anni, è stata annunciata prematuramente la famosa ‘luce alla fine del tunnel’; inoltre, le nostre imprese non hanno ancora alcuna ripresa.

Andando più nel dettaglio, rispetto ad aprile dello scorso anno, si registra un aumento di aperture delle società di capitali (+12,6%), come si spiega un aumento così importante di queste forme giuridiche assunte da imprese di medie e grandi dimensioni operanti nei diversi settori produttivi?
Le società di capitali hanno registrato un trend positivo abbastanza costante nel tempo. In questo caso, però, ho ragione di ritenere che il dato sia influenzato anche dalle agevolazioni concesse a vario titolo a chi costituisce una nuova società a responsabilità limitata.

Jacopo MARCHESANO

Partite Iva, in autunno nuove norme

I recenti dati resi noti dall’Osservatorio sulle partite IVA sulle nuove aperture nel mese di aprile (-3,3% rispetto al corrispondente mese dell’anno precedente) non hanno colto impreparato il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, che, intervenendo alla Festa della Cisl, ha preannunciato grandi cambiamenti dal prossimo autunno: «stiamo lavorando su questo problema – ha dichiarato il presidente dell’Alleanza delle Cooperative Italiane e ministro del Governo Renzi – ci sarà una serie di nome su questo tema”. Per esempio sulle partite Iva ci sarà una “logica che dice che quelle che sono false vanno fatte fuori, perché devono essere dipendenti, a quelle vere bisogna dare una mano».

«Forme mutualistiche o assicurative» ha assicurato Poletti per tutelare le partite Iva e i lavoratori parasubordinati nei confronti dei datori di lavoro. Intervenuta in merito, il segretario della Cgil Susanna Camusso ha invitato il titolare del Welfare a un intervento immediato di rifinanziamento della cassa integrazione in deroga «perché le aziende stanno licenziando e servono strumenti di sostegno al reddito». Qui Poletti ha però invitato a non sovrapporre sempre e comunque le irrinunciabili politiche sociali con quelle del lavoro, perché «se si è fuori da 10 anni dal mercato non si può dire che va tutelato con le politiche del lavoro»

SUL TEMA LEGGI L’INTERVISTA AD ANNA SORU, PRESIDENTE DELL’ACTA

Per completare la giornata sono arrivate anche le dichiarazioni del presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi nel suo intervento all’assemblea di Assolombarda«I primi segnali di riforma del mercato del lavoro lanciati dal Governo sono promettenti e positivi. Occorre adesso il coraggio di varare una riforma radicale degli istituti passivi e attivi del mercato del lavoro, rispetto cui ci sono ancora troppe ancore conservative da parte sindacale – ha dichiarato il presidente della principale organizzazione rappresentativa delle imprese manifatturiere e di servizi italiani  – Se non lo si crea, il lavoro è difficile da tutelare e tutelandolo con vecchi schemi lo si distrugge lentamente. Un solido sistema di protezione nelle situazioni di ristrutturazione e servizi aperti di orientamento e di collocamento, in concorrenza vera fra pubblico e privato, sono la risposta riformista che vorremmo».

Jacopo MARCHESANO

Soru: “Nuove partite Iva in calo? Triste, ma inevitabile”

Come annunciato ieri, i dati resi noti dall’Osservatorio sulle partite IVA sulle nuove aperture nel mese di aprile (-3,3% rispetto al corrispondente mese dell’anno precedente) non posso indurre certamente all’ottimismo. Ne abbiamo parlato oggi con Anna Soru, presidente dell’ACTA (Associazione Consulenti del Terziario Avanzato) che da dieci anni sostiene il lavoro professionale in una situazione di mercato sempre più difficile, che fatica a riconoscere le competenze e a valorizzare conoscenze e professionalità.

Nei giorni scorsi il ministero dell’Economia ha reso noti i dati relativi alle nuove partite Iva aperte nel mese di aprile che certificano un calo del -3,3%, come leggere questo dato?
E’ un indicatore che conferma uno stato non proprio brillante dell’andamento del lavoro autonomo e imprenditoriale,  ma da solo va considerato con cautela, perchè le nuove attività andrebbero non solo contate, ma valutate rispetto alla loro consistenza economica e perchè in parallelo andrebbero considerate anche le cessazioni.  Tra i pochi dati forniti dall’Agenzia vi è la distribuzione settoriale. Si osserva che i dati più negativi interessano l’edilizia e i settori connessi (inclusi servizi di ingegneria e attività immobiliari), la finanza (attività assicurative soprattutto), il commercio, i servizi legali e di contabilità, le ricerche di mercato, l’insieme dei servizi professionali. Aumentano alloggio e ristorazione, agricoltura, magazzinaggio e logistica, supporto alle funzioni d’ufficio, non proprio attività ad elevato valore aggiunto… Infine tiene l’informatica e aumenta anche l’area editoria e media e la R&S, che resta però su valori assoluti molto contenuti.

Quando saranno riscontrabili le prime inversioni di tendenza?
Il più presto possibile si spera, ovviamente. Ma soltanto quando ci sarà una ripresa della domanda sarà evidente una primissima inversione di tendenza rispetto a questi numeri che non inducono certo all’ottimismo, dato che l’andamento delle nuove attività è sensibile al ciclo economico.

Andando più nel dettaglio, rispetto ad aprile dello scorso anno, si registra un aumento di aperture delle società di capitali (+12,6%), come si spiega un aumento così importante di queste forme giuridiche assunte da imprese di medie e grandi dimensioni operanti nei diversi settori produttivi?
L’aumento delle società di capitali non necessariamente è legato all’aumento delle dimensioni delle imprese, al contrario va letto in connessione con le norme che facilitano l’apertura di società a responsabilità limitata, come le srl a 1 euro.

Jacopo MARCHESANO

Di Vico: “Accompagniamo i giovani nell’autoimpiego”

«L’equivoco per il quale troppo spesso il possessore di partita Iva è considerato a tutti gli effetti un evasore fiscale è ancora radicato nella nostra cultura», ne è convinto l’inviato de Il Corriere della Sera, nonché fondatore del Blog La nuvola del Lavoro, Dario Di Vico.  Come ricordato ieri, nei giorni scorsi il ministero dell’Economia ha reso noti  i dati relativi alle nuove partite Iva aperte nel mese di febbraio (circa 51.000) ed è proprio su questo tema che abbiamo interpellato uno dei massimi esperti in materia.

Dott. Di Vico, in un primo momento il provvedimento sui famosi 80 euro in busta paga sembrava escludere i possessori di partita Iva, quando si arriverà a tutelare, oltre ai lavoratori dipendenti, i lavoratori autonomi?
I lavoratori autonomi sono tutelati tramite Rete Imprese Italia, ma è evidente come si paghi il ritardo dell’unificazione della rappresentanza e certe miopie organizzative rispetto ad altre associazioni. Confindustria e i sindacati possono contare su un’organizzazione più strutturata e solida che riesce meglio a tutelare i propri iscritti, mentre i lavoratori dipendenti non possono contare su tale efficacia.

In questi giorni si parla molto di false partite Iva. I lavoratori “para-dipendenti” costretti ad aprire una partita Iva, pur lavorando con continuità nel tempo, in orario di ufficio e in una postazione fissa. Come si argina tale fenomeno?
Con più controlli e più ispettori del lavoro, ma in questi tempi di spending review, nonostante non ci siano altre alternative per arginare il fenomeno, non è una questione semplice da risolvere. Spesso però i discorsi sulle finte partite Iva impediscono più utili approfondimenti sulle vere partite Iva che sono enormemente maggiori in termini numerici. Con la scomposizione della grande impresa, il lavoro autonomo è sempre più un elemento costante della nostra economia e non potrà che aumentare in futuro. Già oggi tra i giovani uno su quattro sceglie l’autoimpiego e questa non è un’anomalia e nemmeno un fenomeno d’arretratezza italiano, è una nuova tendenza socio-economica della quale si faticano a registrarne i particolari e quindi a proporre le tutele più adeguate.

A proposito di giovani e tutele: l’apertura di una partita Iva è ancora una mossa fondamentale per uscire dal pantano della crisi economica?
Assolutamente si. Accompagnare i giovani all’inizio del loro percorso lavorativo è fondamentale affinché si radichino nella loro scelta e non cambino dopo pochi mesi per via di un passo falso iniziale. Dobbiamo aiutare i giovani a camminare con le proprie gambe, non a caso grande successo ha riscontrato in questi anni il franchising. Non si può prescindere dalle tutele (e dal credito…) per i giovani che scelgono l’autoimpiego.

Jacopo MARCHESANO

Partite Iva, una lenta ripresa

Nonostante la crisi economica colpisca soprattutto il lavoro autonomo, i dati degli ultimi mesi sembrerebbe indurre un pizzico d’ottimismo. Come comunica il dipartimento delle Finanze del ministero dell’Economia, nello scorso mese di ottobre sono state aperte 45.045 partite Iva, il 10,55% in più rispetto al mese precedente.

Riguardo alla ripartizione territoriale, il 41,8% delle aperture e’ localizzato al Nord, il 22,8% al Centro ed il 35,3% al Sud ed Isole; il confronto con ottobre dello scorso anno mostra una maggioranza di flessioni, anche sensibili, al Centro-Sud (in particolare Basilicata seguita da Abruzzo, Molise, Umbria e Calabria).

Il commercio e’ sempre al primo posto per numero di aperture di partite Iva per settore produttivo: il 26,4% del totale, seguito dalle attivita’ professionali con circa il 12% e dal settore edilizio con il 9,6%. La quota maschile rimane sostanzialmente stabile, con il 63,4%, mentre quasi la meta’ delle aperture e’ dovuta a giovani fino a 35 anni e poco piu’ di un terzo alla classe 36-50 anni. A fronte di una chiusura delle partite Iva dieci volte superiore negli ultimi cinque anni, un’inversione di tendenza che non può non passare inosservata…

Jacopo MARCHESANO

 

Partite Iva, la crisi picchia duro

Il mondo delle partite Iva, messo sotto schiaffo dalla crisi, non è più lo stesso. Tra il 2008 e il settembre 2013, hanno chiuso l’attività 415mila partite Iva. I più colpiti sono stati i lavoratori, gli artigiani, i commercianti e gli agricoltori, calati di 345.000 unità. In sei anni scarsi di crisi, la variazione dell’occupazione dei lavoratori indipendenti è stata del -7%. Nello stesso periodo quasi l’8% degli autonomi ha chiuso i battenti.

Oltre a quello degli autonomi, è stato negativo anche l’andamento dei coadiuvanti familiari, calati di 78mila unità (-19,4%). Anche i collaboratori occasionali o a progetto hanno subito un ridimensionamento pari a 73mila unità (-15,7%). Dulcis i fundo, gli imprenditori, calati di 35mila unità (-12,4%).

Gli unici ad aver fatto registrare risultati positivi sono stati i soci delle cooperative (+ 2mila, pari al +4,4%) e i liberi professionisti, cresciuti di 115mila unità (+9,8%).

Alla luce di questi dati, la Cgia lancia l’allarme. “A differenza dei lavoratori dipendenti – osserva il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi – quando un autonomo chiude l’attività non dispone di alcuna misura di sostegno al reddito. Ad esclusione dei collaboratori a progetto che possono contare su un indennizzo una tantum, le partite Iva non usufruiscono dell’indennità di disoccupazione e di alcuna forma di cassaintegrazione o di mobilità lunga o corta. Spesso si ritrovano solo con molti debiti da pagare e un futuro tutto da inventare”.

Nonostante questo, la pressione fiscale media a carico di queste realtà è rimasta attorno al 50%.

In proporzione – conclude Bortolussi – la crisi ha colpito in maniera più evidente il mondo delle partite Iva rispetto a quello del lavoro dipendente. In termini assoluti, la platea dei subordinati ha perso 565mila lavoratori, mentre in termini percentuali è diminuita solo del 3,2%, con una quota del numero dei posti di lavoro persi sul totale della categoria pari al 3,3%. Tassi, questi ultimi, che sono meno della metà di quelli registrati dai lavoratori indipendenti. La tendenza positiva fatta segnare dai liberi professionisti potrebbe essere riconducibile sia all’aumento del numero di coloro che hanno deciso di mettersi in proprio non avendo nessun’altra alternativa per entrare nel mercato del lavoro, sia all’incremento delle cosiddette false partite Iva. In riferimento a quest’ultimo caso, ci si riferisce, ad esempio, a quei giovani che in questi ultimi anni hanno prestato la propria attività come veri e propri lavoratori subordinati, nonostante fossero a tutti gli effetti dei lavoratori autonomi. Una modalità, quest’ultima, molto praticata soprattutto nel Pubblico impiego”.

Partite Iva, dove si va in questa fine del 2013?

di Davide PASSONI

Ci risiamo. Più o meno puntualmente, ogni anno siamo qui ad ascoltare e leggere studi e analisi le più disparate sull’andamento delle partite Iva in Italia. A dar retta a quello che si sente, il popolo dei partitivisti sarebbe in una specie di corpo liquido in perenne cambiamento e movimento. C’è la crisi? E allora le partite Iva aumentano perché le aprono gli espulsi dal mondo del lavoro? C’è la crisi? E allora le partite Iva diminuiscono perché non c’è lavoro e i professionisti si trovano in estrema difficoltà.

Insomma, c’è di che non raccapezzarsi. Anche in questo scorcio finale del 2013, quando da più parti si dà la ripresa come un dato di fatto ormai all’orizzonte, anche se non si sa bene di quale orizzonte si stia parlando, diversi sono i segnali che arrivano dal mondo delle partite IVA. Incoraggianti e un po’ meno incoraggianti.

Quello che è certo è che il cosiddetto “popolo delle partite IVA” contribuisce ancora in larga parte a tenere in piedi il tessuto economico italiano, con tutele molto minori rispetto ai lavoratori dipendenti, una tassazione al limite del vessatorio e la sensazione di essere più una vacca da spremere che una risorsa da valorizzare.

Questa settimana Infoiva cercherà di capire dove va questo popolo, quali sono le dinamiche che lo interessano, quale futuro può ancora dare a sé e all’Italia.