La filiera moda ha la sua testa pensante

Con la prima decade di gennaio, come da tradizione si rimette in modo il grande circo della moda italiana, prima con l’appuntamento fiorentino di Pitti Uomo (12-15 gennaio) e poi con Milano Moda Uomo (15-19 gennaio). Due momenti nei quali la filiera moda italiana mette in mostra tutte le proprie potenzialità e il proprio saper fare.

Fortunatamente, anche a livello governativo si sta cominciando a valorizzare in maniera concreta la filiera moda, soprattutto grazie all’avvio di importanti finanziamenti destinati alle fiere della moda e al varo di un’iniziativa che prova a rimediare a una delle carenze tipiche del fare impresa in Italia: l’incapacità, o la difficoltà, di fare sistema.

Lo scorso 23 dicembre è stato infatti costituito il Comitato della moda e dell’Accessorio italiano, presieduto dal viceministro allo Sviluppo Economico Carlo Calenda. Un’entità che prova a mettere insieme i protagonisti e le eccellenze della filiera moda italiana per cercare di mettere a fattor comune competenze e conoscenze che consentano di posizionare la moda italiana in maniera sempre più efficace sui mercati mondiali.

Il Comitato della Moda e dell’Accessorio italiano definirà le linee guida per lo sviluppo del comparto, concorderà insieme al Governo il sostegno istituzionale necessario a portare avanti le diverse iniziative e garantirà l’implementazione dei progetti chiave, fondamentali per riaffermare la leadership del sistema della moda, attraverso il coordinamento e potenziamento degli eventi, il rafforzamento del sistema fieristico, la formazione, la sostenibilità e il supporto alla crescita dei marchi e delle aziende della filiera moda”. Questo il passaggio chiave del comunicato che lancia il Comitato.

Il primo passo concreto del Comitato è previsto per settembre di quest’anno, quando tutta la filiera moda sarà portata nel polo fieristico di Rho-Pero in un unico appuntamento in contemporanea con la Settimana della Moda di Milano, che riunisca le miriadi di fiere di settore attualmente sparse su tutto l’anno.

Entreranno nel Comitato della Moda e dell’Accessorio italiano le eccellenze della filiera moda, della filiera tessile e dell’accessorio. In rigoroso ordine alfabetico: Altagamma, Altaroma, Camera Nazionale della Moda Italiana, Centro di Firenze per la Moda Italiana, Federazione Italiana Accessorio Moda e Persona, Mido, Mifur, Milano Unica, Mipel, Origin, Pitti, Sistema Moda Italia, TheMicam, Vicenza Oro/Oro Arezzo.

Fashion Lab, UniCredit a sostegno della moda italiana

È stato presentato venerdì 18 dicembre a Milano Fashion Lab, un programma di accelerazione e di supporto continuativo, ideato da UniCredit e Camera Nazionale della Moda Italiana a favore di 18 brand emergenti: Alberto Zambelli, Angelos Bratis, Christian Pellizzari, Damiano Marini, Edithmarcel, flavialarocca, Giannico, L72, Leitmotiv, Les Petits Joueurs, L’F Shoes, Marcobologna, San Andrès Milano, Soloviere, Studiopretzel, TF Twins Florence, Vivetta, Voodoo Jewels. Tutti i talenti sono già presenti nei calendari delle Fashion Week di Milano.

L’iniziativa rientra nel più ampio accordo con cui, dallo scorso 18 settembre, UniCredit è diventata Official Sponsor di Camera Nazionale della Moda Italiana per il prossimo quadriennio, con l’obiettivo di sostenere uno dei settori chiave del made in Italy e simbolo di eccellenza del nostro Paese.

UniCredit crede nella moda e nell’industria tessile italiana, che costituisce un esempio straordinario della forza del Made in Italy nel mondo – ha affermato Federico Ghizzoni, Amministratore Delegato di UniCredit -. Il settore Moda è tornato a crescere dopo un biennio negativo, grazie in particolare al buon andamento delle vendite sui mercati internazionali. Nel nostro Paese, UniCredit conta oggi oltre 20mila clienti attivi nel settore, con impieghi per 2,2 miliardi di euro e una quota di mercato vicina al 14%”.

Il progetto Fashion Lab ideato con UniCredit, la Banca della moda è un passo importante e concreto che guarda al futuro del nostro settore. Si tratta di un’iniziativa dall‘approccio pragmatico, con un programma sviluppato sulle esigenze dei brand emergenti. Le nuove generazioni rappresentano il futuro del made in Italy, la nuova linfa di un sistema che tutto il mondo ci invidia. Garantire loro il massimo sostegno è uno degli asset fondamentali per la Camera Nazionale della Moda Italiana“, ha commentato Carlo Capasa, Presidente di Camera Moda.

Facendo tesoro di quello che abbiamo costruito e dell’immenso patrimonio che la moda italiana rappresenta, dobbiamo guardare avanti, cogliendo le sfide rappresentate dal futuro: la sostenibilità, la digitalizzazione, e soprattutto la creazione delle condizioni migliori, affinché i giovani creativi possano portare avanti e rafforzare la grande tradizione della moda italiana nel mondo.Tra heritage e innovation”, ha concluso Capasa.

Numerosi saranno gli appuntamenti del programma Fashion Lab in calendario per il 2016:

  • Fashion Academy: training manageriale per approfondire temi quali lo sviluppo, organizzazione e gestione del canale e-commerce, l’orientamento su nuovi mercati di interesse, la costruzione del Business Plan;
  • Innovation Day: appuntamento tra designer e i nuovi brand con le migliori startup innovative, selezionate da UniCredit Start Lab, che hanno sviluppato prodotti e soluzioni hi-tech applicabili nel settore della moda;
  • Incontri B2B organizzati con buyer internazionali selezionati;
  • Investor Day dedicati alla presentazione delle aziende selezionate a un network di investitori di settore interessati.

Moda italiana, quanta fatica…

La congiuntura economica ancora difficile e le molte turbolenze internazionali non hanno impedito alla moda italiana di archiviare un 2014 solo in parte soddisfacente. Il comparto moda italiana ha infatti registrato, lo scorso anno, un fatturato di 61 milioni e 621mila euro, con un +3,7% rispetto all’anno precedente.

Numeri, questi della moda italiana, che sono stati messi in luce dal report “Fashion economic trends”, realizzato su elaborazioni di dati Istat e diffuso nei giorni scorsi dalla Camera nazionale della moda italiana. Un buon viatico, anche considerando la Milano Fashion Week in corso in questi giorni.

Tuttavia, però, il report dimostra sì che il fatturato dell’industria della moda italiana è cresciuto più della media dell’industria nazionale, ma i suoi ritmi sono ritenuti “in ogni caso insufficienti“, in particolare nel terzo trimestre 2014, l’ultimo disponibile, nel quale la crescita si è fermata al di sotto del +3%.

Manco a dirlo, alla base di questa lentezza del comparto della moda italiana vi sono soprattutto un mercato interno ancora fiacco e una stagnazione dei prezzi. La crescita nei primi 10 mesi dell’anno è stata quindi inferiore alle attese (+3,2%).

Se non altro, l’export per la moda italiana è cresciuto del 4,8%, con un fatturato previsto nel 2014 di 47 milioni e 389mila euro. Un buon risultato se si considera che i mercati emergenti hanno lasciato a desiderare e che l’export in Russia, a causa delle sanzioni, è nettamente crollato.

Lo scorso anno, il fatturato dell’industria moda italiana ha rallentato prima del previsto, portando a una modesta crescita del 2,7% rispetto allo stesso periodo del 2013. Nel terzo trimestre ha rallentato anche il fatturato estero, con un +3,5% in linea con le previsioni, mentre l’incremento del fatturato sul mercato italiano è stato inferiore alle attese: +2,1%. Hanno pesato molto i cali di agosto, -5,9% rispetto ad agosto 2013 e di ottobre (-1,7%). Dati che, aggregati, portano a una crescita del fatturato della moda italiana nei primi 10 mesi del 2014 a +3,2%.

Entrando nei singoli comparti della moda italiana, quelli più dinamici nel 2014 sono risultati la pelletteria (+6,5%), il calzaturiero (+3,8%) e il tessile (+3,4%). L’abbigliamento si è fermato a un modesto +1,1%, probabilmente dovuto alla forte spinta deflattiva dei prezzi registrata nella seconda metà del 2014. Insomma, anche la moda italiana fatica a ritrovare una sua dimensione nel quadro della crisi.

Tutti insieme contro la contraffazione

La lotta contro i falsi mette tutti d’accordo: istituzioni e commercianti sono uniti in questa battaglia, tanto da aver firmato il Piano Nazionale per la Lotta ai falsi, presentato a Milano in occasione degli Stati Generali per la Lotta alla Contraffazione.

Si tratta di un documento al quale hanno lavorato anche 11 ministeri e 150 associazioni di categoria, che ha portato all’individuazione delle priorità e delle aree degli interventi.

Diana Bracco, vicepresidente di Confindustria e presidente di Expo 2015, ha dichiarato: “Dietro il Piano c’è un grande lavoro di coordinamento che ha messo insieme tutti gli attori che convergono su questo importante tema. La contraffazione è una penalizzazione della capacità ideativa del nostro sistema ed è quindi una sottrazione di competitività al Paese“.

Le macro aree di intervento individuate sono sei, alle quali lavorano 13 commissioni tematiche che operano nell’ambito della Cnac, Consiglio Nazionale Anticontraffazione: comunicazione e informazione; enforcement; rafforzamento del presidio territoriale; formazione alle imprese; lotta alla contraffazione via internet e tutela del Made in Italy da fenomeni di usurpazione all’estero.

A questo proposito, sembra particolarmente urgente la tutela della proprietà industriale, perché, se gli italiani, da una parte, si distinguono per creatività, dall’altro ancora non sono in grado di tutelarsi a dovere.
A questo proposito, Loredana Gulino, direttore generale di DG lotta alla contraffazione – Uibm del Mise, ha affermato: “Occorre cambiare la cultura della imprese. Insegnare loro ad utilizzare in maniera strategica gli strumenti di tutela della proprietà industriale“.

La contraffazione produce un giro d’affari annuo di 6,9 miliardi di euro e un mancato gettito fiscale di 1,7 miliardi e , solo nel comparto moda/tessile, incide per circa un terzo del fatturato. Per non parlare dell’usurpazione dei marchi, denunciata da Mario Boselli, presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana, che chiede di allargare il raggio d‘azione “dalla lotta alla contraffazione alla affermazione della legalità anche in termini di brevettabilità“.

Una grave mancanza, soprattutto tra la piccola e media impresa, è la mancanza quasi totale della cultura del brevetto, esistente, invece, ad esempio, negli Stati Uniti e in Giappone: “Alcuni grandi brand italiani ed europei poi, se da una parte si dicono d’accordo sulla diffusione del marchio, dall’altra delocalizzano le loro produzioni mantenendo, di italiano, soltanto il nome“, spiega Maurizio Casasca di Confapi.

Ma per cambiare la mentalità degli italiani, che acquistano capi contraffatti per risparmiare e illudersi di avere capi uguali a quelli firmati, è necessario lavorare sulla comunicazione, come ha ammesso Giovanni Fava, presidente della commissione parlamentare d’inchiesta sulla contraffazione e la pirateria in campo commerciale: “Occorre fare un salto culturale. Occorre, cioè, far comprendere a cittadini e consumatori che la contraffazione è un fenomeno criminale a pieno titolo e che non solo danneggia i diritti dei produttori ma contribuisce ad alimentare il giro d’affari delle grandi organizzazioni criminali“.

Vera MORETTI