Cashback pedaggi: in caso di code in autostrada scatta il rimborso

Quante volte è capitato di dover andare a lavoro e fare tardi per le code in autostrada  determinate dai cantieri? Oppure di passare giornate in autostrada per raggiungere la casa al mare in quanto ci sono cantieri disseminati lungo il percorso? Probabilmente tante, ma dal 15 settembre potrai ottenere il rimborso, o semplicemente il cashback pedaggi.

Cos’è il cashback pedaggi

La prima cosa da sottolineare è che il nuovo sistema di risarcimento prevede in realtà il rimborso del pedaggio pagato, da qui il nome cashback pedaggi, un sistema a cui gli italiani sono molto affezionati avendo già dimostrato di apprezzarlo.

La procedura non è ancora attiva in tutta Italia ma solo nei tratti autostradali gestiti da Autostrade per l’Italia (sigla Aspi) , circa la metà della rete autostradale, e prevede un rimborso dal 25% al 100% del pedaggio autostradale pagato a partire dai 15 minuti di ritardo e tenendo anche in considerazione la fascia chilometrica interessata.

Il sistema funziona attraverso un’ app chiamata Free To X compatibile con i sistemi Android e IOS, non serve avere il Telepass, quindi tutti possono usufruire di questo particolare cashback pedaggi, anche coloro che usano l’autostrada in modo sporadico e solitamente non hanno il Telepass. L’app nasce dalla collaborazione con il ministero per le Infrastrutture e consente di calcolare effettivamente i ritardi accumulati, ci sono però dei fattori concomitanti.

Infrastrutture: partono i lavori per mettere in sicurezza le strade

L’iniziativa del cashback autostrade è stata fortemente voluta perché sono previsti numerosi cantieri in autostrada nei prossimi mesi, infatti la maggior parte delle tratte autostradali ha rilevanti problematiche in quanto sono state realizzate negli anni Sessanta e non sono mai state oggetto di interventi importanti. Proprio da queste carenze sono derivati sinistri stradali di particolare rilevanza come il crollo del ponte Morandi a Genova e il disastro del bus precipitato sulla A16 a causa della cattiva manutenzione delle barriere.

A ciò deve essere aggiunto che l’Italia risulta inadempiente nei confronti delle direttive dell’Unione Europea, infatti è previsto che i tratti di gallerie di lunghezza maggiore ai 500 metri debbano essere adeguati alle nuove norme antincendio e l’Italia ancora non ha provveduto, sebbene il termine per l’adeguamento sia scaduto ad aprile 2019. L’Italia da sola possiede il 50% delle gallerie di questa lunghezza dell’Unione Europea. Da questa necessità di realizzare lavori deriveranno sicuramente ritardi e quindi Ausostrade per l’Italia ha elaborato questo piccolo rimborso per prevenire le lamentele dovute ai disagi e richieste di risarcimenti a pioggia.

Come si calcola il cashback pedaggi

Vediamo ora chi effettivamente potrà ottenere questo rimborso. Si calcola una velocità di crociera normale di 100 km/h per veicoli leggeri e 70 km/h per veicoli pesanti. Di conseguenza se in tratti interessati dalla presenza di cantieri che portano alla riduzione delle corsie di marcia, gli automobilisti accumulano almeno 15 minuti di ritardo rispetto alla velocità di crociera , scatta il diritto al rimborso. Il calcolo si basa sulla velocità media del flusso, quindi rallentare per accumulare un ritardo e non pagare, non funziona perché se sulla tratta negli stessi orari il traffico è scorrevole, non si ottiene il cashback pedaggi. L’ammontare effettivo del risarcimento ottenibile dipende dal ritardo accumulato.

Non saranno rimborsabili ritardi maturati su tratti non interessati da lavori, oppure in cui i lavori non abbiano portato alla riduzione del numero di corsie ma solo della loro ampiezza, inoltre  se è sottoposta a chiusura la corsia di emergenza, comunque non è dovuto il rimborso.

Esclusi dai rimborsi sono anche i ritardi accumulati sulle Autostrade gestite da Aspi ma “ a sistema aperto” cioè con le sole barriere di entrata e di uscita e senza caselli autostradali intermedi e quindi con pedaggi autostradali forfettari.

Sono esclusi i ritardi dovuti a ingorghi generati da sinistri stradali, condizioni meteorologiche avverse, manifestazioni.

Il rimborso dei pedaggi in casi di ritardi dovuti a cantieri autostradali parte dal 15 settembre anche se nei mesi estivi su alcune tratte era attivo un servizio “sperimentale”, ma i rimborsi saranno effettivamente versati a partire da gennaio 2022, quindi è bene non aspettarsi rimborsi immediati.

Come richiedere il cashback pedaggi

Per chi non ha il Telepass e vuole ottenere il rimborso tramite l’app Free To X è necessario conservare lo scontrino del pagamento all’uscita dell’autostrada in cui è riportato l’orario di entrata e di uscita, lo stesso deve essere inoltre scansionato/fotografato e inviato tramite l’app stessa, inoltre è necessario indicare attraverso l’app l’IBAN dove deve essere versato il rimborso. In teoria se il sistema funziona bene il riscontro circa l’accettazione della propria richiesta di rimborso dovrebbe avvenire entro 48 ore. Come si è anticipato i versamenti invece partono da gennaio 2022. L’importo rispetto al pedaggio varia in base alle fasce di ritardo, la prima scatta dopo 15 minuti di ritardo.

A vele spiegate con gli ‘artigiani sognatori’ del green

 

Una vela per navigare oltre l’orizzonte, una vela per ritornare’. E’ questo il pay off di Rewind Selection, l’azienda di Montecatini Terme che ha trasformato la passione per le vele in un’insolita miscela di ecologia, arte e design. Riutilizzare le vele usate, spesso difficili da smaltire, per dare loro l’occasione di rivivere in oggetti che ricordino il sogno di evasione del mare.

Dal sacco marinaio alla shopping bag, dalle tovagliette per la colazione ai paraventi, dalle lampade alle poltrone, tutto quello che una vela può ispirare si trasforma in un oggetto nuovo, dotato di una seconda vita.  L’arte del riciclo incontra la passione per le onde e rivela un aspetto insolito di declinazione del concetto di Green Economy. Il cotone utilizzato per creare le vele delle imbarcazioni, il dacron e il kevlar, diventa, grazie a Rewind Selection, materia prima da cui ricavare accessori unici; toccherà poi alla mano sapiente di ‘artigiani sognatori‘ dare nuova forma a quel sogno antico del mare.

Infoiva ha intervistato Antonio Masi, creatore del brand e fondatore di Rewind Selection.

Come è nata l’idea di produrre oggetti di design a partire dalle vele? Passione o coscienza green?
L’idea di produrre oggetti con il tessuto delle vecchie vele è nato frequentando l’ambiente delle regate, i cantieri, le velerie e le banchine dove si trovano vele vecchie abbandonate e destinate a rimanere tali. L’incontro con un velaio esperto di barche d’epoca, il nostro gusto, aiutato dalle mani di artigiani capaci di tradurre un pensiero in realtà, rifacendosi in particolare alla vecchia marineria, usando non solo vele vecchie , ma cime, cuoio, canvas, garrocci, bozzelli, ci ha fatto prendere coscienza che questo insieme di idee, persone e cose potevano dare vita a borse, giacche, complementi di arredo, lampade, paraventi, pareti attrezzate. Oggetti ognuno diverso dall’altro, ma tutti oggetti di design.

Moda e design: qual è la seconda vita ‘green’ che regalate alle vele?
Tutto nasce dalla passione per il mare: ridare vita a vecchie vele ha creato in noi ed in coloro che apprezzano l’arte nautica l’idea di creare dal sogno e dalla passione una coscienza green. E’ così che è nata Rewind Selection, ovvero l’arte del riciclo totale della vela e di tutto quello che gira attorno ad un “albero”.

Il Green: una moda o una vera opportunità di business?
Il green è coscienza, moda e per opportunità di business.

Che cosa significa per voi essere green? Si tratta di un discorso prettamente legato ai processi produttivi o rappresenta una vera e propria filosofia di vita?
Essere green è per noi una vera filosofia di vita che si lega a tutto quello che produciamo.

E’ più facile essere green da piccole imprese?
Se siamo piccoli è più facile essere green, anche se in Italia, come invece accade all’estero, dovrebbe crescere una coscienza sociale e politica che supporti quegli “artigiani sognatori” come noi.

Un breve identikit dell’azienda: qual è il vostro fatturato? Quanti dipendenti conta la vostra azienda?
Rewindselection non ha dipendenti, si avvale di velai con i quali collaboriamo e creiamo i nostri oggetti di design. Il nostro fatturato per il primo anno è si è attestato a circa 10.000,00 euro.

La vostra azienda è attiva anche su altri mercati oltre all’Italia? 
Rewind Selection produce esclusivamente in Toscana ed è presente in Finlandia, a Montecarlo e in Germania, presso negozi e cantieri di fama internazionale.

Alessia CASIRAGHI

No mutuo? No riparti

Uno degli indicatori più significativi di quanto il settore dell’edilizia stia soffrendo la crisi nel nostro Paese è sicuramente quello legato alla richiesta di mutui e alla compravendita di immobili. I dati recentemente forniti dall’Istat non lasciano spazio alla poesia.

Facciamoci male, partiamo subito parlando di mutui. Nel secondo trimestre 2012, secondo l’Istituto nazionale di statistica, i mutui, i finanziamenti e le altre obbligazioni con costituzione di ipoteca immobiliare hanno fatto registrare una flessione tendenziale del 41,2%. Strage in tutte le macroaree del Paese: Nordovest -38,6%, Centro -36%, Sud -44,8%, Isole -58,3%. Cifre da far accapponare la pelle, cifre che dimostrano tre cose: le famiglie non ne hanno più, le banche sono sempre meno propense a prestare denaro, senza domanda l’offerta non c’è e chi la deve sviluppare, le imprese edili e le immobiliari, naufragano.

A picco anche le compravendite immobiliari nel secondo trimestre 2012. Nel dato Istat anno su anno siamo a -23,6% per gli immobili residenziali -24,8% per quelli a uso economico. Anche qui, non si salva nessuna zona d’Italia: sia per il residenziale sia per l’economico le Isole registrano un -30,8%, il Nordest -26,1%, il Nord-ovest -22,6%, il Sud -19,9%. Siamo alle variazioni tendenziali peggiori dal 2008, l’anno di esplosione della crisi a livello mondiale, sia per le convenzioni di compravendite immobiliari nel complesso, sia nello specifico tanto per gli immobili ad uso abitativo, quanto per le quelli ad uso economico.

Spacchettando residenziale da economico, vediamo che, nel caso della seconda tipologia sono le Isole (-38,4%) a registrare il calo tendenziale più marcato, il Sud è a -23,5%, il Nordovest a -22,2%, Centro e Nord-est intorno al 25%. Le compravendite di unità immobiliari ad uso residenziale, infine, calano del 21,8% nelle città metropolitane e del 25,1% nelle altre città, quelle ad uso economico diminuiscono nelle altre città del 27% e del 21% nelle grandi città.

Allora, vi abbiamo storditi con tutte queste cifre? Ne volete ancora? Vi bastano? Noi pensiamo di sì, anche perché, se volete risparmiare tempo, concentratevi su due aspetti: ci sono solo segni meno e sono tutti numeri a doppia cifra. Pensate ancora che ci sia futuro per un Paese così? Vedete ancora la luce in fondo al tunnel, tanto cara all’ormai ex premier Monti? Qualcuno, cinicamente, dice che quella luce siano le fiamme dei disoccupati che si danno fuoco, qualcuno ancora che è il faro della locomotiva che ci sta travolgendo. Noi, modestamente, pensiamo solo che sia la un’illusione ottica.

Edilizia, la strage silenziosa

di Davide PASSONI

Un Paese che non è più in grado di costruire case o grandi opere è un Paese che non è in grado di costruire il proprio futuro. No, non stiamo esagerando, stiamo prendendo atto di un fenomeno che sta investendo uno dei settori che, tradizionalmente, è stato la locomotiva dell’Italia in tanti momenti di congiuntura difficile e che da questa congiuntura economica sta uscendo con le ossa rotte, almeno quanto il Paese: quello dell’edilizia.

A parlare meglio, come sempre, sono i numeri: in tanti provano interpretarli e piegarli ai propri interessi, ma sempre numeri rimangono. In sei anni, dal 2008 al 2013, il settore avrà perso circa il 30% degli investimenti, pari a 360mila posti di lavoro in meno: più o meno come 72 Ilva, 450 Alcoa, 277 Termini Imerese. Lo dice Paolo Buzzetti, presidente dell’Ance, l’associazione nazionale costruttori edili il quale, presentando nei giorni scorsi questi dati atroci ha messo tutti in guardia: “La situazione è drammatica e, considerando anche i settori collegati, emerge con tutta evidenza il rischio sociale a cui stiamo andando incontro: infatti, la perdita occupazionale complessiva raggiunge circa 550mila unità“.

Un calo che non lascia superstiti praticamente in nessun comparto. La produzione di nuove abitazioni alla fine del 2013 sarà calata del 54,2%, l’edilizia non residenziale privata segnerà -31,6%, le opere pubbliche saranno crollate del 42,9%. In controtendenza solo il comparto della riqualificazione del patrimonio abitativo, in progresso del 12,6%.

Nubi nere anche sul fronte delle compravendite, calate nei primi 9 mesi del 2012 di quasi il un quarto (-23,9%), a fronte di un fabbisogno potenziale di 600mila abitazioni. Tutti dati che inducono l’Ance a constatare come sia “l’estrema incertezza che scoraggia e rinvia le decisioni di investimento delle famiglie, per le difficili prospettive del mercato del lavoro e per la flessione del reddito disponibile“.

E vogliamo parlare di mutui? Parliamone… Secondo l’Istat, nel secondo trimestre 2012 mutui, finanziamenti e altre obbligazioni con costituzione di ipoteca immobiliare hanno registrato una caduta anno su anno del 41,2%. Se delle compravendite di immobili residenziali si è detto, sul fronte di quelle relative a immobili ad uso economico (esercizi commerciali, uffici, laboratori, capannoni) si è andati ancora peggio: -24,8%.

Guardando ai diversi ambiti territoriali, sempre nel secondo trimestre di quest’anno tanto le compravendite per i fabbricati destinati all’abitazione quanto quelle per i fabbricati finalizzati all’attività economica, hanno registrato cali in tutta Italia, in particolare nelle Isole: -30,3% residenziale, -38,4% economico. Cali più netti nei centri più piccoli (-25,1%), più contenuti nei grandi centri (-21,8%).

Dulcis in fundo, la pillolina dell’Imu che, secondo l’Ance (ma secondo il buon senso, diremmo…), scoraggia l’acquisto da parte delle famiglie che godono ancora di scarsa fiducia da parte delle banche, sempre più restie a concedere mutui e finanziamenti.

Una considerazione finale. Per dare un’idea della drammaticità della situazione in cui versa il settore dell’edilizia è stato utilizzato il paragone di crisi ben più reclamizzate a livello mediatico come quelle dell’Ilva, dell’Alcoa, della Fiat a Termini Imerese. Tutte crisi per le quali il governo si è mosso (più o meno rapidamente) per elaborare se non soluzioni, almeno palliativi. Perché di fronte alla strage dell’edilizia, invece, il silenzio?

Forse perché certe crisi fanno più notizia di altre perché qualcuno è più bravo a “far casino” intorno a esse; forse perché certe crisi sono figlie dell‘insipienza decennale della politica (chi ha permesso di far costruire il mostro Ilva in riva al mare, senza alcuno scrupolo per gli sversamenti in acqua e per le emissioni nell’aria, permettendo poi che tutto intorno nascessero abitazioni senza colpo ferire, perché serbatoi di voti prima che alloggi per la forza lavoro?) che ora cerca di salvarsi la faccia con provvedimenti al limite del ridicolo; forse perché ci sono, per lo Stato, settori produttivi di serie A e di serie B e chi sta zitto ha sempre torto, anche e soprattutto se cerca di salvarsi con le proprie mani. Serie A o serie B, l’unica cosa che vediamo noi e che, di fronte a certe stragi produttivi l’Italia non rischia solo la retrocessione ma il fallimento.

L’Italia è un cantiere. Fermo.

Non abbiamo fatto in tempo ad applaudire, ieri, l’iniziativa dell’Ance, che ha detto basta ai pagamenti lumaca della Pubblica Amministrazione e ha deciso di citare in giudizio lo Stato qualora continui a non pagare le imprese dell’edilizia, che è arrivata una notizia che ha fa montare ancora di più la rabbia, tanto a noi quanto alle stesse imprese edili.

Ci ha pensato Confcommercio a darcela, presentando il suo Libro bianco sui Trasporti in Italia e parlando delle grandi infrastrutture del nostro Paese decise ma mai deliberate o i cui lavori sono fermi da anni. Una galleria degli orrori che conta 27 protagonisti per un valore complessivo di 31 miliardi di euro. Consideriamo che il presidente dell’Ance Buzzetti, parla di crediti nei confronti dello Stato per 19 miliardi…

Quello che più scoraggia, o fa incazzare, a seconda dei punti di vista, è leggere i tempi di realizzazione che interessano queste grandi incompiute: the winner is…, anzi, are… il tunnel Rapallo Fontanabuona in Liguria e la trasversale Fano-Grosseto in Toscana, che aspettano da 50 anni di vedere la luce. Ma si difendono bene la Pedemontana Veneta (46 anni), la statale 96 Bari-Matera (20 anni), l’autostrada Roma-Latina (11 anni) e la terza corsia dell’A11 in Toscana e il prolungamento dell’A27 in Veneto (5 anni).

Tutte opere che hanno sofferto di blocchi, veti, burocrazia, taglio dei fondi (dice infatti il documento di Confcommercio che “è senza dubbio doveroso tenere nella debita considerazione gli effetti che la grave congiuntura economica inevitabilmente sta esercitando sugli stanziamenti previsti” ma che fanno gridare allo scandalo se si considera quante imprese, che oggi agonizzano, potrebbero trarre beneficio dall’apertura dei vari cantieri.

Va bene la crisi ma, secondo Confcommercio, i difetti e i vizi della burocrazia di casa nostra pesano ancora in maniera troppo rilevante: è infatti evidente “la pericolosa lentezza con cui si stanno utilizzando i 41,2 miliardi di fondi strutturali e FAS stanziati per il quinquennio 2007-2013“. Fondi dei quali è stato utilizzato solo il 12%. E se si va avanti così, a fine 2012 Bruxelles batterà cassa per riavere la sua quota di stanziamento, pari a 2,6 miliardi. Proprio quello che ci vuole, con l’economia in ginocchio e le imprese che si volatilizzano.

E vogliamo parlare di quello che avrebbero significato queste infrastrutture in termini di Pil? Parliamone. Secondo Confcommercio, se l’Italia nel decennio 2001-2010 avesse attualto politiche di miglioramento dell’accessibilità stradale che allineassero il sistema-Paese all’andamento dello stesso indicatore, per esempio, della Germania, si sarebbe registrato un incremento del Pil di 142 miliardi di euro. E se si fosse armonizzato l’accesso alla rete delle infrastrutture tra Nord e Sud del Paese il Pil ne avrebbe beneficiato per circa 50 miliardi nel solo 2010: questo sarebbe valso il portare i livelli di accessibilità medi del Mezzogiorno agli standard raggiunti dalla Lombardia.

E allora, che cosa pensare? Che le imprese di costruzioni fanno bene a picchiare i pugni sul tavolo. Che chi ci governa e ci ha governato forse non ha ben chiaro che migliori infrastrutture significano migliore economia. Che è vero che siamo in periodo di vacche magre (-34% di risorse per nuove infrastrutture dal 2009 al 2011), ma i soldi per far partire i cantieri si possono e si devono trovare tagliando i rami secchi, le sacche di improduttività, le spese irrazionali dello Stato. Che ci meritiamo uno Stato così? Noi non ci vogliamo rassegnare.

Federarchitetti, oggi la Giornata Nazionale per la sicurezza nei cantieri.

Roma, 26 febbraio – (AdnKronos) Un vademecum operativo, una mini-fiction ma, soprattutto, una serie di proposte concrete per ridurre i rischi di incidente: queste le iniziative di Federarchitetti nella Giornata Nazionale per la sicurezza nei cantieri. La campagna di sensibilizzazione è stata lanciata oggi a Roma, in occasione della Prima Giornata Nazionale per la sicurezza nei cantieri. L’iniziativa, che ha visto il suo culmine nel convegno organizzato presso l’Acquario Romano, nasce con l’obiettivo di sottolineare la necessità di una cultura della sicurezza, promossa e condivisa non soltanto dagli addetti ai lavori, ma dall’intera collettività. Di tale progetto, “Federarchitetti intende essere protagonista -si legge in una nota della federazione- riproponendolo ogni anno come momento di confronto tra la categoria e le istituzioni. Sono i tecnici professionisti, infatti, ad attuare in concreto la normativa sulla sicurezza, sia nell’ambito della progettazione che in quello della gestione vera e propria della sicurezza. Finora, però, questo ruolo centrale non è mai stato riconosciuto fino in fondo”.

Al convegno Federarchitetti ha presentato una mini-fiction, ‘Lavori in corto’, divulgata anche attraverso YouTube, che racconta il difficile mestiere del coordinatore della sicurezza attraverso una serie di situazioni tipiche (la richiesta di ribassare i costi, il ‘chiudere un occhio’ sul ponteggio che non va). Inoltre, sul tema il sindacato ha Federarchitetti ha proposto un vademecum operativo, Il Decalogo della Sicurezza, che riassume le proposte concrete della categoria, insieme ad una pubblicazione monografica. Alcune indicazioni sono squisitamente operative, come l’obbligo di mantenere ordinato il cantiere o quello di indossare i Dispositivi di protezione individuale; altre, invece, sono quelle più “politiche”, come l’obbligo alla formazione continua e la necessità di valorizzare figure altamente professionali in edilizia. Per il sindacato dei professionisti, la sicurezza in cantiere, anche grazie ad una legislazione all’avanguardia, è migliorata: secondo dati Inail, gli infortuni nelle costruzioni sono in calo (-15.8% nel I° semestre 2009). In diminuzione anche i casi mortali (-3,9%). Va detto però che, mentre il Nord sembra beneficiare maggiormente del calo degli incidenti, non così il Centro, che appare comunque in controtendenza, con 107 infortuni mortali nel 2008. In tal senso Roma registra il maggior numero di casi mortali nell’Italia centrale. Al riguardo, il sindacato dei professionisti chiede sanzioni più severe, allargandole anche alle maestranze ed equiparando quelle dei coordinatori per la sicurezza ai datori di lavoro.

Il futuro della sicurezza passa senz’altro per le maestranze impiegate in edilizia, sempre più di frequente straniere, quindi spesso prive di una formazione adeguata e delle necessarie conoscenze linguistiche. Da non dimenticare che quegli stessi operai diventano, col tempo, piccoli imprenditori: ecco perché Federarchitetti propone per questi una maggiore attenzione.

All’incontro, moderato da Giancarlo Maussier, presidente di Federarchitetti Roma, hanno partecipato tra gli altri Amedeo Schiattarella, presidente dell’Ordine degli Architetti P.P.C. di Roma, Matteo Capuani, consigliere del Consiglio Nazionale degli Architetti P.P.C., Paolo Grassi, presidente di Federarchitetti, Fabrizio Ghera, assessore ai Lavori Pubblici del Comune di Roma, Livio De Santoli, preside della Facoltà di Architettura di Roma, Miranda Prestipino, dirigente dell’Inail, Lorenzo Fantini, dirigente della Direzione generale Tutela condizioni di lavoro presso il Ministero del Lavoro, Cinzia Frascheri, responsabile Salute e Sicurezza della Cisl, Paolo Carcassi, segretario confederale della Uil, Sebastiano Calleri, responsabile della Cgil, e Paolo Varesi, segretario confederale dell’Ugl.