Risparmiare carburante? Con Google Maps si può. Guida

La tecnologia arriva in nostro soccorso ed ecco che Google Maps ci mette di suo con la possibilità di scegliere il percorso che contribuisce a un minor consumo di carburante. La guida per utilizzare al meglio Google Maps e risparmiare carburante.

Come risparmiare carburante con Google Maps?

Google Maps è un amico fidato che molti utilizzano quasi quotidianamente, a volte per scoprire nuovi percorsi, altre per andare in posti nuovi mai visitati, oppure per scegliere il percorso meno trafficato e sul quale non si incontrano lavori in corso. Ora potrà invece essere utilizzato per risparmiare carburante. Questa funzione era già attiva da mesi in altre parti del mondo, ad esempio Canada, e ora è attivo anche in molti Paesi d’Europa, tra cui la Germania e a breve dovrebbe arrivare l’aggiornamento per l’Italia.

Prevede un riscontro costante tra le informazioni sui percorsi detenute da Google e i dati dell’Agenzia Europea dell’Ambiente. Inoltre quando si sceglie di utilizzare questa funzionalità, l’utente deve indicare quale tipologia di veicolo ha, ad esempio diesel, ibrido o con alimentazione a benzina, metano o gpl. Fatta questa premessa, diventa facile per Google Maps scegliere il percorso attraverso il quale è possibile raggiungere la destinazione consumando meno carburante e inquinando meno.

Come utilizzare la funzione per risparmiare carburante?

Per usare questa funzione dopo aver normalmente impostato il proprio percorso con Google Maps, in alto a destra occorre cliccare sui tre puntini verticali, esce un menù a tendina verticale dal quale selezione “opzioni percorso”. A questa voce oltre alle tradizionali “evita autostrade”, “evita pedaggi”, “evita traghetti”, ci sarà a breve anche in Italia la voce “Scegli percorsi a minor consumo di carburante”. Il calcolo si fa attraverso tutta una serie di dati, ad esempio le auto diesel hanno prestazioni migliori ad elevate velocità, quindi Google Maps tende a scegliere, dove possibile, percorsi più lineari e con minore traffico.

Google rende noto che l’opzione nasce per ridurre le emissioni inquinanti, ma in effetti può tranquillamente utilizzarsi per risparmiare un po’ di carburante. Secondo i dati forniti da Google può aiutare ad avere un risparmio fino al 30% del carburante, naturalmente su lunghi percorsi tali stime sono più efficaci, mentre sui brevi, soprattutto se cittadini possono esservi variazioni. Ricordiamo che fino al 5 ottobre è in vigore il taglio delle accise sui carburanti. Non resta che aspettare, dovrebbe mancare davvero poco affinché questa funzionalità sia attiva anche in Italia.

Auto aziendale: chi paga il carburante?

Molte imprese sono dotate di un parco macchina di cui fanno parte le auto aziendali, il cui utilizzo è concesso ai dipendenti. Solitamente, un’auto aziendale non ha più di due anni di vita e non ha percorso più di 20.000 chilometri.

Per possedere una flotta aziendale sempre rinnovata, le relative vetture vengono sostituite quando sono ancora in buono stato, ossia, non usurate. Ma nel periodo in cui vengono utilizzate dai lavoratori di un’azienda, chi paga il carburante?

Assegnazione dell’auto aziendale

Abbiamo parlato di auto aziendali concesse da un’impresa ai dipendenti o ai propri collaboratori. A questo punto, c’è da premettere che l’attribuzione del veicolo ai lavoratori può avvenire a fini professionali, per ragioni personali, o entrambe le motivazioni. In quest’ultimo caso, si parla di vettura aziendale adibita ad uso promiscuo.

L’auto aziendale concessa a un dipendente per uso lavorativo, non ne prevede l’utilizzo personale, nemmeno per compiere il tragitto casa – lavoro.

Il veicolo aziendale assegnato a un dipendente per scopi personali, trova infrequente applicazione.

La vettura aziendale attribuita a un dipendente ad uso promiscuo, costituisce una modalità frequente. In tal caso, il lavoratore utilizza l’auto per ragioni professionali durante l’orario di lavoro, per compiere il tragitto casa – lavoro e, al di fuori dei turni lavorativi, per motivi personali.

Chi paga il carburante per l’auto ad uso promiscuo?

La domanda viene posta di frequente, visto che l’auto aziendale viene utilizzata sia a fini lavorativi che ad uso privato. La risposta è persino troppo banale: il costo del carburante è in parte a carico del datore di lavoro, in parte a carico del dipendente.

Quando il veicolo aziendale è usato dal lavoratore per lavoro, questi ha diritto ad ottenere il rimborso delle spese sostenute per il rifornimento di carburante. Diversamente dai tempi in cui esistevano le note schede carburante, ossia le ricevute relative ai costi per esso sostenuti, attualmente, si ricorre alle tabelle ACI che fanno riferimento ai costi chilometrici.

In pratica, il datore di lavoro utilizza le tabelle ACI per calcolare la quota forfettaria di rimborso del carburante che spetta al dipendente cui è stato concesso l’utilizzo dell’auto aziendale. Va da sé, che il carburante acquistato per uso personale della vettura, non c’è alcun rimborso. Tuttavia, esiste un’eccezione.

Auto aziendale ad uso promiscuo: buoni carburante

Quando il dipendente a cui è stata attribuita l’auto aziendale ne fa un uso personale, teoricamente non dovrebbe ottenere alcun rimborso da parte del datore di lavoro per i costi sostenuti relativi al rifornimento di carburante. Tuttavia, nel caso in cui l’impresa si avvale del welfare aziendale, tra i fringe benefit concessi ai propri lavoratori, possono esserci i buoni carburante.

In tal caso, il dipendente ha la possibilità di ammortizzare le spese effettuate per acquistare il carburante relativo alla propria vettura ma anche per il rifornimento dell’auto aziendale.

Il rimborso di carburante per un’auto aziendale ad uso promiscuo

Il costo per il rifornimento di carburante sostenuto dal dipendente per l’auto aziendale in caso di trasferte lavorative, deve essere rimborsato dal datore di lavoro. Qualora la vettura sia stata assegnata al lavoratore per uso promiscuo, le spese per il carburante vengono pagate in parte dall’azienda e in parte dal dipendente.

Poiché la normativa vigente non prevede il rimborso in base a quanto realmente speso alla pompa, si fa ricorso all’utilizzo delle tabelle ACI che variano ogni anno.

Le tabelle ACI 2021 per l’uso del veicolo ad uso promiscuo: il calcolo per il rimborso chilometrico

Le tabelle per il calcolo del rimborso chilometrico ACI si basano sul prezzo del carburante indicato dal Ministero dello Sviluppo Economico, aggiornato ogni mese per essere più realistico, ma anche sul tipo di veicolo usato per il viaggio di lavoro.

Per effettuare il calcolo si deve prendere in considerazione l’ultima colonna della tabella ACI che indica il fringe benefit annuale. Il costo chilometrico relativo deve essere moltiplicato per i chilometri percorsi dichiarati dal dipendente. Il risultante rimborso finale verrà inserito nella busta paga del dipendente insieme alla retribuzione, ma con una voce a parte.

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Chi può scaricare le spese per il carburante e come funziona

I costi sostenuti per il rifornimento di carburante del veicolo sono un fattore molto importante, se riguarda un libero professionista, un’azienda o un lavoratore autonomo, in relazione alla possibilità di dedurli e detrarre l’IVA pagata al distributore.

Fino a tre anni fa (30 giugno 2018) era sufficiente utilizzare le famose schede carburante, ma poi, la legge ha imposto l’obbligo di pagamento tracciabile e l’emissione di fattura elettronica da parte del gestore del distributore nel caso l’acquirente sia un soggetto passivo di IVA. La nuova normativa, attualmente vigente, è stata introdotta al fine di evitare l’evasione fiscale o di manomettere gli importi delle spese effettuate per l’acquisto di carburante da parte di professionisti e aziende, in sede di dichiarazione dei redditi.

Sistemi di pagamento autorizzati per scaricare i costi del carburante

Quindi, dal 1° gennaio 2019, se si vuole avere la possibilità di scaricare i costi effettuati per rifornire il veicolo di carburante, sia esso benzina, GPL, metano o diesel, è indispensabile che il pagamento avvenga tramite carta di credito/debito o prepagata, bonifico/assegno bancario o postale, vaglia cambiario/postale, addebito diretto in conto corrente, carta carburante emessa da una compagnia petrolifera.

E’ bene sottolineare che le carte utilizzate come metodo di pagamento tracciabile, debbano essere rilasciate da un operatore finanziario sottoposto all’onere di comunicazione all’anagrafe tributaria. Inoltre, devono essere intestate al soggetto che svolge l’attività economica.

A questo punto, entriamo nel dettaglio per scoprire come e con quali limiti i suddetti soggetti possono dedurre le spese e detrarre l’IVA per l’acquisto di carburante, anche a seconda della destinazione d’uso del veicolo.

Scaricare spese carburante: deduzione e detrazione IVA

Come già accennato, i soggetti passivi IVA, come aziende, professionisti e lavoratori autonomi possono portare in deduzione i costi sostenuti per il rifornimento di carburante, ma rispettando determinati limiti previsti dalla legge. E’ fondamentale fare una distinzione tra veicoli ad uso esclusivo e strumentale, ad uso pubblico e ad uso promiscuo. Inoltre, se sono stati concessi a lavoratori dipendenti o a rappresentanti e agenti di commercio.

Ad ogni modo, resta un punto fermo l’obbligo di effettuare i pagamenti relativi all’acquisto di carburante per rifornire i veicoli, in modalità tracciabile, se si vuole fruire delle agevolazioni fiscali. I soggetti passivi IVA devono chiedere al distributore di rilasciare la fattura elettronica allo scopo di poter certificare le spese effettuate e portarle in deduzione.

Le agevolazione fiscali per l’acquisto di carburante

Il professionista, così come l’azienda e fermo restando che il mezzo di trasporto è da loro utilizzato per lo svolgimento della professione, può dedurre il 20% dei costi inerenti il carburante e portare in detrazione il 40% dell’IVA applicata su di essi. Non cambiano le percentuali per i veicoli ad uso promiscuo. Invece, costituiscono un’eccezione alla regola i seguenti mezzi di trasporto:

  • ad uso esclusivo e strumentale dell’attività compiuta, per cui i costi sono interamente deducibili;
  • ad uso pubblico, per cui le spese sono deducibili per l’intero importo;
  • concessi al dipendente, per cui i costi sono dedotti al 70%;
  • concessi a rappresentati e agenti di commercio, per i quali le spese sono deducibili all’80%.

Se la legge prevede delle eccezioni alla regola del 20% di deducibilità dei costi per il rifornimento di carburante al veicolo, allo stesso modo ha previsto dei limiti sulla detraibilità dell’IVA al 40%.

Infatti, tali limitazioni sono rappresentate dai veicoli predisposti al trasporto di persone o beni con una massa fino a 3.500 kg; dai veicoli con una portata massima di otto persone + il conducente; dai veicoli non utilizzati esclusivamente per l’attività svolta.

E’ bene sottolineare che gli agenti di commercio, la cui attività professionale trova come presupposto fondamentale l’utilizzo dell’auto, oltre a fruire della deducibilità all’80% dei costi per il carburante, può detrarre il 100% dell’IVA.

Certificazione degli obblighi per la vendita di carburante: l’eccezione

Abbiamo già parlato dell’obbligo di emissione di fattura elettronica per la certificazione dell’avvenuta vendita di carburante. Il che, significa che questo vale anche per tutta la filiera, dalla produzione della compagnia petrolifera fino alla distribuzione finale.

Tuttavia, occorre precisare che esiste un’eccezione alla regola riguardante i distributori di carburante al dettaglio che non sono assoggettati a questo onere solo per la vendita di carburante nei confronti di clienti non soggetti ad IVA. Ricordiamo che i titolari di partita IVA che si avvalgono del regime forfettario o di quello dei minimi non possono dedurre le spese effettuate per il rifornimento di carburante. Per tale motivo, l’emissione di fattura elettronica a nome di tali soggetti è inutile.

Spese carburante da scaricare: come funziona con l’auto aziendale

L’auto aziendale è concessa al dipendente prevalentemente per viaggi di lavoro, anche se, quando è concessa ad uso promiscuo, ne prevede l’utilizzo anche a fini personali. Ad ogni modo, quando il lavoratore rifornisce il veicolo di carburante, deve chiedere al distributore di emettere fattura elettronica intestata all’azienda, visto che ne risulta intestataria. Ciò vale anche se il dipendente ha pagato con la propria carta di credito.

Ai fini della deducibilità, gli aspetti che contano sono i seguenti:

  • la spesa deve essere riconducibile all’azienda tramite la certificazione del pagamento tracciabile;
  • il costo sostenuto deve essere rimborsato al lavoratore dipendente, mediante strumenti tracciabili.

I dati da fornire al distributore per l’emissione della fattura elettronica

La fattura elettronica come certificazione del pagamento inerente il rifornimento di carburante, che serve per scaricare i relativi costi, può essere richiesta se è stata già attivata la modalità di ricezione. Per farlo, è sufficiente accedere al sito dell’Agenzia delle Entrate, selezionare il menù “Fatture e corrispettivi” e mediante le credenziali effettuare la registrazione.

La ricezione delle fatture elettroniche può avvenire, a scelta, tramite PEC o mediante un intermediario o ancora tramite software apposito con la presenza di un codice destinatario.

Per un corretto rilascio della fattura elettronica, il distributore deve essere a conoscenza del codice fiscale del cliente che ha acquistato il carburante, della partita IVA del professionista, dell’indirizzo e della PEC o del codice destinatario.

Per una modalità immediata, è possibile generare e scaricare un codice QR tramite l’Agenzia delle Entrate che contiene tutte le informazioni necessarie per la fatturazione elettronica da parte del distributore.

La fattura elettronica deve contenere obbligatoriamente i dati che identificano l’acquirente e la targa del veicolo con il suo chilometraggio.

 

Controlli benzina:14% dei distributori violano la legge

Non sono poi così fondati i sospetti degli automobilisti che quando si recano a fare benzina storcono il naso di fronte ai prezzi esageratamente alti. La dimostrazione arriva da una serie di controlli a tappetto messi in atto dalle Fiamme Gialle, che dimostrerebbero come le grandi catene siano avvezze ad alzare “artificiosamente” i prezzi del carburante per guadagnare di più.

Dai controlli è emerso infatti che su un campione di 1.216 distributori, ben il 14% hanno un impianto fuori norma, con 11 gestori denunciati alla magistratura e 59 colonnine poste sotto sequestro.

Dal comunicato della Guardia di Finanza, si legge chiaramente il perchè delle denunce e dei sequestri lampo: inadempimenti amministrativi, mancanza di autorizzazioni, danni ai consumatori. Nel napoletano alcuni automobilisti hanno subito danni alle autovetture a causa di carburante diluito con acqua per una percentuale del 15%. Oltre 20.000 litri di gasolio risultano annacquati.

Sempre nella provincia di Napoli la Gdf ha rinvenuto alcune schede elettroniche dei contalitri completamente alterate. Il risultato: oltre 1.200.000 litri sono stati venduti in nero. A Reggio Emilia invece il carburante effettivamente erogato è risultato inferiore a quanto indicato del 10% circa. Il gestore è stato immediatamente denunciato e il suo distributore posto sotto sequestro.

L’attività – si legge in una nota della Gdf- è svolta a tutela non solo degli automobilisti e delle casse dello Stato, ma anche dei tantissimi operatori del settore che operano correttamente. L’erogazione di quantitativi non rispondenti al vero e la miscelazione dei prodotti petroliferi con acqua o altre sostanze, oltre a fornire agli utenti un prodotto scadente se non dannoso per la meccanica, consente ai gestori di creare riserve occulte di carburante venduto separatamente in nero”.

L’operazione della Guardia di Finanza è stata accolta positivamente sia dalle associazioni dei consumatori sia dalla Coldiretti che ha dichiarato: “Le frodi su carburanti determinano in realtà un effetto valanga sull’intera spesa degli italiani in un Paese dove l’88 per cento delle merci viaggia su strada. Con il prezzo della benzina al litro che è in media superiore del 55 per cento a quello di un litro di birra, del 40 per cento di quello di un litro di latte fresco e del 30 per cento a quello di un litro di vino in brik. Un rapporto di cambio che non è eticamente ed economicamente sostenibile e che mette a rischio la ripresa del Paese“.

Francesca RIGGIO

Sconti estivi addio, ora la benzina è sempre a prezzo pieno

Con la prima settimana di settembre si dice addio, definitivamente, agli sconti estivi sulla benzina.
Le compagnie non tengono conto del calendario e fanno finire l’estate con un mese di anticipo, andando così a compromettere ancora di più il difficile rientro dalle ferie.

Finite le promozioni, dunque, si deve fare i conti con i prezzi “pieni” 7 giorni su 7, con le punte massime che toccano 2,019 e 1.853 euro/litro, rispettivamente per benzina e diesel. Le medie nazionali sono stabili a 1,931 e 1,815 euro/litro.

Per quanto riguarda la situazione di oggi, la benzina va dall’1,924 euro/litro di Esso all’1,931 di TotalErg e IP (no-logo a 1,824).
Per il diesel si passa dall’1,808 euro/litro di Tamoil all’1,815 di TotalErg e Q8 (no-logo a 1,703).
Il Gpl infine è tra 0,750 euro/litro di Esso ed Eni e 0,771 di Shell (no-logo a 0,773).

I no-logo salgono a causa dell’aumento delle quotazioni internazionali e del ritorno ai prezzi da settimana lavorativa.

Vera MORETTI

Calo dei prezzi del carburante: effetto valanga sulla spesa

Il calo dei prezzi del carburante è destinato ad avere un effetto valanga sulla spesa delle famiglie italiane in un Paese dove l’88 per cento delle merci viaggia su strada.

E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti in riferimento all’attesa del Governo per una ulteriore riduzione dei prezzi del carburante di almeno 4-5 centesimi al litro, oltre alla riduzione di 2 centesimi gà avvenuta. Il prezzo della benzina negli ultimi tempi – sottolinea la Coldiretti – ha via via scavalcato quello di un litro di latte, di un chilo di pasta e in alcuni casi anche quello del vino con pesanti effetti sul potere di acquisto degli italiani. Per effetto della riduzione del potere di acquisto le famiglie italiane – conclude la Coldiretti – hanno tagliato anche le spese alimentari con un calo del 2 per cento nel primo trimestre del 2012, come ha confermato Confcommercio dopo che lo scorso anno si erano ridotte dell’1,3 per cento con meno carne bovina (-0,1 per cento), pasta (-0,2 per cento), carne di maiale e salumi (-0,8 per cento), ortofrutta (-1 per cento) e addirittura meno latte fresco (-2,2 per cento).

Fonte: agenparl.it

Varese: nessuna irregolarità ai distributori di benzina

E’ una delle attività svolte dalla Camera di Commercio a tutela del mercato e del consumatore. Nel corso del 2011 sono state 694 le verifiche effettuate in 258 dei 274 distributori di benzina della provincia di Varese dagli ispettori dell’Ufficio Metrico. Controlli sulla correttezza dei contalitri e, quindi, degli strumenti di erogazione del carburante: si tratta in pratica di constatare la corrispondenza tra la quantità indicata dal display del distributore e il combustibile che effettivamente entrai nei serbatoi delle nostre automobili, delle motociclette e dei mezzi di trasporto merci. Controlli tanto più importanti in un periodo come questo dove la spesa per i carburanti è diventata un fattore pesante nell’economia domestica delle famiglie e nelle spese aziendali. Oltre alle 694 verifiche svolte direttamente dagli ispettori dell’Ufficio Metrico della Camera di Commercio, durante lo scorso anno ce ne sono state 6 effettuate da laboratori e 10 condotte in collaborazione con la Guardia di Finanza. Resta la constatazione che questo percorso di controlli non ha portato all’individuazione di sostanziali irregolarità: è stato emesso solo qualche “ordine di aggiustamento”, ovvero si è richiesta la ritaratura dell’erogatore perché risultato leggermente fuori misura e comunque nei limiti della tolleranza legale. Un impegno, questo dell’Ufficio Metrico che s’aggiunge agli altri e importanti suoi compiti, tutti volti ad accertare la corrispondenza delle misure ai parametri di riferimento: è il caso della vigilanza nel settore orafo fino all’esame del riscontro di tutti gli strumenti di misurazione. In tale contesto, per una provincia che occupa un posto importante nella produzione nazionale delle bilance, è di particolare rilievo l’attività che lo stesso Ufficio Metrico svolge proprio per controllare i prodotti di quest’industria: ogni tre anni infatti tutte le bilance, comprese quelle delle strutture commerciali, devono essere sottoposte a un esame per accertare la loro regolarità.Per ogni ulteriore informazione è possibile rivolgersi all’Ufficio Metrico della Camera di Commercio varesina (tel. 0332295464; fax 0332232283 e-mail: metrici@va.camcom.it) o collegarsi al sito camerale.

Fonte: camcom.gov.it