Cartelle esattoriali, nuova scadenza per chi riceve gli avvisi di pagamento

Tra le novità in arrivo con il decreto legge Fiscale ci sarà l’introduzione di un nuovo calendario per le cartelle esattoriali. Cambieranno le date per la rottamazione e i versamenti legati alle cartelle stesse. Ci sarà più tempo per pagare: dai 60 giorni si passerà a 150 giorni. Le cartelle sono quelle relative al periodo dal 1° settembre al 31 dicembre 2021.

Quali cartelle esattoriali rientrano tra le novità del decreto Fiscale?

Le nuove scadenze per il pagamento delle cartelle esattoriali con la proroga dei 150 giorni riguardano le cartelle ricevute nei mesi da settembre a dicembre 2021. La proroga della scadenza riguarda anche la decorrenza degli interessi di mora e dell’avvio della procedura di pignoramento. Per il ricorso, invece, sono previsti 60 giorni dalla data di ricezione della cartella esattoriale.

Invio delle cartelle esattoriale dopo il periodo di sospensione Covid

La misura contenuta nel decreto Fiscale approvato il 15 ottobre nel Consiglio dei ministri relativa alle cartelle esattoriali deriva dal blocco di riscossione delle stesse imposto dall’articolo 68 del decreto legge numero 18 del 2020. La sospensione infatti disponeva che a partire dall’8 marzo 2020 l’agente della riscossione non potesse notificare cartelle di pagamento e di intraprendere azioni volte al recupero delle somme. Pertanto, l’Agenzia delle entrate, durante il periodo di sospensione, non ha potuto notificare, tra gli altri, anche le ipoteche, gli atti di pignoramento e i preavvisi di fermo dei veicoli.

Pagamento cartelle esattoriali ricevute dal 1° settembre 2021

La sospensione della notifica delle cartelle esattoriali è terminata il 31 agosto 2021. Ciò significa che, a partire dal 1° settembre scorso, l’Agenzia delle entrate ha potuto nuovamente inviare avvisi di riscossione nonostante le permanenti difficoltà dei contribuenti. Da qui l’intervento del governo nell’adeguare il ripristino delle operazioni di riscossione con scadenze meno rigide. Intervento che è arrivato nel decreto Fiscale di venerdì scorso.

Cosa impone il decreto Fiscale sulla riscossione delle cartelle esattoriali?

Sulle cartelle esattoriali, nel dettaglio della norma, l’articolo 2 del decreto Fiscale impone che la scadenza del pagamento sia posticipata fino a 150 giorni rispetto limite dei 60 giorni. Pertanto i contribuenti hanno fino a 5 mesi dall’arrivo della cartella notificata tra il 1° settembre e il 31 dicembre prossimo per procedere con il pagamento. Diversamente, chi ha già provveduto al pagamento della somma indicata nella cartella ricevuta, non può richiedere alcun rimborso. Si tratta, infatti, di importi che i contribuenti devono comunque versare.

Cartelle esattoriali, da quando iniziano a decorrere gli interessi di mora?

In virtù del nuovo decreto cambia anche il meccanismo di calcolo degli interessi di mora per il mancato pagamento. La norma generale, infatti, fissa a 60 giorni la decorrenza degli interessi. Con il decreto Fiscale, invece, gli interessi inizieranno a decorrere solo dopo i 150 giorni concessi dal governo per il pagamento di quanto dovuto e indicato nella cartella esattoriale. Per effetto della norma, inoltre, prima dei cinque mesi non potranno partire nemmeno le azioni volte al pignoramento dei beni (recupero coattivo di quanto dovuto dal contribuente). Prima dei 150 giorni non potranno partire, pertanto, neppure le azioni esecutive.

Decreto fiscale: cosa avviene per il fermo dei veicoli e l’ipoteca?

Il decreto fiscale non menziona gli strumenti cautelari dell’ipoteca e del fermo dei veicoli. Tuttavia, l’interpretazione della norma porta a ritenere che la proroga dei pagamenti dei contribuenti a 150 giorni dalla ricezione dell’avviso sia da estendersi anche a questi due casi. Con un’attenzione maggiore sui termini di presentazione del ricorso. Infatti, se il termine di pagamento slitta da 60 a 150 giorni, quello per la presentazione del ricorso deve avvenire entro i consueti 60 giorni dalla ricezione dell’avviso. Infine, il decreto Fiscale non si applica per le ingiunzioni di versamento degli enti regionali e comunali. Per il pagamento agli enti territoriali il limite, infatti, rimane sempre a 60 giorni dal giorno della ricezione dell’avviso di pagamento.

Nessun obbligo di comunicazione se la compilazione è senza errori

Se la fase di compilazione risulta senza errori non c’è obbligo di comunicazione o di invito al contribuente. L’emissione della cartella di pagamento con le modalità previste dagli articoli 36-bis del Dpr 600/1973 e 54-bis del Dpr 633/1972 è condizionata alla preventiva comunicazione dell’esito del controllo al contribuente esclusivamente nel caso in cui dal controllo medesimo scaturiscano errori compiuti in sede di dichiarazione. Soltanto in questa ipotesi di irregolarità sorge in capo all’Amministrazione finanziaria l’obbligo di comunicazione per la liquidazione di imposte, contributi, premi e rimborsi. Questo il principio contenuto nell’ordinanza 11429 emessa dalla Corte di cassazione il 6 luglio 2012.

Il fatto
La vicenda trae origine dal ricorso proposto da un contribuente a seguito della notifica di cartelle di pagamento emesse per il recupero di Iva e Irap relativi all’anno d’imposta 2000.
Il ricorso era stato accolto sia in sede di primo grado che in appello.
I giudici di secondo grado, in particolare, avevano ritenuto che le cartelle emesse con le modalità ex articolo 36-bis Dpr 600/1973 e articolo 54-bis del Dpr 633/1972 fossero illegittime in quanto l’iscrizione a ruolo dei tributi richiesti non era stata preceduta dalla comunicazione delle irregolarità riscontrate e dall’avviso bonario previsto dall’articolo 6 della legge 212/2000.
Avverso la sentenza de qua la soccombente Agenzia delle Entrate esperiva a sua volta ricorso per cassazione.
La Suprema corte accoglieva le doglianze dell’ufficio cassando la sentenza impugnata e procedendo al rinvio a un’altra sezione della medesima Commissione tributaria regionale.

La decisione
Con la pronuncia in commento, la Cassazione è tornata a decidere in tema di legittimità dell’azione dell’Amministrazione finanziaria con riferimento alle procedure di liquidazione delle imposte.
I controlli di cui si parla sono quelli disciplinati dagli articoli 36-bis del Dpr 600/1973 (per le imposte dirette), e 54-bis del Dpr 633/1972 (per l’imposta sul valore aggiunto), previsti dal legislatore con lo scopo di correggere gli errori materiali e di calcolo commessi dai contribuenti nella redazione delle dichiarazioni dei redditi.

A tal riguardo, giova ricordare che, nel caso in cui da tale controllo emerga un risultato diverso da quello indicato dal contribuente, l’ufficio provvede all’invio di una comunicazione in cui sono dettagliate le rettifiche operate, con l’indicazione delle relative imposte, sanzioni e interessi.

Le modalità inerenti tali comunicazioni di irregolarità sono disciplinate dall’articolo 6, comma 5, della legge 212/2000, secondo cui, prima di procedere all’iscrizione a ruolo derivante dalla liquidazione dei tributi risultanti da dichiarazione, qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti attinenti la medesima dichiarazione, l’ufficio deve invitare il contribuente a fornire i chiarimenti necessari o a produrre i documenti giustificativi entro un termine congruo, comunque non inferiore a trenta giorni dalla ricezione della richiesta.

Nel caso sottoposto al giudizio di legittimità, l’Agenzia delle Entrate lamentava la violazione delle norme attinenti il controllo “automatizzato” delle dichiarazioni, laddove i giudici della Ctr hanno ritenuto illegittima l’iscrizione a ruolo delle imposte dovute in quanto la relativa cartella di pagamento non era stata preceduta dalla comunicazione dell’esito della liquidazione e dall’invito a fornire chiarimenti.

La Corte suprema ha ritenuto fondate le doglianze dell’Amministrazione finanziaria, in quanto “l’emissione della cartella di pagamento con le modalità previste dagli artt. 36-bis, co. 3 del D.P.R. n. 600 del 1973 (in materia di tributi diretti) e 54-bis, co. 3 del D.P.R. 633 del 1972 (in materia di IVA) non è condizionata dalla preventiva comunicazione dell’esito del controllo al contribuente, salvo che il controllo medesimo non rilevi l’esistenza di errori, essendovi solo in tale ipotesi di irregolarità riscontrata nella dichiarazione, l’obbligo di comunicazione per la liquidazione d’imposta, contributi, premi e rimborsi”.
In questa prospettiva, l’operato dell’ufficio, che non ha comunicato l’esito della liquidazione in quanto non era stato rilevato alcun errore del contribuente, non viola né il disposto degli articoli 36-bis, Dpr 600/1973, e 54-bis, Dpr 633/1972, né quello dell’articolo 6, comma 5, dello Statuto del Contribuente (legge 212/2000).

In buona sostanza, a parere dei giudici di Cassazione, lo scopo della comunicazione è quello di consentire al contribuente di sanare gli errori da questi commessi nella redazione della dichiarazione e riscontrati in sede di controllo.
In questo modo si evita il reiterarsi di errori consentendo, al contempo, la possibilità di un ravvedimento onde evitare l’iscrizione a ruolo delle somme dovute e la notifica della relativa cartella di pagamento, nonché l’instaurarsi dell’eventuale contenzioso.

L’ordinanza in commento ricalca i principi enunciati dalla medesima Corte in due pronunce del 2010 (la sentenza n. 17396 del 23 luglio e l’ordinanza n. 22035 del 28 ottobre), aventi a oggetto questioni inerenti l’obbligatorietà della comunicazione di irregolarità da parte dell’Agenzia delle Entrate in caso di omesso o carente versamento delle imposte dichiarate.

I giudici hanno chiarito che il disposto dell’articolo 36-bis non prevede alcun obbligo assoluto in capo all’ente impositore di comunicare l’esito della liquidazione delle dichiarazioni.
A riguardo, l’obbligo di comunicazione è limitato ai casi in cui dai controlli automatici emerga un risultato non conforme a quello indicato nella dichiarazione dei redditi; d’altra parte, osserva il Collegio, nessuna delle norme riferite impone alcuna sanzione di nullità per l’inosservanza dell’incombenza.
Se ne deduce, pertanto, che nel caso in cui l’ufficio impositore non apporti alcuna azione correttiva ai dati (“di scienza”) rappresentati dal contribuente e, quindi, non pervenga a un risultato diverso rispetto a quello dichiarato, è giuridicamente corretto affermare che non sorge alcun obbligo di preventiva comunicazione al contribuente né è ravvisabile alcuna violazione dei diritti posti a salvaguardia della propria difesa.

Le “pillole fiscali” della settimana [08-12 marzo 2010]

Caro Lettore, di seguito ti riproponiamo le “pillole fiscali”  pubblicate nella finestrella dedicata sulla destra durante questa settimana (08 – 12 Marzo 2010). Buona lettura e soprattutto week-end!

  • E’ stato approvato un nuovo modello della cartella di pagamento che recepisce le modifiche apportate con l’art.32bis del Decreto Legge 185/2008 che assegna all’Agenzia dell’Entate il compito di iscrivere a ruolo le somme dovute a titolo di contribuenti e premi, con relativi interessi e sanzioni per ritardo od omesso versamento. Tali somme, verranno in seguito corrisposte all’Inps attraverso Equitalia Spa.

 

  • Ai fini della detrazione Iva per spese alberghiere e di ristorazione, non è valida una semplice ricevuta. Se vuoi portare in detrazioni queste spese, ricordati di richiedere sempre una fattura.

 

  • Puoi scegliere liberamente in quante rate rateizzare il saldo iva. L’unica condizione è che il pagmento del saldo avvenga entro novembre 2010.

 

  • Gli F24 presentati tramite home banking, Cbi e gli altri servizi telematici offerti dagli istituti bancari e dalle poste, se utilizzano, per importi superiori a 10mila Euro, il credito Iva 2009 per pagare in compensazione debiti tributari o contributivi, diversi da Iva, verranno scartati; in tali ipotesi, lo scarto verrà effettuato direttamente dalla banca o dalle poste.

 

  • Il Parlamento Europeo ha approvato una proposta di revisione della Direttiva sulle norme contabili, al fine di esonerare le micro imprese dall’obbligo della tenuta della contabilità. La finalità è quella di ridurre gli oneri amministrativi che colpiscono tutte le imprese, senza distinguere tra grandi, medie e piccole realtà. A parere del Parlamento, la definizione di una comunicazione minima a cui assoggettare le micro imprese spetta ai singoli Stati comunitari.