Made in Italy in mostra all’Icff

Si è svolta, tra il 17 e il 20 maggio a New York presso il Jacob K. Javits Convention Center la 26esima edizione di Icff International Contemporary Furniture Fair, fiera internazionale del mobile contemporaneo.

Per capire l’importanza dell’evento, occorre spiegare che Icff è la principale piattaforma nel Nord America per il design internazionale e globale, che raccoglie una selezione dei migliori prodotti e delle ultime tendenze, sia per il segmento home che per il contract.

Se, come è ovvio, la maggioranza degli espositori provengono dagli Stati Uniti, sono presenti anche marchi provenienti da Canada, Regno Unito, Italia, Olanda, Austria, Belgio, Francia, Norvegia, per un totale di seicento espositori da 38 paesi, per un pubblico di interior designers, architetti, rivenditori, rappresentanti, distributori, facility manager, che hanno fatto registrare circa 30mila presenze.
Undici le categorie di settore, che comprendono arredi, sedute, tappeti, luci, outdoor, materiali, rivestimenti, accessori tessuti, tessile, cucina e bagno.

Tra i brand italiani presenti in fiera, ricordiamo Arflex, De Castelli che ha fatto il suo debutto all’ICFF, Seletti, Rotaliana, Antolini, oltre a un nutrito gruppo di aziende del settore ceramico, riunite nel padiglione multimarca Ceramics of Italy organizzato da Confindustria Ceramica e dall’Agenzia italiana per la promozione del commercio.

Negli stand di Ceramics of Italy ventitré importanti produttori italiani – tra cui Appiani, Ceramica Bardelli, Ceramiche Refin, Cotto d’Este, Emilceramica, Fap, Mosaico+, Sant’Agostino, Simas – che hanno potuto esporre in altrettanti corner aziendali le ultime novità di prodotto e le tecnologie più innovative delle piastrelle e dell’arredobagno Made in Italy.

Il mercato del Nord America è, considerato il più importante al mondo per consumo di prodotti di design e di arredamento, e il trend in crescita è molto incoraggiante, nonostante si tratti di compratori molto attenti ed esigenti, soprattutto quando si tratta di alta qualità.
E, in questi casi, le garanzie del Made in Italy rappresentano un notevole biglietto da visita..

I marchi italiani sono stati protagonisti di eventi che, nei giorni del Salone, hanno animato la Grande Mela, in particolare negli showroom di Soho e del Village.
Molteni, ad esempio, ha presentato il divano Controra e la scrivania Segreto nel flagship store di Greene Street, Lema ha allestito da Dom Interiors (Crosby Street) uno spazio con le novità presentate al Salone, come la vetrina Galerist di Christophe Pillet e il tavolo Shade di Francesco Rota.

Altri appuntamenti anche presso gli showroom di B&B Italia (Greene Street e 58th Street), Cassina (Wooster Street), Boffi con Living Divani (Greene Street), FlexForm (56th Street).

Tra le attrazioni più apprezzate c’è stato Wanted Design, esposizione collettiva di marchi, eventi, installazioni, ambientata nel Terminal Stores Building sull’11th Avenue: sessanta i marchi selezionati da tutto il mondo, tra cui gli italiani Moroso, Cappellini, Gufram, Alessi, Seletti.

Vera MORETTI

Ceramica italiana in mostra in Russia

La ceramica italiana ha appena partecipato da protagonista a Mosbuild 2014, nel settore Cersanex, la mostra dedicata a ceramica, pietra naturale ed artificiale, arredo bagno ed accessori, piscine e saune che si è svolta presso l’Expocenter di Mosca tra il 15 e il 18 aprile.

Non è un caso che uno dei prodotti di punta del Made in Italy si sia diretto verso l’Est europeo, perché il consumo di piastrelle di ceramica in Russia è in aumento dal 2010 e nel 2013 è stato pari a 191,7 milioni di metri quadri, attesi in ulteriore crescita nel prossimo biennio: il 70% è appannaggio dei produttori locali e le esportazioni italiane sono pari a 5,4 milioni di metri quadrati con un prezzo medio di 26,8 euro al mq.

I partecipanti italiani sono stati Abita, ABK, Alfalux, Ariana, Atlas Concorde, Brennero, Casalgrande-Padana, CCV Castelvetro, Caesar, Capri, Cerasarda, Cercom, Cerdisa, Cir, Cisa, Coem, Del Conca, Edilcuoghi, Edilgres, Faetano, Fap, Flaviker, Gardenia Orchidea, Globo, Kale Italia, Keope, Lord, Mirage, Novabell, Olympia, Pastorelli, Progress Profiles, Ricchetti, Roberto Cavalli Home Luxury Tiles, Saime San Prospero, Sant’Agostino, Serenissima, Settecento, Tagina, Vallelunga.

Per le aziende italiane è stato predisposto uno stand che fungeva da collettore ed assistenza agli espositori ma anche ai visitatori, dove era possibile usufruire di un’area informativa multimediale per la navigazione tramite iPad.

Inoltre, per fare in modo che i visitatori russi non arrivassero alla fiera impreparati, Ceramics of Italy ha messo a punto per la prima volta la app Ceramics of Italy Russia fruibile da Tablet e smartphone con gli elenchi delle aziende italiane, il loro posizionamento in fiera, una scheda descrittiva con riferimenti, descrizioni e nuovi prodotti, per potersi orientare nel mondo della piastrella Made in Italy.

Inutile dire che il successo per le aziende nostrane è stato indiscutibile, soprattutto per le fasce di alta gamma, che da sempre piacciono molto agli estimatori russi dei materiali italiani.

Vera MORETTI

Datemi una piastrella e vi solleverò l’economia

di Davide PASSONI

Nella settima appena trascorsa vi abbiamo accompagnato passo passo nel mondo di una delle filiere più tipiche della nostra impresa, quella della ceramica. Una realtà diffusa, in Italia, da Nord a Sud, ma che trova in alcune zone dei veri bacini di eccellenza.

La “ceramica Valley” per eccellenza è quella che si trova nella bassa Modenese, intorno ai comuni di Formigine, Maranello, Sassuolo e limitrofi. Una zona ad alta vocazione manifatturiera, che esporta qualità ed eccellenza in tutto il mondo e che, ironia della sorte, è stato tra i più colpiti dal terremoto del maggio scorso. Una spallata che ha messo a dura prova l’intero settore e una parte consistente dell’economia nazionale ma che, di fronte alla tenacia degli imprenditori del comparto, è stata subito messa da parte per ricominciare a produrre, almeno fin dove si riesce.

Ma la ceramica italiana è fatta anche dalle tante botteghe artigiane della Sicilia, di Caltagirone, così come di altri distretti di maioliche artistiche sparsi sul territorio. E se, a detta del presidente di Confindustria Ceramica Franco Manfredini, il settore sta reagendo alla crisi con gli strumenti che ha (buoni), è innegabile che senza l’eccellenza dei grandi marchi anche per la ceramica sarebbero dolori.

Leggi l’intervista a Franco Manfredini, presidente di Confindustria Ceramica

Leggi l’intervista a Filippo Manuzzi, brand manager di Ceramica Sant’Agostino

Leggi l’intervista Luca Caselli, Sindaco del Comune di Sassuolo e Primo Presidente dell’Unione dei Comuni del Distretto ceramico

Leggi l’intervista a Marcello Romano, Presidente dell’Associazione Ceramisti Calatini

Leggii i dati sull’export ceramico italiano

L’unione che fa la forza di piccole grandi imprese

Siamo all’inizio degli anni ’50, all’indomani degli stravolgimenti causati dalla Seconda Guerra Mondiale. In un’area compresa fra le province di Modena e Reggio Emilia sono circa una decina le imprese artigianali impegnate nella produzione di ceramica per pavimenti e rivestimenti: in soli 10 anni il numero di aziende cresce a ritmo esponenziale grazie alla domanda crescente di beni per l’edilizia, alla disponibilità di materie prime – le colline brulle di argilla rossa – ma soprattutto all’intraprendenza e alla volontà di giovani donne e uomini.

Alla fine degli anni’60 quello che oggi viene definito il Distretto Ceramico di Sassuolo conta oltre 200 imprese, destinate a far conoscere le loro ceramiche simbolo del made in Italy nei 4 Continenti.

Quest’oggi la striscia di terra compresa fra i Comuni di Formigine, Fiorano, Maranello, Prignano e Sassuolo si è trovata di fronte ad una nuova inaspettata e violenta sfida da affrontare: la ricostruzione dopo il sisma che l’ha colpita lo scorso maggio. Ma è dalla volontà del piccolo che si ricomincia, e da quell’unione che insieme fa la forza.

Leggi l’intervista a Luca Caselli, Sindaco di Sassuolo e Primo Presidente dell’Unione dei Comuni del Distretto ceramico

Distretto di Sassuolo, il cuore della ceramica

Eravamo quattro amici al bar, che volevano cambiare il mondo, cantava Gino Paoli. Ed è proprio dall’intraprendenza e dalla voglia di fare della gente comune che sono nate alcune delle realtà industriali più importanti del nostro Paese: il distretto della ceramica di Sassuolo, situato nella fascia pedemontana tra le province di Modena e Reggio Emilia, è senza dubbio un esempio di “quell’imprenditorialità tipicamente italiana che nasce dalla gente comune”.

In un fazzoletto di terra compreso fra Sassuolo, Fiorano, Maranello e Formigine c’è la più alta concentrazione di industrie ceramiche al mondo: un esempio virtuoso di eccellenza del made in Italy che ha consegnato all’Italia il titolo di leader nella produzione di ceramica per pavimenti e rivestimenti nel mondo.

Infoiva ha intervistato Luca Caselli, Sindaco del Comune di Sassuolo e Primo Presidente dell’Unione dei Comuni del Distretto ceramico.

Il distretto ceramico di Sassuolo rappresenta un caso emblematico di industria di filiera in Italia. Qual è il suo segreto? Quale il suo valore aggiunto?
Senza dubbio le persone. Negli anni ’50 Sassuolo era definita zona agricola depressa. L’intraprendenza, la genialità, l’inventiva delle persone hanno trasformato colline “brulle”, perché cariche di argilla rossa, nella capitale mondiale della produzione ceramica.

Il vostro distretto vanta anche attività legate a design e decorazione della ceramica. Come convivono e si relazionano l’anima più produttivo-meccanica e quella creativa?
L’una è complementare all’altra, la prima non esisterebbe, non in maniera tanto importante, senza la seconda; e viceversa. L’estro creativo applicato alla piastrella è frutto di quel miracolo economico e sociale chiamato “Distretto Ceramico”: un gruppo di amici che si sono sempre spartiti i compiti e scambiate le informazioni. Sassuolo è conosciuta nel mondo come sinonimo di produttività e professionalità: le nostre piastrelle sono sicuramente le più resistenti, qui è nato il gres porcellanato, qui sono nate le lastre sottili applicabili anche ma non solo alla pavimentazione e al rivestimento: oggi con le piastrelle puoi ricoprire gallerie, creare edifici autosufficienti da un punto di vista energetico. Abbiamo al piastrella che respira, quella che si pulisce da sola, quella che accumula energia, quella che aiuta i non vendenti nell’aggirarsi per casa o in strada. Ma le nostre piastrelle sono anche, e soprattutto, le più belle: quel made in Italy applicato alla ceramica che tutto il mondo ci invidia e che è disposto a pagare un po’ di più per averlo, passa anche e soprattutto dall’estro creativo e grafico di veri e propri artisti della serigrafia.

Il comparto ceramica è un valore commerciale per l’economia del nostro Paese, soprattutto grazie al settore dell’export, che nei primi 6 mesi del 2012 si è attestato a quasi 1 miliardo e 900 milioni. Quanto conta per voi il mercato dell’export?
L’export, oggi, è ciò che permette alle nostre aziende di essere ancora tali e non semplici capannoni dismessi. Anche questo, vede, è figlio di una genialità e di una lungimiranza tipicamente sassolese. A metà degli anni ’90 i principali competitors delle nostre aziende erano gli spagnoli che approfittavano di finanziamenti a fondo perduto provenienti dall’Unione Europea per costruire palazzi su palazzi, porti, infrastrutture, intere città. A Valencia, ogni anno, si tiene Cevisama: c’è stato un periodo in cui visitando quella città, per la fiera, una volta all’anno ti trovavi, ogni volta, in una città nuova: cambiavano addirittura i punti di riferimento. Sorgevano palazzi, strade, ponti, nuovi quartieri. La Spagna ha puntato, quindi, esclusivamente sul mercato interno ed oggi fatica più che mai. A Sassuolo, invece, ci fu l’intuito di guardare oltre l’orto di casa, puntando a nuovi mercati, cambiando da pasta rossa a pasta bianca, piastrelle dorate per la Russia, simili a lastre di marmo per gli Stati Uniti. Se non è lungimiranza questa…

Quali sono i maggiori Paesi dove esportate le vostre produzioni? Come sono cambiati con l’avvento della crisi?
I mercati principali per l’export restano quello russo e quello statunitense, anche se stanno prendendo sempre più piede realtà nuove, che fino a qualche decennio gli insegnanti di geografia addirittura tralasciavano di raccontare ai propri studenti. Paesi come gli Emirati Arabi, paesi opulenti ed in grado di apprezzare la qualità a discapito del prezzo.

Perchè la ceramica italiana è così amata e apprezzata all’estero?
Perché è senza dubbio la migliore. La più resistente, adatta ad ogni ambiente, sia residenziale che commerciale, la più versatile e al tempo stesso la più bella. L’Italia, la sua storia, la sua arte e la sua cultura sono apprezzate in tutto il Mondo: la ceramiche ha fatto proprio questo background mettendolo sulle pareti e sotto i piedi di tutti. Mi ripeto: il gres porcellanato, la vera grande rivoluzione degli anni ’80 che ha sostituito mono e bicottura, è nata a Sassuolo. Le lastre sottili da tre millimetri sono nate qui: non è un caso ed è apprezzato in tutto il mondo.

Il successo del Salone Cersaie conferma che l’industria della ceramica in Italia non teme la crisi. Il vostro distretto conferma questa proiezione?
Credo di poter affermare, senza tema di smentita, che il distretto ceramico sassolese sia stato per anni, e resti tutt’ora, uno straordinario esempio di quell’imprenditorialità tipicamente italiana che nasce dalla gente comune. Non è un caso che alcune delle aziende ceramiche più prestigiose siano nate in bar, con quattro amici che preferivano parlare di futuro anziché giocare a briscola. Il fatto che, nel periodo del cosiddetto boom economico, la gente “comune” abbia potuto realizzare il proprio sogno inventandosi un’azienda che produceva frutti e posti di lavoro, ha fatto sì che nel nostro distretto sia sempre regnata una sorta di “pace sociale” invidiata da più parti in Italia. Il patrimonio economico delle nostre aziende, negli anni, è sempre cresciuto di pari passo con il tenore di vita della cosiddetta “classe operaia”. Purtroppo, però, questa crisi mondiale ha cambiato le carte in tavola: il mercato italiano è fermo, la burocrazia ed i costi energetici, oltre che di trasporto e materie prime che ancora oggi fanno parte del nostro sistema Paese rendono la concorrenza internazionale sempre più dura per le nostre aziende che, d’altro canto, hanno dovuto sempre più puntare a mercati stranieri, spesso cosiddetti “emergenti” per mantenere inalterati produzione e fatturato a discapito di un mercato interno deficitario. Questo ha fatto sì che la crisi, dal punto di vista sociale, forse per la prima volta nella storia del nostro distretto, non sia andata di pari passo con la crisi economica. Cersaie ha confermato l’alto valore, il ruolo leader nel mondo delle nostre aziende ceramiche, che oggi, però, sono sempre più internazionali e sempre meno locali: tutto un mondo chiamato “indotto”, che nei decenni passati è fiorito assieme alle ziende ceramiche, è in forte difficoltà e con esso tantissimi posti di lavoro e tantissime famiglie.

Un’industria che non si arrende. Il sisma dello scorso maggio ha colpito profondamente le aziende del distretto. Come hanno reagito nell’immediato le aziende del distretto? Come si ricomincia?
Come sempre è stato. Il sisma dello scorso maggio ha dato ancora una volta prova, se mai ce ne fosse stato bisogno, di che pasta è fatta l’Emilia. Le aziende sono ripartite immediatamente, tristi, danneggiate, ma con la stessa intraprendenza che le ha sempre contraddistinte e con la consapevolezza che non si poteva perdere tempo per salvaguardare la posizione di mercato ed i posti di lavoro. Conosco realtà ceramiche, molto importanti e conosciute, che la mattina del 29 maggio si sono trovate con le linee produttive fuori asse, i forni spenti, le mura dei capannoni crepate. Nessuno lo ha mai saputo, la notizia non è nemmeno uscita: immediatamente ci si è rimboccati le maniche ed in venti giorni la produzione è ripartita.

Nei giorni scorsi, i principali quotidiani nazionali hanno riportato la notizia di una mancata erogazione dei fondi raccolti dopo il sisma e destinati a ridare ossigeno alla zona. Avete riscontrato ritardi negli aiuti? Quali le maggiori difficoltà che avete incontrato?
Sinceramente ci ho sempre sperato poco: anche all’Aquila era successo qualcosa di simile. Credo che, come me, ci abbiano sempre creduto poco anche quelle persone che dal terremoto hanno perso tutto.  Con la nostra Amministrazione abbiamo preferito un’altra strada: agli sms abbiamo sostituito gli abbracci, ai 2 euro le cucine da campo, le casse con generi alimentari, i Tir carichi di beni di prima necessità o giocattoli per bambini.
C’è stata una grande attenzione mediatica sul sisma dell’Area nord della Provincia di Modena, temo, però, che a questa non sia seguita quell’attenzione da parte di chi avevano il potere di sburocratizzare, snellire le procedure, aiutare concretamente chi aveva solamente bisogno di non vedersi mettere il bastone tra le ruote dallo Stato. Al resto hanno sempre dimostrato di riuscire a far fronti da soli. La nostra scelta, quella di puntate su aiuti semplici e concreti anziché su grandi ma fumose promesse , è stata apprezzata: tanto dalle persone che hanno ricevuto gli aiuti quanto dagli altri. Abbiamo ricevuto interi Tir carichi di ogni genere e Sassuolo è divenuto in breve, con il lavoro di centinaia di giovani volontari che invece di uscire ed andare a divertirsi passavano giornate, serate e la notte a smistare pacchi e svuotare tir o bauli di auto, un vero e proprio centro di smistamento.

Alessia CASIRAGHI

Ceramiche, il made in Italy che incanta l’estero

Le presenze di buyers e compratori stranieri alledizione 2012 di Cersaie ha raggiunto la quota record di oltre 30.000, ovvero il 32% del totale dei visitatori che hanno partecipato alla fiera di riferimento a livello internazionale della ceramica per l’architettura e dell’arredobagno. Numeri che trovano una perfetta corrispondenza nei dati export per il 2012 dell’industria della ceramica in Italia: circa l’80% della produzione made in Italy è destinata infatti a mercati extranazionali.

Ma qual è la geografia dei Paesi compratori delle ceramiche prodotte nei distretti industriali del Modenese e del resto d’Italia? Qual è il segreto delle ceramiche italiane apprezzate in tutto il mondo? Quanto l’export ha permesso una rinascita del settore, messo a durissima prova dalla crisi della domanda interna e dagli sfortunati eventi sismici che hanno messo in ginocchio le aziende del modenese?

Leggi i dati sull’export dell’industria della ceramica italiana

Le ceramiche italiane puntano sull’export

Oltre 2 miliardi di euro di fatturato nel primo semestre del 2012, grazie soprattutto al giro d’affari dell’export. L’industria della ceramica made in Italy reagisce con grinta alla crisi, segnando solo una leggera flessione (-0,56%) rispetto allo stesso periodo del 2011. Il risultato nasconde però luci e ombre su un comparto dell’industria nazionale che resta il principale player del settore ceramiche a livello internazionale (36,8%):  se la domanda del mercato interno, e in parte di quello Ue, ha subito un forte ridimensionamento, a farla da padrone sono i Paesi extra Ue che registrano aumenti a due cifre.

In Italia si produce, guardando ai metri quadrati, il 20,8% della quota mondiale di ceramica,  superata solo dalla Cina che ne produce il 29,5%. Le posizioni si invertono però se si guarda alla quota export: l’Italia è il principale esportatore internazionale con oltre il 36%, seguito dalla Cina, con il 20,1%, e dalla Spagna che si ferma al 14,9%.

Ma come si sono suddivise le fette di mercato interno ed export nella prima parte di 2012? Le vendite domestiche, riferite al territorio nazionale che ricoprono una fetta pari al 21,2% delle vendite totali, si sono fermate nel 2012 a 501 milioni, con una diminuzione del 16,2% rispetto al 2011. Estendendo lo sguardo al mercato Ue, che vale per il 42,4% delle vendite totali del comparto,  la flessione si arresta invece al -1,4%.

Nel dettaglio, il mercato che maggiormente ha risentito della crisi è stato quello greco (-40,9%), ma va specificato che l’export ellenico riguarda una fetta esigua del fatturato totale (1%). Maglia nera anche a Portogallo, Irlanda e Spagna, con flessioni stimate tra il -25 e il -16%. Il rigore imposto dal governo tedesco ha garantito un +9% nelle vendite del comparto ceramica in Germania che, un mercato che rappresenta una quota pari 10,5% delle vendite totali, performance positiva doppiata solo in Europa dall’Austria, che ha segnato +13,6%, ma che dispone di una fetta più esigua nella quota export (2,7%).

Estendendo lo sguardo fuori dal mercato Ue e verso i Paesi Emergenti, il dato che maggiormente colpisce riguarda l’area del Golfo Persico: il Medio Oriente segna un balzo in avanti del +43,7%, seguito a distanza solo dai mercati di Australia e Oceania, che hanno invece registrato nei primi 6 mesi del 2012 una crescita  pari al +20,3%. Ottime performance anche per il continente Africano che ha chiuso con un +16,5%, mentre al secondo posto fra i mercati più interessanti per l’export di ceramiche made in Italy si confermano il Sud America (+18,4%) e gli Usa (+17,8%).  A registrare la crescita più contenuta infine, come era facilmente prevedibile, il mercato del Far East (11,2%), principale produttore di ceramiche nel mondo.

Alessia CASIRAGHI

 

Ceramica italiana, il pavimento che sorregge il nostro Paese

Non bastassero le tasse e la crisi internazionale, le eccellenze della produzione manifatturiera italiana devono anche fare i conti con le calamità naturali. Ci riferiamo al terremoto dello scorso maggio in Emilia Romagna che ha messo in ginocchio diversi settori produttivi, tra i quali quello della ceramica.

Proprio su questa filiera, prendendo spunto da quanto abbiamo potuto osservare e ascoltare al recente Cersaie di Bologna, vogliamo puntare la nostra attenzione questa settimana. Perché, se è vero che la ceramica italiana non è solo quella del Modenese, è pur innegabile che il sisma, colpendo l’area a maggior vocazione ceramica del Paese, ha dato una spallata all’intero settore. Eppure… Eppure, nonostante notizie allarmanti, resoconti poco confortanti che arrivano da quelle zone, la realtà sembra essere diversa; è la realtà di un settore che, per quanto ha potuto, si è rimesso subito all’opera, consapevole che la volontà d’impresa non può aspettare i tempi dello Stato; la realtà di chi sa di avere sulle proprie spalle la responsabilità di una grossa fetta del Pil nazionale; la realtà di chi mette il lavoro e l’impresa al primo posto.

Proprio qui vogliamo entrare e capire che cosa sta succedendo al settore, partendo da chi è… a capo di tutto.

Leggi l’intervista al presidente di Confindustria Ceramica, Franco Manfredini

Ceramica, investire per crescere

di Davide PASSONI

Se c’è un campo, l’ennesimo, nel quale la nostra piccola e media impresa è leader nel mondo è quello della ceramica. Un po’ in tutta Italia, ma specialmente nel distretto ceramico del Modenese, centinaia di aziende, più o meno strutturate, realizzano uno dei prodotti che ci fa grandi nel mondo in termini di export, qualità e innovazione.

Distretto ceramico del quale, nonostante la sua eccellenza, ci si ricorda solo in occasione di eventi come il devastante terremoto del maggio scorso. Un settore che è stato dipinto come in ginocchio, al pari di altri come l’elettromedicale, ma che invece, pur tra mille difficoltà, si è da subito rimboccato le maniche e ha iniziato a fronteggiare l’emergenza nel migliore dei modi: provando a produrre.

Una vitalità che si è vista a Bologna nell’ultimo Cersaie, il Salone internazionale della ceramica per l’edilizia e l’arredobagno, dove abbiamo incontrato Franco Manfredini, presidente di Confindustria Ceramica.

Presidente, come reagisce il settore della ceramica agli effetti della crisi e del terremoto?
Sta reagendo come può reagire e deve reagire un settore che esporta l’80% della sua produzione, per metà nell’Unione Europea e per metà nel resto del mondo. Il nostro settore tiene in virtù di questa sua vocazione all’export, che fa in modo di compensare le aree di mercato deboli con aree di mercato nelle quali va meglio. Penso che questo sia l’aspetto più positivo del settore ceramico oggi, in Italia, perché ci permette di guardare il futuro e il presente con migliori prospettive.

Una delle frasi più ripetute al recente Cersaie è stata “qualità e innovazione come risposta alla crisi”: è davvero così?
Qualità e innovazione sono nel dna di ogni imprenditore, specialmente se opera nelle nostre condizioni di mercato. La crisi è una malattia curabile, bisogna che l’ammalato si curi da solo ma serve anche il contesto della “famiglia”, che aiuta a superare la crisi.

Ovvero?
Parlo del sistema economico italiano. Abbiamo bisogno del supporto del sistema Paese, abbiamo bisogno che non ci penalizzi. Non vogliamo aiuti e sovvenzioni di alcun tipo, chiediamo solo di non essere penalizzati dallo Stato in quanto produttori con una forte vocazione all’export. Ad esempio, quando lo Stato applica oneri fiscali sull’energia che noi usiamo per produrre, questa diventa un aspetto competitivo che ci spinge a essere meno performanti e commette un errore enorme, perché poi questo aggravio si paga due volte: se la fabbrica ha più oneri li deve trasferire sul prezzo finale del prodotto e se questo trasferimento significa meno competitività sul mercato, vuol dire che l’azienda a non cresce, non crea occupazione e non aumenta i salari di chi ci lavora.

C’è ottimismo tra i vostri associati?
L’ottimismo è quello che si è respirato al recente Cersaie: nei padiglioni si sono viste l’effervescenza del settore e le sue novità. L’ottimismo ce l’hanno i nostri imprenditori, l’ottimismo della volontà non manca. Si vedono gli investimenti, le innovazioni, i prodotti che ogni azienda continua a proporre per affrontare un mercato nel quale siamo l’eccellenza. Di fronte a tutto questo non posso che vedere positivo.

Ai BRICST piace la ceramica italiana

In tempi di crisi, rivolgersi ai mercati esteri può essere la giusta soluzione. Non fa eccezione la ceramica italiana, che ha registrato vendite in grande crescita in India e Brasile.

Per monitorare l’andamento di questi due mercati, Confindustria Ceramica ha organizzato un meeting a Sassuolo, avvenuto il 24 luglio, durante il quale sono state presentate due indagini conoscitive e di marketing, commissionate per l’India allo Studio Octagona e per il Brasile allo Studio Roncucci & Partners.

Si tratta di due ricerche finanziate da Cersaie Business, una convenzione stipulata dall’Associazione con la Regione Emilia-Romagna e mirano a valutare nuove possibilità di sbocchi commerciali e modalità operative per le aziende ceramiche su questi importanti mercati in fase di grande sviluppo economico.
Anche se, in realtà, gli osservati speciali sono tutti i paesi BRICST (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica e Turchia), come ha sottolineato Ruben Sacerdoti, Responsabile del Servizio Sportello regionale per l’Internazionalizzazione delle Imprese della Regione Emilia-Romagna, partner dell’iniziativa.

A presentare la ricerca riguardante l’India è stato Enrico Perego di Octagona, il quale ha illustrato la struttura del mercato edilizio indiano, soffermandosi poi sui principali produttori ceramici locali. Altri aspetti esaminati dall’indagine sono stati i principali distributori nell’industria indiana della ceramica, i cluster produttivi, le fasce di prezzo, i principali importatori e fiere di settore.

La seconda parte della ricerca, relativa al Brasile, è stata illustrata da Andrea Ligabue, Consigliere dell’Associazione, il quale ha spiegato come, nel giro di soli sei anni, la produzione brasiliana sia arrivata, partendo da 594 milioni di mq, a ben 844 milioni. Le esportazioni di ceramica italiana erano pari a 1 milione di dollari nel 2006 e sono diventate 4 milioni di dollari nel 2011. La quota degli italiani sull’import totale era dello 0,6% nel 2006 ed è arrivata all’1,7% nel 2011.

Giovanni Roncucci, infine, della Roncucci & Partners ha illustrato le evidenze della ricerca effettuata sul mercato brasiliano, nella quale ampio risalto viene dato al mercato delle piastrelle di ceramica, sia del punto di vista dei consumi che delle strategie di marketing.
Nell’indagine si illustrano le strategie di penetrazione nel mercato brasiliano e la potenziale evoluzione del consumo di ceramica nel paese sudamericano.

Vera MORETTI