Caro Energia: l’Europa si ferma. Fertilizzanti, ammoniaca e tanti altri prodotti a rischio

L’allarme era stato lanciato già in piena estate, molte imprese, in particolare quelle che hanno un fabbisogno energetico più alto, rischiano la chiusura o almeno il fermo con perdite ingenti di posti di lavoro. Il caro energia sta mettendo in ginocchio interi settori, tra cui i produttori di fertilizzanti per l’agricoltura, lavorazioni di alluminio, vetro, ceramica e cartiere.

Produzione di fertilizzanti e acciaio a rischio: le imprese hanno bisogno di forniture

La spesa energetica di molte imprese è elevata e lo avevamo visto nelle inchieste estive con gli imprenditori che mostravano le bollette energetiche e dichiaravano con questi costi di non poter far fronte alle spese della produzione. Ora quello che era solo un allarme per il caro energia si sta concretizzando e le prime imprese in Europa stanno chiudendo o fermando la produzione. Ad esempio Yara, noto produttore di fertilizzanti in Germania e che è molto conosciuto anche in Italia, ha annunciato un nuovo taglio di produzione, nel frattempo la produzione di fertilizzanti per i terreni è già ridotta in Europa del 33%. Questo perché anche altre aziende dello stesso settore stanno agendo nello stesso modo, come Achema in Lituania, Nitrogenmuvek in Ungheria, Grupa Azoty, Polonia.

Non va meglio per il settore delle lavorazioni in alluminio, anche in questo caso ci sono forti limitazioni alla produzione a causa dell’aumento del costo dell’energia. ArcelorMittal, che in Italia gestisce l’ex Ilva ha annunciato tagli alla produzione nei vari stabilimenti.

Le imprese italiane attendono gli aiuti del Governo per il contrasto al caro energia

In Italia a pagare il prezzo più alto è proprio il settore della metallurgia, infatti a Potenza l’impianto di Pittini ha fatto slittare la riapertura dopo la pausa estiva. Tra le imprese in difficoltà vi sono anche le cartiere e le aziende che producono vetro.

La speranza è che ci possa essere una svolta e si possa ritornare a produrre, ma intanto sono a rischio posti di lavoro e vi è inoltre la necessità di aumentare i prezzi dei pochi prodotti disponibili. Questo vuol dire che per le aziende agricole sarà più caro comprare fertilizzanti, per le imprese dell’edilizia l’alluminio avrà un costo maggiore che sarà naturalmente caricato sul consumatore finale. Nel frattempo tutti aspettano il prossimo decreto Aiuti ter, che però slitta alla prossima settimana, con misure in favore delle imprese che possano portare un taglio deciso alla bolletta energetica. Gli aiuti dovrebbero essere di circa 13 miliardi e dovrebbero andare in misura prevalente alle imprese.

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L’export salva la ceramica Made in Italy

La ceramica, una delle eccellenze del Made in Italy, sta risalendo la china, dopo un periodo in cui era stata registrata una pericolosa flessione.
Infatti, dopo che il 2012 si era concluso con un preoccupante segno meno, il 2013 aveva riportato i risultati agli antichi albori, chiudendo a dicembre con un incremento delle esportazioni del 4,76%.

Questo trend, che vede nell’export il vero cardine del successo di questo comparto, sta continuando anche nel 2014, anche se, per avere i dati precisi, si dovrà aspettare Capodanno.

Ad oggi, le aziende attive nel settore sono 156, con un impiego di 20.537 addetti, che nel corso del 2013 hanno prodotto 363,4 milioni di metri quadrati (-1,05%) tali da consentire vendite per 389,3 milioni di metri quadrati (+1,85%).

Per quanto riguarda, comunque, la dinamica dei mercati di destinazione, la flessione è ancora molto forte all’interno dei confini nazionali (-7,18% ), mentre le esportazioni sono in aumento del 4,76%, che contribuiscono al segno positivo definitivo delle vendite.

Considerando, infatti, solo l’export, si nota un aumento di fatturato del 5,66%, che, però, sommato al segno negativo degli scambi a livello nazionale (-6,84%), fa assestare la percentuale a +3,16%.

Importante sottolineare che per l’anno in corso gli investimenti previsti sono pari a oltre 248 milioni di euro (+10% rispetto al 2013).

Le vendite nell’Unione Europea (Italia esclusa), sono ora a 155,8 milioni di metri quadrati e pari a quasi il 52% delle vendite oltreconfine. Le esportazioni verso gli altri paesi europei extra Ue presentano una dinamica positiva sia in quantità (+1,88%) sia in valore (+1,41%).

Per quel che riguarda la situazione extra Europa, da segnalare un rallentamento nel quarto trimestre delle esportazioni verso la Russia, comunque ancora positivo il dato cumulato (+2,52% in quantità e +1,67% in valore).
Si confermano dinamiche fortemente positive negli Stati Uniti (+15,06% in quantità).

Significative crescite per i volumi di vendita verso l’Asia pari a 34,4 milioni di metri quadrati, con l’aggregato Golfo che registra un incremento del 15,5% in quantità. In crescita anche le esportazioni verso l’Africa (+14,77%) e verso Australia e Oceania (+14,28%).

Vera MORETTI

Ceramica italiana in mostra in Russia

La ceramica italiana ha appena partecipato da protagonista a Mosbuild 2014, nel settore Cersanex, la mostra dedicata a ceramica, pietra naturale ed artificiale, arredo bagno ed accessori, piscine e saune che si è svolta presso l’Expocenter di Mosca tra il 15 e il 18 aprile.

Non è un caso che uno dei prodotti di punta del Made in Italy si sia diretto verso l’Est europeo, perché il consumo di piastrelle di ceramica in Russia è in aumento dal 2010 e nel 2013 è stato pari a 191,7 milioni di metri quadri, attesi in ulteriore crescita nel prossimo biennio: il 70% è appannaggio dei produttori locali e le esportazioni italiane sono pari a 5,4 milioni di metri quadrati con un prezzo medio di 26,8 euro al mq.

I partecipanti italiani sono stati Abita, ABK, Alfalux, Ariana, Atlas Concorde, Brennero, Casalgrande-Padana, CCV Castelvetro, Caesar, Capri, Cerasarda, Cercom, Cerdisa, Cir, Cisa, Coem, Del Conca, Edilcuoghi, Edilgres, Faetano, Fap, Flaviker, Gardenia Orchidea, Globo, Kale Italia, Keope, Lord, Mirage, Novabell, Olympia, Pastorelli, Progress Profiles, Ricchetti, Roberto Cavalli Home Luxury Tiles, Saime San Prospero, Sant’Agostino, Serenissima, Settecento, Tagina, Vallelunga.

Per le aziende italiane è stato predisposto uno stand che fungeva da collettore ed assistenza agli espositori ma anche ai visitatori, dove era possibile usufruire di un’area informativa multimediale per la navigazione tramite iPad.

Inoltre, per fare in modo che i visitatori russi non arrivassero alla fiera impreparati, Ceramics of Italy ha messo a punto per la prima volta la app Ceramics of Italy Russia fruibile da Tablet e smartphone con gli elenchi delle aziende italiane, il loro posizionamento in fiera, una scheda descrittiva con riferimenti, descrizioni e nuovi prodotti, per potersi orientare nel mondo della piastrella Made in Italy.

Inutile dire che il successo per le aziende nostrane è stato indiscutibile, soprattutto per le fasce di alta gamma, che da sempre piacciono molto agli estimatori russi dei materiali italiani.

Vera MORETTI

Nuovo Presidente di Confindustria Ceramica


Nella giornata di ieri l’Assemblea di Confidustria Ceramica si è riunita per eleggere il nuovo Presidente. Senza esisti è stato scelto dalla maggior parte delle persone Vittorio Borelli. Già nel mese di maggio il Consiglio Direttivo degli industriali aveva approvato senza remore questo personaggio che rimarrà in carica fino al 2015.
Siamo di una persona che nel 1995 si è laureata in Scienze Politiche e che ha avuto innumerevoli esperienze nel campo della ceramica e nella sua commercializzazioni. Il curriculum del nuovo Presidente è davvero interessante, visto che conferma la massima esperienza.
Vittorio Borelli era già conosciuto come membro del Consiglio Direttivo di Confidustria Ceramica.

Datemi una piastrella e vi solleverò l’economia

di Davide PASSONI

Nella settima appena trascorsa vi abbiamo accompagnato passo passo nel mondo di una delle filiere più tipiche della nostra impresa, quella della ceramica. Una realtà diffusa, in Italia, da Nord a Sud, ma che trova in alcune zone dei veri bacini di eccellenza.

La “ceramica Valley” per eccellenza è quella che si trova nella bassa Modenese, intorno ai comuni di Formigine, Maranello, Sassuolo e limitrofi. Una zona ad alta vocazione manifatturiera, che esporta qualità ed eccellenza in tutto il mondo e che, ironia della sorte, è stato tra i più colpiti dal terremoto del maggio scorso. Una spallata che ha messo a dura prova l’intero settore e una parte consistente dell’economia nazionale ma che, di fronte alla tenacia degli imprenditori del comparto, è stata subito messa da parte per ricominciare a produrre, almeno fin dove si riesce.

Ma la ceramica italiana è fatta anche dalle tante botteghe artigiane della Sicilia, di Caltagirone, così come di altri distretti di maioliche artistiche sparsi sul territorio. E se, a detta del presidente di Confindustria Ceramica Franco Manfredini, il settore sta reagendo alla crisi con gli strumenti che ha (buoni), è innegabile che senza l’eccellenza dei grandi marchi anche per la ceramica sarebbero dolori.

Leggi l’intervista a Franco Manfredini, presidente di Confindustria Ceramica

Leggi l’intervista a Filippo Manuzzi, brand manager di Ceramica Sant’Agostino

Leggi l’intervista Luca Caselli, Sindaco del Comune di Sassuolo e Primo Presidente dell’Unione dei Comuni del Distretto ceramico

Leggi l’intervista a Marcello Romano, Presidente dell’Associazione Ceramisti Calatini

Leggii i dati sull’export ceramico italiano

Emilia Romagna, la ceramica simbolo del made in Italy

E’ la regione in cui si produce circa l‘80% della ceramica italiana: da Modena a Sassuolo, da Faenza a Ferrara, da Maranello a Casalgrande. Le eccellenze del made in Italy vengono proprio da qui, da un’area geografica compresa fra due province e dove la produzione di piastrelle di ceramica risale al ‘700, grazie all’ampia disponibilità di cave nella zona appenninica.

L’Emilia Romagna è la stessa terra piegata in due dal sisma che lo scorso maggio ha ferito nel ventre l’Italia, lasciando dietro di sè una scia di vittime, case e fabbriche distrutte e timori per un futuro incerto. Ma c’è anche chi si è rimboccato da subito le maniche, riavviando la produzione e cercando di sfruttare le potenzialità offerte dall’export per ridare forza alla propria azienda. Come l’impresa ferrarese Ceramica Sant’Agostino, una tradizione che dura da quasi 50 anni.

Leggi l’intervista a Filippo Manuzzi, brand manager di Ceramica Sant’Agostino

La ceramica che non si arrende

 

C’è una regione in Italia, che più di tutte è protagonista della creazione e della produzione di ceramica: l’Emilia Romagna, sede del più grande distretto industriale dove viene prodotto circa l’80% delle ceramiche, terra di tradizione dove l’industria è soprattutto realtà di filiera, dalla materia prima al prodotto finito. Una terra ferita però nel profondo dai recenti eventi sismici che lo scorso maggio hanno colpito la zona, mettendo in ginocchio imprese e intere realtà industriali.

Infoiva quest’oggi vuole raccontare la storia di un’eccellenza del made in Italy, attraverso la voce di Filippo Manuzzi, brand manager di Ceramica Sant’Agostino, una delle realtà imprenditoriali più grandi e competitive dell’Emilia. Un’azienda che ha fatto della costante spinta alla ricerca e all’innovazione il cuore della sua filiera produttiva, e che ha saputo rinascere, rimboccandosi le maniche e guardando sempre al domani, dopo il terremoto che l’ha piegata il 20 maggio 2012.

Il successo del Salone Cersaie conferma che l’industria della ceramica in Italia non teme la crisi. Confermate questa proiezione?
Si, anche se vanno sottolineate le differenze sostanziali tra la domanda del mercato italiano e la richiesta che viene dall’estero.

E a proposito del settore dell’export di ceramica, nei primi 6 mesi del 2012 i dati dicono si sia attestato a quasi 1 miliardo e 900 milioni di euro. Quanto conta per la vostra azienda il mercato dell’export?
Il mercato dell’export riguarda circa il 60% del prodotto annuo. I compratori stranieri scelgono le ceramiche italiane perché trovano nel prodotto italiano caratteristiche superiori in termini di design, ricerca estetica e tecnologica, innovazione, ovvero tutto ciò che fa del prodotto made in Italy un prodotto di qualità. Fino a qualche anno fa il nostro mercato era quasi esclusivamente interno, che resta per noi un mercato molto importante, va detto però che l’Italia sta attraversando un periodo di stagnazione e di calo della domanda nazionale. L’apertura verso i mercati esteri e la richiesta che viene da Paesi lontani ci ha permesso in questa sfortunata congiuntura economica di mantenere volumi e quantità: è stata una scelta strategica.

Quali sono i maggiori Paesi dove esportate le vostre produzioni?
Esportiamo soprattutto in Europa, nel Nord America, in Russia e alcuni Paesi del Medio Oriente, Emirati Arabi, Libano e Arabia Saudita in primis, e poi naturalmente una fetta importante dell’export è indirizzata all’Estremo Oriente: Hong Kong, Thailandia e Cina.

Temete la concorrenza dei Paesi produttori di ceramica esteri, Cina in particolare?
E’ talmente ampio il divario tra i livelli produttivi italiani, sia in termini di materiali che di tecnologia e design, rispetto alla media dei produttori dell’estremo Oriente, che onestamente non vedo pericoli reali e concreti.

Ceramica Sant’Agostino, un’azienda e una storia interamente made in Italy. Come è iniziata? Qual è il suo valore aggiunto guadagnato nel tempo?
L’azienda è stata fondata da mio nonno nel 1964 a Ferrara, un distretto produttivo extra-ceramico: una scelta in controtendenza per l’epoca che si è rivelata vincente perché ha consentito all’azienda di sviluppare negli anni una forte autonomia progettuale e una visione originale e innovativa in termini di ricerca e di prodotto. Io appartengo alla terza generazione dell’azienda, assieme a mio fratello e mio cugino, mentre la seconda generazione è rappresentata da mio padre e mio zio rispettivamente presidente e vicepresidente di Ceramica Sant’Agostino, e gestiscono la parte strategica dell’azienda. Ceramica Sant’Agostino è un’azienda estremamente trasversale la cui produzione è mutata adattandosi alle esigenze di un mondo che è fortemente cambiato da qui a 50 anni fa: da un’impresa piccola e fortemente centralizzata sul mercato italiano, l’azienda ha esteso la sua rete di contatti, aprendosi ad un network più strategico, con uno sguardo maggiormente rivolto ai mercati internazionali. Non solo, da una produzione più tipicamente ‘classica’, l’azienda ha intrapreso anche altri percorsi aprendosi a collaborazione con designer e creativi: l’ultimo esempio è la partnership presentata all’ultimo Cersaie con Philippe Starck, che testimonia la volontà di orientarci maggiormente al design e alla ricerca, puntando su prodotti di alta gamma. La capacità di innovare in termini di ricerca tecnologica e estetica è l’unica cosa che può dare continuità alle aziende che oggi producono in Italia e vogliono esportare nel mondo.

Un’industria che non si arrende. Il sisma dello scorso maggio ha colpito profondamente le aziende del distretto. Quale è stata la vostra reazione immediata? Come si ricomincia?
Siamo stati l’azienda più colpita dalla prima scossa del 20 maggio scorso, con un bilancio tragico di 2 vittime e numerosi crolli. Il distretto ceramico è stato colpito in misura minore e ha interessato solo alcune aziende di Finale Emilia e della bassa modenese. Abbiamo reagito nell’unico modo possibile, ovvero rimboccandoci le maniche, con tempi e la velocità che il mercato richiede, tenendo contatti e rapporti con la nostra clientela, e facendo ripartire la produzione, anche se solo al 25%, già da metà luglio, ovvero due mesi dopo il sisma.

Nei giorni scorsi, i principali quotidiani nazionali hanno riportato la notizia di una mancata erogazione dei fondi raccolti dopo il sisma e destinati a ridare ossigeno alla zona. Avete riscontrato ritardi negli aiuti? Quali difficoltà avete incontrato?
La ricostruzione è stata fatta interamente in autofinanziamento, sono usciti dei bandi della Regione e vedremo in futuro come accedervi.

Come vedete il vostro futuro?
Noi crediamo che se i mercati continueranno a tenere nei prossimi mesi e la nostra azienda riuscirà a mantenere delle buone quote di mercato e a ripartire  con la parte restante della produzione, raggiungendo la quota del 75% della capacità produttiva pre sisma entro fine anno, ce la faremo a superare questa burrasca.

Alessia CASIRAGHI

Ceramica italiana, il pavimento che sorregge il nostro Paese

Non bastassero le tasse e la crisi internazionale, le eccellenze della produzione manifatturiera italiana devono anche fare i conti con le calamità naturali. Ci riferiamo al terremoto dello scorso maggio in Emilia Romagna che ha messo in ginocchio diversi settori produttivi, tra i quali quello della ceramica.

Proprio su questa filiera, prendendo spunto da quanto abbiamo potuto osservare e ascoltare al recente Cersaie di Bologna, vogliamo puntare la nostra attenzione questa settimana. Perché, se è vero che la ceramica italiana non è solo quella del Modenese, è pur innegabile che il sisma, colpendo l’area a maggior vocazione ceramica del Paese, ha dato una spallata all’intero settore. Eppure… Eppure, nonostante notizie allarmanti, resoconti poco confortanti che arrivano da quelle zone, la realtà sembra essere diversa; è la realtà di un settore che, per quanto ha potuto, si è rimesso subito all’opera, consapevole che la volontà d’impresa non può aspettare i tempi dello Stato; la realtà di chi sa di avere sulle proprie spalle la responsabilità di una grossa fetta del Pil nazionale; la realtà di chi mette il lavoro e l’impresa al primo posto.

Proprio qui vogliamo entrare e capire che cosa sta succedendo al settore, partendo da chi è… a capo di tutto.

Leggi l’intervista al presidente di Confindustria Ceramica, Franco Manfredini

Ceramica, investire per crescere

di Davide PASSONI

Se c’è un campo, l’ennesimo, nel quale la nostra piccola e media impresa è leader nel mondo è quello della ceramica. Un po’ in tutta Italia, ma specialmente nel distretto ceramico del Modenese, centinaia di aziende, più o meno strutturate, realizzano uno dei prodotti che ci fa grandi nel mondo in termini di export, qualità e innovazione.

Distretto ceramico del quale, nonostante la sua eccellenza, ci si ricorda solo in occasione di eventi come il devastante terremoto del maggio scorso. Un settore che è stato dipinto come in ginocchio, al pari di altri come l’elettromedicale, ma che invece, pur tra mille difficoltà, si è da subito rimboccato le maniche e ha iniziato a fronteggiare l’emergenza nel migliore dei modi: provando a produrre.

Una vitalità che si è vista a Bologna nell’ultimo Cersaie, il Salone internazionale della ceramica per l’edilizia e l’arredobagno, dove abbiamo incontrato Franco Manfredini, presidente di Confindustria Ceramica.

Presidente, come reagisce il settore della ceramica agli effetti della crisi e del terremoto?
Sta reagendo come può reagire e deve reagire un settore che esporta l’80% della sua produzione, per metà nell’Unione Europea e per metà nel resto del mondo. Il nostro settore tiene in virtù di questa sua vocazione all’export, che fa in modo di compensare le aree di mercato deboli con aree di mercato nelle quali va meglio. Penso che questo sia l’aspetto più positivo del settore ceramico oggi, in Italia, perché ci permette di guardare il futuro e il presente con migliori prospettive.

Una delle frasi più ripetute al recente Cersaie è stata “qualità e innovazione come risposta alla crisi”: è davvero così?
Qualità e innovazione sono nel dna di ogni imprenditore, specialmente se opera nelle nostre condizioni di mercato. La crisi è una malattia curabile, bisogna che l’ammalato si curi da solo ma serve anche il contesto della “famiglia”, che aiuta a superare la crisi.

Ovvero?
Parlo del sistema economico italiano. Abbiamo bisogno del supporto del sistema Paese, abbiamo bisogno che non ci penalizzi. Non vogliamo aiuti e sovvenzioni di alcun tipo, chiediamo solo di non essere penalizzati dallo Stato in quanto produttori con una forte vocazione all’export. Ad esempio, quando lo Stato applica oneri fiscali sull’energia che noi usiamo per produrre, questa diventa un aspetto competitivo che ci spinge a essere meno performanti e commette un errore enorme, perché poi questo aggravio si paga due volte: se la fabbrica ha più oneri li deve trasferire sul prezzo finale del prodotto e se questo trasferimento significa meno competitività sul mercato, vuol dire che l’azienda a non cresce, non crea occupazione e non aumenta i salari di chi ci lavora.

C’è ottimismo tra i vostri associati?
L’ottimismo è quello che si è respirato al recente Cersaie: nei padiglioni si sono viste l’effervescenza del settore e le sue novità. L’ottimismo ce l’hanno i nostri imprenditori, l’ottimismo della volontà non manca. Si vedono gli investimenti, le innovazioni, i prodotti che ogni azienda continua a proporre per affrontare un mercato nel quale siamo l’eccellenza. Di fronte a tutto questo non posso che vedere positivo.