Società con debiti, come può essere chiusa?

Molto spesso un imprenditore o un gruppo di imprenditori decide di aprire una società con l’obiettivo di fare buoni affari. Ma altrettanto spesso, purtroppo, le cose poi nel tempo non vanno propri per il verso giusto. Ed allora si decide di chiudere la società seguendo l’iter di legge che, tra l’altro, prevede la cancellazione dal registro delle imprese. Ma se la società ha dei debiti, questi che fine fanno se l’attività viene chiusa? Ed in che modo si può chiudere una società che ha ancora dei debiti da onorare senza infrangere la legge?

Società chiusa, chi risponde dei debiti ancora da onorare?

Al riguardo c’è da dire, in linea di massima, che una società si può chiudere anche se questa ha dei debiti. E questo perché, sebbene la società che è stata chiusa non esista più, i soci in automatico diventano in genere responsabili di tutti i debiti che ancora l’impresa non ha pagato.

E questo vale, tra l’altro, pure per i crediti che la società non ha ancora riscosso o che, per qualsiasi ragione, non è riuscita ancora a riscuotere. Ma detto questo, in che modo i soci di un’impresa che è stata chiusa rispondono dei debiti ancora da onorare? In questo caso tutto dipende dal tipo di impresa, ovverosia se trattasi di una società di capitali oppure di una società di persone.

Nel dettaglio, se l’impresa è una Srl, una Spa oppure una Sapa, ovverosia una società di capitali, allora i soci risponderanno solo del capitale sociale versato ed il loro patrimonio personale non sarà aggredibile. Mentre lo stesso non vale per le società di persone, ovverosia per le società semplici, per le Snc e per le Sas. In questo caso, infatti, chiudere la società con debiti porterà i soci ad essere responsabili dell’indebitamento e sono chiamati a risponderne con il proprio patrimonio personale.

Come chiudere una società con debiti senza infrangere la legge

Detto questo, e come sopra accennato, una società con debiti per essere chiusa deve seguire sempre l’iter di legge. Per esempio, una società di capitali che non ha abbastanza liquidità per soddisfare tutti i creditori nella maggioranza dei casi ha come unica strada percorribile quella dell’accesso all’istituto giuridico del fallimento.

In altre parole, una società con debiti può essere sempre chiusa, ma mai con l’intenzione di cercare di sfuggire ai creditori anche attraverso eventuali artifici contabili. Altrimenti si può incappare nel reato bancarotta fraudolenta che rientra nel codice penale e che prevede, di conseguenza e tra l’altro, anni di carcere in ragione della gravità degli atti che sono stati commessi.

Come liquidare una società con debiti fino a arrivare alla cessazione

In alternativa al fallimento, inoltre, un altro tipo di operazione, che porta poi alla chiusura di una società con debiti, è la liquidazione. La società, nello specifico, può essere messa in liquidazione quando da un lato ha dei debiti, ma dall’altro ha crediti ed un patrimonio tale che, se convertito in liquidità, potrà andare a coprire l’indebitamento. In questo modo, vendendo tutti i beni, riscuotendo di tutti i crediti e pagando tutti i debiti, la società in liquidazione potrà poi avviare le operazioni di cessazione con la conseguente conclusione di tutte le attività aziendali.

Fallimenti in aumento anche nel 2013

Il 2013, ormai abbondantemente iniziato, non ha portato molte buone notizie, oltre alla consapevolezza di essere sopravvissuti alla fine del mondo prevista per il 21 dicembre 2012.
Ma, per le aziende, la sopravvivenza è una questione molto più difficile da affrontare, e nessuna profezia Maya riuscirebbe a fermare l’inesorabile caduta delle pmi, falcidiate dalla crisi, ancora molto presente nel nostro Paese.

La notizia di questi giorni è che, anche nel primo trimestre 2013, i fallimenti delle imprese si sono moltiplicati, raggiungendo il preoccupante record di 3.500 chiusure, che in percentuale sono segnale di un aumento del 12% rispetto allo stesso periodo dell‘anno scorso.

Non sono solo i fallimenti a salire, ma anche le liquidazioni: sono infatti 19mila le aziende che hanno deciso di chiudere volontariamente l’attività 19mila aziende in bonis, un dato in aumento del 5,8% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.

Secondo il Cerved, gruppo specializzato nell’analisi delle imprese e nei modelli di valutazione del rischio di credito, il fenomeno più rilevante è il forte incremento dei concordati preventivi, che fanno registrare un aumento del 76% su base annua, un boom che porta al 13% l’incremento delle procedure di insolvenza diverse dai fallimenti.

Lo studio, a questo proposito, afferma: “Un’analisi sui dati del Registro delle imprese indica che all’origine di questo incremento vi sono le nuove norme con cui e’ stata riformata la disciplina fallimentare e, in particolare, l’introduzione del cosiddetto concordato in bianco“.

In questo scenario, le aziende hanno apprezzato la possibilità di presentare una domanda priva del piano di risanamento e di bloccare le azioni esecutive, anche con effetti retroattivi: con l‘entrata in vigore delle nuove norme nel settembre 2012, al 31 marzo 2013 erano state presentate ben 2.700 istanze, oltre il doppio dei concordati tradizionali presentati in tutto lo scorso anno.

Volendo localizzare i fallimenti del primo triennio dell’anno in corso, il Nord Est, ha fatto registrare una forte impennata delle procedure, con un incremento di quasi un quarto rispetto al primo trimestre del 2012 (+24%).
Ma anche nelle atre aree del Paese c’è ben poco da sorridere, perché si registra un aumento delle chiusure anche nel Nord Ovest (+15%) e a ritmi leggermente inferiori nel Centro Italia (+9%), nel Sud e nelle Isole (+3%).

Vera MORETTI

Niente riapertura dopo le ferie per molte aziende

Dopo le vacanze (per chi le ha fatte) di agosto, ormai negozi e aziende riaprono i battenti ma, tra coloro che erano “chiusi per ferie”, ci sono anche imprese che non riapriranno.
E non si tratta di un prolungamento voluto ma, piuttosto, forzato.

Il periodo difficile, infatti, non ha portato alcuna ripresa e molti lavoratori autonomi si sono visti costretti a porre fine alla propria attività.

Marco Venturi, presidente di Confesercenti, oltre a chiedere a gran voce “una serie di interventi che consenta la ripresa”, chiede un intervento del Governo per alleggerire la pressione fiscale e l’Iva.

Le soluzioni che Venturi propone riguardano la spesa pubblica e gli sprechi, ma soprattutto la necessità di razionalizzare il sistema istituzionale “intervenendo su province, comunità montane e micro-comuni che vanno accorpati. Servono risparmi e maggiore efficienza“. E le cifre ottenute in questo modo andrebbero investite per lo sviluppo.

Per quanto riguarda i prezzi praticati dalle imprese, aumentano “se aumentano i prezzi di tutti i servizi. C’è un meccanismo infernale che dobbiamo interrompere. E’ inevitabile che le famiglie stringano la cinghia e spendano di meno, ma se spendono di meno poi le imprese chiudono. Dobbiamo cambiare questa tendenza“.

Vera MORETTI