L’agricoltura Made in Italy sostenuta dagli stranieri

Quando si tratta di agricoltura, il Made in Italy si avvale sempre più spesso della collaborazione e della manodopera degli stranieri, come ha confermato anche Dino Scanavino, presidente nazionale della Cia-agricoltori italiani.
In questo caso, sembra che l’agricoltura rappresenti uno strumento di integrazione e non di sfruttamento, perciò si tratterebbe di una buona notizia.

A confermare questa tendenza ci sono, ovviamente, i numeri, che attestano la presenza, in tutta Italia, di 25 mila aziende agricole guidate da un imprenditore straniero, e di queste ben 12 mila sono guidate da extracomunitari.
Per chi sta cominciando a storcere il naso, pensando al rischio abusivismo, si tratta di imprese che in realtà creano ricchezza, poiché perfettamente in regola, versando complessivamente 11 miliardi di oneri fiscali e previdenziali.

Inoltre, un’azienda su tre conta almeno un lavoratore straniero, per un totale di 320 mila, di cui 128 mila
Un’azienda su tre conta almeno un lavoratore straniero, in tutto sono 320 mila di cui 128 mila extracomunitari.
Questi numeri sono stati resi noti dalla Cia in occasione dell’apertura dei lavori della conferenza economica tenutasi a Bologna, e che permetterebbero quel cambio generazionale che fino a poco tempo fa sembrava irrealizzabile, anzi, era fermo da decenni e con segno negativo.

Si spera, dunque, che questo trend possa subire presto un’inversione di tendenza, perché ora, con i titolari d’azienda italiani che hanno un’età superiore ai 60 anni, si rischia che nei prossimi dieci anni si assista al dimezzamento degli addetti nel settore. E per l’Italia, dove l’agricoltura è una vera risorsa, sarebbe un vero peccato, se non un’occasione perduta.

Vera MORETTI

Il Made in Italy verso il Nord Africa

Il Made in Italy sbarca anche in Marocco, e lo fa con l’eccellenza agricola dei suoi prodotti, che daranno bella mostra di sé a Casablanca dove, dal 5 al 7 giugno, debutterà Medinit Agro, manifestazione organizzata da Medinit srl, società partecipata da Veronafiere.

Le aziende de settore verranno sostenute dalla Camera di Commercio italiana, considerando che questo appuntamento potrebbe significare avere poi accesso a tutto il Nord Africa.
Ovviamente, non si tratta di un debutto vero e proprio, poiché il Made in Italy è già sbarcato in terra d’Africa, tanto che l’intero comparto agroalimentare del Marocco vale oltre 7,5 miliardi di euro e punta a raddoppiare entro il 2020 grazie al Piano Verde di sostegno e sviluppo varato dal governo di Rabat, nel 2008.

L’annuncio del progetto è stato dato durante Fieragricola, appena svoltosi a Veronafiere, alla quale era presente anche Mohamed El Guerrouj, direttore dell’agenzia governativa facente capo al ministero dell’Agricoltura del Marocco, che per l’occasione ha incontrato i rappresentanti istituzionali della Fiera, del Comune di Verona, della Regione Veneto, Banco Popolare, Coldiretti, Cia e Confagricoltura.

Ettore Riello, presidente di Veronafiere, ha dichiarato: “Grazie allo storico know how che Veronafiere detiene nel campo agroalimentare con rassegne come Fieragricola, Vinitaly, Eurocarne, Siab ed Enolitech organizziamo una fiera di settore in Marocco, per il quale l’Italia è il terzo partner commerciale, con 2 miliardi di euro di interscambio”.

Ha aggiunto El Guerrouj: “Una fiera come Medinit Agro rappresenta una novità assoluta nel Paese e le opportunità commerciali per le imprese italiane sono molte. Il Marocco sta puntando molto sull’agroalimentare, grazie ad investimenti statali pari a 100 milioni di euro ogni anno”.

Nel Marocco è forte la domanda di macchinari e tecnologie agricole Made in Italy e le sfide del futuro riguardano, soprattutto, l’uso razionale delle risorse idriche e le energie rinnovabili, come ha confermato Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere: “Come Veronafiere già presidiavamo il Paese con Medinit Expo, attivo nei comparti building, design e marmo lapideo. Visto il successo dell’iniziativa, abbiamo pensato di replicare il format e allargarlo all’agroalimentare, un altro dei nostri settori di punta. Nella prima edizione contiamo di avere 50 aziende italiane scelte, che puntiamo a raddoppiare nel 2015”.

Vera MORETTI

Produzioni certificate: l’Italia è prima

Non ha eguali in Europa la crescita delle produzioni certificate che si registra in Italia, che rimane ben salda in testa a questa speciale classifica.

Rivela Istat che, rispetto alle 248 certificazioni rilevate al dicembre 2012, il Belpaese ne ha guadagnate altre 7, arrivando così a 255 denominazioni tra Dop, Igp e Stg.
L’eccellenza agroalimentare Made in Italy non teme rivali, poiché Francia e Spagna, anch’esse sul podio, sono molto lontane: i cugini d’oltralpe, infatti, sono fermi a 197 riconoscimenti, mentre gli iberici sono a quota 162.

Pensando alla crisi economica che sta interessando l’Italia, il segmento dei prodotti italiani certificati è fondamentale per rimanere a galla, e vanta un fatturato al consumo di 12 miliardi nel 2012, di cui un terzo legato alle esportazioni.

Nonostante i numeri siano più che incoraggianti, i margini di miglioramento ci sono: se, infatti, si potenziassero gli strumenti di promozione e di marketing si potrebbero portare alla luce altre Dop e Igp ancora sconosciute e intensificare la lotta alla contraffazione.

Ad oggi, infatti, il 97% del fatturato del comparto è appannaggio di venti prodotti, ovvero quelli più conosciuti, come Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Aceto Balsamico di Modena, Mela Alto Adige, Prosciutto di Parma, Pecorino Romano, Gorgonzola, Mozzarella di Bufala Campana, Speck Alto Adige, Prosciutto San Daniele, Mela Val di Non, Toscano, Mortadella Bologna, Bresaola della Valtellina Igp e Taleggio.

Per questo, la Cia, Confederazione italiana agricoltori, sostiene che “ora bisogna lavorare per sviluppare le tante certificazioni meno conosciute ma suscettibili di forte crescita; e farlo organizzando le filiere, incrementando i Consorzi partecipati da tutte le componenti produttive, rafforzando le politiche di promozione in primis sulle vetrine internazionali“.

Tolleranza zero, infine, per gli imitatori dei nostri prodotti di punta, che compromettono il prestigio del sistema alimentare italiano, sia dentro, sia fuori dai confini nazionali: “Solo in Italia la contraffazione alimentare fattura più di un miliardo di euro, con 10 milioni di chili di cibi “tarocchi” sequestrati soltanto nel 2012. Per non parlare dei danni ancora maggiori provocati dall’Italian sounding nel mondo, un business illegale che “vale” 60 miliardi di euro l’anno“.

Vera MORETTI

Cia: “I consumi alimentari sono tornati sui livelli di 30 anni fa”

Nei periodi più acuti della crisi economica le famiglie italiane, per arrivare a fine mese, arrivano addirittura a tagliare i cibi di migliore qualità, soprattutto quelli della tanto decantata dieta mediterranea, per alimenti più low cost.

Come testimoniano i dati Istat sul commercio al dettaglio, ecco allora che il cibo spazzatura cresce del 7%, mentre si riducono gli acquisti di pesce fresco ( -16,6%), pasta (-9,3%), carne rossa (-4,4%) e frutta e verdura (-3,7%). Secondo la Cia, Confederazione italiana agricoltori, i consumi alimentari sarebbero tornati sui livelli di 30 anni fa.

Dalle banche in arrivo 100mila finanziamenti

Le imprese italiane hanno costantemente bisogno di liquidità e per poterne reperire, un ruolo importante è quello rivestito dalla moratoria delle banche nei confronti delle imprese.

Lo strumento “Nuove misure per il credito alle Pmi” siglato il 28 febbraio 2012 dall’Abi e da Alleanza Cooperative Italiane (che riunisce Legacoop, Confcooperative, AGCI); Assoconfidi, CIA, CLAAI, Coldiretti, Confagricoltura, Confapi, Confedilizia, Confetra, Confindustria, Rete Imprese Italia, prevede tre tipi di interventi finanziari previsti:

  • operazioni di sospensione dei finanziamenti;
  • operazioni di allungamento dei finanziamenti;
  • operazioni per promuovere la ripresa e lo sviluppo delle attività.

Abi ha affermato che a giugno 2013 le banche hanno sospeso 101.247 finanziamenti a livello nazionale, per un controvalore di 31,3 miliardi. Da qui deriva la maggiore liquidità a disposizione delle imprese pari a 4,2 miliardi.

In precedenza, con l’Avviso comune scaduto il 31 luglio 2011 erano stati rinviati 260mila prestiti, pari a 70 miliardi di debito residuo e ad una maggiore liquidità di 15 miliardi a disposizione per le imprese.

L’obiettivo delle misure è quello di “assicurare la disponibilità di adeguate risorse finanziarie per le imprese che pur registrando tensioni presentano comunque prospettive economiche positive“.
Da qui è partita l’azione per “creare le condizioni per il superamento delle attuali situazioni di criticità ed una maggiore facilità nel traghettare le imprese verso un’auspicata inversione del ciclo economico“.

Vera MORETTI

Accordo Abi-Alleanza Cooperative per le pmi

E’ stato firmato un accordo a favore delle pmi tra Abi, Rete Imprese Italia e le altre associazioni di imprese (Alleanza Cooperative), Cia, Claai, Coldiretti, Confagricoltura, Confapi, Confedilizia, Confetra, Confindustria.

L’intesa è stata siglata per favorire le piccole e medie imprese, aggiornando le misure di sospensione e allungando i finanziamenti previsti dai precedenti accordi, in particolare pensando alle pmi che devono fare i conti con oneri fiscali eccessivi, che mettono in evidente difficoltà le loro risorse.

Gli interventi finanziari previsti per le imprese sono di 3 tipi:

Operazioni di sospensione dei finanziamenti.
In questo campo rientrano la sospensione per 12 mesi della quota capitale delle rate di mutuo, e quella per 12 o 6 mesi della quota capitale prevista nei canoni di leasing “immobiliare” e “mobiliare”.
Soggette alla sospensione sono le rate dei mutui e delle operazioni di leasing finanziario delle imprese che non abbiano già usufruito di analogo beneficio.
E’ inoltre possibile sospendere le operazioni di apertura di conto corrente ipotecario con un piano di rimborso rateale. Le operazioni di sospensione sono realizzate allo stesso tasso d’interesse previsto dal contratto originario.

Operazioni di allungamento dei finanziamenti. È prevista la possibilità:

  • di allungare la durata dei mutui, in misura maggiore rispetto al precedente accordo;
  • di spostare in avanti fino a 270 giorni le scadenze del credito a breve termine per esigenze di cassa con riferimento all’anticipazione di crediti certi ed esigibili;
  • di allungare per un massimo di 120 giorni le scadenze del credito agrario di conduzione. Possono essere ammessi alla richiesta di allungamento i mutui che non abbiano beneficiato di analoga facilitazione ai sensi dell’Accordo per il credito alle Pmi del 16 febbraio 2011 e dell’accordo “Nuove misure per il credito alle Pmi” del 28 febbraio 2012, mentre possono essere ammessi all’allungamento anche i mutui sospesi al termine del periodo di sospensione.

Operazioni per promuovere la ripresa e lo sviluppo delle attività.
Per le imprese che avviano processi di rafforzamento patrimoniale, le banche si impegnano a valutare la concessione di un finanziamento proporzionale all’aumento dei mezzi propri realizzati dall’impresa.

L’accordo prevede, inoltre, una serie di temi strategici di interesse comune per favorire lo sviluppo delle relazioni banca-impresa. A questo proposito, i firmatari si sono impegnati a trovare nuove intese, coinvolgendo il Governo e le istituzioni competenti.
Per questo motivo, il periodo di validità dell’accordo del febbraio 2012, “Nuove Misure per il Credito alle Pmi”, è stato prorogato al 30 settembre 2013.

Vera MORETTI

Le Confederazioni dell’Agricoltura e UniCredit insieme per esportare il vino italiano

Nell’ambito di Vinitaly, presso la Fiera di Verona, è stato presentato UniCredit International per il Vino, il progetto della Banca che mette a disposizione delle pmi del settore vitivinicolo un’offerta dedicata di servizi a supporto del processo di internazionalizzazione.
A presentare l’accordo erano presenti Ettore Riello, Presidente Veronafiere, e Giovanni Mantovani, Direttore Generale Veronafiere, oltre a Federico Ghizzoni, Amministratore Delegato di UniCredit, Gabriele Piccini, Country Chairman Italy UniCredit, Mario Guidi, Presidente nazionale Confagricoltura, Sergio Marini, Presidente nazionale Coldiretti, Giuseppe Politi, Presidente nazionale Confederazione Italiana Agricoltori.

Al fine di valorizzare il vino italiano all’estero, le tre Confederazioni dell’Agricoltura hanno sottoscritto un accordo con UniCredit, decise ad affiancare la Banca per poter cogliere le esigenze specifiche del settore vitivinicolo e per promuovere prodotti, servizi e iniziative che possano portare al successo questa importante iniziativa.
In questa ottica l’intesa vuole anche favorire la crescita dell’occupazione in Italia, in un settore, l’enoturismo, dalle tante potenzialità.

“UniCredit International per il Vino” nasce nel filone di “UniCredit per l’Italia”, l’iniziativa lanciata lo scorso anno dalla Banca per mettere a disposizione degli imprenditori italiani una serie di iniziative di sostegno nei percorsi di investimento e innovazione.
Per fare ciò, le imprese saranno accompagnate e guidate verso i mercati esteri, in particolare facendo leva sulla presenza consolidata su territorio internazionale delle banche del Gruppo.

Dopo aver internazionalizzato oltre 8mila imprese, UniCredit International per il Vino si pone lo stesso traguardo, grazie anche alla collaborazione di Confagricoltura, Coldiretti e Cia, che mettono a disposizione delle pmi del settore vitivinicolo una serie di servizi a supporto della crescita dell’operatività sui mercati esteri.

La Banca e le Confederazioni collaboreranno per selezionare le aziende che rappresentano l’eccellenza della filiera vitivinicola, dotate non solo di solide basi, ma anche di potenziale di crescita elevato, ovvero quelle che possono garantire maggior successo a livello internazionale.

UniCredit e le Confederazioni hanno anche intenzione di proporre iniziative B2B con buyer stranieri, nonché missioni estere e orientamento e formazione per le imprese, per accrescere le competenze degli imprenditori, in particolare verso lo sviluppo delle esportazioni.

Per completare l’offerta, già di per sé interessante, la banca ha anche introdotto WineCredit, ovvero forme di finanziamento per l’acquisto di attrezzature e messa a punto di impianti, ma anche per gli anticipi sulle vendite e sugli acquisti di prodotti agroalimentari, oltre, ovviamente, al supporto per le spese di promozione all‘estero.

Vera MORETTI

Credit crunch: spada di Damocle per le imprese italiane

Unioncamere ha effettuato un’indagine per capire come si sta evolvendo il rapporto tra le banche e le imprese italiane.
Ciò che è emerso è preoccupante e riguarda anche le imprese esportatrici.

Se, infatti, finora erano state risparmiate dal razionamento del credito, ora il credit crunch è diventato un temibile nemico anche per loro, segnale che la crisi è tutt’altro che diminuita, come ha confermato anche Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere: “La crisi che ancora attanaglia il Paese e la legittima domanda di credito delle imprese hanno bisogno di risposte che non possono essere più rinviate. E’ indispensabile una visione che chiami in causa un sistema integrato di garanzia dove operatori pubblici e privati lavorino in sinergia”.

La flessione dell’erogazione di credito bancario che ha interessato il periodo tra giugno 2011 e giugno 2012 è pari al 2,5% ed ha portato gli impieghi del settore produttivo ad una contrazione da 1.003 a 978 miliardi di euro.
Se, da un lato, la concessione di crediti è diminuita, soprattutto al Nord, sia nelle regioni orientali (-3,1%) che occidentali (-3,4%), dall’altro è aumentata la rischiosità del credito in tutto il Paese.
In particolare, il volume delle sofferenze delle imprese è passato da circa 73 miliardi di euro di giugno 2011 ad oltre 85 miliardi a giugno 2012 (+16,4%).

Un altro dato allarmante, che si basa su un campione di 2.500 aziende su tutto il territorio nazionale, mostra che meno della metà delle imprese riesce sempre a far fronte al proprio fabbisogno finanziario: il 49,3% dichiara di poterlo fare, ma a volte con difficoltà o ritardo.

La causa principale di ciò è la riduzione del fatturato, ma anche la presenza di entrate irregolari o imprevedibili, oppure sicure ma in ritardo.
Proprio la difficoltà nel far quadrare i conti ha portato il 25,6% delle imprese a rivolgersi con più assiduità alle banche, anche se ciò non ha certo portato ad un incremento dell’ammontare del credito.
Ad ottenere quanto richiesto è stato solo il 13,9% delle imprese.

Per far fronte alla mancanza di liquidità, sono arrivati a sostegno delle pmi i contributi a fondo perduto per l’incentivo dello sviluppo imprenditoriale e quelli in conto interessi per l’abbattimento degli oneri bancari.
Sono questi gli strumenti di sostegno che il sistema produttivo mostra di apprezzare di più. Il gradimento per questi strumenti nasce anche dalla mancata conoscenza delle misure di sostegno pubblico (in particolare i Fondi di garanzia per i pagamenti della PA e i Fondi di rotazione per la patrimonializzazione delle aziende).

Alto anche il consenso all’attività dei consorzi di garanzia fidi (il 77,5% delle imprese interpellate si dichiara infatti soddisfatto dell’attività dei Confidi), senza i quali, afferma il 28% del campione, non sarebbe stato possibile ottenere il finanziamento bancario richiesto.
I Confidi inoltre, per il 15,8% delle imprese, consentono di “spuntare” costi ed oneri più vantaggiosi, assicurano maggiore trasparenza nel rapporto con la banca (7,6%), e consentono di ridurre i tempi di attesa del finanziamento (8,6%).

Anche il comparto agrario è in grave affanno e anche in questo settore il credit crunch si fa sentire.
A confermare questa preoccupante tendenza è Cia-Confederazione italiana agricoltori, che ha commentato i dati resi noti da Ismea, che segnalano una flessione di oltre il 22% del credito agrario nel 2012, pari in termini assoluti a 613 milioni in meno assegnati nell’anno alle aziende del comparto.

Era dal 2008 che non si registravano valori così bassi, e colpevoli di ciò, oltre la difficoltà di accesso al credito, sono l’introduzione dell’Imu e i sempre maggiori obblighi fiscali.
A queste problematiche si aggiungono l’aumento dei costi produttivi e la stretta creditizia, che costringono le aziende a ridurre gli investimenti e l’innovazione, ma fanno sempre più fatica a pagare salari e fornitori.

E quando la situazione diventa insostenibile, le imprese, soprattutto se piccole, sono costrette ad alzare bandiera bianca e chiudere: soltanto nel 2012 l’agricoltura ha perso 17 mila imprese, schiacciate dall’impossibilità di far fronte agli oneri tributari e contributivi, ma soprattutto ai rincari di tutte le principali voci di spesa agricole.

Vera MORETTI

La Cia contro le nuove norme per i patentini agricoli

Le nuove norme che riguardano il patentino per le macchine agricole, previste in vigore dal 12 marzo, non piacciono a Cia-Confederazione italiana agricoltori e Confagricoltura, i cui rappresentanti hanno inviato una lettera di protesta ai ministri competenti (Politiche Agricole Mario Catania e Lavoro Elsa Fornero) e al presidente della Conferenza delle Regioni e Province autonome Vasco Errani.

Il giudizio negativo che le due confederazioni hanno espresso riguarda, in particolare, l’accordo Stato Regioni che introduce l’abilitazione all’utilizzo dei trattori e di altri macchinari e la legge di stabilità che comporta la revisione delle macchine agricole.

Entrambe le norme, infatti, introducono ulteriori oneri a carico delle imprese agricole, già duramente colpite dai nuovi adempimenti riguardanti la sicurezza sul lavoro.

Si parla, in concreto, di più i 1 milione di operatori coinvolti nell’abilitazione alla guida dei trattori, con costi formativi a carico dei datori di lavoro, e di più di 2 milioni di veicoli coinvolti nelle procedure di revisione.

Oltre a ciò, viene denunciata anche la mancanza di chiarimenti amministrativi essenziali rispetto all’applicazione dell’accordo. In particolare, non vi è chiarezza sulla modalità di attestazione dell’esperienza biennale per gli operatori agricoli che dovrà comunque essere -secondo Cia e Confagricoltura- estremamente semplificata.

La proroga richiesta dalle due Organizzazioni serve, dunque, per arrivare ad una revisione dei contenuti dell’accordo e per rendere chiaro il quadro applicativo.

Vera MORETTI

E’ nata Agrinsieme, per rappresentare le cooperative del settore agricolo

In rappresentanza delle aziende e cooperative di Cia, Confagricoltura e Alleanza delle cooperative italiane, che a sua volta comprende Agci-Agrital, Fedagri-Confcooperative e Legacoop Agroalimentare, è nata Agrinsieme.

Coordinatore di questa nuova associazione è stato eletto Giuseppe Politi, presidente nazionale della Cia, che rimarrà in carica per un anno.
Il modello organizzativo è quello del Copa-Cogeca, il momento di raccordo europeo tra tutte le sigle del settore agricolo e cooperativo dei Paesi membri.

Il neo presidente, unitamente ai rappresentanti delle altre cooperative, ha dichiarato: “Agrinsieme rappresenta un momento di discontinuità rispetto alle logiche della frammentazione che spesso hanno caratterizzato il mondo agricolo, ed è portatore di un nuovo modello di rappresentanza. Il coordinamento integra, infatti, storie e patrimoni di valori che non vengono annullati, ma esaltati in una strategia unitaria fortemente orientata al futuro. Agrinsieme rappresenta, pertanto, un reale valore aggiunto rispetto a quanto le organizzazioni hanno realizzato e continueranno a realizzare autonomamente”.

Uno degli obiettivi della neonata associazione sarà quello di lavorare per la diffusione di strumenti di collaborazione tra imprese agricole e tra i diversi soggetti della filiera agroalimentare, agroindustriale e della distribuzione.
Il programma economico in corso di stesura, a iniziare dai settori dei cereali, del pomodoro, degli agrumi, della zootecnia, partirà su diverse aree territoriali, ed anche sulla base della progettazione che le stesse imprese stanno prefigurando attraverso iniziative di rete e di aggregazione.

Per ora, il piano di lavoro previsto per i prossimi quattro anni prevede quattro punti:

  • politiche di rafforzamento dell’impresa per favorire l’aggregazione in strutture economiche fortemente orientate al mercato; rilanciare la ricerca e le politiche di supporto al trasferimento dell’innovazione; sostenere il ricambio generazionale; definire strumenti per il credito (puntando pure su politiche innovative relative a strumenti assicurativi e fondi mutualistici).
  • sistematica azione di semplificazione burocratica, diretta a ottenere il riordino degli Enti e delle tecnostrutture operative, la semplificazione del meccanismo AGEA e la revisione del sistema SIN, l’ unificazione di competenze sia in ambito nazionale sia regionale per ridurre gli interlocutori amministrativi delle imprese.
  • politiche di corretta gestione delle risorse naturali (suolo ed acqua), per coniugare produttività e sostenibilità, valorizzare il ruolo delle aziende agricole, anche nel campo dei servizi eco-ambientali, sviluppare “agroenergie rinnovabili” (biomasse) e nuove opportunità della “chimica verde”.
  • aggiornamento del quadro normativo di riferimento a livello europeo, nazionale e regionale.

Vera MORETTI