Avvocati: più attenzione alla privacy nelle intercettazioni


Il presidente del Consiglio nazionale forense Guido Alpa ha chiuso i lavori del seminario che si è tenuto nei giorni scorsi a Messina, in occasione della seduta itinerante del Cnf, dal titolo “Il diritto alla libertà e alla segretezza delle comunicazioni. Limiti e garanzie: l’esperienza delle intercettazioni” in questo modo: “E’ preoccupante l’orientamento emerso nella giurisprudenza sia europea che italiana, che tra il diritto all’informazione e diritto alla privacy sembra ritenere predominate il primo. Lo ha fatto la Corte europea dei diritti dell’uomo nel 2007 e lo ha ribadito di recente la Corte di Cassazione, con una sentenza del 2010“.

Solo nel 1996 è stato introdotto nel nostro ordinamento il diritto alla privacy, oggi già disgregato da molteplici fattori: espansione delle tecnologie informatiche; la normativa di reazione all’allarme sicurezza; il ruolo della stampa.

Nicola Gratteri, procuratore aggiunto a Reggio Calabria, che proprio a Reggio ha creato la sala ascolti più grande d’Europa inaugurando il sistema di intercettazione digitale tramite computer è intervenuto: “Si tratta di un sistema che ha consentito la remotizzazione degli ascolti, superando il limite del luogo dove debbono avvenire; Oggi il sistema costa 10 euro più Iva al giorno per ciascun telefono. E’ il più economico e garantito tra gli strumenti di indagine. E i dati sul numero degli intercettati (7 milioni di italiani nel 2010) è artatamente falsato: per arrivare a questo occorrerebbero ben 250mila persone che ascoltano ed è impossibile. Il fatto è che questi numeri si riferiscono alla schede telefoniche e non alle persone fisiche. Ogni indagato arriva a cambiare scheda ogni 48 ore”.

L’utilizzo di un legittimo strumento di indagine dovrebbe fare i conti con la saggezza, l’equilibrio e la conoscenza tecnica”, ha avvertito Carlo Vermiglio, vicepresidente Cnf mentre Luigi Autru Ryolo ha sottolineato l’irrinunciabile necessità della separazione delle carriere anche in funzione di un controllo imparziale sull’uso della intercettazione. “L’avvocatura dovrebbe imporsi per reclamare che alle conferenze stampa indette dalle procure partecipasse anche il difensore dell’indagato per ristabilire equilibrio anche nella informazione”, ha detto.

Mirko Zago

Formazione per gli avvocati: nuovo codice per i diritti umani

L’avvocatura italiana ha raccolto in un unico Codice tutte le convenzioni e gli atti internazionali che sono pietre miliari della tutela dei diritti umani e fondamentali, codice elaborato dalla Scuola superiore dell’avvocatura, fondazione del Consiglio nazionale forense.

Il Codice si apre con la Costituzione italiana e raccoglie testi che vanno dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo alla Carta europea dei diritti fondamentali, passando per la convenzione anti-discriminazione delle donne, per quale contro la tortura, per quella tutela dei diritti dell’infanzia.

“Il Codice, stampato in 20mila copie, è stato innanzitutto distribuito ai 10 mila praticanti avvocati che frequentano le 78 scuole forensi“, ha sottolineato Alarico Mariani Marini, vicepresidente della Scuola superiore. “E sono tanti gli Ordini forensi che lo stanno richiedendo. Questa iniziativa si inserisce nell’impegno della Scuola di promuovere la cultura professionale degli avvocati, per legare la cultura al diritto”. Mariani Marini sottolinea inoltre come il codice contenga gli atti approvati negli organismi sovranazionali europei.

Guido Alpa, presidente di Cnf considera il codice “non solo un valido strumento di lavoro per gli avvocati ma un prezioso contributo civico all’affermazione dei diritti fondamentali“.

Riforma forense: il Consiglio nazionale spinge per averla al più presto

Il Cnf prende atto della decisione del Tar Lazio che ha ritenuto coperta da riserva di legge la materia delle specializzazioni forensi e sottolinea la necessità di esaminare con calma la motivazione della sentenza, lo comunica il Cnf con una nota di commento alla sentenza Tar n. 05151/2011.

Il regolamento sulle specializzazioni è necessario per qualificare la formazione professionale degli avvocati rispondendo anche all’esigenza di natura deontologica di assicurare la massima tutela degli interessi degli assistiti. Il diploma si somma ai titoli di varia natura che gli avvocati, al fine di qualificarsi, possono liberamente e volontariamente conseguire.

Il Consiglio nazionale forense invita il Parlamento e il governo a provvedere alla riforma quanto prima superando l’impasse di questi mesi.

Avvocatura: i corsi di inglese validi per la formazione continua

Gli avvocati italiani potranno adempiere al loro obbligo formativo seguendo corsi accreditati dalla Solicitors regulation authority (Sra) nella misura del 75% , in cui un’ora di formazione continua riconosciuta dalla Sra corrisponde a un credito formativo italiano (i crediti che possono maturare seguendo corsi Sra sono 56,25). I restanti 25% deve essere ottenuto seguendo i corsi accreditati dal Cnf o dai Consigli dell’Ordine e deve comprendere tutti i crediti richiesti in materia di ordinamento forense, previdenza e deontologia (15). Per gli avvocati inglesi è già prevista la possibilità di soddisfare fino al 75% i requisiti di formazione continua secondo le regole inglesi con i corsi italiani.

Quelle citate sopra sono le regole del Memorandum di intesa siglato dal Consiglio nazionale forense e la Law society di Inghilterra e Galles sul reciproco riconoscimento della formazione professionale continua. Il memorandum crea inoltre maggior flessibilità per i professionisti anglosassoni e italiani che potranno spostarsi da un territorio ad un altro.

Il Memorandum consente agli avvocati italiani di profittare dei contatti e delle iniziative sviluppati con la Law Society per espandere le loro conoscenze, migliorare le loro competenze e partecipare al processo di europeizzazione della professione forense. Il CNF da anni promuove questo processo e i corsi svolti a Londra con l’apporto degli avvocati inglesi, gli incontri di studio e di scambio di esperienze professionali si rivelano forieri di grandi opportunità per tutti coloro che li frequentano con diligenza“, ha commentato Guido Alpa, presidente del Cnf.

Mirko Zago

Cnf ritorna a discutere sulla mediazione obbligatoria

Il presidente del Cnf Guido Alpa ha ribadito la posizione del Consiglio in merito alla mediazione obbligatoria: “Contrari alla obbligatorietà, sì alla difesa tecnica ed ad altri miglioramenti del testo di legge in modo che l’efficienza della giustizia coincida con la piena difesa dei diritti. E in attesa della decisione della Corte Costituzionale, sospendere l’esecutività della legge“.  Il commento è stato sollevato in occasione del convegno Mediazione: efficienza e competitività, organizzato dal ministero della giustizia, durante il quale si sono confrontate tutte le diverse posizioni sulla legge a circa due mesi dalla sua entrata in vigore.

Il tavolo delle trattative col il ministro Alfano è aperto ed è stato accolto positivamente l’annuncio del ministro stesso di rivedere alcune parti della legge valutando interventi volti a “risolvere le criticità emerse in ordine all’individuazione di un criterio di distribuzione territoriale degli affari da mediare, ai profili di indipendenza e imparzialità del mediatore e degli Organismi di Mediazione, oltre all’introduzione dell’assistenza tecnica necessaria degli avvocati nei procedimenti di mediazione, con la possibilità – per quanto riguarda tale assistenza – di accedere al patrocinio a spese dello Stato da parte dei non abbienti. Nel prosieguo del dialogo sarà prioritario, con il contributo determinante degli avvocati, affrontare il problema della riduzione dell’arretrato civile”.

“Il Consiglio già venerdì prossimo studierà altri sistemi per sviluppare l’efficienza del sistema come la negoziazione partecipata, nella quale le parti potranno trovare un accordo davanti all’avvocato che potrà diventare titolo esecutivo, e la partecipazione degli avvocati per affrontare l’arretrato. Il rilancio dell’efficienza del sistema richiede una serie di rimedi come lo stanziamento di risorse adeguate, la semplificazione dei riti e anche nella formulazione dei testi, il completamento dell’organico dei magistrati e del personale amministrativo, il miglioramento dell’organizzazione nei tribunali, lo sviluppo del processo telematico”, ha fatto presente Alpa.

Mirko Zago

Avvocati: per evitare abusi il Consiglio può effettuare controlli anche sui già iscritti all’albo

Il CNF per evitare abusi di ufficio tra gli avvocati ha reso noto che potranno essere effettuati controlli anche su chi risulta già iscritto all’albo degli avvocati al fine di garantire il massimo rispetto delle regole. Ancora una volta il problema sarebbe relativo all’acquisizione dell’abilitazione all’avvocatura in Spagna, dove i parametri fino a qualche tempo fa erano molto meno restrittivi che nel nostro Paese. Prima di procedere all’iscrizione all’albo il CNF vuole verificare l’effettivo svolgimento di attività professionale nel Paese estero e il grado di conoscenza della lingua straniera ivi praticata. Spesso viene deciso di sospendere le domande di iscrizione in attesa dell’acquisizione delle predette informazioni in quanto mancherebbero informazioni al riguardo. Per migliorare la situazione e porre chiarezza nelle pratiche è stato deliberato di riesaminare tutte le iscrizioni effettuate fino ad oggi.

“Questa prassi”, evidenzia il Dipartimento delle politiche comunitarie, “ potrebbe configurare una violazione del diritto dell’Unione Europea, in particolare della direttiva 98/5/CE volta a facilitare l’esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquistata la qualifica e dei principi di cui alla direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali”.

Questo il parere del CNF: “E’ conforme allo spirito delle norme europee che gli ordini forensi svolgano un’attività di attenta vigilanza sulle richieste di iscrizione nell’elenco degli avvocati stabiliti al fine di prevenire, in forma non discriminatoria, casi di abuso del diritto dell’Unione Europea. Ritiene irragionevoli forme e prassi concrete di verifica e di controllo a carattere sistematico che si rivelino sproporzionate rispetto alle finalità di tutela dell’interesse pubblico al corretto esercizio della professione. Ritiene che non esorbiti dalle proprie competenze il Consiglio dell’ordine che effettui controlli anche sulle iscrizioni già disposte, perché il relativo potere-dovere di verifica rientra nel più generale potere di revisione degli albi regolato dalla legge. Ritiene infine che gli eventuali provvedimenti che dovessero essere assunti all’esito delle citate verifiche dovrebbero comunque salvaguardare l’affidamento incolpevole dei terzi e della clientela, evitando il rischio di travolgere attività difensive compiute in costanza dell’iscrizione poi revocata”.

Nel particolare si ritiene che il Consiglio dell’ordine conservi il potere di negare l’iscrizione nella sezione avvocati stabiliti dell’albo custodito, allorquando rilevi – alla luce dei criteri forniti dalla giurisprudenza comunitaria – che si versi in un caso di abuso del diritto dell’Unione europea. Contro tale decisione il richiedente può esperire i mezzi di gravame previsti dalla legge, che prevedono il reclamo dinanzi al Consiglio nazionale forense, e la eventuale impugnabilità delle sentenze di questo di fronte alle Sezioni unite della Corte suprema di cassazione.

Mirko Zago

Gli Avvocati criticano il disegno di legge 2612 sull’arretrato civile

Il Cnf ha espresso dissenso sul nuovo disegno di legge 2612 “Interventi in materia di efficienza del sistema giudiziario”: “Il principio della ragionevole durata è sì uno dei principi del giusto processo ma non consente di ignorare le questioni relative alla qualità della giustizia. L’intervento annunciato induce a dubitare che quest’ultima possa essere mantenuta per le controversie civili alle quali dovrebbero applicarsi le nuove disposizioni“.

Il Cnf giudica irragionevole la previsione di una motivazione breve nella misura in cui “se, come è stato osservato, la motivazione “breve” è sufficiente per far conoscere l’iter logico-argomentativo seguito dal giudice, la motivazione “estesa” appare del tutto superflua, a meno di non voler relegare la prima al ruolo di una mera apparenza di motivazione“. Viene criticata anche la differenziazione tra “motivazione breve” e “motivazione estesa” che obbliga il giudice a una doppia consultazione con un aggravio di lavoro.

Ulteriori critiche sono sollevate dal Cnf relativamente alla norma che prevede l’aumento della metà del contributo unificato per i giudizi di impugnazione e che la parte che chiede per prima la motivazione estesa paghi contestualmente il contributo unificato dovuto per il successivo grado di giudizio (art. 7 Modifiche in materia di spese di giustizia). Dal tenore della norma e dalla relazione tecnica risulta dunque che chi chieda la motivazione estesa e poi impugni è tenuto a pagare due volte il contributo unificato dovuto per l’impugnazione (una volta per ottenere la motivazione estesa ed un’altra volta all’atto dell’impugnazione). Il tutto al fine di finanziare l’indennità ai giudici ausiliari. L’intervento del Consiglio Nazionale Forense si è concluso ricordando l’esigenza di un adeguamento del numero “delle toghe” che attualmente è insoddisfacente per gestire l’ampia mole di processi.

Mirko Zago

Avvocati: ecco i principi da rispettare per un buon rapporto tra fisco e contribuenti

Il presidente del Consiglio nazionale forense, Guido Alpa, in occasione della giornata della giornata celebrativa della giustizia tributaria, una serie di principi da rispettare per garantire un buon rapporto tra fisco e contribuenti. Secondo Alpa si tratta:

1. di riconoscere lo Statuto del contribuente quale normativa di grado superiore a quello delle leggi ordinarie

2. di definire per legge il concetto di abuso del diritto

3. di garantire un corretto e limitato uso dello strumento delle presunzioni

4. di prevedere l’obbligo dell’Ufficio di indicare già in sede di accertamento le prove che lo giustificano, senza che il contenuto dell’atto sia limitato a garantirne la sola legittimità

5. di prevedere l’impossibilità di iniziare un’azione esecutiva sui beni del contribuente prima che intervenga la pronuncia del giudice di primo grado

6. di semplificare il giudizio di ottemperanza al fine di rendere più effettiva ed immediata l’efficacia della sentenza a favore del contribuente vittorioso

7. di garantire effettività all’obbligo per l’amministrazione soccombente di provvedere all’immediato pagamento delle spese di giudizio dopo il deposito della sentenza e l’eventuale rimborso delle somme contestate o già pagate nel corso della procedura

8. di risarcire il danno alla parte soccombente di fronte a comportamenti dilatori o vessatori in sede processuale, analogo al risarcimento per lite temeraria nel processo civile

9. di prevedere la sospensione degli effetti della sentenza di secondo grado in pendenza del ricorso per cassazione, introducendo la norma di diritto positivo che dia attuazione ai principi interpretativi affermati di recente dalla Corte Costituzionale.

Alpa ha inoltre aggiunto: “Negli ultimi anni abbiamo assistito alla frequente disapplicazione delle norme dello Statuto del contribuente, alla diffusa casistica che grava l’onere della prova sul contribuente a vantaggio dell’Amministrazione finanziaria e al ricorso a presunzioni che operano a svantaggio del contribuente, con l’introduzione di metodi accertativi sintetici quali quelli a base degli studi di settore“- ha inoltre ribadito che è sempre più forte – “l’esigenza di rendere concreto anche nella giustizia tributaria il principio del giusto processo inteso nel senso della parità delle posizioni del contribuente e dello Stato dinanzi al terzo giudice imparziale. Maggiore attenzione occorrerà dunque prestare ai profili di incompatibilità, a quelli della effettiva competenza della materia, a quelli della coerente e uniforme applicazione delle norme, specie nel giudizio di Cassazione“.

M.Z.

In occasione dell’inaugurazione dell’anno forense prosegue la contestazione contro la mediazione obbligatoria

In occasione dell’inaugurazione del nuovo anno forense, il CNF rende noto che il clima che si sta vivendo è quanto mai preoccupante. “In queste settimane si sono registrati fermenti di contestazione e di critica in molte sedi a causa della entrata in vigore della disciplina della mediazione finalizzata alla conciliazione, ma le preoccupazioni dell’Avvocatura non sono concentrate solo su questo segmento della complessiva riforma della giustizia : riguardano anche il progetto di esaurimento dei procedimenti civili pendenti e sono alimentate dalla situazione in cui versano le professioni intellettuali nella persistente fase di crisi economica che si è abbattuta sul Paese, nel ritardo segnato dall’iter di approvazione della riforma della professione forense, nel futuro incerto dei giovani avvocati, nei maggiori oneri resisi necessari per salvaguardare il trattamento pensionistico, nel clima di aperta ostilità che circonda, oggi più che mai, l’ Avvocatura”, ha aperto così la sua relazione, che poi si è snodata nelle varie “dimensioni” in cui vive l’avvocatura”.

L’entrata in vigore della mediazione obbligatoria sembra essere continua fonte di malumori tra gli avvocati che si sentono così bistrattati a causa dell’introduzione della nuova figura del mediatore civile. Ricordiamo che per divenire mediatore è sufficiente un titolo di laurea breve e la frequentazione di un corso di 50 ore. Troppo poco, secondo il CNF, per poter prendere decisioni o proposte legali delicate come per le materie per cui è prevista la mediaizone obbligatoria.

Il Presidente del CNF, Guido Alpa ha aggiunto: “Ribadiamo la necessità di un intervento legislativo urgente che riporti la disciplina e il sistema complessivo nell’alveo delle garanzie costituzionali”, scandisce Alpa. Le incostituzionalità sono nell’obbligatorietà della composizione della lite, nella mancata previsione dell’assistenza dell’avvocato, nei costi aggiuntivi che si impongono a chi vuole accedere alla giustizia, negli ostacoli che si frappongono al cittadino che voglia adire il giudice naturale, nelle sanzioni a cui sono sottoposte le parti e gli avvocati nelle circostanze previste, nella insufficiente qualificazione dei conciliatori, nella sostanziale preventiva allocazione delle cause ad operatori privati“.

L’inizio dell’anno forense è stato l’occasione per rendere noti alcuni dati importanti: “i procedimenti sopraggiunti nell’anno sono stati 334, con un incremento rispetto all’anno passato (291); quelli relativi a sanzioni deontologiche sono stati 286. Le decisioni pubblicate nel 2010 sono state 215, 92 le sanzioni confermate (nel dettaglio: 15 avvertimento; 26 censura; 46 sospensione esercizio professionale; 9 cancellazione dagli albi; 2 radiazione dagli albi). Esami forensi. Nella sessione 2010 i presenti agli iscritti sono stati 33mila40. Nella sessione 2009, su 34mila481 presenti agli scritti sono stati ammessi agli orali 13mila485 aspiranti avvocati”.

Mirko Zago

L’Ue ha approvato le tariffe forensi massime, esulta il CNF

La Corte di giustizia delle Comunità europea ha ritenuto compatibile con il diritto comunitario le tariffe forensi massime decise dal CNF (Consiglio nazionale forense). E’ da molto tempo che l’avvocatura sostiene la compatibilità delle tariffe in vigore in Italia con il resto d’Europa ed oggi la conferma è palese.

Le sentenze in ballo per la decisione sono state la Arduino C-35/99; Cipolla e Macrino C-94/04 e C- 202/04; Cassaz. Sezione lavoro 20269/2010. Ci sono norme sulla concorrenza che hanno avuto conferma dalla decisione europea, garantendo in particolare la tutela dei consumatori e la buona amministrazione della giustizia e la tutela dell’interesse di evitare una concorrenza al ribasso a discapito della qualità della prestazione.

Motivo in più per accelerare la riforma forense ora alla Camera, che spesso veniva rallentata proprio tirando in ballo le tariffe applicate.

M. Z.