Influencer: in quali casi è obbligatorio aprire la partita Iva?

Il mondo degli influencer diventa sempre più nutrito e, sebbene questa professione non sia ancora del tutto riconosciuta, ci sono in realtà delle regole da rispettare per quanto riguarda tasse da pagare sui guadagni, obblighi Iva e contributi da versare. Ecco cosa sapere per fare l’influencer nel rispetto della legge.

Chi è l’influencer?

Partiamo dalla definizione, l’influencer è una persona che ha un certo seguito e quindi riesce a influenzare gli altri, in particolare riesce a influenzarne le scelte di acquisto. Riconosciute queste capacità, basate soprattutto sul numero di follower, le imprese possono scegliere un influencer per pubblicizzare i loro prodotti o servizi e quindi aumentare la clientela.

Naturalmente trattasi di un servizio a pagamento che di conseguenza genera un reddito e quindi è necessario essere in regola dal punto di vista fiscale. Tra gli influencer più conosciuti al mondo vi è sicuramente Chiara Ferragni che però gestendo un’attività piuttosto complessa viene definita anche “imprenditrice digitale” infatti la sua attività è ormai molto ampia e comprende diverse funzioni, tra cui anche stilista. Non è però l’unica, in Italia ogni giorno c’è un nuovo personaggio che si definisce influencer, ormai sono un piccolo esercito e non va diversamente nel resto del mondo, complice anche la diffusione di social come Instagram, il più utilizzato, facebook, tik tok. Molti però iniziano per gioco non rendendosi conto dei riflessi che qualunque attività generi reddito può avere.

Inquadramento professionale e codice Ateco dell’influencer

La prima cosa da sottolineare è che dal punto di vista dell’inquadramento professionale un influencer è considerato un “addetto a campagne marketing”, di conseguenza nel momento in cui si vuole iniziare l’attività in modo professionale è necessario aprire la partita Iva utilizzando il codice Ateco 73.11.02. La partita Iva per svolgere l’attività di influencer deve essere obbligatoriamente aperta nel momento in cui si svolge l’attività in maniera continuativa e abituale. Viene considerata occasionale l’attività svolta per meno di 30 giorni.

Ricordiamo che è possibile aprire una partita Iva anche con più codici Ateco e che questi possono essere aggiunti anche in un secondo momento. Ad esempio si potrebbe aggiungere il codice Ateco 73.11.01 in caso di Ideazione di campagne pubblicitarie”, in questo caso non si va semplicemente a sponsorizzare il prodotto, ma si entra anche nella parte creativa della campagna. Questo è solo un esempio.

Una volta aperta la partita Iva è necessario trattare anche l’aspetto contributivo, gli Influencer non hanno una cassa previdenziale di riferimento (ad esempio per gli avvocati c’è la Cassa Forense), di conseguenza è necessaria l’iscrizione alla Gestione Separata Inps nella sezione riservata ai liberi professionisti.

Ricordiamo che nel momento in cui si percepiscono compensi da un’azienda per proporre un servizio, anche solo per indossare un abito facendo vedere il marchio senza invitare all’acquisto in modo diretto, è necessario indicare nel contenuto stesso che si tratta di una pubblicità, basta inserire la dicitura ADV ( abbreviazione di advertising, cioè pubblicità).

Regime ordinario o forfetario?

Deve essere ricordato che quando si apre la partita Iva è possibile scegliere tra diversi regimi fiscali e in particolare ordinario, oppure Forfetario. Nel secondo caso si applica un’aliquota agevolata per l’Irpef, ma non possono essere detratte in modo analitico le spese seguendo il principio dell’inerenza, ma le spese sono calcolate in modo forfetario applicando il coefficiente di redditività. Nei due codici Ateco che abbiamo visto, lo stesso è fissato al 78%.

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Qual è il guadagno netto di una partita IVA che fattura 1500-2000 euro?

Avere una partita IVA implica la necessità di dover pagare le imposte e i contributi previdenziali, questo vuol dire che dagli importi lordi che ogni mese si guadagnano devono poi essere sottratte le imposte. Cercheremo di capire qual è il guadagno netto di una partita IVA che fattura 1.500-2.000 euro al mese. Ricordiamo che sono stime molto approssimative.

Quanto pesano le imposte sul reddito delle partite IVA?

La prima cosa da dire è che molto dipende dalla situazione concreta del singolo titolare di partita IVA e dal regime fiscale a cui aderisce. I calcoli inoltre saranno abbastanza flessibili perché molto poi dipende dalle addizionali regionali e comunali che possono avere diverse forbici. Una volta ricavato il netto devono essere considerati i costi di gestione della Partita IVA, ad esempio i costi della fatturazione elettronica e del commercialista, questo ha una media di 800-1000 euro l’anno.

Chi ha un fatturato mensile tra 1.500-2.000 euro in media guadagna su base annuale dai 18.000 ai 24.000 euro. Calcoliamo quindi quanto gli resta in tasca dopo aver pagato le tasse.

Calcolo della base imponibile per il regime forfettario

Per capire quanto resta in tasca al contribuente titolare di partita IVA che fattura 1500-2000 euro al mese la prima cosa da fare è calcolare la base imponibile. Su questa sarà poi applicata l’aliquota IRPEF che cambia in base al regime a cui si aderisce. Per il regime ordinario la base imponibile viene calcolata sottraendo le spese sostenute. Per chi aderisce al regime forfettario, la base imponibile viene determinata in base al codice ATECO, attraverso il coefficiente di redditività. Ad esempio per il commercio all’ingrosso e al dettaglio è al 40%, per le attività professionali è al 78%, per il settore immobiliare al 86%. Le differenze tra i vari coefficienti dipendono dai costi che solitamente le varie tipologie di attività devono sostenere.

A questo punto per un guadagno lordo di 24.000 euro l’anno, se applichiamo il coefficiente del 78%, cioè quello dei professionisti, il reddito imponibile sarà 18.720 euro, mentre per un reddito di 18.000 euro, l’imponibile sarà 14.040 euro.

Da questo reddito imponibile devono essere sottratti i contributi previdenziali che dipendono dal reddito, ma anche dalla Cassa di appartenenza, ad esempio Cassa Forense, Gestione Separata INPS, le aliquote sono naturalmente diverse. L’aliquota per la Gestione Separata INPS varia dal 24% al 34%. Si applica, ad esempio, il 25,98% per soggetti non assicurati presso altre casse.

Sottratte queste somme, si può calcolare effettivamente l’IRPEF.

Qual è il guadagno netto di una partita IVA che fattura 1.500-2.000 euro al mese?

Un titolare di partita IVA che fattura 1.500-2.000 euro è nella condizione di aderire al regime forfettario. Questo prevede una tassazione IRPEF del 5% per le nuove attività (fino a 5 anni) e del 15% per le altre attività. Nel regime forfettario non è possibile dedurre le spese dal reddito maturato, quindi abbiamo la base imponibile determinata da coefficiente di redditività, sottrazione dei contributi (INPS o altra cassa) e applicazione dell’aliquota.

A questo punto su un reddito di 2.000 euro abbiamo una base imponibile di 18.720 euro, se il coefficiente di redditività è al 78%, a cui sottraiamo per comodità, viste le differenze tra le varie casse, una media di 5.000 euro di contributi annui e arriviamo a 13.720 euro. A questi applichiamo l’aliquota del 5% e abbiamo 686 euro di IRPEF. L’importo annuale che resta è di 18.131 euro, circa 1.510 euro il mese.

Nel caso in cui l’aliquota IRPEF sia del 15% l’imposta dovuta sarà di 2.058 euro, quindi ci sarà un netto di circa 16.942 pari a 1.411 euro al mese.

Regime ordinario

Se il titolare di partita IVA si trova in un regime IVA ordinario, occorre ricordare che si possono scalare le spese quindi la base imponibile diminuisce e devono essere applicati i nuovi scaglioni IRPEF. Gli stessi sono:

  • 23% se il reddito è compreso tra 0-15.000 euro;
  • 25% per redditi compresi tra 15.001 e 28.000 euro.

In questo caso l’ammontare del reddito netto dipende dalle spese.

Si deve ricordare che questi calcoli sono molto approssimativi perché non possiamo considerare le aliquote contributive delle varie Casse e non possiamo valutare le addizionali IRPEF regionali e comunali, inoltre abbiamo applicato un coefficiente di redditività unico, ma ve ne sono diversi.

Infine, consigliamo una consulenza presso uno specialista visto che gli importi netti dipendono da numerose varianti che a loro volta dipendono dalla condizione del singolo.

Partite Iva, in arrivo due correttivi per la riforma del regime forfettario

Partite Iva a regime forfettario verso la riforma. Sono due i possibili cambiamenti che riguarderebbero l’applicazione del meccanismo della flax tax tra gli autonomi. In primis, i coefficienti di redditività che non sarebbero più adeguati ai tetti di reddito per l’applicazione della fiscalità agevolata. Il secondo cambiamento potrebbe aversi per i contribuenti che superino il tetto dei 65 mila euro di ricavi. Si indebolisce, invece, l’ipotesi di allargare l’applicazione della fattura elettronica alle partite Iva del forfettario, eventualità che era stata avanzata negli ultimi mesi.

Riforma partite Iva a regime forfettario: il disegno di legge atteso in settimana

I correttivi sui coefficienti di redditività e sul superamento del limite dei 65 mila euro delle partite Iva a regime forfettario, secondo quanto scrive Il Sole 24 Ore, sono stati già messi in evidenza nella relazione delle commissioni parlamentari. I due correttivi potrebbero essere contenuti nella riforma fiscale, come già anticipato nella Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza. Il disegno di legge con le modifiche sulle partite Iva dovrebbe arrivare nel Consiglio dei ministri già a partire da questa settimana.

Partite Iva, quante sono in Italia quelle forfettarie?

Sempre più autonomi scelgono di aprire la partita Iva con il regime forfettario. Nel 2021 il 46% delle nuove aperture ha scelto la flat tax. In tutto, sono circa 1,9 i contribuenti del forfettario – senza tener conto delle chiusure – includendo chi ha optato per il regime agevolato nella dichiarazione dei redditi dello scorso anno e le nuove aperture che si sono avute tra il 2020 e il 2021. Nell’anno in corso sono state 153 mila le nuove partite Iva con la flat tax.

Partite Iva, attese modifiche ai coefficienti di redditività dei forfettari

Nel disegno di legge sulle partite Iva a regime forfettario non vi saranno variazioni nelle aliquote. Continueranno a essere in vigore quella del 15% e quella ancora più agevolata del 5% per le nuove attività. La prima revisione potrebbe riguardare i coefficienti di redditività, ovvero le percentuali, variabili a seconda dell’ambito di attività della partita Iva, che sono applicate ai ricavi e ai compensi e che determinano il reddito da tassare.

Perché potrebbero cambiare i coefficienti di redditività dei forfettari?

Le motivazioni alla base dei correttivi che il governo potrebbe adottare sulle partite Iva a regime di flat tax riguarderebbero la non aderenza delle percentuali alla “struttura dei costi delle imprese di dimensioni meno contenute”. In altre parole, per determinate imprese i costi sostenuti non sarebbero in linea con il coefficiente di redditività. Del resto, le percentuali non sono state adeguate nel momento in cui è stata elevata la soglia di ricavi (65 mila euro) per poter accedere al regime di imposta fissa del 15%. La revisione dei coefficienti di redditività era già stata suggerita a marzo scorso da Fabrizia Lapecorrella, direttore generale delle Finanze.

Quali attività potrebbero vedersi modificato il coefficiente di redditività?

Un’analisi preliminare delle Finanze ha già individuato i settori che potrebbero vedersi modificare i coefficienti di redditività. Avrebbero la possibilità di applicare un coefficiente più basso e, quindi, una più ridotta base imponibile:

  • le attività con codici Ateco rientranti nel commercio ambulante (ad oggi pari al 40% per gli alimentari e al 54% per tutti gli altri prodotti);
  • il settore delle costruzioni (coefficiente odierno dell’86%).

Chi vedrebbe salire il coefficiente di redditività sono invece gli intermediari del commercio, ai quali oggi spetta una percentuale del 62%. Tutti gli altri settori (e codici Ateco) dovrebbero rimanere invariati, compresi i professionisti che sono la categoria più numerosa dopo il commercio.

Il correttivo del superamento dei 65 mila euro delle partite Iva forfettarie

Il secondo correttivo che potrebbe riguardare le partite Iva a regime forfettario riguarda lo sforamento del tetto dei 65 mila euro di ricavi per poter mantenere il regime fiscale agevolato. La proposta prevede che chi superi il tetto massimo, rimanendo comunque al di sotto di una seconda soglia da individuare, vedrebbe applicarsi per due anni l’aliquota di forfait del 20% (anziché del 15%). L’ipotesi verrebbe ancorata all’incremento del volume di affari del contribuente autonomo di almeno il 10% annuo.

Partite Iva, lo sforamento dei 30 mila euro dall’attività alle dipendenze

Al momento non vi sono novità per le partite Iva a regime forfettario che svolgano anche lavoro alle dipendenze e, con quest’ultimo, sforino il tetto dei 30 mila euro. Nel regime attuale, lo sforamento comporta l’esclusione dal forfettario. Mentre chi può contare su altri tipi di reddito, come ad esempio quelli da capitali o quelli immobiliari, non subisce alcun divieto.

Si va verso il ‘no’ all’allargamento della fattura elettronica ai forfettari

Diversamente da quanto dibattuto nei mesi precedenti, le partite Iva a regime forfettarie potrebbero continuare a rimanere fuori dall’obbligo della fatturazione elettronica. Nei mesi scorsi l’Italia ha presentato a Bruxelles la richiesta per l’allargamento di applicazione della fattura elettronica anche al regime di flat tax. Sul punto, tuttavia, la Relazione alla Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanze è chiara. “Al di sotto di una determinata soglia di compensi e ricavi, l’introduzione dell’obbligo di fatturazione elettronica non è compatibile con la disciplina dell’Unione europea”.

 

Partita Iva regime forfettario: come si compila il quadro LM con due codici Ateco e aliquota agevolata?

Come si compila il quadro LM in sede di dichiarazione dei redditi per una partita Iva a regime forfettario con due diversi codici Ateco riguardanti due diverse attività? La prima considerazione da fare è quella che le attività possono rientrare nell’aliquota agevolata del 15% o del 5% (in caso di nuove attività per i primi 5 anni). Però è necessario verificare determinate condizioni.

Partita Iva forfettaria, due attività che non superano il tetto dei 65.000 euro

Ammettiamo che un lavoratore autonomo abbia aperto la partita Iva a inizio del 2020. Dopo qualche mese ha aggiunto una seconda attività e, pertanto, anche un nuovo codice Ateco. Le due attività, pur essendo diverse, ricadono nello stesso gruppo e dunque hanno la stessa percentuale di redditività. Dalle attività, il contribuente ha ricavato redditi che non superano, complessivamente, i 65.000 euro annuali. È questa una delle condizioni per continuare a mantenere la partita Iva in regime forfettario.

Partita Iva forfettaria, codici Ateco e coefficienti di redditività

La partita Iva forfettaria è compatibile con lo svolgimento di più attività ricadenti in differenti codici Ateco. Nel caso in esame, è necessario verificare che le due attività ricadano nel medesimo gruppo di redditività. Ci viene incontro l’allegato 2 della legge numero 145 del 2018. Infatti, nel documento sono riportati il gruppo di settore di svolgimento di attività, il codice Ateco classificato nel 2007 e il coefficiente di redditività. All’interno del gruppo di attività, ma in alcuni casi anche per gruppi differenti, può trovare applicazione il medesimo coefficiente di redditività.

Come controllare a quale gruppo appartiene l’attività svolta dalla partita Iva dal codice Ateco?

È il caso, ad esempio, di una partita Iva che svolga attività di commercio al dettaglio (gruppo 2) e, come seconda attività, quella di servizi di ristorazione (gruppo 7). Per entrambe le attività il coefficiente di redditività è pari al 40%. Ma attività diverse l’una dall’altra possono rientrare anche nello stesso gruppo. Ad esempio, nel gruppo 9 sono riportate le “altre attività economiche” con coefficiente di redditività pari al 67%. Le tante attività riportate all’interno del gruppo possono avvicinarsi tra loro ma anche essere estremamente differenti.

Come vanno riportati i redditi in sede di dichiarazione per due attività della stessa partita Iva?

Nel caso preso in esame della partita Iva con due attività e differenti codici Ateco ma con la medesima percentuale di redditività, è possibile procedere alla compilazione del modello dei redditi 2021 delle persone fisiche nel seguente modo:

  • nel rigo Lm 22 va indicato nella colonna 1 il codice Ateco inerente l’attività che può essere considerata prevalente;
  • nella colonna 2 va indicato il corrispondente coefficiente di redditività;
  • in quella numero 3 il volume totale dei compensi e dei corrispettivi percepiti nell’anno di imposta;
  • nella colonna 5 va indicato il reddito da determinare forfettariamente.

Applicazione dell’aliquota del 5% o del 15% sul reddito forfettario di una partita Iva

Il quadro LM così compilato ai fini della dichiarazione dei redditi delle persone fisiche consente l’applicazione dell’aliquota spettante. L’agevolazione può essere al 5%, applicata sui compensi di entrambe le attività e codici Ateco con lo stesso coefficiente di redditività. Oppure del 15% nel caso in cui si siano esauriti i primi 5 anni di nuova attività.

Determinazione imposta da pagare, si considera la sommatoria dei compensi delle due attività

La percentuale agevolata, dunque, va applicata sull’intero importo del reddito della partita Iva forfettaria risultante dall’applicazione del coefficiente di redditività. E, pertanto, sulla sommatoria dei componenti positivi riconducibili a tutte e due le attività che l’autonomo svolge.