Roma: proposta di legge a difesa dell’olivicoltura italiana

Il futuro dell’olivicoltura italiana è indissolubilmente legato al tema della qualità. Nel 2011 Coldiretti, Fondazione Symbola e Unaprol danno vita a “Geniusolei”, un’iniziativa finalizzata a costruire un’alleanza tra consumatori e produttori per difendere l’eccellenza del nostro patrimonio olivicolo nazionale e lanciare la sfida della qualità nel settore.

Da qui l’idea di avanzare una proposta di legge “Norme per la qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini”, finalizzata a favorire la crescita delle produzioni di qualità nel settore olivicolo e a contrasta­re pratiche commerciali scorrette nell’ambito della filiera degli oli di oliva vergine. Un sistema di norme pensate a tutela dei consumatori e della reale concorrenza tra le imprese, in grado di preservare l’autenticità del prodotto, la veridicità della pro­venienza territoriale e la trasparenza delle informazioni, sia in etichetta che nell’ambito delle pratiche commerciali.

La proposta di legge sarà presentata domani, mercoledì 21 Marzo 2011 alle 10,30 al Centro Congressi Rospigliosi di Roma in Via XXIV Maggio 43. Saranno presenti il presidente dell’Unaprol Massimo Gargano, il presidente di Symbola Ermete Realacci, il presidente di Federconsumatori Rosario Trefiletti e Maurizio Servili Ordinario dell’Università di Perugia, con le conclusioni affidate al presidente della Coldiretti Sergio Marini.

Fonte: agenparl.it

Aumenta il consumo degli alimentari

“Dopo il calo del 2011 a gennaio invertono la tendenza i consumi alimentari che fanno registrare un incoraggiante, ma debole aumento dello 0,1 per cento“.

E’ quanto afferma la Coldiretti nel commentare i dati di Confcommercio relativi ai consumi degli italiani nel mese di gennaio 2012. “L’inversione di tendenza per i consumi alimentari avviene dopo che – sottolinea la Coldiretti – nel 2011 si è verificato un calo dell’ 1,3 per cento secondo l’Istat. La ripresa è importante dopo che le tavole degli italiani – precisa la Coldiretti – si erano impoverite in quantità nel 2011 con meno carne bovina (-0,1 per cento), pasta (-0,2 per cento) carne di maiale e salumi (-0,8 per cento), ortofrutta (-1 per cento) e addirittura latte fresco (-2,2 per cento)”. “A preoccupare per l’anno in corso sono tuttavia gli aumenti previsti nel mese di ottobre per l’Iva che – sottolinea la Coldiretti – non mancheranno di determinare effetti depressivi sulla spesa per i generi alimentari. L’aumento dell’Iva dal 21 al 23 per cento – conclude la Coldiretti – colpirebbe alcuni prodotti di largo consumo come l’acqua minerale, la birra e il vino, ma anche specialità come i tartufi mentre a quello dal 10 al 12 per cento sono interessati dalla carne al pesce, dallo yogurt alle uova, ma anche il riso, il miele e lo zucchero”.

Fonte: agenparl.it

Benzina sempre più su. E io pago…

Avreste mai pensato di pagare un litro di benzina di più che un chilo di broccoli? Eppure con gli ultimi rincari del prezzo dei carburanti è così. E basta! Perché i cittadini italiani devono essere sempre i più fessi d’Europa quando vanno alla pompa a fare il pieno? Il prezzo della benzina, infatti, non si ferma più e ha raggiunto un nuovo record. Eni ha ritoccato i prezzi con una media ponderata salita nel servito a 1,801 euro/litro (+0,6 centesimi), con punte sul territorio che – per via delle accise regionali – sfondano quota 1,9 euro/litro. Naturalmente sale anche il prezzo del diesel, giusto per non farsi mancare niente, con una media attorno a 1,74 euro/litro, con picchi al Sud oltre 1,77.

Furibonde le associazioni di consumatori, oltre che la gente in fila al distributore… La soglia di 1,90 euro al litro, sottolinea il Codacons, rappresenta “una stangata che per un pieno di benzina si traduce in 19,50 euro a pieno, considerato che il 20 febbraio 2011 si pagava mediamente, con servizio, 1,510 euro al litro. Un incremento del 25,8%“. Sempre secondo il Codaconsil ministro Corrado Passera deve convocare immediatamente, ad un unico tavolo di confronto, le associazioni di rappresentanza delle compagnie petrolifere, quelle dei gestori degli impianti e le associazioni di consumatori per stabilire regole ben più efficaci” sui carburanti rispetto a quelle previste nel decreto sulle liberalizzazioni.

Ci vanno giù ancora più pesanti Adusbef e Federconsumatori: “La situazione è gravissima, è urgente sterilizzare la tassazione applicando l’accisa mobile“. E l’Adoc si mette a far classifiche; con un costo medio di 1,80 euro al litro l’Italia è diventato il Paese più caro d’Europa dove fare il pieno, per il quale si spende in media il 12% in più che nel resto d’Europa, con una differenza di 350 euro. “Un anno di rifornimenti costa in media 3.240 euro a un italiano, il 12% in più della media europea, con un aggravio di spesa pari a circa 350 euro annui – dice Carlo Pileri, presidente dell’Adoc -. L’Italia è il Paese europeo con i costi più alti dei carburanti, si spende il 10% in più che in Francia, il 7% in più che in Germania, il 20% in più della Svizzera e poco meno del 30% in più che in Spagna. Un pieno oggi costa 90 euro, in Europa mediamente si spendono 80 euro, in Svizzera si spendono circa 15 euro in meno ad ogni rifornimento“.

Si diceva dei broccoli, all’inizio… Non ci siamo inventati il paragone, lo ha cavato dalle statistiche Coldiretti, che ha rilevato come il prezzo della benzina alla pompa ha raggiunto quello di un chilo di lattuga (1,90 euro al chilo) e superato quello di broccoli, appunto, (1,75 euro al chilo), dei finocchi (1,65 euro al chilo) e delle arance tarocco (1,60 euro al chilo) tartassate dagli effetti del maltempo delle ultime settimane. Secondo Coldiretti è l’effetto più evidente dei cambiamenti in atto nella distribuzione della spesa degli italiani, per i quali la spesa per trasporti, combustibili ed energia elettrica ha sorpassato quella per gli alimentari e le bevande. Potessimo far camminare le auto con il succo d’arancia… metterebbero le accise anche su quello.

Coldiretti: possibili 43mila nuove imprese

“La privatizzazione dei terreni agricoli di proprietà dello Stato, con la prelazione a favore dei giovani agricoltori, potrebbe portare alla nascita di 43mila nuove imprese“, è  quanto stima la Coldiretti in riferimento alle misure contenute nel decreto legge sulle liberalizzazioni, in occasione della diffusione dei dati Istat sulla disoccupazione giovanile.

“All’articolo 66 il decreto sancisce positivamente – sottolinea la Coldiretti – l’avvio dell’operazione di dismissione dei terreni demaniali da effettuare con la prelazione per i giovani imprenditori agricoli nelle procedure di alienazione, che dovranno essere effettuate attraverso aste pubbliche sopra i centomila euro con l’obbligo di conservare la destinazione agricola per venti anni. Lo Stato è proprietario in Italia di 338mila ettari di terreni agricoli, gestiti attraverso amministrazioni ed enti pubblici, che potrebbero essere venduti agli agricoltori, sulla base di una analisi della Coldiretti dei dati del Censimento Istat del 2010″.

“Dal ritorno delle terre pubbliche agli agricoltori che le coltivano possono nascere nuove imprese o, in alternativa, essere ampliate quelle esistenti, come testimonia il fatto che il 50 per cento delle imprese agricole condotte da giovani “chiede” la disponibilità di terra in affitto o acquisizione, secondo una indagine Coldiretti/Swg – ha affermato Vittorio Sangiorgio, delegato nazionale dei giovani della Coldiretti. In Italia – ha ricordato Sangiorgio – quasi un giovane su dieci sceglie di fare impresa in agricoltura dove si contano ben 65mila imprese agricole condotte da under 35 su un totale di 720mila al primo gennaio 2011, secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Unioncamere. L’agricoltura – ha concluso il Delegato dei giovani della Coldiretti – si classifica al terzo posto dopo costruzioni e commercio tra le attività imprenditoriali preferite dai giovani ed è l’unico settore che non ha visto diminuire la presenza percentuale di giovani imprenditori agricoli under 30 negli ultimi quindici anni”.

Fonte: agenparl.it

Calice d’oro per il vino Made in Italy

di Alessia CASIRAGHI

E’ il preferito dai tedeschi, dagli americani e strano ma vero, anche dai cinesi. Il vino italiano è davvero da record: nel 2011 si è registrato il più alto fatturato in assoluto nelle esportazioni del mondo. Un giro d’affari del valore complessivo di 4 miliardi.

E mentre star di Hollywood e magnati dell’economia si contendono ettari di vigneti nel nostro territorio, l’analisi condotta da Coldiretti sul commercio estero del vino italiano nel 2011 evidenzia un aumento del 14% del fatturato rispetto al 2010.

Segnali più che positivi, che segnano un trend ottimale per l’economia italiana e riconfermano il prodotto vinicolo come la voce più importante dell’export agroalimentare nazionale. In Europa l’aumento delle esportazioni di vino italiano è aumento del 13%, e la Germania in testa tra i paesi comunitari che apprezzano il nettare di Bacco Made in Italy.

Un quarto del fatturato derivante dalle esportazioni arriva invece dagli Usa, con un aumento del 17% nel 2011, mentre a raddoppiare le vendite ci ha pensato la Cina, con un +87 %.

“Il risultato sui mercati esteri è di buon auspicio per la vendemmia appena conclusa – sottolinea la Coldiretti. – Una vendemmia di buona qualità ma su livelli produttivi da minimo storico con un calo record della produzione di vino del 14 per cento per una produzione stimata attorno ai 40 milioni di ettolitri”.

Come conseguenza del crollo della vendemmia, l’Italia perde il primato riguardo alla quantità di vino prodotta, a favore invece della Francia, che da sola produrrà nel 2012, 50,2 milioni di ettolitri di vino. Il rischio per l’Italia è anche di essere bypassata dalla Spagna con un totale di 39,9 milioni di ettolitri.

Imprese agricole contro l’IMU

Oltre ai terreni anche stalle e i fienili, gli annessi rustici, i capannoni per ricovero attrezzi: l’IMU non risparmia neanche quelli che sono di fatto i mezzi di produzione per le imprese agricole. Per questo le associazioni di categoria del settore (Cia, Coldiretti, Copagri, Confagricoltura) hanno scritto a tutti i Sindaci del Veneto invitandoli ad applicare la facoltà, stabilita per legge, di ridurre fino al 50% la nuova tassa soprattutto per gli agricoltori che coltivano direttamente il fondo.

L’intervento presso le amministrazioni pubbliche è volto a scongiurare la scomparsa di un tessuto di imprese che crea occupazione, garantisce l’equilibrio idrogeologico e la produzione di tipicità che fanno la ricchezza agroalimentare unica al mondo. “Vogliamo richiamare alla stessa sensibilità tutti i primi cittadini – hanno detto i presidenti delle organizzazioni – perchè non è possibile trattare un bene che produce reddito attraverso la sua coltivazione come un bene che viene acquisito per intenti speculativi da parte di soggetti terzi rispetto al mondo agricolo”.

A livello nazionale è stato già avviato un confronto serrato con il Governo al fine di differenziare i parametri riducendo l’aggravio per gli imprenditori iscritti come coltivatori diretti alla previdenza Inps. Ma l’entità della manovra rimane un vero e proprio salasso dove i valori del prelievo triplicano. Cia, Coldiretti, Confagricoltura, Copagri intraprendono un’azione unitaria per tutelare l’agricoltura colpita da tassazioni che minano seriamente la competitività del comparto: la superficie agricola, le strutture connesse all’attività sono strumenti di lavoro e non capitali rifugio per investitori. Un occhio di riguardo dunque, a chi con la terra ci lavora e non vive di rendita fondiaria.

Fonte: Agenparl.it

Niente crisi per il vino

di Vera MORETTI

La crisi non passa dal vino: dopo un 2010 brillante, con esportazioni dei vini italiani che avevano portato ad un fatturato di 3,7 miliardi di euro, per un incremento del 9% rispetto all’anno precedente, anche il 2011 ha registrato risultati positivi, con un fatturato che si è assestato a 4 miliardi di euro e un ulteriore +14%.

I dati resi noti da Coldiretti, dunque, confermano che il vino rappresenta un vero e proprio traino per l’economia italiana, nonché un fiore all’occhiello del Made in Italy.

Si beve italiano soprattutto in Europa, meta dell’oltre 50% delle esportazioni, e se consideriamo la spietata concorrenza dei vini francesi, va da sé che si tratta di un risultato più che egregio.
I maggiori estimatori dei sapori italiani, anche quando si tratta di brindare, sono i tedeschi, in realtà dei veri aficionados di tutto ciò che arriva dal Belpaese.

A contribuire a queste annate positive c’è anche la Cina, che quest’anno, con un sorprendente +102%, è stata la vera protagonista del mercato, insieme alla Russia, la quale mantiene le sue richieste in costante crescita.

A “tenere banco” sono soprattutto i vini DOC, che rappresentano il 60% del totale, segno che il marchio di origine controllata viene preteso dalla maggioranza della nostra clientela estera. Per evitare cattiva pubblicità, nonché perdita di credibilità dei prodotti italiani, è sicuramente la condotta più giusta.

Allarme etichette bugiarde

Tre cartoni su quattro di latte Uht presenti nei nostri supermercati sono di importazione; la maggior parte dei prosciutti – due su tre – sono prodotti con cosce di animali di importazione, ad esclusione di quelli a denominazione di origine; metà delle nostre mozzarelle e dei nostri formaggi, non a denominazione di origine, non sono prodotti in Italia ed un terzo della nostra pasta, venduta nel nostro Paese, è fatta con grano saraceno. Eppure tutti vengono venduti come prodotti italiani. Sono solo alcuni esempi che danno un’idea di quanto sia esteso nel settore agroalimentare italiano – un settore d’oro, ricorda la Coldiretti, che in valore assoluto produce nel nostro paese circa 150 miliardi di euro di fatturato – il fenomeno della contraffazione.

I risultati emergono dal lavoro d’indagine della Commissione parlamentare d’inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale, che ha approvato una relazione specifica sui reati nel settore agroalimentare, in questi giorni al vaglio dell’Aula di Montecitorio. Perchè dell’argomento se ne occupi il Parlamento con una commissione ad hoc è presto detto: i danni provocati da questo tipo di reati sono ingenti, per i produttori e per i consumatori. Nell’ultimo triennio – e a parlare chiaramente sono sempre i numeri – i reparti della Guardia di Finanza hanno sottoposto a sequestro oltre 3.700 tonnellate di merci e quasi 6 milioni e mezzo di litri di prodotti alimentari contraffatti o comunque recanti un’etichettatura ingannevole sull’origine o sulla qualità del prodotto. “Naturalmente si tratta non di prodotti di alta qualità – si precisa nella relazione del Parlamento -, ma comunque destinati ai nostri supermercati senza alcuna indicazione riferita all’origine o che ne caratterizzi la qualità”.

La cronaca, ancora meglio dei numeri, racconta la reale portata del fenomeno. A Salerno, ad esempio, sono stati sequestrati quasi 100 mila litri di olio destinati al mercato italiano e a quelli statunitense e canadese. Le bottiglie riportavano un’etichetta doppiamente ‘bugiarda’: non si trattava di olio extravergine di oliva nè, soprattutto, di olio italiano bensì spagnolo. Dell’immagine italiana si abusa anche quando si parla di formaggi: a giugno a Taranto sono state sequestrate oltre 24 tonnellate di formaggio proveniente da Amburgo e destianato al mercato libico, che riportava sull’etichetta la denominazione ‘mozzarella’, con il tricolore italiano e altri segni distintivi nazionali come gli scavi di Pompei. Contraffazioni a go go anche per i pomodori, specie per i San Marzano.

“Si tratta di un settore che merita particolare attenzione – fanno notare i commissari nella loro relazione – perché alcune statistiche indicano come l’importazione di pomodoro di origine extra Unione europea sia incrementata nell’ultimo anno del 187 per cento, con la conseguente possibilità di un crescente utilizzo fraudolento dell’alimento in produzioni dichiarate nazionali”. Non va meglio nel settore vinicolo, dove la contraffazione non ha risparmiato nemmeno vini di qualità come il Sassicaia e l’Amarone della Val Policella Docg. Dal 2007 al 2009 le bottiglie di finto Amarone vendute sono state circa 1.200.000, per un guadagno illecito di circa 2.500.000 euro.

Fonte: agenparl.it

Italiani, con la crisi più attenti agli sprechi

Se c’è una cosa positiva che questa crisi infame ha portato è senza dubbio una maggiore consapevolezza nei consumi e una più elevata attenzione agli sprechi. Due fattori che sono testimoniati anche dai risultati dell’indagine Coldiretti-Swg sul cambiamento dei comportamenti d’acquisto con la crisi, dalla quale si evidenzia che ben 3 italiani su 4 (72%) danno maggiore attenzione alla spesa rispetto al passato.

Il 57% degli italiani ha ridotto lo spreco di cibo per effetto della crisi e tra questi il 47% lo ha fatto – sottolinea Coldiretti – facendo la spesa in modo più oculato: il 31% ha ridotto le dosi acquistate, il 24% ha utilizzato ciò che avanza per il pasto successivo e il 18% guarda con più attenzione la data di scadenza dei prodotti.

Secondo Coldiretti si tratta di una tendenza positiva in un Paese come l’Italia dove, a causa degli sprechi, dal campo alla tavola viene perso cibo per oltre dieci milioni di tonnellate pari a un valore di 37 miliardi.

Il 61% degli italiani confronta con più attenzione i prezzi, il 59% guarda alle offerte 3×2 ma il 43% si accerta comunque della qualità dei prodotti e una percentuale analoga ne verifica la provenienza. Emerge quindi una tendenza alla ricerca del miglior rapporto prezzo-qualità per l’alimentazione, davanti alla vastità dell’offerta sugli scaffali ma, continua Coldiretti, solo il’16% degli italiani dichiara di aver ridotto la spesa o rimandato gli acquisti alimentari.

Se un litro di gasolio costa più di un litro di latte

di Alessia CASIRAGHI

Nel 2012 ogni 1.000 euro di spesa per famiglia italiana, 191 se ne andranno in trasporti, combustibili ed energia elettrica mentre 190 in alimentari e bevande. E’ la prima volta che la spesa dell’energia supera quella alimentare. A renderlo noto un’analisi condotta da Coldiretti sulla base dei dati Istat relativi all’aumento stimato del 2,8 % dell’inflazione nel 2011.

I dati relativi allo scorso anno hanno fatto registrare un aumento record dei prezzi per trasporti, combustibili ed energia – complice la benzina alle stelle – mentre l’aumento per gli alimentari e’ rimasto contenuto al 2,4 %, al di sotto dell’inflazione media registrata.

Nel solo mese di dicembre i prezzi del ‘fresco’, vale a dire frutta, carni e verdure, sono addirittura scesi dello 0,2%. Ad assorbire buona parte dei rincari, fa sapere Confagricoltura, i produttori agricoli, visto “il forte incremento tendenziale dei prodotti energetici, saliti nel 2011 dell’11,3%”.

Sempre a dicembre 2011, rispetto allo stesso mese del 2010, gli aumenti della spesa energetica sono stati del 15,8 % per la benzina, del 24,3 % per il gasolio da autotrasporto e del 16,8 % per il riscaldamento, mentre i trasporti aerei passeggeri sono lievitati del 18,3 % come quelli marittimi, seguiti da quelli ferroviari aumentati del 9,8 %.

In breve un litro di gasolio costerà di più di un litro di latte o di un chilo di pasta. E se nel 2012, come rende noto il Codacons, il costo della vita aumenterà di 1.059 euro per una famiglia media italiana, le previsioni sono tutt’altro che rosse: “Bisogna evitare il rischio reale che le famiglie italiane per far fronte ai rincari energetici – sottolinea Coldiretti – siano costrette a risparmiare con l’acquisto di cibo a basso prezzo, a cui può corrispondere anche bassa qualità e rischi per la salute”.