Bonus locazione può compensare IMU?

I contribuenti che hanno maturato o acquisito un credito di imposta hanno la possibilità di sfruttarlo per pagare meno tasse, ovverosia per portarlo in compensazione con i debiti fiscali. Questo in linea generale fermo restando che, in base anche al tipo di credito di imposta, per le operazioni di compensazione ci sono delle regole e spesso anche delle scadenze da rispettare. Per esempio, il cosiddetto bonus locazione si può sfruttare per pagare l’IMU proprio attraverso un’operazione di compensazione tra i crediti ed i debiti fiscali?

Come e quando si può compensare il bonus locazione con il pagamento dell’IMU

In effetti, sotto determinate condizioni, il bonus locazione si può portare in compensazione con il pagamento dell’IMU. E questo accade, per esempio, quando per il canone di locazione di immobili non abitativi il locatario cede al proprietario il bonus.

Pur tuttavia, il bonus locazione può compensare l’IMU da pagare rispettando le tempistiche previste. Al riguardo, infatti, per pagare l’IMU compensando con il bonus locazione è necessario sfruttare il credito di imposta entro e non oltre il 31 dicembre dell’anno in corrispondenza del quale è stata comunicata la cessione del credito.

Quali sono le caratteristiche del bonus locazione e quando è stato istituito

Il bonus locazione, con il decreto legge numero 34 del 2020, ovverosia con il cosiddetto Decreto Rilancio, in corrispondenza dell’articolo numero 28, è stato istituito come credito di imposta per i mesi di marzo, di aprile e di maggio del 2020. E poi è stato ripristinato dal Governo Italiano, guidato dal premier Mario Draghi, con il cosiddetto Decreto Sostegni bis.

Il bonus affitti non è altro che un credito di imposta pari al 60% dei canoni di locazione per immobili ad uso non abitativo che, in particolare, sono destinati allo svolgimento di attività industriale, commerciale, artigianale ed anche agricola. Il bonus locazione spetta pur tuttavia a patto di aver subito una diminuzione del fatturato che, pari ad almeno il 50% con il Decreto Rilancio, è stata poi abbassata dal 50% ad almeno il 30% con il Decreto Sostegni bis.

Cosa succede al bonus affitto se non viene utilizzato ai sensi del dl 34/2020

Ai sensi del sopra citato dl 34/2020, ed in particolare dell’articolo 122 in corrispondenza del comma 3, bisogna in ogni caso fare molta attenzione alla fruizione del bonus affitto nei termini previsti. Al riguardo, infatti, ai sensi di legge i cessionari utilizzano il credito di imposta con le stesse modalità con le quali sarebbe stato utilizzato da parte dei soggetti cedenti.

Il che significa, nello specifico, che il credito di imposta che è rappresentato dal bonus locazione, se non utilizzato entro il 31 dicembre dell’anno in corrispondenza del quale è stata comunicata la cessione, questo non potrà poi essere utilizzato, chiesto a rimborso oppure ceduto negli anni successivi.

Per la cessione del credito di imposta a terzi, rappresentato dal bonus locazione, ricordiamo infine che la procedura corretta è quella prevista online dal Fisco. Ovverosia accedendo alle apposite funzionalità che sono messe a disposizione dal sito Internet dell’Agenzia delle Entrate accedendo tramite le credenziali alla propria area riservata.

Rete Imprese Italia: Imu, ci saremmo aspettati di più

 

Una nota appena diffusa sa Rete Imprese Italia commenta i provvedimenti adottati nei giorni scorsi dal Consiglio dei ministri sul fronte Imu: “Da questo governo ci saremmo aspettati sicuramente di più. Lasciare immutata l’Imu sugli immobili strumentali non è stata una bella sorpresa e anche la parziale deducibilità dal reddito non produrrà apprezzabili benefici. Per questo continuiamo a chiedere l’esenzione Imu per la totalità delle imprese”.

“Con altrettanta franchezza – prosegue la nota – diamo atto al governo di aver m imuantenuto gli impegni di abolire l’Imu sugli immobili invenduti e di rifinanziare gli ammortizzatori in deroga, benché le modalità di questo rifinanziamento appaiano sbagliate. Ancora una volta, infatti, le imprese, attraverso il prelievo delle risorse destinate alla decontribuzione del costo del lavoro, sono chiamate a sostenere una prestazione che dovrebbe gravare sulla fiscalità generale”.

Niente fondi per l’Iva, l’imposta aumenterà

 

Dunque è quasi ufficiale: la ricerca fondi necessaria per scongiurare il passaggio dell’aliquota dal 21 al 22% è miseramente fallita. Se, come ormai è scontato, il governo presieduto dal premier Letta non fosse in grado di reperire un miliardo per rinviare a gennaio il rincaro, dopo averlo già spostato da luglio al primo ottobre, si potrebbe prendere in considerazione l’ipotesi di includere nel rincaro anche prodotti oggi inclusi nel paniere agevolato del 10%. In questo momento tutti i fondi reperiti e reperibili sono dirottati sull’Imu, tralasciando colpevolmente il fronte Iva. Anche perché, come fanno notare fonti interne all’esecutivo, cancellare definitivamente l’aggravio di un punto costerebbe alle già malsane casse dello Stato all’incirca 4 miliardi l’anno. Inoltre, più volte l’Europa ha raccomandato all’Italia di spostare il peso fiscale dal lavoro alla case e alle cose. Tradotto: cuneo fiscale più leggero, ma Imu e Iva eventualmente più pesanti. Nessuna speranza però di uno “sconto” per auto, scarpe, abbigliamento, computer, tv, cellulari, benzina: sono e rimarranno, bene che vada, al 21 o al 22% ad ottobre.

Imu, a breve la scadenza della seconda rata

Si avvicina la scadenza della seconda rata Imu. C’è tempo fino al 17 settembre per pagarla, nonostante su circa 16 milioni di contribuenti che hanno versato l’imposta a giugno, solo il 5,5% ha dilazionato in tre tranche il pagamento: giugno, settembre e saldo a dicembre.

L’Imu più pesante tocca ai Comuni di Bologna (293 Euro), Milano (269 Euro) e Genova (227 Euro), a seguire Torino (224 euro), Roma (199 euro) e Bari (196 euro), per un importo medio da versare all’erario è di 131 euro.

Anche l’acconto di settembre, così come la prima rata, è pari a 1/3 dell’importo totale, ottenuto applicando l’aliquota ordinaria del 4 per mille con la detrazione di 200 euro (elevabile di 50 euro per ogni figlio di età inferiore a 26 anni convivente con il contribuente).

Entro il 16 dicembre il contribuente dovrà infine versare il saldo sulla base delle aliquote definitive deliberate (entro il 30 settembre) dal proprio comune. In sostanza si dovrà ricalcolare il debito Imu totale sulla base delle aliquote decise dal comune, sottrarre gli acconti pagati a giugno e a settembre e versare la differenza a saldo.

Tra i Comuni capoluogo di Regione, i differenziali di imposta più elevati sono a Venezia e a Cagliari (+82%), Torino (+75%), Napoli (+69%), Roma (+66%) e Milano (+62%). In comuni come Macerata (-7%), Lucca (-19%), Latina (-44%) e Belluno (-52%) la situazione è inversa, segno che nei capoluoghi più piccoli si paga in media più che nei grandi.