In Liguria, oltre 6.500 pmi rischiano di chiudere

E’ un brutto momento per le piccole e medie imprese liguri: la situazione, a causa della crisi, è talmente drammatica, che oltre 6.500 pmi rischiano la chiusura entro il primo trimestre 2014, e 20mila lavoratori rischiano di perdere il posto.

Questi dati, stupefacenti quanto drammatici, sono stati resi noti dal Comitas, l’associazione che riunisce le microimprese nazionali e che ha voluto tracciare il bilancio delle piccole attività alle prese con la crisi.

Ciò che determina il rischio chiusura di così tante aziende è, in primo luogo, il calo dei consumi, ma anche l’aumento della pressione fiscale e le difficoltà nell’accesso al credito bancario, diminuito del 10% nell’arco di un solo anno.

Ma il futuro è reso ancora più incerto dalla Spada di Damocle dell’aumento dell’Iva: se l’aliquota passasse dal 21 al 22%, infatti, i consumi della regione calerebbero ulteriormente, con un’incidenza preoccupante per le imprese artigiane, che secondo l’associazione dovrebbero essere supportate con sgravi fiscali e semplificazioni burocratiche.

Vera MORETTI

Aumento Iva, Confcommercio: 26mila negozi a rischio

A causa del previsto aumento dell’Iva dal 21% al 22% ben 26mila negozi rischiano di sparire entro la fine del 2013.

A lanciare l’allarme è l’Ufficio studi di Confcommercio, che rivede la previsione del saldo natalità-mortalità delle imprese del commercio al dettaglio alla luce dell’aumento dell’Iva. Un aumento che riguarda circa il 70% dei consumi totali e che sarebbe una mazzate per imprese e famiglie.

Se il Governo andrà avanti con l’aumento dell’Iva, gli aggravi di imposta sui portafogli delle famiglie italiane saranno pari a 2,1 miliardi di euro nel 2013 e 4,2 miliardi nel 2014.

Secondo Confcommercio, l’aumento dell’Iva potrebbe portare 26mila imprese del settore ad abbassare una volta per tutte le saracinesche. Ecco perché il presidente dell’associazione, Carlo Sangalli, ha chiesto di “evitare un’altra calamità sui consumi“, perché la domanda “che fra investimenti e consumi, muove l’80 per cento del Pil, ora è ferma: alzare l’aliquota significa assestarle un ultimo, letale, colpo. Alle aziende in crisi serve un segnale forte è quel segnale non c’è“.

Basterà questo ennesimo grido a far suonare un campanello d’allarme nella testa del governo?

Aumento Iva, altro che entrate record!

Volete sapere che cosa succederà davvero alle casse dello Stato con l’aumento dell’Iva al 22%? Altro che recuperare quella bella cifra tra i 2 e i 4 miliardi di euro che si aspetta il governo. L’effetto sarà ben altro e la manovra rischia di essere del tutto inutile, se non addirittura dannoso per l’Erario.

Secondo il presidente di Confesercenti Marco Venturi, l’aumento dell’aliquota ordinaria Iva, previsto per l’1 luglio prossimo, potrebbe portare a una diminuzione del gettito di 300 milioni di euro. Una stima che porta Venturi e la sua associazione a bocciare l’innalzamento al 22% dell’imposta, definendolo “l’ennesimo passo falso” in materia fiscale.

Secondo Confesercenti, le stime sono state effettuate a parità di transazioni, mentre alcuni beni interessati dalla modifica dell’aliquota, hanno dei trend di vendita in calo anche del 10%, una percentuale che l’aumento dell’Iva potrebbe deprimere ulteriormente. Caso mai, secondo l’associazione l’obiettivo dovrebbe essere quello di stimolare i consumi, riportando l’aliquota ordinaria al 20%, come era fino all’agosto del 2011.

Il gettito necessario a coprire questo ammanco non dovrebbe essere trovato, come al solito, innalzando aliquote o introducendo nuove tasse, ma intervenendo su sprechi ed evasioni. In occasione dell’assemblea elettiva di Confesercenti Toscana, Venturi è stato chiaro: “Lasciate perdere l’Iva e colpite con decisione la corruzione denunciata da tempo immemorabile dalla Corte dei Conti ed il fenomeno del sommerso che inquina, con la presenza della criminalità, l’economia e la convivenza civile. In questo modo daremmo maggior respiro ai conti pubblici e più forza al valore della legalità“.

Dal 2007 ad oggi – ha proseguito Venturi, per effetto del rigonfiamento monetario dei redditi, il Fisco ha incassato ingiustificatamente 10 miliardi di euro in più di imposte, circa 530 euro a nucleo familiare. Si deve stare molto attenti a non far salire ancora la rabbia dei piccoli imprenditori, che è già da tempo ai livelli di guardia“. E ditelo a noi di Infoiva, che ogni giorno ascoltiamo questo grido di rabbia…

Su l’Iva, giù i consumi

Un’altra voce ferocemente contraria all’aumento dell’aliquota Iva al 22% previsto per luglio è quella di Comitas, l’associazione italiana delle microimprese. Secondo l’associazione il punto percentuale in più determinerà, a regime, una stangata per le famiglie italiane fino a 349 euro annui. Ecco perché Comitas ha chiesto al Governo Letta di bloccare il provvedimento, che “rappresenterebbe una disgrazia per cittadini e imprese”.

In base ai calcoli di Comitas, l’aumento dell’Iva peserà in modo particolare sui nuclei familiari composti da 5 persone, determinando a parità di consumi rispetto allo scorso anno, un aggravio di spesa pari a 349 euro su base annua. Le famiglie con 4 componenti dovranno invece beccarsi una maggiore spesa di circa 279 euro annui, contro i 209 euro di un nucleo di 3 persone.

A questi dati, secondo Comitas, è necessario aggiungere gli effetti negativi che l’incremento dell’Iva determinerà sui consumi: con tutta probabilità le famiglie reagiranno al rincaro dei prezzi riducendo gli acquisti, con un’ulteriore contrazione dei consumi compresa tra il -2,5% e il -3%.

Proprio la riduzione dei consumi aggraverebbe lo “stato comatoso” di migliaia di esercizi commerciali, che pagano il prezzo di acquisti costantemente in declino e un potere d’acquisto degli italiani che è ormai ridotto al lumicino: se non sarà evitato l’aumento dell’Iva di luglio, conclude Comitas, almeno 50mila negozi saranno costretti a chiudere i battenti entro la fine dell’anno.

d.S.