Qual è la differenza tra misuratore fiscale e registratore telematico

In Italia gli operatori del commercio al minuto, e quelli delle attività assimilate, sono chiamati ai sensi di legge, ed ai fini fiscali, a registrare ed a certificare i corrispettivi. Ed a trasmetterli al Fisco. Vediamo allora, tra gli scontrini fiscali, le ricevute fiscali ed i documenti commerciali, quali sono gli obblighi per gli esercenti l’attività di commercio al minuto. Partendo, in particolare, dalla differenza sostanziale che c’è tra il misuratore fiscale ed il registratore telematico.

Dal misuratore fiscale al registratore telematico dei corrispettivi per i commercianti

Nel dettaglio, il misuratore fiscale è il vecchio apparecchio che in passato veniva utilizzato dai commercianti per il rilascio degli scontrini fiscali. Mentre il registratore telematico, essendo dotato di modulo fiscale, è in grado di memorizzare e di certificare in automatico i corrispettivi. E di trasmetterli in modalità telematica all’Agenzia delle Entrate.

L’introduzione in Italia del misuratore fiscale è davvero di vecchia data. In quanto è stato istituito nel 1983 prima con la legge del 26 gennaio, e poi con il successivo Decreto ministeriale nel mese di marzo dello stesso anno in accordo con quanto riporta il sito Internet dell’Agenzia delle Entrate.

L’introduzione del registratore telematico, invece, è partita nel 2019 al fine di sostituire gradualmente proprio il misuratore fiscale. Passando così dall’emissione degli scontrini e delle ricevute fiscali all’emissione del documento commerciale. Che si può emettere solo con il registratore telematico oppure attraverso una procedura web. E questo al fine di rispettare, verso l’Agenzia delle Entrate, l’obbligo di certificazione dei corrispettivi attraverso la memorizzazione e la trasmissione telematica.

Come mettersi in regola con la trasmissione telematica dei corrispettivi

Essendo quello della trasmissione telematica dei corrispettivi un obbligo, gli esercenti attività di commercio al minuto, al fine di essere in regola con il Fisco, possono adattare il vecchio registratore di cassa rendendolo un registratore telematico. Oppure possono acquistare un nuovo registratore telematico. E comunque, in entrambi i casi, l’esercente ai fini fiscali può beneficiare della maturazione di un credito di imposta.

L’obbligo di utilizzo del registratore telematico, con la trasmissione dei corrispettivi all’Agenzia delle Entrate, non è inoltre legato ai ricavi. Tutti, infatti, devono rispettare tale obbligo indipendentemente da quello che è il volume d’affari per l’attività commerciale di vendita al minuto esercitata.

Bonus trasporti 2022: chi può riceverlo e a quanto ammonta?

Il decreto Aiuti 2022 porta molte novità per le famiglie e tra questi vi è il bonus trasporti che consente di avere fino a 60 euro per ogni componente della famiglia. Ecco come accedere.

Bonus Trasporti tra le misure per contrastare gli effetti dell’inflazione

Le famiglie in questi mesi sono in costante lotta contro l’aumento dei prezzi e sempre più spesso fanno fatica ad arrivare a fine mese. Proprio per questo il Governo sta mettendo a punto una serie di iniziative che tentano di aiutare le famiglie senza però andare a una svalutazione del denaro che sarebbe conseguente a un aumento generalizzato degli stipendi.

Nell’attesa che entro la fine del 2022 (come da previsioni) la corsa dei prezzi si arresti, sono diversi gli aiuti che arrivano alle famiglie, tra questi vi sono il taglio delle accise sui carburanti che continuerà fino all’8 luglio 2022, ne abbiamo già parlato nell’articolo: Taglio accise carburanti: proroga fino all’8 luglio e novità per il metano.

Inoltre nel mese di luglio pensionati e lavoratori potranno ricevere il bonus di 200 euro una tantum, si sta provvedendo a un nuovo bonus internet e a tanti aiuti alle imprese. Ricordiamo che ora è possibile richiedere il contributo per il commercio al dettaglio.

In cosa consiste il Bonus Trasporti?

Fatta questa lunga premessa, vediamo in cosa consiste il bonus trasporti e come richiederlo. Il Bonus è riservato alle famiglie che nel 2021 hanno dichiarato un reddito inferiore a 35.000 euro. Si parla di reddito corrente e non di reddito ISEE e si farà riferimentoi ai dati della CU o della dichiarazione dei redditi. Prevede la possibilità di richiedere un buono del valore massimo di 60 euro a rimborso dei costi sostenuti per l’abbonamento a servizi di trasporto pubblico locale, regionale o interregionale e per il trasporto ferroviario nazionale. Non è previsto il rimborso per trasporto aereo.

Ogni membro della famiglia può presentare la domanda per ottenere il bonus trasporti previsto nel decreto aiuti 2022. Questo implica che una famiglia di 4 persone potrebbe usufruire di uno rimborso fino a 240 euro. Deve essere però sottolineato che il Bonus Trasporti, da quanto trapela, dovrebbe essere utilizzabile per un solo acquisto. Ciò sicuramente limita il potenziale aiuto che dovrebbe arrivare da tale misura, ma con un po’ di furbizia si può riuscire comunque a sfruttarlo per intero. Ad esempio optando per l’acquisto di un abbonamento bimestrale e non mensile o addirittura annuale.

Posso già chiedere il Bonus Trasporti 2022?

Come le diverse misure previste in via urgente all’interno dei decreti legge, anche per il bonus trasporti sarà necessario attendere l’emanazione di un decreto attuativo. In esso saranno indicate le modalità operative che consentiranno di ottenere il beneficio. Molto probabilmente sarà attivata una piattaforma online a cui accedere con le proprie credenziali SPID, CIE o CNS ( purtroppo alcune piattaforme sono accessibili solo con SPID) e la stessa dovrebbe essere gestita dal Ministero dei Trasporti. Il fondo messo a disposizione è di 100 milioni di euro per il 2022 e questo implica che le domande saranno esaminate in ordine di arrivo. Sono in molti ad attendere un clic day, infatti il limite del fondo fa immaginare una potenziale incapienza.

Seguiranno aggiornamenti appena il Governo indicherà le modalità operative per poter ottenere il Bonus Trasporti.

Commercio al dettaglio: aperta la piattaforma per accedere agli aiuti

Dal giorno 3 maggio 2022 è aperta la piattaforma per chiedere gli aiuti destinati a chi si occupa di commercio al dettaglio. Ecco chi può presentare la domanda, i termini e le modalità.

Chi può accedere ai fondi destinati al commercio al dettaglio?

Le agevolazioni in favore del commercio al dettaglio sono previste all’interno del decreto Sostegni Ter, naturalmente tra la previsione di un aiuto e il momento in cui lo stesso si concretizza, passa spesso molto tempo. Ora siamo arrivati al momento in cui è possibile chiedere gli aiuti. Gli stessi sono rivolti al commercio al dettaglio con codice Ateco: 47.19, 47.30, 47.43 e le attività dei gruppi 47.5 e 47.6, 47.71, 47.72, 47.75, 47.76, 47.77, 47.78, 47.79, 47.82, 47.89 e 47.99 .

Non basta il codice Ateco, che può essere definito requisito soggettivo, occorre anche il requisito oggettivo cioè avere registrato nel 2021 una perdita del 30% rispetto ai ricavi del 2019. Inoltre i ricavi non devono essere eccedenti i 2 milioni di euro.

Come presentare la domanda per all’accesso ai fondi destinati al commercio al dettaglio?

La domanda per accedere ai fondi destinati al commercio al dettaglio può essere presentata dalle ore 12:00 del giorno 3 maggio 2022 fino alle ore 12:00 del giorno 24 maggio 2022 utilizzando al piattaforma di Invitalia. Le risorse disponibili sono 200 milioni di euro.

La domanda deve essere presentata attraverso la piattaforma https://misedgiaicommerciodettaglio.invitalia.it

La domanda deve essere presentata dal rappresentante legale dell’impresa come risultante dal certificato camerale dell’impresa. Il rappresentante legale può conferire delega ad altro soggetto incaricato di presentare la domanda, ma ciò è possibile dopo un accesso alla piattaforma. Una volta compilata la domanda ed inoltrata, il sistema consente di scaricare la ricevuta della stessa in formato pdf, a questa deve essere apposta la firma digitale e dopo aver compiuto questo passo il documento deve essere nuovamente caricato sul sistema.

Per le richieste di contributo di importo superiore a 150.000 euro è necessario trasmettere anche l’autocertificazione per la richiesta della documentazione antimafia.

A quanto ammontano i contributi?

I contributi che si possono ottenere dipendono dall’ammontare dei ricavi del 2019 e quindi dalla perdita prodotta.

  • Per le imprese che nel 2019 hanno avuto ricavi non superiori a 400 mila euro il contributo può arrivare al 60% delle perdite;
  • per le imprese con ricavi nel 2019 tra 400.000 euro e un milione di euro, il contributo può arrivare al 50% delle perdite;
  • per ricavi da 1 a due milioni di euro il contributo può arrivare al 40% delle perdite.

Tali importi sono comunque potenziali, infatti molto dipende dalle domande che saranno presentate e dal limite visto di 200.000 euro.

Contributi a fondo perduto al commercio al dettaglio: quanto spetta ai negozi?

Aiuti alle imprese del commercio per il caro prezzi dell’energia e per le perdite dovute alla pandemia da Covid arrivano con i contributi a fondo perduto dei negozi al dettaglio e degli ambulanti. La misura assicurerà benefici per 200 milioni di euro nel 2022. Tra i beneficiari figurano, tra gli altri, i venditori, gli ambulanti, i negozi di abbigliamento e di calzature. È necessario aver subito una perdita del fatturato di almeno il 30% rispetto al 2019.

Contributi a fondo perduto per attività al dettaglio, quali negozi possono beneficiarne?

Per i contributi a fondo perduto alle attività commerciali al dettaglio si va dai negozi che vendono prodotti per utilizzo domestico agli articoli ricreativi e culturali, passando per l’abbigliamento e le calzature. Ma sono inclusi anche il commercio al dettaglio di orologi, di gioielli e di cosmetici. I contributi a fondo perduto sono previsti dall’articolo 2 del decreto legge numero 4 del 2022, cosiddetto “Sostegni ter”. Le attività beneficiarie devono essere identificate tramite specifici codici Ateco.

Contributi a fondo perduto negozi: come calcolare le perdite di fatturato del 2021 rispetto al 2019

La legge di conversione del decreto “Sostegni ter” ha apportato qualche modifica, soprattutto di tipo formale. Le attività beneficiarie dei contributi a fondo perduto della vendita al dettaglio devono aver raggiunto ricavi nel 2019 non eccedenti i due milioni di euro. La riduzione dei guadagni deve essere, invece, maggiore del 30% rispetto al 2019. Per la determinazione della riduzione dei fatturati è necessario far riferimento al comma 1, lettere a) e b) dell’articolo 85, del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir). Gli anni da rapportare sono il 2021 rispetto al 2019.

Calcolo di quanto spetta come contributo per le attività commerciali al dettaglio e ambulanti

La determinazione del contributo a fondo perduto spettante per le attività di vendita al dettaglio e per gli ambulanti passa per tre fasce di ricavi e di perdite. Lo prevede il decreto che determina il contributo spettante in base a una percentuale variabile che scaturisce dalla differenza tra il totale dei ricavi medi mensili del periodo di imposta 2021 e il totale dei ricavi medi mensili riferiti al periodo 2019.

Le tre fasce per determinare i contributi a fondo perduto delle attività commerciali al dettaglio

Sulla base della percentuale variabile dei contributi a fondo perduto spettanti alle attività commerciali al dettaglio, sono state determinate le tre fasce del:

  • 60% della perdita per le attività che nel 2019 non hanno superato i 400 mila euro di ricavi;
  • 50% per le attività che nel 2019 hanno prodotto ricavi tra i 400 mila euro e un milione di euro;
  • 40% per le attività che nel 2019 hanno prodotto ricavi tra uno e due milioni di euro.

Negozi di commercio al dettaglio e ambulanti, come presentare domanda per i contributi a fondo perduto?

Per la presentazione delle domande dei contributi a fondo perduto a favore delle attività e dei negozi al dettaglio, inclusi gli ambulanti, è necessario attendere il provvedimento in uscita del ministero per lo Sviluppo Economico (Mise). Il decreto ministeriale fisserà le modalità di erogazione dei contributi e gli altri parametri occorrenti per beneficiare degli aiuti. In ogni caso, la domanda dovrà essere presentata on line sul sito del Mise.

Requisiti per la presentazione delle domande dei contributi a fondo perduto per il commercio al dettaglio

Ai fini della presentazione delle domande dei contributi a fondo perduto per le attività commerciali al dettaglio e per gli ambulanti è necessario che l’impresa richiedente:

  • abbia sede legale oppure operativa in Italia;
  • risulti costituita, iscritta e attiva nel Registro delle imprese;
  • non sia incorsa in procedure di liquidazione volontaria, concorsuali e non sia già in difficoltà al 31 dicembre 2019, oltre a non avere sanzioni interdittive.

 

Nuovi contributi a fondo perduto commercio: ecco i negozi che otterranno gli aiuti

In arrivo nuovi contributi a fondo perduto per le imprese, le attività commerciali e, in particolare, i negozi colpiti dalla crisi dell’emergenza Covid. Si tratta dei fondi messi a disposizione dal governo nel decreto legge “Sostegni ter” che ammontano a 200 milioni di euro. Le domande di contributo dovranno essere presentate in via telematica sul portale del ministero per lo Sviluppo Economico (Mise). Essenzialmente a beneficiare dei nuovi finanziamenti saranno le varie attività di commercio al dettaglio che rientreranno nei requisiti di perdita di fatturato del 2021 rispetto al 2019.

Contributi a fondo perduto per attività e negozi commerciali: chi può presentare domanda?

I nuovi contributi a fondo perduto del decreto “Sostegni ter” andranno dunque a sostenere le attività commerciali che abbiano subito danni dall’emergenza Covid. L’elenco dei codici Ateco che otterranno gli aiuti del governo è contenuto nella Gazzetta ufficiale del 27 febbraio 2022. Si tratta delle attività che svolgono il commercio al dettaglio, in particolare:

  • in esercizi non specializzati (codice Ateco 47.19);
  • al dettaglio di carburante per autotrazione (codice Ateco 47.30);
  • apparecchiature audio e video in esercizi specializzati (codice Ateco 47.43);
  • articoli di abbigliamento (esercizi specializzati del codice Ateco 47.6);
  • articoli culturali e ricreativo (esercizi specializzati del codice Ateco 47.71).

Nuovi contributi a fondo perduto, quali sono i negozi ammessi e i codici Ateco?

Rientrano tra i negozi commerciali che possono richiedere i contributi a fondo perduto del decreto “Sostegni ter” le attività di commercio:

  • al dettaglio di calzature e di articoli in pelle (esercizi specializzati, codice Ateco 47.72);
  • articoli di profumeria, cosmetici, erboristeria (codice Ateco 47.75):
  • commercio di piante, fiori, fertilizzanti, semi, animali domestici, alimenti per animali domestici (codice Ateco 47.76);
  • articoli di gioielleria e orologi (negozi specializzati, codice Ateco 47.77);
  • commercio di altri prodotti a esclusione di quelli di seconda mano (codice Ateco 47.78);
  • prodotti di seconda mano (in negozio, codice Ateco 47.79).

Contributi a fondo perduto decreto “Sostegni ter”, sono ammessi gli ambulanti?

Anche gli ambulanti sono ammessi all’ottenimento dei contributi a fondo perduto previsti dal decreto “Sostegni ter” per gli aiuti alle attività commerciali danneggiate dall’emergenza Covid. In particolare, i contributi andranno:

  • alle attività che svolgono commercio al dettaglio dei prodotti tessili o dell’abbigliamento o delle calzature (codice Ateco 47.82);
  • commercio al dettaglio di altri prodotti (codice Ateco 47.89);
  • attività di “altro commercio al dettaglio al di fuori dei negozi, dei banchi e dei mercati ” (codice Ateco 47.99).

Contributi a fondo perduto 2022 per negozi e attività commerciali, quali sono i requisiti della domanda?

Il requisito essenziale per richiedere i contributi a fondo perduto spettanti alle attività commerciali e ai negozi degli aiuti del Sostegni ter riguarda il fatturato. Nel dettaglio, è necessario che il fatturato non abbia superato i due milioni di euro nell’anno 2019. Il secondo parametro da considerare è quello del calo di fatturato. Nel 2021 deve essersi registrato un calo di fatturato di almeno il 30% rispetto al 2019 in conseguenza, proprio, dell’emergenza Covid. Inoltre, l’attività commerciale deve avere la sede legale e operativa in Italia. Non devono essere in corso fasi di liquidazione e procedure concorsuali o sanzioni interdittive.

Quanto spetta di importo alle attività commerciali come ristoro a fondo perduto per l’emergenza Covid 2022?

L’importo del contributo a fondo perduto spettante a ciascuna attività commerciale e negozio come ristoro per la perdita di fatturato dovuta all’emergenza Covid è da calcolarsi con l’applicazione della percentuale pari alla differenza fra l’ammontare medio mensile dei ricavi del periodo di imposta del 2021 e l’ammontare medio mensile dei ricavi del 2019. Tale percentuale corrisponderà al 60% per le attività commerciali che abbiano conseguito ricavi nel 2019 non eccedenti i 400 mila euro; al 50% per fatturati nel 2019 tra i 400 mila euro e il milione di euro; al 40% per i ricavi tra 1 e 2 milioni di euro nel 2019.

Contributi a fondo perduto negozi e attività commerciali: come si presenta la domanda sul sito del Mise?

La domanda per ottenere i contributi a fondo perduto del decreto Sostegni ter deve essere presentata in via telematica sul portale del ministero per lo Sviluppo Economico. Le attività interessate dovranno indicare di possedere i requisiti richiesti per ottenere gli aiuti. Si è in attesa del relativo provvedimento del Mise che disciplini i termini e le modalità di presentazione dell’istanza on line.

 

Bando per le pmi marchigiane

Le imprese del commercio marchigiane sono al centro di un bando appena pubblicato dalla regione, rivolto, appunto, alle pmi attive in questo settore e a chi svolge attività di pubblico esercizio.

Per poter accedere ai contributi previsti, relativi dunque alle piccole e medie imprese del commercio al dettaglio e della somministrazione di alimenti e bevande, specialmente se le attività sono nate dopo il 1 gennaio 2014 e titolari sono giovani under 35.

Sono previsti contributi in conto capitale pari al 15% delle spese, fino a un massimo di 80mila euro. I progetti devono essere portati a termine entro sei mesi dalla pubblicazione della graduatoria.

Giorgio Fiori, direttore di Confcommercio, ha presentato il bando 2015: “Il nuovo bando regionale per il commercio rappresenta evidentemente una eccellente opportunità che le imprese commerciali di Ascoli e del Piceno tutto non dovrebbero lasciarsi sfuggire poiché per crescere ed essere al passo con i tempi, in un mercato sempre più difficile, è necessario investire, pur se gli attuali tempi di crisi consiglierebbero tutt’altro“.

Le domande per poter beneficiare dei contributi possono essere presentate fino al 30 settembre.

Vera MORETTI

Effetto Expo, cresce il commercio al dettaglio a Milano

Chiamatelo come volete: effetto Expo 2015, ripresina, ripartenza. Fatto sta che tra Milano città e area metropolitana nei primi tre mesi dell’anno, quelli che hanno portato dritti a Expo 2015, si è assistito a un generale risveglio del commercio al dettaglio, anche se leggero. Lo testimonia un’elaborazione della Camera di commercio di Milano sui dati del registro delle imprese al primo trimestre 2015 e quarto trimestre 2014.

Nello specifico, sono 18.228 le imprese del commercio al dettaglio a Milano città nel 2015, +1% in tre mesi. Prevalgono le attività legate al commercio al dettaglio ambulante di tessuti, articoli per la casa o di abbigliamento (1.129 imprese), gli ambulanti di bigiotteria (1.006), il commercio al dettaglio di articoli di abbigliamento in esercizi specializzati (960), gli ambulanti di prodotti nca (708), i minimercati (687) e le attività legate al commercio al dettaglio via internet (626).

Estendendo lo sguardo alla provincia di Milano, sono 31.768 le imprese attive impiegate nel commercio al dettaglio al primo trimestre 2015. Erano 31.657 a fine 2014 (+0,4%) e 31.170 a fine 2013 (+2%). Per tipologia di impresa, nell’area metropolitana di Milano prevalgono le attività legate al commercio al dettaglio ambulante di tessuti, articoli per la casa o di abbigliamento (2.257 imprese), il commercio al dettaglio di articoli di abbigliamento in esercizi specializzati (1.464), i minimercati (1.275), gli ambulanti di bigiotteria (1.185), il commercio al dettaglio di prodotti del tabacco in esercizi specializzati (1.164) e il commercio online (1.067).

A crescere nell’area metropolitana di Milano negli ultimi tre mesi sono soprattutto le imprese legate al commercio al dettaglio di apparecchi per telecomunicazioni e telefonia (+4,3%), caffè torrefatto (+9,4%), commercio di articoli sportivi, biciclette e articoli per il tempo libero (+2,5%), commercio al dettaglio ambulante di prodotti alimentari vari (+5%).

La crisi fa sparire i negozi di quartiere

I negozi di vicinato stanno chiudendo ad un ritmo quasi serrato: solo nei primi 4 mesi dell’anno, infatti, sono state registrate 21mila chiusure.

Confesercenti ha voluto lanciare l’allarme perché, se le cose dovessero andare avanti con questa cadenza, tra 10 anni potremmo dare l’addio definitivo ai negozi di quartiere.
Per questo, è stato chiesto di correre presto ai ripari: “Sull’Iva si passi dalle parole ai fatti, perché il Paese è a un passo dal baratro: con un aumento dell’aliquota, i consumi si contrarrebbero ulteriormente e la crisi delle imprese del commercio al dettaglio si aggraverebbe. E lo scenario terribile di stare senza più negozi di vicinato rischia di avverarsi“.

L’aumento dell’Iva, ora rimandato a dopo le vacanze, potrebbe rappresentare, per il commercio al dettaglio, il colpo di grazia e, vista la situazione critica in cui versa il settore, sarebbe difficile sopravvivere ancora.

Se il trend attuale di un’apertura ogni tre chiusure di attività dovesse continuare, si arriverebbe alla fine dell’anno con almeno 43mila attività in meno rispetto al 2012.
Annuncia Confesercenti: “Se non si interviene subito il 2023 potrebbe essere l’anno zero del commercio. Record di ‘sparizioni’ di attività commerciali in Sicilia e a Roma. E la desertificazione colpisce soprattutto le fasce sociali più deboli“.

Per questo motivo servono interventi urgenti che possano contrastare una tendenza preoccupante ed inesorabile, studiando un intervento sulle tasse ma anche una maggiore disponibilità di credito da parte delle pmi.

Vera MORETTI

Contro la crisi compro dal contadino

La crisi ci attacca, ma si combatte in un sacco di modi. Lo fanno i professionisti, inventandosi nuove professioni e specializzazioni. Lo fanno le imprese, quando non sono soffocate dalla stretta creditizia o dai creditori che non pagano, reinventandosi un business o cercando di aggredire nuovi mercati. Lo fanno le famiglie, con piccole strategie di spesa e risparmio quotidiano. E, spesso, sono queste ultime con i loro stili di consumo ad aiutare i primi, professionisti e aziende.

Traspare dai dati relativi al commercio al dettaglio di febbraio divulgati dall‘Istat, secondo i quali quasi un italiano su dieci ha fatto la spesa nei discount alimentari dove, per effetto della crisi, crescono del 2,9% le vendite, in calo costante invece nei piccoli negozi.

Gongola Coldiretti nel constatare che, sempre dagli stessi dati, a crescere sono anche gli acquisti nella grande distribuzione, che segnano un +4%, ma che, soprattutto si registra un vero boom per gli acquisti diretti dal produttore: +53% rispetto allo scorso anno, un dato mostruoso.

Nell’arco di un anno – continua Coldiretti – ben 9,2 milioni di consumatori hanno fatto acquisti nei mercati degli agricoltori, dove si trovano solo prodotti locali del territorio messi in vendita direttamente dall’agricoltore, imbattibili per quanto riguarda il rapporto qualità – prezzo. L’apertura delle botteghe e dei mercati degli agricoltori dell’associazione Campagna Amica nelle città è importante – conclude Coldiretti – anche per contrastare lo spopolamento dei centri urbani dovuto alla chiusura dei piccoli negozi che determina un indebolimento del sistema relazionale, dell’intelaiatura sociale e spesso anche della stessa sicurezza sociale.

Considerando lo stato non proprio in salute dell’agricoltura italiana e il numero di agricoltori in difficoltà, complice la crisi e il clima non del tutto amico di questa primavera, sono dati che fanno bene al nostro tessuto produttivo.

d.S.

Capi di lusso dalle boutique al negozio sotto casa

Si sente sempre più spesso parlare di democratizzazione della moda e di lusso democratico. Concetti usati, e spesso abusati, per spiegare una tendenza molto diffusa nel fashion system che induce le più importanti maison di moda a stringere partnership con le cosiddette catene del fast fashion.

Il colosso svedese low cost H&M è stato tra i primi a stringere collaborazioni con i grandi marchi. Karl Lagerfeld, Stella McCartney, Jimmy Choo, Versace e, da ultimo, Marni hanno lanciato speciali capsule collection, in edizione limitata, al “nobile” scopo di avvicinare la moda al popolo. Sulla base del crescente successo delle partnership di H&M, il Gruppo Coin ha deciso di affrontare la sfida della moda democratica, prima con Elio Fiorucci che ha firmato una collezione per Ovs, poi con Ennio Capasa di Costume National che ha lanciato, sempre per Ovs, EEqual.

Oggi è il turno di Kristina Ti, maison di moda della stilista torinese Cristina Tardito, che, prima di approdare al prêt à porter delle passerelle milanesi, disegnava intimo e romantici costumi da bagno. Si chiama “Ti per Te by Kristina Ti” la label, approdata il 22 marzo 2012 nei grandi magazzini Ovs, che propone leziose sottovesti, reggiseni e slip su cui sono stampati romantici fiorellini, tratto distintivo dell’heritage della maison. A maggio sarà la volta dei costumi e del beachwear.

Una collezione, quella di Kristina Ti, vezzosa e bon ton, così come nell’animo del brand, rifinita e curata nei minimi dettagli (l’appendiabito, infatti, è realizzato in velluto perché la lingerie non scivoli via) ad un prezzo decisamente cheap: i costi sono a partire da 9,99 euro e raggiungono un tetto massimo di 39,99 euro.

Che il mondo della moda sia improvvisamente diventato buono e abbia smesso di avere quella puzza sotto al naso che da sempre lo contraddistingue? Ci chiediamo se, davvero, le grandi maison del lusso si siano inaspettatamente redente dallo snobismo e abbiano cominciato ad accettare l’idea di concedere al volgo di indossare i loro preziosissimi capi. Non sarà forse che il vento gelido della crisi si sta facendo sentire minaccioso anche sulle loro teste protette da cappelli Borsalino o avvolte in foulard di Hermès?

Sia come sia, il vero banco di prova per comprendere dove andrà questa tendenza sono i negozi sotto casa. Se queste maison cominceranno a realizzare collezioni da vendere anche nel negozietto all’angolo, allora la rivoluzione sarà davvero cominciata. Stiamo a vedere.