Una coalizione per creare 900mila posti di lavoro in Europa

La Commissione Ue vuole agire per risolvere il problema della disoccupazione che, in Europa, è ancora molto presente.
A questo proposito, è stata varata la Grand Coalition for Digital Jobs, partnership che ha come obiettivo sette linee di azione che creeranno circa 900mila posti di lavoro.

L’iniziativa è stata presentata da José Manuel Barroso, presidente della Commissione, affiancato da Neelie Kroes, responsabile per l’Agenda Digitale, Antonio Tajani, Commissario per Industria e imprenditoria, László Andor, delegato per Occupazione, affari sociali e integrazione e Androulla Vassiliou, che si occupa di Istruzione, cultura, multilinguismo e gioventù.

Queste le parole di Barroso: “Troppi europei, soprattutto giovani, sono disoccupati. Tuttavia a volte i datori di lavoro non riesce a trovare le persone con le giuste competenze. Ciò significa che come ci si concentra sulle soluzioni per affrontare in rapida crescita della disoccupazione, nello stesso modo abbiamo bisogno di rispondere meglio alle esigenze dell’economia. Questa è una sfida che richiede un’azione concertata per la progettazione di un sistema che funzioni a beneficio di tutte le parti interessate. E che guardi in faccia la realtà, compito urgente e difficile, di fronte alla questione reale degli alti tassi di disoccupazione giovanile. I cittadini europei e le imprese sono state colpite duramente dalla crisi. E i giovani europei sono certamente i primissimi e più colpiti”.

La prima cosa da fare è, sempre secondo Barroso, creare un ponte tra il mondo dell’istruzione e del lavoro. Per questo motivo, negli ultimi anni, la Commissione si è impegnata attivamente nella promozione di varie forme di partenariato a livello europeo.

Vera MORETTI

“Made in”, bene da tutelare

Le rappresentanze delle eccellenze italiane si ribellano alle decisioni europee in materia di tutela dei brand nazionali. Tocca a Federorafi aprire le danze, a nome e per conto di un settore che è riconosciuto da sempre tra le eccellenze del made in Italy.

La decisione della Commissione Ue di togliere il dossier ‘Made in…’ dall’agenda 2013 ci lascia senza parole e rappresenta uno schiaffo alle imprese manifatturiere e ai cittadini – afferma Licia Mattioli, presidente di Confindustria Federorafi. Il settore orafo, colonna portante del made in Italy nel mondo con oltre il 70% di prodotto esportato, è da tempo ‘sotto attacco’ da parte dei principali Paesi competitor, in particolare asiatici, che sono sempre più aggressivi anche sul mercato domestico. La decisione del Commissario De Gucht, motivata dal pericolo che la proposta di regolamentazione potesse risultare in contrasto con il quadro giuridico dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, è incomprensibile se teniamo presente che in altre aree del mondo, come gli Usa, la Cina e il Giappone, sono da tempo in vigore regole simili che non ci risultano siano state mai messe in discussione dalla WTO“.

Le fanno eco i principali distretti orafi-gioiellieri-argentieri attraverso i loro massimi rappresentanti: Ivana Ciabatti, Presidente della Sezione Orafi di Confindustria Arezzo, Francesco Barberis, Presidente Associazione Orafa Valenzana, Giuseppe Corrado, Presidente della Sezione di Confindustria Vicenza, Romano Sagni, presidente dell’Associazione Argentieri.

Bene ha fatto – conclude Mattioliil Ministro Passera nell’inviare alla Commissione la ferma protesta dell’Italia per la decisione presa e speriamo di avere un primo riscontro nel Consiglio UE del 29 p.v. dedicato al commercio. Auspichiamo un ripensamento o la presentazione di una proposta su nuove basi giuridiche e, soprattutto, un maggiore sostegno anche dagli altri Paesi dell’Unione Europea. In questa direzione non mancherà certamente il supporto delle forze di impresa agli Europarlamentari e all’Esecutivo per una soluzione positiva ed in tempi brevi che rimetta al centro dell’attenzione il rispetto nei confronti del consumatore e la tutela delle imprese“.

Donne nelle pmi: non più una sorpresa, ma una realtà?

di Vera MORETTI

La Commissione Ue ha approvato, e presentato ieri nel corso di un seminario promosso dalle Commissioni Pari Opportunita’ di Agci, Confcooperative e Legacoop, un importante progetto europeo dal titolo: “Donne attive nelle pmi: pratiche innovative di promozione della donna co-imprenditrice nelle pmi europee e nelle relazioni industriali”.

Di cosa si tratta? L’iniziativa è ambiziosa, e si occupa di rafforzare la capacità imprenditoriale, di assunzione delle decisioni e di iniziativa privata delle donne attraverso l’analisi delle situazioni nazionali sui modelli esistenti e in via di sperimentazione in materia di pari opportunità ed eguaglianza di genere.
Ma non solo: l’attenzione sarà rivolta anche a percorsi innovativi riguardanti la negoziazione collettiva sui meccanismi che possono favorire il processo di leadership e di partecipazione delle donne nei Cda, oltre che approfondire le misure di negoziazione collettiva tese a conciliare vita privata e professionale.

La carriera delle donne, dunque, non sarà più vincolata dalla vita personale? Così sembra, ma certo significherebbe un bel passo avanti per l’affermazione delle imprese femminili e della loro professionalità.

Finanziamenti in arrivo per le Pmi calabresi

Per sostenere l’accesso al credito delle Pmi calabresi sono stati stanziati 45 milioni di euro.

Si tratta di risorse erogate grazie ad un accordo firmato tra la Regione Calabria e il FEI, Fondo Europeo d’Investimenti, all’interno del programma Jeremie, il Fondo di Partecipazione della Commissione UE e della BEI, Banca Europea degli Investimenti.

I fondi dei quali beneficeranno le Pmi saranno distribuiti tramite finanza agevolata e sarà un apposito bando a selezionare gli intermediari finanziari che si occuperanno delle trattative con le Pmi bisognose di liquidità.

Questa soluzione, dunque, deriva da un accordo tra risorse pubbliche e private, dal momento che ai 45 milioni dell’iniziativa Jeremie se ne affiancheranno altri 45, provenienti dagli intermediari finanziari vincitori del bando. L’obiettivo finale è di destinare a ciascuna Pmi finanziamenti agevolati fino a 900mila euro e si prevede che, in tre anni, saranno circa 600 le imprese che accederanno a tali prestiti.

Beneficiarie saranno tutte le piccole e medie imprese e le start-up di qualunque settore ad esclusione dell’agricoltura (a cui sono destinate misure di finanziamento apposite).

Per saperne di più, il bando per la selezione di intermediari finanziari sarà pubblicato dal FEI nei prossimi mesi sul sito FEI.

Vera Moretti

Pmi: spina dorsale dell’economia europea

Che le piccole e medie imprese siano in crisi non è una novità, ma che fossero la spina dorsale dell’economia europea forse qualcuno ancora non lo sa.

I dati parlano chiaro e a dimostrarlo è anche una relazione presentata dalla Commissione Ue in occasione della settimana europea delle pmi.

Da questo documento emerge che, nel 2010, erano quasi 20,8 milioni le pmi presenti nell’economia commerciale non finanziaria dell’Unione, e di queste ben 19,2 milioni sono microimprese con meno di dieci dipendenti.

Tradotto in numeri, significa che il 66,9% di tutte le opportunità di lavoro nel settore privato dell’Ue e il 58,4% del valore aggiunto lordo totale, che arriva a toccare il 71,3% in Italia, è fornito dalle pmi, rispetto alle 43mila grandi imprese che rappresentano lo 0,2% delle aziende Ue e lo 0,1% in Italia.

La Commissione prevede che nel 2011 il numero delle pmi aumenterà dello 0,9% e il valore aggiunto del 3,9%. Anche il numero dei dipendenti, dopo un calo di due anni, dovrebbe finalmente tornare a crescere, anche se solo dello 0,4%.

Antonio Tajani, vicepresidente e commissario Ue per l’Industria e l’Imprenditoria ha dichiarato: “Il fatto che la ripresa nel 2010 sia stata guidata dalle pmi evidenzia la loro importanza per la crescita e l’occupazione. Attraverso la settimana delle pmi intendiamo sottolineare ancora una volta il loro ruolo cruciale per la competitività europea e l’urgenza di porre in cima alla nostra agenda politica la promozione di un clima favorevole alle imprese al fine di liberarne il potenziale. L’Europa ha bisogno di nuovi imprenditori innovativi e creativi pronti a correre rischi. Questa è la strada principale per la ripresa”.

Che siano in arrivo buone nuove? Ci auguriamo di sì.

Vera Moretti

Istat: il tasso di disoccupazione scende al 7,9%

Disoccupazione italiana in calo, secondo i nuovi dati Istat. In agosto il tasso di disoccupazione è sceso al 7,9%, contro l’8% registrato a luglio. Una ventata di ottimismo, se si confrontano i dati rilevati nel secondo semestre 2011 con quelli dello scorso anno: nel secondo trimestre 2011 la disoccupazione è scesa al 7,8% rispetto all’8,3% del secondo trimestre 2010. Disoccupati ai minimi dal 2009, ovvero sotto quota 2 milioni.

Ma i dati non sono poi così rassicuranti. Anche se la disoccupazione è in calo, si rafforza al contrario quella di lunga durata, che ha registrato un’impennata nel secondo trimestre 2009, con un 52,9%. La disoccupazione femminile al Sud continua ad essere una piaga per il nostro Paese, registrando un tasso pari al 44%.
In Italia a preoccupare sono soprattutto la disoccupazione giovanile e la precarietà sempre più spinta, secondo quanto la Commissione Ue nell’ultimo rapporto sull’occupazione. I dati di Eurostat non sono rassicuranti: la disoccupazione dei giovani in Italia ad agosto è infatti aumentata dal 27,5% a 27,6%, contro una media europea del 20,4%. In aumento anche il numero di giovani che non studiano né lavorano: sono al 19,1%, una media che ci porta secondi solo alla Bulgaria (21,8%).

L’ultimo rapporto Istat rivela inoltre la diminuzione degli impiegati a tempo pieno, -0,2%, e l’aumento del lavoro a tempo parziale, +3,4%. Cresce il numero dei dipendenti a termine, +6,8%, mentre è in calo la riduzione dei lavoratori con contratto a tempo indeterminato -0,1 %.

La crescita dell’occupazione nel secondo trimestre 2011 è favorita dalla presenza di lavoratori stranieri. Nel periodo aprile-giugno 2011 infatti, l’occupazione è cresciuta dello 0,4% rispetto al secondo trimestre 2010, con un aumento di 87mila unità,ma mentre l’occupazione italiana perde 81mila unità quella straniera avanza di 168mila. Il tasso di occupazione per gli italiani rimane stabile al 56,6% mentre quello degli stranieri è in discesa al 63,5%.

I segnali di ripresa, rispetto al 2009, sembrano chiari. Ma per l’economia italiana la capacità di creare posti di lavoro resterà debole ancora a lungo.

A.C.

Comunità europea e sostegno alle piccole e medie imprese

Il trattato di Lisbona sancisce l’impegno e il sostegno dei governi internazionali nel salvaguardare l’economia aiutando le piccole e medie imprese. Incoraggiare investimenti, dare credito e aiutare il rilancio di piccole realtà che spingono verso l’innovazione e l’internazionalizzazione sono solo alcune delle regole previste.

Vediamo assieme cosa è previsto più nel dettaglio e quali sono le nozioni da conoscere.

L’articolo 2 dell’allegato alla raccomandazione 2003/361/CE fa rientrare nella categoria delle microimprese,delle piccole imprese e delle medie imprese (PMI) comprende imprese che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro oppure il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di euro.

L’impresa è ogni entità, a prescindere dalla forma giuridica rivestita, che eserciti un’attività economica. L’accezione ha un contenuto ampio che assume come fattore rilevante l’attività economica e non la forma giuridica.

È possibile essere considerati autonomi anche se la soglia del 25% è raggiunta o superata da uno dei seguenti investitori:
• società pubbliche di partecipazione, società di capitale di rischio e «business angels» ;
• università o centri di ricerca senza scopo di lucro;
• investitori istituzionali, compresi i fondi di sviluppo regionale.
Le piccole imprese, in particolare, impiegano meno di 50 persone e raggiungono un fatturato annuo o totale di bilancio non superiore ai 10 milioni di euro. Le microimprese, invece,  impiegano meno di 10 persone hanno un fatturato annuo o totale di bilancio non supera i 2 milioni di euro. Le Pmi operano in forma associata quando stabiliscono associazioni  economiche con altre imprese, in assenza di  controllo effettivo, diretto o indiretto, su altre. Nel merito l’impresa è associata se detiene una partecipazione uguale o superiore al 25 % del capitale o dei diritti di voto di un’altra impresa; non è collegata ad un’altra impresa. Ciò comporta, in particolare, che i diritti di voto in un’altra impresa (o viceversa) non debbono superare il 50%.
Cosa non è considerato Pmi per l’Ue? Non è una PMI se il 25 % o più del suo capitale o dei suoi diritti di voto è controllato direttamente o indirettamente da uno o più organismi collettivi pubblici o enti pubblici, a titolo individuale o congiuntamente.

Le Pmi operano in regime di “collegamento” quando costituiscono un gruppo subordinato al  controllo diretto o indiretto della maggioranza dei diritti di voto di un’impresa da parte di un’altra ovvero  a un’influenza dominante su un’impresa. In tema fiscale è bene ricordare che il fatturato non comprende l’imposta sul valore aggiunto (Iva) o altre imposte indirette e annualmente viene determinato calcolando il reddito che l’impresa ha ricavato durante l’anno di riferimento dalla vendita di prodotti e dalla prestazione di servizi, dopo il pagamento degli eventuali oneri.

 

 

L’Ue spinge per un nuovo Small Business Act: meno costi e meno tempo per creare una società

La Commissione europea è in prima linea per incrementare la crescita delle piccole e medie imprese, volontà che appare evidente in particolare con le recenti nuove azioni varate per il sostentamento dell’imprenditoria. La revisione del modello di  “small business act” ovvero il quadro della politica Europea per le Pmi, ha apportato diverse novità interessanti presentate nei giorni scorsi dal vicepresidente della Commissione Ue, responsabile per l’impresa, Antonio Tajani.

Tra gli aspetti più interessanti appaiono la riduzione drastica dei tempi e i costi per la costituzione di una società. L’obiettivo che si vuole raggiungere è di arrivare a 3 giorni e 100 euro di spesa (lo scorso anno la media Ue era di 7 giorni e poco meno di 400 euro di spesa). Altri aspetti da curare maggiormente sono ancora una volta l’accesso al credito e il miglioramento della possibilità delle piccole e medie imprese di ottenere risorse finanziarie, cosi’ come di poter partecipare agli appalti.

Tajani ha affermato: “Anche le Pmi hanno accusato la crisi con la perdita di circa tre milioni di posti di lavoro, con le nuove azioni pensiamo di poter offrire loro nuove opportunità di ripresa”. E’ stato inoltre istituito una sorta di vigilante soprannominato “Mr. Pmi” (si tratta dello spagnolo Daniel Calleja).

Mirko Zago