Bonifici istantanei, stop alle commissioni dall’UE. Chi risparmia?

La Commissione Affari economici e monetari del Parlamento Europeo con 49 voti favorevoli, 2 contrari e 2 astenuti, ha approvato il provvedimento che prevede per i bonifici istantanei l’eliminazione di costi aggiuntivi rispetto alle normali commissioni.

Bonifici istantanei, eliminati i costi accessori

In linea con una precedente decisione della Commissione Europea, la Commissione affari economici e monetari del Parlamento europeo ha provveduto ad approvare la norma che permette di parificare i costi dei bonifici istantanei a quelli ordinari. In questo modo l’utente può scegliere in ogni momento quale tipologia di bonifico scegliere senza limiti dovuti alle differenze di costo dei bonifici stessi.

L’obiettivo finale è rendere i trasferimenti di denaro più veloci.

I bonifici istantanei sono particolarmente comodi perché consentono di trasferire somme di denaro in tempo reale grazie all’uso di una piattaforma specifica che consente i trasferimenti in 10 secondi. Sono apprezzati perché consentono di completare la transizione come se si stesse usando del denaro contante e chi deve ricevere il denaro sa immediatamente se il pagamento è andato a buon fine.

Quali sono i vantaggi dei bonifici istantanei?

Attualmente i costi dei bonifici istantanei dipendono dalle scelte degli istituti bancari e dalle somme da movimentare, ma proprio questi costi portano molte persone a scegliere il bonifico ordinario che impiega dei giorni prima che il trasferimento di denaro sia completato tra il conto ordinante e il conto ricevente. Generalmente il costo varia dai 2 ai 25 euro.

Deve anche essere sottolineato che non tutte le banche offrono il servizio di bonifici istantanei. Fino al 1° luglio 2019 era possibile utilizzarli con importi massimi di 15.000 euro, il tetto è stato successivamente innalzato fino a 100 mila euro.

La decisione dell’Unione Europea di eliminare i costi aggiuntivi dai bonifici istantanei non trova particolare consenso tra le banche soprattutto in seguito all’applicazione anche della tassa sugli extra-profitti, infatti va ulteriormente a ridurre i margini di guadagno per le banche.

Leggi anche: Prelievo forzoso extraprofitti, via libera dal governo. Cosa significa e chi è a rischio?

Nuovi finanziamenti in arrivo con Horizon 2020

All’interno del programma Horizon 2020, che prevede una serie di progetti e finanziamenti da parte della Commissione UE alle imprese, in particolare per permetterne l’internazionalizzazione, sono stati pubblicati, proprio dalla Commissione Europea, nuovi bandi che verranno messi a disposizione delle imprese e degli enti di ricerca nel triennio 2018-2020.

Si tratta di finanziamenti che mirano a sostenere progetti di ricerca, sviluppo e innovazione che abbiano valenza a livello europeo, a cominciare dall’impatto ambientale ma anche proposte di manifattura del futuro e ICT.

Le imprese che rientreranno in questi canoni potranno beneficiare di contributi a fondo perduto compresi tra il 70 e il 100% delle spese ammissibili. I criteri di valutazione saranno: eccellenza, impatto ed attuazione.
Le aziende potranno contare su fondi per un valore di 30 miliardi di euro destinati a proposte in ambito di ricerca ed innovazione e potranno parteciparvi tutte quelle imprese, indipendentemente dalle dimensioni, che avranno proposte interessanti negli ambiti richiesti.

Gli inviti alla presentazione delle proposte progettuali sono stati pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 28 ottobre 2017.

Vera MORETTI

Poste in Alitalia, non è aiuto di Stato

E alla fine è arrivato anche dalla Commissione europea l’ok all’ingresso di Poste nel capitale di Alitalia. Ingresso che, hanno stabilito a Bruxelles, non si può configurare come aiuto di Stato.

Una decisione non vincolante ma ancora in sospeso, superata persino dal via libera all’ingresso di Etihad nel capitale di Alitalia, che era arrivato dall’autorità antritrust europea nel novembre scorso.

Ricordiamo che Poste entrò in Alitalia iniettando ben 75 milioni ma, secondo l’Antitrust di Bruxelles, lo fece come un qualsiasi investitore privato che decide di aderire all’aumento di capitale di un’altra società.

A spingere per l’avvio di un’inchiesta da parte delle autorità europee sull’ingresso di Poste nella compagnia di bandiera, in odore di aiuto di Stato, erano state da una parte la compagnia di bandiera tedesca Lufthansa, dall’altra la Iag, holding che controlla alcune delle compagnie di bandiera più importanti del continente come Iberia e British Airways.

Così, a oltre un anno dall’avvio dell’inchiesta, la Commissione Ue è arrivata a deliberare che, per quanto riguarda AlitaliaPoste Italiane ha realizzato un investimento in base agli stessi termini e alle stesse condizioni (pari passu) di altri due investitori privati che erano nella stessa situazione. Gli interventi pubblici possono essere non considerati come aiuti di Stato, nell’ambito dell’applicazione delle regole Ue, quando vengono realizzati alle stesse condizioni di mercato che sarebbero state accettate da un investitore privato”.

Proposte di Padoan per l’imprenditoria

In occasione della conferenza della Bei appena svoltasi a Napoli, Pier Carlo Padoan ha fatto una dichiarazione che potrebbe dare una notevole scossa all’imprenditoria italiana.

Il ministro dell’Economia ha, infatti, affermato che il 14 novembre ha intenzione di proporre alla task force europea sugli investimenti “più di mille progetti concreti di investimento sostenibili e realizzabili nel prossimo triennio per un valore superiore ai 10 miliardi”.

Le iniziative per le quali si è accennato riguardano alcuni settori tra i più in fermento in questo periodo, ovvero: la banda ultralarga nelle zone “bianche” (specie al Sue); la messa in sicurezza della rete stradale; l’efficentamento energetico degli edifici pubblici; il credito agevolato per sostenere lo sviluppo delle Pmi; il finanziamento delle reti di impresa per favorire l’aggregazione e la crescita dimensionale.

Questi progetti saranno finanziati da risorse sia pubbliche sia private, e una prima lista di interventi da avviare verrà redatta già dalla prossima settimana.
Ovviamente, tutti i progetti verranno vagliati da Bei e dalla Commissione Ue, con una presentazione prevista a dicembre davanti all’Ecofin.

Vera MORETTI

Le startup vincono grazie alle reti con l’estero

Le startup più giovani, fondate negli ultimi anni, stanno dimostrando di essere al passo con i tempi e di aver capito cosa occorre per farsi strada ed imporsi sul mercato.

Ne sa qualcosa Vittorio De Zuane, amministratore delegato di Engeeniuos, startup padovana nata nel 2012, attiva nei settori delle tlc e dell’automazione.
Lo scorso aprile, la sua azienda ha siglato un accodo di trasferimento tecnologico con BeanAir, produttore di sistemi embedded, sensori e gateway per il monitoraggio di vibrazioni, inclinazione e shock utilizzati in campo aerospaziale, trovando in Francia ciò che in Italia era pressoché irreperibile.

Ha dichiarato De Zuane: “Per una piccola impresa con appena cinque addetti come la nostra rivolgersi direttamente a una concorrente con 35 dipendenti avrebbe potuto rappresentare un problema di credibilità. Per questo a gennaio abbiamo chiesto aiuto a Veneto Innovazione, uno dei punti di contatto della rete Enterprise Europe Network che ha individuato il nostro potenziale partner e ci ha fatti incontrare“.

Hds Europe, di Brescia, ha percorso un iter molto simile per trovare un partner commerciale che le permettesse di vendere oltreconfine il suo prodotto di punta, un dispositivo endonasale usa-e-getta per depurare l’aria.
Il ceo Gianpietro Rizzini si è rivolto al nodo Fast della Rete Een e ha compilato un profilo di collaborazione commerciale: “Questo ci ha consentito sin da subito di accedere a fiere e incontri B2B mirati“.

Entrare in questo network si è dimostrato da subito una mossa vincente, che ha portato in un primo momento ad un accordo per la distribuzione in Inghilterra e poi, dall’incontro con l’impresa sino-tedesca Max China, è decollata un’intesa per la vendita sul mercato cinese.

Non si tratta di due casi isolati, perché nel biennio 2011-2012 sono stati siglati ben 478 accordi di cooperazione tra imprese italiane e partner stranieri, grazie al supporto della Rete Een, strumento chiave della Commissione Ue per promuovere la crescita, lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle pmi.

L’Italia è così al terzo posto, dopo Germania e Gran Bretagna, per numero di accordi, seguita da Francia e Spagna.
La maggior parte di essi, riguardano il settore della ricerca (229 accordi), mentre i trasferimenti tecnologici sono stati 98. Le intese commerciali sono state 151, al secondo posto dopo la Germania.
La Spagna è il Paese privilegiato per la sigla di accordi oltreconfine, seguita da Gran Bretagna, Germania, Francia e Turchia.

Ma ora una nuova sfida aspetta i network, ovvero la partita dei fondi Ue per i prossimi sette anni, come ha specificato anche Francesco Pareti, di Eurosportello del Veneto: “La programmazione europea 2014-2020 pone l’enfasi su politiche quali energie rinnovabili, qualità degli alimenti e delle produzioni agricole, clima e ambiente, trasporto integrato e verde, che si traducono in una concentrazione di risorse a favore delle imprese. La rete dovrà svolgere al meglio il compito istituzionale affidatole dalla Commissione Ue di promuovere e facilitare la partecipazione a queste grandi sfide, tramite i due macro-programmi Horizon 2020 e Cosme, che metteranno complessivamente a disposizione di imprese e centri di ricerca più di 10 miliardi di euro all’anno“.

Vera MORETTI

Le pmi affondate dalla pressione fiscale

Le imprese italiane sono sempre più afflitte dalla pressione fiscale, e la situazione non accennerà a migliorare, almeno da qui alla fine dell’anno.

Tra novembre e dicembre, infatti, gli imprenditori del Belpaese saranno chiamati a pagare ben 24 tasse, per un gettito atteso di 76 miliardi di euro.
E, ancora una volta, a pagarne le conseguenze più pesanti saranno le pmi.

Ma ciò che è più allarmante è sapere che il 2014 non porterà nulla di buono, a causa, soprattutto, degli effetti dell’aumento dell’Iva, ma anche delle misure fiscale introdotte dalla Legge di Stabilità.

Secondo la Cgia, e in particolare secondo il suo segretario, Giuseppe Bortolussi, le imprese sono “sfiancate dalla crisi e sempre più a corto di liquidità, c’è il pericolo che molte piccole e micro imprese non riescano a superare questo vero e proprio stress test fiscale“.

Ecco le rate che peseranno di più sulle casse delle pmi:

  • l’acconto IRES, l’imposta sul reddito delle società di capitali, costerà alle imprese 16,9 miliardi di euro;
  • l’IRAP, l’imposta regionale sulle attività produttive, 11,6 miliardi di euro;
  • la seconda rata IMU 4,4 miliardi di euro;
  • gli acconti IRPEF 4,8 miliardi di euro.

Con la fine dell’anno, oltre alle spese per regali e cenoni, si dovrà conteggiare anche la nuova TARES, il tributo ambientale di cui i Comuni devono ancora definire il numero di rateazioni.

E nel 2014? I pensionati subiranno un aggravio fiscale tra i 74 e i 144 euro, secondo le ultime stime della Cgia Mestre, per le famiglie con redditi medio alti il maggior prelievo si aggirerà tra i 70 e i 357 euro, mentre per quelle con redditi bassi si potrà raggiungere la soglia dei141 euro.

Alla luce di questa situazione che potrebbe essere definita incresciosa, anche il Commissario UE José Manuel Barroso ha voluto intervenire: “La crisi economica ha evidenziato la necessità di liberare le imprese dagli ostacoli superflui per stimolare la crescita e l’occupazione. Entro la fine del 2014 la Commissione avrà effettuato quasi 50 valutazioni degli oneri normativi esistenti in vari settori, concentrandosi su ambiente, occupazione e industria. Le leggi inutili indeboliscono le leggi necessarie“.

Vera MORETTI

Ue: l’Italia tra le regioni meno competitive

 

Secondo l’Indice 2013 della Commissione Ue, l’Italia resta fuori dalla mappa delle regioni più competitive d’Europa, da notare, tra le altre cose, come la cosiddetta «blue banana», la dorsale economica che collegava un tempo la zona della «grande Londra» alla Lombardia (unica regione italiana a rientrarvi), via Benelux e Baviera, «abbia cambiato forma».

Rispetto alla prima edizione, del 2010, l’Indice di competitività regionale mostra una morfologia più policentrica con regioni forti soprattutto laddove si trovano le capitali o le grandi aree metropolitane europee.

A capitanare la classifica sono Utrecht (Olanda), seguita dalla grande Londra dal Berkshire-Buckinghamshire-Oxfordshire (Gran Bretagna) e poi da Stoccolma (Svezia). Nemmeno la tanto decantata Lombardia, per anni la locomotiva economica del nostro Paese, compare nella lista delle prime 100, scivolando addirittura al posto numero 128 in graduatoria.

Il Governo al lavoro per scongiurare Imu e Iva

Mese di luglio particolarmente “caldo” per il Governo: in queste settimane, infatti, il Consiglio dei Ministri dovrà prendere importanti provvedimenti e scongiurare l’aumento dell’Iva e il pagamento dell’Imu, entrambi previsti per l’autunno.

Per non regalare ai cittadini un rientro amaro dalle vacanze estive, dunque, si cercano risorse da ogni dove, ma per ora niente è stato escluso e niente è stato deciso.
A confermare ciò è anche il vice ministro all’Economia, Luigi Casero: “Stiamo ancora lavorando a un paniere da definire, cerchiamo una soluzione condivisa”, aggiungendo anche, tra le priorità, il cuneo fiscale e la detassazione del lavoro.

Ma se per l’Imu si brancola nel buio, sembra che si profili una luce in fondo al tunnel per la questione, delicatissima, dell’Iva: dopo le contestazioni sulla copertura prevista per lo slittamento dell’aumento a ottobre, realizzate con l’aumento dell’acconto Irpef, il Tesoro avrebbe già predisposto un paniere alternativo.
C’è chi già storce il naso e si aspetta, al posto dell’aumento dell’aliquota, una nuova tassa che possa, in egual misura, “far cassa” ma, al contrario, si starebbe invece lavorando per un taglio netto alle spese, che non riguarderanno, come promesso da Enrico Letta, né scuola né sociale.

Si lavora alacremente per presentare in Parlamento una proposta concreta, che possa piacere anche alla Commissione UE, la quale attende l’Italia al varco: se non saranno convincenti, gli interventi su Imu e Iva potrebbero costare una revisione delle previsioni economiche e portare fuori target il deficit che per il 2013 è al 2,9%, cioè pericolosamente vicino al tetto del 3%.

Il prossimo appuntamento con la Commissione Ue è a ottobre, quando il governo dovrà presentare la bozza di finanziaria 2014, che potrebbe contenere gli altri interventi considerati prioritari per il governo e le parti sociali, come il taglio del cuneo fiscale sul lavoro.

Vera MORETTI

Se la PA paga, il Pil sale

Sarà per il monito lanciato la scorsa settimana dal presidente della Repubblica Napolitano, sarà perché ormai imprese e cittadini sono stufi di un Paese a due velocità – dove il contribuente, persona fisica o azienda, deve pagare subito le tasse mentre lo Stato… hai voglia -, fatto sta che mai come in questi giorni si è sentito parlare di sblocco dei pagamenti della PA verso i suoi fornitori privati.

Vero, siamo ancora alla fase del parlare, fatti pochi, però è evidente che l’attenzione sul fenomeno si sta alzando. Ultimo in ordine di tempo è arrivato ieri colui che i creditori della PA ce li ha in casa: tanti, stufi e incazzati con la schiuma alla bocca. Parliamo del presidente di Confindustria Giorgio Squinzi che, dati alla mano, ha suonato la sveglia al Governo (quale??); secondo Squinzi, se si liquidassero i crediti delle imprese da parte della Pubblica Amministrazione, l’effetto domino potrebbe portare a un aumento in 5 anni di 250mila occupati e a una crescita del Pil dell’1% per i primi 3 anni, dell’1,5% nel 2018.

Secondo Squinzi,questi dati dimostrano che l’immissione di liquidità nel sistema delle imprese innescherebbe un circolo virtuoso portatore di posti di lavoro e, quindi, maggiori consumi. Confindustria auspica che il governo in carica provveda tempestivamente ad adottare, già dal prossimo Consiglio dei ministri, tutti i provvedimenti necessari per la liquidazione di quanto spetta alle imprese, così come indicato dalla Commissione europea e chiaramente emerso dalle dichiarazioni del presidente del Consiglio“.

Il gol di Squinzi è nato da un assist d’oro fornitogli dal ministro dell’Economia Vittorio Grilli proprio sul giornale di casa, Il Sole 24Ore. In una intervista al quotidiano, Grilli ha infatti dichiarato che “dopo il via libera della Commissione europea non vedo ragioni per non procedere con un provvedimento d’urgenza per sbloccare i pagamenti della pubblica amministrazione e il ministero è pronto al decreto. Penso sia giusto partire prima possibile. Ci stiamo lavorando con la massima urgenza, poi toccherà a Monti decidere quando spingere il bottone“.

Se poi Grilli mette le mani avanti ricordando come “servirà anche un consenso ampio del Parlamento, perché un eventuale decreto dovrà comunque essere convertito in legge dal Parlamento. Qui si tratta di cambiare, anche se solo una tantum, i saldi di bilancio. Non è un’operazione banale“, lascia comunque aperta una porta per i comuni, la parte della PA che si trova stretta tra l’incudine del patto di stabilità e il martello dei creditori privati: insomma, la situazione più scomoda e antipatica. Secondo il ministro, sarà possibile “l’allentamento una-tantum del patto di stabilità interno perché i Comuni che hanno fondi in cassa possano usarli“.

Staremo a vedere. In questo caso, il “purché se ne parli” non va bene: bisogna passare dalle parole ai fatti.

Campioni d’Europa! Nel ritardo…

L’allarme è uno di quelli da non prendere assolutamente sotto gamba: nelle transazioni commerciali tra Pubblica Amministrazione e imprese private, i tempi di pagamento medi presenti in Italia arrivano a 180 giorni mentre nella sanità, secondo quanto ricorda la Cgia di Mestre, si arriva a saldare i debiti anche dopo 4 se non 5 anni, soprattutto al Sud. Un dato ancora più sconfortante se si pensa che la media dei Paesi Ue è pari a 65 giorni.

Meglio, si fa per dire, la situazione dei pagamenti tra le imprese private, dove il saldo fattura avviene dopo 96 giorni, a fronte di una media europea di 52 giorni. Solo in Spagna stanno peggio di noi, mentre i tedeschi se la cavano con una media inferiore a quella europea e quasi un terzo di quella italiana: 35 giorni. I dati forniti dalla Cgia di Mestre, dunque, parlano chiaro: che tra i grandi d’Europa nessuno può vantare una simile zavorra.

Se a questa situazione aggiungiamo la stretta creditizia in atto e gli effetti della crisi economica che continuano a farsi sentire in misura sempre maggiore – commenta il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi –, la tenuta finanziaria delle imprese, soprattutto quelle di piccola dimensione, è a rischio con ricadute occupazionali negative facilmente prevedibili“.

Nemmeno l’entrata in vigore del decreto di recepimento della Direttiva Europea contro il ritardo dei pagamenti, avvenuto a l’1° gennaio scorso, sembra aver sortito effetto. Lo conferma sempre Bortolussi: “Stando alle segnalazioni che ci sono giunte da molti piccoli imprenditori, la nostra Pubblica amministrazione non starebbe rispettando i tempi di pagamento previsti dalla legge. Per questo chiediamo un intervento dell’Unione europea teso a richiamare il nostro Paese affinché il saldo fattura non superi i 30/60 giorni“.

In questo senso è una buona notizia l’apertura giunta lunedì dai vicepresidenti della Commissione Ue, Olli Rehn e Antonio Tajani, per sbloccare il pagamento dei debiti della PA. I due, in una nota congiunta, hanno affermato che il saldo dei debiti commerciali da parte dello Stato a favore delle imprese “potrebbe rientrare tra i fattori attenuanti” quando sarà valutata la conformità del bilancio pubblico italiano con i criteri di deficit e debito del patto di stabilità europeo.

La Commissione europea si attende ora che l’Italia prepari un piano di smaltimento dei debiti a carico della Pubblica amministrazione verso le imprese su un arco temporale di due anni: “Sollecitiamo un piano in tempi brevi – ha detto Tajani, la forma poi è prerogativa del Paese. Ma ricordiamoci che parliamo della terza economia dell’area euro e intervenire rapidamente sarebbe importante per ridare fiato alle imprese, evitare fallimenti e far ripartire l’economia“.

Immediato il plauso di Rete Imprese Italia, che ha poi spronato, in una nota, la politica italiana: “Il Governo si affretti a preparare il piano di liquidazione che definisca chiaramente la dimensione del fenomeno sanzionando quelle amministrazioni che non collaboreranno fattivamente nella fornitura dei dati. Il pagamento dei debiti pregressi della pubblica amministrazione verso le imprese costituisce il tassello determinante per il ripristino di condizioni economiche normali per l’uscita dalla crisi“.

Bene, tutti contenti e tutti felici. Adesso vediamo se alle parole seguiranno i fatti. In tutti questi anni di chiacchiere, abbiamo un po’ perso la fiducia.