Oltre all’Irpef, arrivano le addizionali comunali

Il reddito delle persone fisiche viene tassato dall’Irpef, ma, in alcuni comuni, sono state aggiunte le addizionali.
La decisione di ricorrere ad una nuova tassa è stata preda da 1.989 amministrazioni comunali su 8.096, le quali hanno deciso di rifarsi dal mancato pagamento della prima rata dell’Imu.
I sindaci che ormai si erano abituati all’idea di riscuotere la nuova tassa sugli immobili, sono rimasti senza risorse e così sono ricorsi alle addizionali, che comunque serviranno solo temporaneamente a tappare i buchi delle casse comunali.

Si sa, le addizionali sono destinate a scomparire, e forse per questo un quarto dei Comuni italiani ha pensato di aumentarne l’aliquota rispetto allo scorso anno, arrivando così allo 0,8%. Tra i centri più grandi che adotteranno questa procedura ci sono Biella, Campobasso, Chieti, Gioia Tauro, Messina e Rieti, oltre a centinaia di piccoli e piccolissimi Comuni.

Anche le esenzioni cambiano a seconda dei Comuni di appartenenza: fino a 13.500 euro ad Arezzo; fino a 15 mila euro a Lecco, Reggio Emilia, Pavia; 14mila a Lucca; 40mila a Santa Margherita Ligure.

In molte città, come ad esempio a Milano, dove la soglia di esenzione è passata da 33.500 euro a 15 mila, si sta dando fondo alla leva addizionale per ripianare i conti del municipio. Ma lì l’aliquota dello 0,8% sarà applicata solo ai redditi superiori ai 75 mila euro, e le altre in misura proporzionale.

L’aliquota massima dello 0,8% è stata adottata altrove col correttivo dell’esenzione per alcune fasce di reddito. Accade a Trieste (esenzione fino a 7.500 di reddito) Ascoli e Macerata (fino a 8.500 euro di reddito), Rovigo (fino a 8.619), Cremona, Genova, Matera, Salerno e Sondrio (fino a 10 mila) Padova e Vicenza (fino a 15 mila).

Vera MORETTI

In vent’anni, raddoppiata la spesa degli enti pubblici

Un’analisi di Confcommercio realizzata in collaborazione con il CER, Centro Europa Ricerche, ha fatto emergere l’ennesima brutta notizia per l’Italia e le sue Pubbliche Amministrazioni.

Sembra, infatti, che negli ultimi 20 anni la spesa delle amministrazioni centrali, ovvero di Stato ed altri Enti istituzionali, sia aumentata del 53%.
Ma non è tutto, e non è il peggio, poiché la spesa di Regioni, Province e Comuni è salita del 126% e quella degli enti previdenziali del 127%: ciò significa, in parole povere, e mai aggettivo è stato più azzeccato, che la spesa pubblica complessiva è raddoppiata.

Per tamponare, dunque, i danni relativi a questa situazione, e rientrare nei costi, si è assistito ad una esplosione del gettito derivante dalle imposte (dirette e indirette) a livello locale con un aumento del 500% a cui si è associato il sostanziale raddoppio a livello centrale.

Nell’ultimo decennio, inoltre, è quasi triplicata l’incidenza delle addizionali regionali e comunali sull’Irpef, mentre esiste una profonda spaccatura tra le singole Regioni in base all’incidenza dalla tassazione locale: l’aliquota Irap per un’impresa della Campania è quasi il doppio di quella che deve pagare un’impresa di Bolzano.

Uno degli obiettivi principali del federalismo fiscale, cioè quello di mantenere inalterata la pressione fiscale a carico dei contribuenti, non è stato centrato, anzi: diventa sempre più urgente, e necessario, un maggiore coordinamento fra le politiche tributarie attuate ai diversi livelli di governo.

Vera MORETTI

Online le specifiche per lo scambio dati sulla Tares

Dopo che le modifiche relative alla Tares sono state rimandate a dicembre, ovvero alla terza rata della tassa sui rifiuti, i Comuni si apprestano a comunicare al Fisco i dati relativi alle superfici degli immobili iscritti al Catasto, per completare le verifiche necessarie al calcolo dell’imposta.

Sono infatti online, sul sito dell’Agenzia delle Entrate, le specifiche tecniche per lo scambio dati utili all’accertamento Tares nei Comuni, come previsto dal provvedimento del direttore del 29 marzo scorso: i dati catastali da segnalare al Fisco riguardano le unità immobiliari a destinazione ordinaria, iscritte in Catasto e corredate di planimetria.

Le specifiche contengono anche i formati utilizzati dall’Agenzia delle Entrate per fornire ai Comuni le superfici calcolate, comprensive o meno delle aree scoperte, e quelli utilizzati dai Comuni per segnalare all’Agenzia gli immobili con scostamenti significativi tra le superfici calcolate e i dati in loro possesso.

Il tracciato è stato predisposto sulla base di quello già in uso per l’applicazione della Tarsu, che continuerà ad essere fornito.

In entrambi i casi sono presenti, per ciascuna unità immobiliare, anche l’identificativo catastale, gli intestatari catastali e l’indirizzo presente nella banca dati.

Vera MORETTI

Tares, l’Anci insiste: rinviarla al 2014

L’Anci torna alla carica sulla Tares. Fin da subito fortemente contraria alle tempistiche e alle modalità di applicazione della nuova tariffa sui rifiuti solidi urbani, l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani fa di nuovo la voce grossa, questa volta in audizione sul decreto legge relativo al saldo dei debiti della PA, davanti alla commissione Speciale della Camera.

Naturalmente lo fa per mezzo del suo presidente Graziano Delrio. Il numero uno dell’Anci ha infatti portato all’attenzione della commissione i problemi che porterà con sé l’accoppiata Tares-Imu per i comuni, chiedendo nuovamente il rinvio della tassa sui rifiuti al 2014. Secondo Delrio, infatti, “la tassa era nata per finanziare i servizi indivisibili dei comuni perché non c’era l’Imu sulla prima casa“. Secondo il presidente, il rinvio a dicembre della Taresva bene, ma continuiamo ad avere dubbi sulla sua natura e quindi insistiamo per un suo rinvio al 2014″. Senza contare che “questo tributo va tutto allo Stato“, ha sottolineato.

In più, Delrio ha rincarato la dose ricordando l’impatto che la Tares avrà sui comuni, in concomitanza con l’Imu: “Sull’Imu abbiamo subito un taglio occulto di quasi un miliardo. I tagli dei fondi sono stati effettuati sulla base del gettito presunto Imu; peccato che si sia calcolato anche il gettito degli immobili di nostra proprietà, su cui ovviamente non paghiamo, pari a 300 milioni. Insistiamo che questi 300 milioni siano tolti dal calcolo“.

Infine, ha precisato Delrio, le riduzioni dei trasferimenti erano commisurate alla differenza fra il gettito Ici e quello dell’Imu. “L’aggiornamento dell’Ici doveva essere sull’ultima rilevazione Istat, ma poi è aumentato e questo ci è costato 400 milioni che nella verifica dovevano essere stornati e restituiti ai Comuni“. Un brusco scossone alle certezze del governo su quello che dovrebbe essere il gettito della tassa.

Imu: tassa pesante per negozi e botteghe

Non serve aspettare il 17 dicembre, data di scadenza per il saldo dell’Imu, per fare i conti su quanto questa nuova tassa porterà nelle casse dello Stato.
Confesercenti, infatti, ha previsto che, dai 18 miliardi previsti, l’Imu darà un gettito di oltre 23 miliardi, ovvero quasi il doppio dei proventi assicurati dall’Ici.

Ad essere più colpiti, dalla nuova imposta, sono stati negozianti e botteghe, che hanno dovuto vedersela con un prelievo pari a 1,8 miliardi, ossia 1.050 milioni in più rispetto ai 700 milioni derivanti dalla vecchia Ici.
Si tratta di quasi due milioni di unità immobiliari che al Catasto sono censiti come categoria C1 e che per l’80% sono di proprietà di persone fisiche, per metà utilizzati direttamente e per l’altra metà detenuti in locazione.

Ad accrescere la tassazione Imu su negozi e botteghe hanno contribuito tre fattori:

  • L’aumento di base imponibile per effetto del più elevato coefficiente (55 invece del 34 previsto per l’Ici) da applicare alla rendita catastale rivalutata. Da solo, tale “adeguamento” spiega quasi il 62% dell’aumento rispetto a quanto pagato in precedenza a titolo di Ici;
  • L’aumento dell’aliquota standard fissata ai fini IMU (0,76% rispetto allo 0,664% dell’aliquota media ICI nazionale), che spiega un altro 14%;
  • L’ulteriore aumento di aliquota deciso da ciascun Comune nell’ambito delle facoltà accordate dal legislatore (aumento o riduzione dell’aliquota ordinaria in misura pari allo 0,30%). La grande maggioranza dei Comuni capoluoghi di provincia ha optato per gli aumenti e ciò ha portato ad una lievitazione dell’aliquota complessiva, dallo 0,76% standard allo 0,97% dell’aliquota effettiva media.

Tutto ciò sta a significare che sugli immobili strumentali all’attività imprenditoriale grava a partire dal 2012 un prelievo immobiliare pari a 2,4 volte (+ 140%) quello dell’Ici, che si scarica in larghissima parte (oltre i 2/3) sulle pmi, non solo su quelle che sono proprietarie dell’immobile in cui svolgono la propria attività ma anche su quelle che conducono l’immobile in locazione e che si vedranno aumentare il canone dal proprietario colpito dall’Imu.

L’aumento dell’Imu è dovuto anche alla scelta di riservare allo Stato una parte consistente del gettito, ovvero la metà di quanto ricavato dagli immobili diversi dall’abitazione principale – ivi compresi locali, uffici, negozi, botteghe – sulla base dell’aliquota dello 0,76%.
Una scelta che devia quella che sarebbe la natura d’imposta locale dell’Imu e che finisce per dirottare sull’Erario centrale un gettito consistente: oltre 9 dei 23 miliardi di gettito complessivo; circa 700 milioni, sui 1.800 pagati dalle pmi.

Questa particolarità rende “asimmetrica” la facoltà di variare l’aliquota accordata ai Comuni che, infatti:

  • sono frenati dall’apportare riduzioni che, secondo la legge, si scaricherebbe solo sulla loro quota (essendo “intoccabile” la quota dello Stato);
  • sono incentivati a maggiorare l’aliquota dell’Imu, considerato che il maggior gettito va interamente al Comune stesso. Peraltro, non vanno sottovalutati i rischi di concorrenza fiscale dannosa fra Comuni derivanti da una diversità territoriale di aliquote sugli immobili destinati all’attività imprenditoriale.

Regioni ed Enti Locali, al contrario, dovrebbero concentrarsi sulla riduzione di spesa come si chiede allo Stato. L’esigenza di contenere un prelievo sulle attività produttive rivelatosi più pesante del previsto si combina con l’opportunità di rivedere la distribuzione delle competenze Comuni/Stato nella tassazione degli immobili.

In particolare, si potrebbe nell’immediato, “azzerare” gli aumenti Imu su negozi, botteghe e locali destinati ad attività produttive deliberati per l’anno 2012 dai Comuni, rispetto all’aliquota standard dello 0,76% fissata dal legislatore. Si tratta di circa 400 milioni che gli operatori economici potranno defalcare da quanto dovuto in sede di versamento del saldo (17 dicembre) ovvero, visti i tempi ormai ristretti, recuperare in sede di versamento della prima rata 2013, utilizzando un apposito credito d’imposta.

Vera MORETTI

Ecco come effettuare il saldo Imu

Il saldo Imu è alle porte, ormai, e, per calcolarlo nel modo giusto, occorre conoscere le delibere del Comune di appartenenza, poiché le modifiche apportate sono fondamentali, in particolare se si tratta di seconde case.

Come primo passo, bisogna avere sottomano la rendita catastale, che può essere reperita attraverso l’atto notarile o il sito del Territorio, e poi rivalutarla del 5%.
Di conseguenza va calcolato il valore catastale, dato dalla rendita catastale rivalutata, moltiplicata per il coefficiente corrispondente alla categoria catastale del fabbricato, ovvero:

  • 160 per case e pertinenze, gruppo catastale A (tranne A/10), C/2, C/6 e C/7;
  • 140 per i fabbricati del gruppo catastale B, C/3, C/4 e C/5;
  • 80 per uffici, banche e assicurazioni, gruppo catastale A/10 e D/5;
  • 60 per i fabbricati del gruppo catastale D (tranne D/5);
  • 55 per i negozi, gruppo catastale C/1.

Dopo questa operazione, entra in gioco l’aliquota decisa dal Comune per la prima o la seconda casa e tenere conto di eventuali detrazioni.
A questo punto al valore catastale prima calcolato bisogna applicare le aliquote e le detrazioni previste dal Comune, e decurtare le somme versate a titolo di acconto.

Per le abitazioni diverse da quella principale bisogna ricordarsi di suddividere la quota comunale da quella erariale, ricordando che mentre la prima è suscettibile di modifiche da parte di ciascun comune, la seconda è invece fissa (0,38% su base annua).
Le modifiche alle aliquote e alle detrazioni stabilite da ciascun Comune riguardano la quota comunale dell’Imu, non quella erariale.

Oltre all’abitazione principale, alle relative detrazioni, e alle seconde case vi sono altre casistiche in cui i Comuni possono aver introdotto modifiche rilevanti:

  • l’aliquota dell’abitazione concessa in uso gratuito ai parenti: la disciplina Imu non prevede più, come invece avveniva con l’Ici, la possibilità di assimilare l’abitazione concessa in uso gratuito all’abitazione principale. In generale, quindi, tale abitazione sconterà l’aliquota ordinaria tuttavia sono diversi i Comuni che hanno previsto comunque, per questa fattispecie, un’aliquota agevolata.
  • c.d. assimilazioni: casi in cui la disciplina dell’Imu prevista per le abitazioni principali si estende ad alcune fattispecie stabilite dai singoli Comuni, che sono le abitazioni degli anziani e disabili lungodegenti e le abitazioni dei cittadini italiani residenti all’estero.

Nel caso in cui il Comune abbia previsto l’assimilazione all’abitazione principale, ad esempio per gli anziani ricoverati, in ritardo rispetto alla scadenza della prima rata, il contribuente in sede di acconto avrà versato l’Imu considerando l’immobile come seconda casa, e pertanto avrà versato anche la quota erariale.
Chiamato ora a saldare il pagamento, il contribuente dovrà considerare l’immobile come abitazione principale, e nel caso in cui dovesse emergere un credito, che riguardi sia l’imposta erariale sia quella comunale, potrà chiederlo direttamente al Comune, considerando che nulla è stato disposto per la restituzione delle somme dovute a titolo di imposta erariale.

Occorre però considerare anche eventuali agevolazioni che scaturiscono da:

  • fabbricati locati, per i quali era possibile ridurre l’aliquota fino allo 0,4%. Se la quadratura del bilancio comunale ha consentito qualche margine di manovra, i sindaci hanno generalmente scelto di ridurre la tassazione sugli affitti concordati;
  • immobili non produttivi di reddito fondiario;
  • immobili posseduti dai soggetti Ires;
  • immobili merce.

Il versamento deve essere effettuato con il modello F24, e a decorrere dal 1° dicembre 2012 sarà possibile usare anche il bollettino postale.
Il pagamento dovrà essere effettuato all’unità di euro, pertanto con arrotondamento:

  • per difetto, se la frazione è ≤ a 49 centesimi;
  • per eccesso, se la frazione è > a 49 centesimi;
  • per ciascun rigo del Modello F24.

Per il versamento sono stati istituiti i seguenti codici tributo:

  • 3912 “IMU – imposta municipale propria su abitazione principale e relative pertinenze -COMUNE”
  • 3913 “IMU – imposta municipale propria per fabbricati rurali ad uso strumentale – COMUNE”
  • 3914 “IMU – imposta municipale propria per i terreni – COMUNE”
  • 3915 “IMU – imposta municipale propria per i terreni – STATO”
  • 3916 “IMU – imposta municipale propria per le aree fabbricabili – COMUNE”
  • 3917 “IMU – imposta municipale propria per le aree fabbricabili – STATO”
  • 3918 “IMU – imposta municipale propria per gli altri fabbricati – COMUNE”
  • 3919 “IMU – imposta municipale propria per gli altri fabbricati – STATO”
  • 3923 “IMU – imposta municipale propria – INTERESSI DA ACCERTAMENTO – COMUNE”
  • 3924 “IMU – imposta municipale propria – SANZIONI DA ACCERTAMENTO – COMUNE”.

Per quanto riguarda, invece, l’importo minimo da versare, se il Comune non ha deliberato nulla in proposito, vale la regola statale per cui il versamento non è dovuto se l’imposta complessivamente dovuta è inferiore a 12 euro.

Vera MORETTI

Cna Abruzzo: “I Comuni devono tagliare le aliquote”

La Cna regionale dell’Abruzzo sostiene che, una volta che anche il Governo ha “certificato” il raggiungimento degli obiettivi fissati per l’incasso della prima rata dell’Imu, i Comuni non hanno più alibi: devono abbassare le aliquote a carico di famiglie e imprese che, nonostante le difficoltà del momento e gli irresponsabili appelli di taluni alla disobbedienza fiscale, hanno invece onorato i propri impegni e dato prova di grande senso di responsabilità. Secondo la Cna «le affermazioni del Governo relative all’esito della prima scadenza (fissata al 18 giugno scorso) per il versamento della prima rata dell’Imposta comunale sugli immobili, da parte di cittadini e imprese, hanno documentato esiti sorprendentemente positivi: ben 9,551 miliardi di gettito, una somma che secondo le previsioni entro la fine dell’anno raggiungeranno i 20,085 miliardi.

«Questi dati – prosegue la nota dell’associazione presieduta da Italo Lupo – dovrebbero ora indurre le amministrazioni comunali della nostra regione, molte delle quali ancora alle prese con la determinazione delle nuove aliquote (il limite massimo per assumere una decisione è fissato per la fine di settembre) a tenere l’imposta al limite più basso possibile, soprattutto per le imprese che utilizzano immobili in proprietà per le proprie attività». «D’altra parte – aggiunge la Cna – ai Comuni, che hanno incassato una quota parte del gettito di metà giugno, avevamo chiesto già nei mesi scorsi di garantire ai propri bilanci, attraverso l’Imu, le stesse somme incassate con la vecchia Ici. Nulla più». «In questa situazione – conclude la Cna – le amministrazioni locali devono preoccuparsi di tagliare le spese inutili, come le tante consulenze non sempre giustificate, evitando di fare cassa su imprese e cittadini, già sottoposti a una pressione fiscale insostenibile».

Dal 2013 l’Imu resterà ai comuni

Buone notizie per i comuni italiani. Per i cittadini, è tutto da vedere. Il presidente dell’Anci, Graziano Delrio, al termine dell’incontro con il presidente del Consiglio, Mario Monti, a palazzo Chigi ha infatti affermato: “L’Imu andrà tutto ai Comuni dal 2013: il Governo ha preso un impegno preciso su questo“. “Dopo la prima rata – ha continuato Delrio – dovremo ragionare su come avverrà questo passaggio. È un percorso interessante e giusto che permetterà di rimodulare le tasse sulle entrate di questi trasferimenti“.

Da vedere se il risultato dei trasferimenti dell’Imu agli enti locali darà, in termini di ritorno in qualità dei servizi, qualcosa in più rispetto a quanto lo stato restituice ai cittadini.

Sta arrivando la Imu-bis

di Vera MORETTI

Le disgrazie non vengono mai sole.

Oltre al pagamento dell’Imu, che sappiamo potrà essere dilazionata in due o tre rate, è in arrivo una nuova tassa, che potremmo chiamare Imu 2, perché riguardante ancora la prima casa, ma che, questa volta, verrà riscossa dai Comuni.

Non si sa ancora a quanto ammonterà, né entro quando dovrà essere pagata, perché inserita all’ultimo momento nel decreto sulle semplificazioni fiscali, approvato giovedì dalla Camera.

La casa, dunque, l’unico bene su cui, si diceva, valesse la pena di investire, rischia di diventare un’arma a doppio taglio: dilemma per chi non ce l’ha ma anche per chi, magari con sacrifici e rate eterne, era riuscito a diventarne proprietario.
Servirà, come consolazione, sapere che questa ennesima tassa verrà utilizzata dai sindaci per finanziare asili, scuole, parchi, biblioteche, strade, parcheggi, ecc? Forse a poco, perché, in primo luogo, questa Imu-bis rappresenta un ulteriore sacrificio che i cittadini devono accettare.

Non si tratta, però, di una tassa del tutto nuova, perché era stata istituita dalla Finanziaria 2007 del Governo Prodi e che, di fatto, non era stata mai applicata, e che avrebbe dovuto corpire, anche se parzialmente, le opere pubbliche.
Ed ora, eccola tornare dal dimenticatoio dove era stata sepolta, e applicata non più per i cinque anni inizialmente previsti, ma per dieci, con il compito di finanziare il 100% delle opere, non più il 30, estesa anche alle prime case, mentre in origine non lo era.

Come l’Imu, ha la stessa base imponibile, la rendita catastale (innalzata del 60 per cento dal Salva-Italia), aliquota fino ad un massimo del 5 per mille.

Ad aumentare cono anche le opere finanziabili, estese anche a operazioni di restauro e conservazione di monumenti e palazzi storici, oltre che nuovi spazi per eventi, potenziamento del trasporto locale, arredi urbani significativi, giardini, musei.
Sono i sindaci che individuano le opere, scelgono l’aliquota e i tempi di imposizione ed emettono il regolamento che disciplina l’imposta. Il mancato inizio dell’opera, entro due anni dal progetto, impone la restituzione dell’imposta.

Evasione, le linee guida dei Comuni per segnalare i furbetti

La lotta all’evasione fiscale parte, oltre che dai cittadini, anche dagli enti locali.

Con il Provvedimento del 27 febbraio 2012, l’Agenzia delle Entrate ha infatti stabilito le linee guida che i Comuni devono seguire per inviare alla Guardia di Finanza e all’Agenzia delle Entrate le segnalazioni qualificate, quelle in grado di evidenziare, come dice il Provvedimento, “senza ulteriori elaborazioni logiche” i comportamenti evasivi o elusivi.

Con riferimento alle segnalazioni qualificate, rilevanti ai fini dell’accertamento dei contributi previdenziali e assistenziali non dichiarati, trasmesse dai Comuni all’INPS, il Provvedimento individua come specifico ambito d’intervento quello del “Contrasto al lavoro sommerso”, per il quale dovranno essere inviate all’INPS segnalazioni qualificate relative a soggetti che:

– effettuano attività edilizia omettendo la denuncia contributiva relativa all’impresa;
– svolgono attività di commercio ambulante o su area pubblica omettendo la Comunicazione Unica ai fini fiscali, amministrativi e previdenziali e/o la denuncia contributiva relativa all’impresa;
– svolgono attività commerciale o artigiana omettendo sia la Comunicazione Unica ai fini fiscali, amministrativi e previdenziali che la denuncia contributiva relativa all’impresa.

Laura LESEVRE