Contributi figurativi, in quali situazioni si possono chiedere?

I contributi figurativi vengono riconosciuti in determinati casi e per specifici periodi nei quali il contribuente non lavori. Il riconoscimento dei contributi figurativi avviene senza alcun onere per il lavoratore. Dunque, il contribuente non deve pagare nulla per il periodo di inattività da lavoro.

I contributi figurativi sono gratis?

Tuttavia, proprio per il fatto che i contributi figurativi sono accreditati gratuitamente e nemmeno il datore di lavoro deve versare nulla, è necessario far riferimento alle particolari situazioni che hanno determinato l’interruzione del lavoro. E, dunque, al particolare momento della carriera lavorativa del contribuente. Pertanto è solo in specifici casi, che andremo ad analizzare, che la contribuzione viene accreditata al lavoratore.

Contributi figurativi utili alla pensione dei lavoratori del settore privato

Le regole dei contributi figurativi sono diverse a seconda che il richiedente sia un lavoratore del settore privato, pubblico o un autonomo (o anche artigiano o commerciante). Per il settore privato, la prima situazione nella quale il dipendente può maturare i contributi figurativi è quella del licenziamento. Nei periodi in cui il dipendente licenziato percepisce le formule di indennità di disoccupazione, matura i contributi figurativi.

Contributi figurativi per disoccupazione, cassa integrazione e mobilità

Oltre alla disoccupazione, la maturazione dei contributi figurativi avviene anche nei casi di cassa integrazione e di mobilità. Nel primo caso, i contributi figurativi maturano per i periodi di sospensione dell’attività. Nel caso della mobilità, invece, i contributi figurativi sono corrisposti per i periodi successivi al licenziamento da parte di un’impresa che sia stata dichiarata in stato di crisi.

Per il servizio militare e la gravidanza maturano i contributi figurativi?

Il periodo di servizio militare dà diritto ai contributi figurativi. L’accredito è ammesso anche per lo svolgimento del servizio militare non armato, ovvero per le missioni umanitarie, e per il servizio sostitutivo civile svolto per obiezione di coscienza. Anche l’interruzione obbligatoria del lavoro per puerperio e gravidanza fa maturare contributi figurativi. L’accredito avviene per tutti i periodi nei quali è prevista l’assenza obbligatoria e anche nei casi in cui la donna non abbia un contratto di lavoro e dunque risulti senza occupazione. Per quest’ultimo caso, la maturazione dei contributi figurativi necessita di almeno 5 anni di anzianità contributiva acquisita mediante svolgimento di attività lavorative.

Interruzione del lavoro per maternità e accredito contributi figurativi

Diversa dalla gravidanza è la maternità ai fini dell’accredito dei contributi figurativi. Infatti, per la maturità maturano i contributi per l’interruzione facoltativa e per un periodo massimo di 6 mesi, anche in maniera frazionata. La maternità riconosciuta deve avvenire entro l’ottavo anno di vita del bambino. Rientrano nell’accredito anche le assenze dovute a permessi in relazione a malattia del bambino di età non superiore ai 3 anni.

Periodi di aspettativa e donazione del sangue: i contributi figurativi

I periodi di aspettativa che permettono l’accredito dei contributi figurativi sono strettamente limitati. Infatti, sono ammesse le aspettative prese dal lavoratore dipendente che va a svolgere cariche pubbliche elettive quali, ad esempio, l’onorevole. Rientrano tra le aspettative ai fini dei contributi figurativi anche le cariche sindacali nazionali o provinciali. I contributi figurativi sono altresì riconosciuti anche nei periodi di assenza da lavoro per la donazione del sangue.

Malattia e infortunio fanno maturare contributi figurativi?

I periodi di malattia e infortunio possono generare l’accredito di contributi figurativi seguendo determinare regole. Infatti, attualmente è possibile richiedere i contributi nel limite delle 95 settimane, corrispondenti a 22 mesi. Il limite è riferito a tutta la vita assicurativa del contribuente. In precedenza, il tetto massimo per malattie e infortuni era fissato in 12 mesi (52 settimane), poi aumentato a partire dal 1997 in media di due mesi ogni 3 anni. Infine, è da ricordare che la contribuzione figurativa per malattia e infortunio deve riguardare periodi di assenza superiori ai 7 giorni.

Cosa bisogna fare per l’accredito dei contributi figurativi?

In genere per il riconoscimento dei contributi figurativi è necessario fare richiesta nel momento in cui si presenta domanda per la pensione. Tuttavia, per vari contributi maturati per periodi sopra analizzati l’accredito avviene in automatico. Ad esempio, i periodi di disoccupazione, di cassa integrazione, di mobilità e di assistenza antitubercolare, i contributi vengono accreditati senza domanda. La motivazione risiede nel fatto a questi periodi di inattività lavorativa corrisponde un’indennità (ad esempio, di disoccupazione). Dunque l’Istituto previdenziale ha già in possesso i dati relativi ai contributi figurativi da riconoscere.

Contributi figurativi, quando non bisogna fare domanda per farseli riconoscere?

Anche per la maternità, per la malattia e per gli infortuni, l’Inps procede d’ufficio nell’accredito dei contributi figurativi. Per il servizio militare, invece, occorre inoltrare all’Inps il foglio matricolare. Per il rilascio del documento è necessario rivolgersi al distretto militare di appartenenza. Tuttavia, in sede di domanda di pensione si può procedere con l’autodichiarazione per evitare di presentare la documentazione necessaria.

Congedo di maternità: come funziona per dipendenti e per autonomi

Il congedo di maternità corrisponde al periodo di astensione obbligatoria della gestante/madre, questo viene riconosciuto sia alle lavoratrici dipendenti, sia a quelle autonome. Scopriamo come funziona!

Congedo di maternità: cos’è

Il congedo di maternità 2021 è disciplinato dal Decreto legislativo 26/03/2001 n° 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità) e ha una durata di 5 mesi. Durante tale lasso di tempo la lavoratrice dipendente ha l’obbligo di astenersi dal lavoro, il periodo inizia 2 mesi prima rispetto alla data prevista per il parto e termina 3 mesi dopo la nascita del bambino.  Per le lavoratrici dipendenti vi è la possibilità di posticipare l’uscita dal lavoro fino al mese precedente rispetto alla data presunta per il parto. Per posticipare l’uscita dal lavoro è necessario presentare un certificato medico in cui si attesti che la permanenza sul lavoro non mette a rischio la salute del nascituro e della madre.  In questo caso sarà possibile fruire del congedo di maternità per i 4 mesi successivi al parto. Il totale del periodo di astensione obbligatoria dal lavoro resta comunque di 5 mesi. Il congedo può essere anticipato nel caso di gravidanza a rischio oppure nel caso in cui le mansioni siano incompatibili con lo stato di gravidanza.

Congedo di maternità dopo il parto

Per il 2021 è stata confermata la possibilità di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo il parto. Come chiarito con la circolare INPS 12 dicembre 2019 n 148 , le donne possono decidere di posticipare l’inizio dei 5 mesi di congedo obbligatorio di maternità al momento della nascita del bambino, questa facoltà è ammessa esclusivamente nel caso in cui le condizioni di lavoro non mettano a rischio la salute della donna e del nascituro. Per poter accedere a tale facoltà è necessario il certificato di un medico specialista del Servizio Sanitario Nazionale o convenzionato e del “medico competente ai fini della prevenzione per tutela della salute sui luoghi di lavoro“.

Adozione, affidamento,  affido pre-adottivo

Il congedo di maternità 2021 viene riconosciuto anche per gli affidi e per le adozioni, in questo caso inizia con l’ingresso del bambino nella famiglia, mentre nel caso di adozione internazionale, il periodo del congedo di maternità può iniziare con l’ingresso in Italia del bambino. A tale proposito deve essere sottolineato che l’INPS con la circolare 66 del 2018 ha chiarito che  in caso di affidamento non pre-adottivo è possibile avere il congedo di maternità retribuito, ma solo per 3 mesi.

Chi paga il congedo di maternità

Per le lavoratrici dipendenti il pagamento è a carico dell’INPS, ma viene anticipato dal datore di lavoro. Questa regola non si applica a colf e badanti, in questo caso il pagamento è direttamente in capo all’INPS. L’importo è pari all’80% dell’ultima retribuzione giornaliera.

Lavoratrici autonome

Le lavoratrici autonome cioè commercianti, artigiane, imprenditrici agricole, coltivatrici dirette, coloni e mezzadre hanno diritto al congedo di maternità pari all’80% del reddito giornaliero. Possono usufruire di questa indennità senza obbligo di lasciare il lavoro, quindi possono continuare a lavorare. Per poter ottenere l’indennità devono comunque aver regolarmente versato i contributi.

Il congedo di paternità obbligatorio

Il congedo di paternità obbligatorio è un istituto che può essere definito residuale e non deve essere confuso con il congedo parentale. Trova applicazione esclusivamente nel caso di:

  • morte o grave infermità della madre ( naturalmente tali fatti devono essere certificati);
  • abbandono del figlio da parte della madre  o mancato riconoscimento da parte della stessa;
  • affidamento esclusivo del figlio al padre ( occorre un provvedimento giudiziario).

Come richiedere il congedo di maternità

La domanda per il congedo di maternità 2021 deve essere inoltrata all’INPS prima che inizi il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro,  per inoltrare la domanda un medico del Servizio Sanitario Nazionale o convenzionato deve far pervenire all’INPS il certificato di gravidanza. Entro 30 giorni dal parto la lavoratrice deve darne ulteriore comunicazione all’INPS indicando anche le generalità del nato. La domanda può essere presentata tramite i servizi online, telefonicamente tramite il contact center 803 164  da rete fissa e 06 164 164 da rete mobile, oppure attraverso un patronato/CAF.

Faq

Le lavoratrici disoccupate hanno diritto al congedo di maternità 2021? Sì, nel caso in cui il periodo di congedo di maternità inizi entro 60 giorni dall’ultimo giorno di lavoro; nel caso in cui la lavoratrice abbia diritto all’indennità di disoccupazione o alla cassa integrazione, anche in tale periodo viene riconosciuto il diritto al congedo di maternità retribuito.

Le lavoratrici iscritte alla Gestione Separata INPS hanno diritto al congedo di maternità? Sì. Deve però essere sottolineato che dal 2017 le lavoratrici iscritte alla Gestione Separata INPS (parasubordinate e libere professioniste non iscritte ad altre casse di previdenza), non hanno più obbligo di astensione dal lavoro. Per avere  il riconoscimento dell’indennità è necessario che la lavoratrice abbia versato almeno 3 mesi di contributi nei 12 mesi antecedenti l’inizio del congedo di maternità e il versamento deve comprendere l’aliquota maggiorata dello 0,72%.

Cosa succede in caso di aborto? Se l’aborto avviene nel periodo compreso tra il 3° e il 6° mese la donna lavoratrice ha dirittoa un periodo di malattia determinata da gravidanza. In base alle circolari n. 48/1993 e n. 51/2001 questo periodo non si cumula a precedenti o successivi periodi di malattia al fine del calcolo del periodo di comporto. Se invece l’aborto avviene dopo il 6° si ha diritto al congedo di maternità, questo perché viene parificato al parto in applicazione dell’articolo 12, comma 1, del Dpr n. 1026/1976.

Cosa succede se non viene rispettato l’obbligo di astensione per le lavoratrici dipendenti? La norma mira a tutelare la salute di nascituro e madre, quindi in caso di violazione è prevista la reclusione fino a 6 mesi per il datore di lavoro.

Assunzione per sostituzione maternità: caratteristiche del contratto

L’assunzione per sostituzione maternità è un contratto stipulato per sostituire  una lavoratrice che gode dell’astensione obbligatoria dal lavoro per maternità. Ecco come funziona.

Quando si stipula il contratto di assunzione per sostituzione maternità

Come risaputo, la legge (Testo Unico della maternità D. Lgs 151/2001 e s.m.i. ) prevede delle tutela per la donna lavoratrice in gravidanza, in particolare è previsto un periodo di astensione obbligatoria, cioè la donna non può continuare a lavorare, tale periodo inizia due mesi prima la data prevista per il parto e termina 3 mesi dopo il parto. La lavoratrice può posticipare l’inizio del periodo di astensione obbligatoria e quindi usufruire del mese antecedente la data prevista per il parto e 4 mesi successivi al parto. Per poter posticipare l’inizio del periodo di astensione obbligatoria è necessario un certificato medico che attesti  che tale scelta non compromette le condizioni di salute della donna e del nascituro.  Le stesse norme si applicano anche in caso di adozione: il periodo di congedo di maternità inizia con l’ingresso del bambino in casa.

Per l’azienda il congedo di maternità può creare sicuramente problemi perché nell’organico vi è un posto vacante, per riempire tale vuoto può utilizzare il contratto di assunzione per sostituzione maternità. Si tratta di un contratto che ha caratteristiche ben determinate, infatti occorre ricordare che la donna lavoratrice al termine del periodo di congedo deve ritornare al lavoro e ha diritto ad essere collocata nella stessa posizione e nelle stesse mansioni che svolgeva in precedenza. Il contratto per sostituzione maternità è disciplinato dall’articolo 4 del D.lgs 151 del 2001 che al comma 1 sottolinea che il datore di lavoro può assumere personale con contratto di lavoro a tempo determinato o temporaneo per la sostituzione delle lavoratrici.

Come funziona il contratto per sostituzione maternità

Il contratto per sostituzione maternità è anche conosciuto con il nome di “contratto per sostituzione con diritto alla conservazione del posto”, questa locuzione sottolinea bene le caratteristiche del contratto, infatti chi sostituisce la donna che usufruisce del congedo di maternità in nessun caso potrà aspirare a vedere la trasformazione di questo contratto. Può però essere stipulato successivamente un nuovo contratto, ma non sarà “per sostituzione maternità” sarà un nuovo posto di lavoro.  Come è stato già chiarito, a questo contratto si applica la disciplina prevista per il contratto a tempo determinato.

La prima cosa da dire è che il lavoratore/lavoratrice che sostituisce la donna in maternità avrà per quel determinato periodo gli stessi diritti della lavoratrice sostituita. Viste le caratteristiche del contratto in esso devono essere indicate anche le generalità della persona che si sostituisce ( in teoria potrebbe essere sostituito anche un lavoratore uomo in congedo di paternità). Nel contratto devono essere stabilite tutte le caratteristiche del lavoro: inquadramento contrattuale, mansioni da svolgere, ferie, retribuzione e contratto collettivo applicato.

La durata del contratto

Nel contratto deve essere stabilita anche la durata a tal proposito è però necessario fare delle precisazioni. Si è detto che l’astensione obbligatoria ha la durata di 5 mesi, la normativa però prevede che il lavoratore che deve sostituire la donna che usufruisce del periodo di astensione obbligatoria debba svolgere un periodo di affiancamento nelle mansioni di un mese, articolo 4, comma 2, d.lgs 151 del 2001 ( la contrattazione collettiva può prevedere anche periodi di affiancamento maggiori), quindi l’ingresso effettivo non si ha quando inizia la maternità, ma un mese prima. Tendenzialmente la durata minima del rapporto di lavoro è quindi di sei mesi.

Potrebbe però capitare che la donna/madre lavoratrice decida di usufruire anche di sei mesi di astensione  facoltativa o congedo parentale, questo vuol dire che il contratto potrebbe avere validità di 12 mesi. Affinché questo avvenga è necessario che all’interno del contratto originario indicata la possibilità di proroga. Una formula ampia spesso utilizzata è “fino al rientro della signora X dalla maternità”.

Per questo tipo di contratto la normativa, articolo 4 comma 3 d.lgs 151 del 2001, ha previsto uno sgravio contributivo in favore del datore di lavoro del 50% per le aziende che hanno meno di 20 dipendenti.

Curiosità sull’assunzione per sostituzione maternità

Possono verificarsi delle situazioni particolari, ad esempio può verificarsi che l’azienda assuma il lavoratore Sergio Bianchi con contratti di lavoro a tempo determinato. A un certo punto la dipendente Maria Bianchi inizia il periodo di astensione obbligatoria e l’azienda decide di stipulare il contratto di lavoro per sostituzione maternità proprio con Sergio Bianchi, questo perché ha già conoscenza dell’azienda, ha già svolto le mansioni e quindi si preferisce stipulare il contratto con lui. In questo caso il periodo di assunzione per sostituzione deve essere sommato ai fini del computo del limite massimo dei 36 mesi stabilito dall’art. 19 D.Lgs.81/2015? In base all’interpretazione corrente sì. Questo vuol dire che il lavoratore avrà diritto ad avere il contratto di lavoro a tempo indeterminato, questo contratto però non potrà ledere i diritti di Maria Bianchi.