Firmato un accordo tra Coni e commercialisti

È stato siglato nei giorni scorsi dal Presidente del Coni Giovanni Malagò, dall’Amministratore Delegato della Coni Servizi Alberto Miglietta, con il Presidente del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili Gerardo Longobardi e con il Presidente della Fondazione Nazionale Commercialisti, Giorgio Sganga, un importante protocollo d’intesa tra Coni e Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili.

L’accordo prevede che tra i due firmatari ci sia un rapporto di collaborazione fino al 2016 per realizzare iniziative comuni nelle discipline economiche, fiscali, giuridiche e sociali e in quelle che pertengono al ruolo di rispettiva competenza, attraverso gli Ordini territoriali dei Commercialisti, i Comitati Regionali e i Coni Point.

La prima riunione operativa si terrà venerdì 6 febbraio nella sede del Coni Point di Cosenza, alla presenza di Gerardo Longobardi, Giorgio Sganga, e del Delegato Provinciale del Comitato Olimpico nazionale, Giuseppe Abate.

Gli ordini professionali investono in cultura e formazione

Tre degli ordini professionali più influenti investono con forza nella cultura delle professioni. Il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti ha sottoscritto due protocolli d’intesa con il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili e con la Fondazione Scuola Superiore dell’Avvocatura per promuovere attività comuni rivolte allo sviluppo della cultura professionale e alla formazione continua, da perseguire attraverso corsi, seminari e pubblicazioni.

Il presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, Enzo Iacopino, ha firmato un protocollo con Gerardo Longobardi e Giorgio Sganga, presidenti rispettivamente del Consiglio e della Fondazione nazionali dei commercialisti, e uno con la Scuola Superiore dell’Avvocatura – Fondazione del Consiglio Nazionale Forense, rappresentata dal vice presidente Alarico Mariani Marini. Complessivamente i tre ordini professionali rappresentano oltre 450mila professionisti iscritti ai rispettivi Albi.

La deontologia e il rispetto delle regole sono condizioni fondamentali per una informazione al servizio dei cittadini”, ha affermato Enzo Iacopino, commentando l’iniziativa degli ordini professionali e annunciando “la creazione di un osservatorio di monitoraggio sulle violazioni dei codici etici della categoria”.

Le professioni intellettuali regolamentate devono recuperare il ruolo di presidio di garanzia per la collettività – ha invece sottolineato Alarico Mariani Marini -. Con i giornalisti condividiamo l’esigenza di riconoscere nella formazione uno strumento essenziale per lo sviluppo civile della società. Le nostre sono professioni che agiscono sul terreno dei diritti e delle libertà fondamentali e dunque devono recuperare la consapevolezza delle loro responsabilità culturali, etiche e deontologiche. Questi ultimi sono elementi che segnano la differenza delle professioni intellettuali regolamentate nella società di mercato“.

 

“Questo importante protocollo – ha chiuso l’altro rappresentante degli ordini professionali, Gerardo Longobardi, presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti -, che avvia una proficua collaborazione tra professioni diverse, andrà ora riempito di contenuti e significati. La formazione è per le professioni intellettuali una grande opportunità di crescita e sviluppo culturale, oltre che un aspetto di socializzazione e condivisione di esperienze diverse. Investendo nella formazione, investiamo anche nella nostra Fondazione nazionale, fiore all’occhiello della categoria e suo braccio operativo. Ad essa il compito di concretizzare questo protocollo”.

L’intervento di Massimo Miani sul redditometro

Massimo Miani, candidato alla presidenza del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti contabili, ha voluto, con un suo intervento, esprimere il suo parere sul redditometro e togliere, una volta per tutte, sospetti e dubbi.

Dopo aver ribadito che si tratta di uno strumento per misurare il livello dei consumi e degli investimenti dei contribuenti, per metterlo a confronto con il livello di reddito di cui ha dichiarato essere titolare, Miani ha posto l’accento su criteri di misurazione e modalità di applicazione.

Quanto ai primi, un eccessivo ricorso a parametri di tipo statistico, in luogo di spese e investimenti effettivamente sostenuti dal contribuenti, può stravolgere la natura stessa del redditometro in quella di uno studio di settore per famiglie, esponendo 40 milioni di contribuenti ai tutt’altro che piacevoli effetti collaterali, nella dialettica col fisco, che già da 15 anni gli studi di settore veri e propri ribaltano sui 5 milioni di partite IVA italiane. Quanto ai secondi, un uso ‘di massa’ e meccanicistico dello strumento, tanto più se fondato in parte rilevante su parametri quantitativi di tipo statistico, può veramente creare molti più problemi sul fronte dei consumi di quanti possa concretamente risolverne sul fronte della lotta all’evasione fiscale”.

Facendo riferimento alla posizione dell’Agenzia delle Entrate, il candidato presidente ha riconosciuto, da parte dell’istituto, interventi importanti, quali:

  • valenza assolutamente residuale delle stime di reddito fondate su parametri statistici rispetto a quelle fondate su spese e investimenti effettivamente sostenuti;
  • applicazione selettiva dello strumento ai soli casi di incongruenze macroscopiche che possono indurre a presumere ipotesi di e evasione “spudorata”;
  • vere e proprie franchigie (quantificate dall’Agenzia in 12.000 euro) sotto le quali le incongruenze, tra reddito misurato dal redditometro e reddito dichiarato dal contribuente, non verranno in ogni caso prese in considerazione.

Nonostante, però, per i commercialisti il redditometro possa essere considerato un valido strumento di supporto per la lotta all’evasione fiscale, vengono richieste modifiche normative che possono ulteriormente agevolare il lavoro dei “tecnici”.
Questo è quello che chiedono i commercialisti italiani, a garanzia di un rapporto tra fisco e contribuente basato su impegni reciproci”.

Vera MORETTI

Pmi e camere di commercio uniti contro il rinvio della mediazione obbligatoria

Le camere di commercio, le imprese e i professionisti chiedono all’unisono al governo che non vi sia alcun rinvio della riforma della mediazione civile e commerciale (come previsto dal decreto legislativo28/2010). Le parti scese in campo in particolare sostengono che la “condizione di procedibilità”, ovvero l’obbligo di tentare una conciliazione delle controversie in modi “alternativi”, prima di appellarsi al giudizio di un tribunale ordinario dovrebbe essere applicata con una certa urgenza. Viene inoltre chiesto che a un anno dall’entrata in vigore del provvedimento sia compiuta una analisi per valutare l’introduzione di eventuali manovre correttive favorendo la realizzazione di iniziative di promozione della cultura della mediazione.

La “condizione di procedibilità” dovrebbe diventare efficace a partire dal 20 marzo prossimo, un suo rinvio causerebbe  di vanificare un importante sforzo riformatore perseguito dal Governo, come ricordato in una nota. Le parti schierate a favore di una applicazione immediata della norma ricordano il loro impegno  e gli investimenti compiuti per realizzare strumenti di giustizia alternativa al fine di ridurre i costi e i tempi della giustizia.

Il Documento è stato inoltrato al Ministro di Giustizia, Angelino Alfano, sottoscritto dai vertici di Unioncamere, di tutte le Confederazioni imprenditoriali (Cia, Coldiretti, Compagnia delle Opere, Confagricoltura, Confapi, Confcooperative, Confindustria, Lega delle cooperative, Rete Imprese Italia) e degli Ordini professionali (Consiglio nazionale degli Architetti, Consiglio nazionale dei Dottori commercialisti ed esperti contabili, Consiglio nazionale dei Geometri e dei Geometri laureati, Consiglio nazionale degli Ingegneri).

Mirko Zago

I Commercialisti propongono una riforma fiscale radicale

Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili ha approvato il Manifesto dei commercialisti per una riforma radicale del Fisco. Sono quattro le linee d’azione prioritarie indicate nel documento che verrà consegnato al Ministero dell’Economia: regole certe nei rapporti tra fisco e contribuenti; maggiore fermezza contro l’evasione, purché ci sia anche un nuovo processo tributario, affidato a uomini e competenze professionali reali; un prelievo fiscale equo, efficiente e coerente; un federalismo in cui conti l’autonomia finanziaria piuttosto che l’autonomia impositiva. Un documento, quello dei commercialisti, nel quale sono elencate anche le condizioni pregiudiziali per la reale praticabilità della riforma e gli obiettivi fondamentali da perseguire.

Le condizioni: i commercialisti ritengono innanzitutto che una radicale rivisitazione del sistema fiscale vada subordinata a cinque condizioni che sono altrettanti no. No ad una riforma priva dei presupposti sociali e politici per durare a lungo e sì, invece, ad un percorso condiviso da tutte le parti sociali e dalle forze politiche di maggioranza e opposizione, per evitare che ciò che viene fatto dalle prime venga poi “smontato” dalle seconde. No ad una riforma in cui le logiche di gettito prevalgano sugli obiettivi socio-economici di fondo. No ad una riforma “tela di Penolope”, che blocchi, fino al suo completamento, interventi immediati di riduzione o modificazione del prelievo su famiglie, imprese e professionisti. No ad una riforma che dimentichi la necessità di una semplificazione normativa. No, infine, ad una riforma che possa giustificare nuovi condoni fiscali, con i quali chiudere eventualmente con il pregresso.

Le linee d’azione prioritarie e gli obiettivi fondamentali: il documento elenca anche alcune linee d’azioni prioritarie dalle quali discendono gli obiettivi fondamentali da perseguire per un fisco migliore. Per i commercialisti vanno innanzitutto garantite regole certe per rilanciare la fiducia, elevando a norma di rango costituzionale lo Statuto del contribuente, costruendo un nucleo di principi certi e indisponibili dallo stesso Governo di turno, creando, come in molti Paesi, un’autorità indipendente che vigili sulle norme fiscali e affrontando la questione dell’”abuso del diritto”. Serve poi maggiore fermezza nella lotta all’evasione, dando priorità al nuovo redditometro (uno strumento da perfezionare e informatizzare), premiando la trasparenza finanziaria e accentuando la lotta ai paradisi fiscali. Tutto ciò senza però dimenticare la giustizia tributaria, evitando di pensare solo alla riscossione dei tributi. Il sistema tributario, scrivono i commercialisti, deve funzionare anche quando il rapporto tra fisco e contribuenti sfocia in contenzioso. Serve dunque anche una riforma della giustizia tributaria, con un nuovo processo tributario, affidato a uomini con le opportune professionalità. Per costruire un prelievo fiscale equo, efficiente e coerente, va riequilibrata la tassazione tra redditi patrimoniali e redditi produttivi, distinguendo accumulo e risparmio per incentivare la capitalizzazione delle imprese. I commercialisti chiedono anche di abolire l’Irap, imposta iniqua e distorsiva, e di premiare fiscalmente le imprese che danno lavoro. Infine, il capitolo dedicato al federalismo. Per il Consiglio nazionale della categoria esso deve enfatizzare l’inversione dei flussi di cassa rispetto al potere di creare tributi. Ciò che conta, in sostanza, è rendere regioni ed enti locali titolari del gettito prodotto dai loro territori, trasformando i trasferimenti erariali in entrate proprie.

I delegati ai tavoli per la riforma: i quattro delegati dei commercialisti ai tavoli sulla riforma fiscale sono il presidente della categoria Claudio Siciliotti (Bilancio pubblico), Enrico Zanetti, Capo Ufficio Studi della Presidenza del Consiglio Nazionale dei commercialisti (Economia non osservata), Gianpaolo Valente, Segretario Generale dell’Istituto di Ricerca dei commercialisti (Erosione fiscale) e il consigliere nazionale Roberto D’Imperio (Sovrapposizione).

Laura LESEVRE

Che succede se un Commercialista apre un centro elaborazione dati?

Il Consiglio nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti contabili lo scorso 13 ottobre 2010, in una nota, si è espresso in merito all’incompatibilità tra la professione di dottore commercialista e l’attività imprenditoriale di una società di elaborazione dati. Infatti, l’esercizio della professione di dottore commercialista ed esperto contabile è incompatibile con l’esercizio dell’attività d’impresa di produzione di beni e servizi. Un centro elaborazione dati si configura proprio come un’attività d’impresa per la produzione di servizi. Tale incompatibilità potrebbe però risolversi. Secondo il CNDCEC andrebbe esclusa l’incompatibilità andrebbe esclusa in presenza di società di elaborazione dati di proprietà di un dottore commercialista, se il fatturato della società imputabile al dottore è inferiore a quello dell’iscritto all’albo, derivante dalla sua posizione Iva individuale o dalla quota di fatturato dello studio associato.

Documento Revisione legale dei conti: la parola al Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili

Il Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili (Cndcec) ha emanato un nuovo Documento in merito alla questione della revisione legale dei conti.

Un ambito importante nonchè una specifica necessaria dopo le modifiche intervenute per effetto del D.Lgs. n. 39/2010.

In questo modo, vengono analizzati i fattori adeguatezza delle ore di lavoro preventivate e idoneità tecnico professionale che i sindaci devono tenere in considerazione prima di conferire l’incarico ad un revisore.

Il Documento contiene una serie di valutazioni che il revisore deve effettuare prima di accettare l’incarico, come la modalità di svolgimento della revisione, l’adeguatezza dei tempi previsti e l’idoneità delle risorse professionali da impiegare.

Infine, il Documento contiene anche un fac-simile per la proposta motivata sul conferimento dell’incarico di revisione legale dei conti.

Paola Perfetti