Il cibo ai tempi della crisi

E’ stato già detto più volte: la crisi ha costretto gli italiani a tagliare anche sul carrello della spesa. Ma, finora, non si aveva idea di cosa avesse comportato questa riduzione nei confronti dell’economia del Paese.

Ebbene, dalla ricerca condotta da Fipe-Confcommercio “Consumi e stili alimentari in tempo di crisi” presentata in occasione di TuttoFood 2013 in corso a FieraMilano, è emerso che il taglio alla spesa pari al 9,6% ha fatto sparire oltre 12,4 miliardi di euro in cinque anni.

A quanto pare, però, non si può dare la colpa solo alla crisi, perché, se effettivamente c’è una maggiore attenzione agli acquisti alimentari in chiave anti spreco, è anche vero che, dal punto di vista culturale, il cibo ha perso un po’ del suo valore.
Mettersi a tavola non richiama più alla convivialità, o comunque non sempre, ma, piuttosto, alla necessità di nutrirsi. E ciò porta a considerare il cibo come una mera materia prima, da acquistare, se possibile, al prezzo più basso.

Questa tendenza aveva già dato mostra di sé in tempi non sospetti, quando la crisi era ancora lontana: si cominciava a prediligere pane e cereali, dolci e bevande, a scapito di proteine. A soffrire di questa scelta, soprattutto pesce, sia fresco sia surgelato, ma anche carne, uova e formaggi.

Tra i responsabili di questo cambiamento radicale vi è certamente un mutamento delle abitudini lavorative, che portano a consumare i pasti, pranzo e colazione in primis, fuori casa. Il brunch ha di fatto sostituito entrambi, fino a diventare uno spuntino tra un appuntamento lavorativo e l’altro.

Ma, se fino agli anni 2000 questo fenomeno aveva contribuito a registrare un cospicuo aumento dei pasti consumati fuori casa, dal 2012 si è verificato un brusco rallentamento, tanto da invertire il segno. E il 2013 non si è aperto sotto i migliori auspici.

Confrontando i dati a livello europeo riferiti agli anni compresi tra 2007 e 2011, l’Italia si caratterizza ancora per una contrazione del 6,3% dei consumi domestici e un leggero aumento di quelli extra domestici.
Due italiani su dieci, pari a 12 milioni, pranzano abitualmente fuori casa, scegliendo bar, ristoranti, ma soprattutto il posto di lavoro, dove si consuma il pasto portato da casa, e la mensa.

Addio quindi al pranzo come pasto principale della giornata, che vedeva la famiglia riunirsi per spezzare la routine lavorativa: ora, a farne le veci, c’è la cena,la cui importanza è aumentata dal 21,4 al 23,4%.

Per “resistere” agli attacchi di fame, inevitabili se si pranza con un panino, uomini e donne, ma non adolescenti, non escono di casa al mattino senza aver fatto una buna colazione e, pur costretti a cambiare le proprie abitudini alimentari, continuano a definirsi buongustai (77,8%), con una predilezione per le specialità della propria regione (69,1%).
Gli alimenti preferiti restano pane, pasta, riso, carni bianche e frutta (anche se in lieve calo rispetto al 2006), mentre il formaggio resta l’alimento meno scelto.

Questi dati, però, stridono con l’aumento del tasso di obesità, arrivato, negli ultimi dieci anni, a superare il 26%. In sovrappeso sono ben sei milioni di italiani fra adulti e bambini e gli stili alimentari meno salutari sono statisticamente quelli degli uomini, degli occupati, degli abitanti dei grandi centri e di quelli che vivono nel Centro Nord.

Le lavoratrici donne, invece, sono più attente agli stili alimentari salutistici per un maggiore carico familiare, per le caratteristiche diverse dei lavori e per una maggiore attenzione e sensibilità ad aspetti relativi alla salute.

Sempre più negativo il rapporto con la bilancia: dai 18 anni in su ci si pesa sempre meno, addirittura il 31,5% delle persone dichiara di non pesarsi mai e solo il 27,1% lo fa almeno una volta all’anno. A controllare poco il peso sono più gli uomini che le donne, i lavoratori autonomi e più i meridionali rispetto ai settentrionali.

Vera MORETTI

Rallenta il carrello della spesa: -1,5%

 

Il carrello della spesa degli italiani va sempre più veloce, nel senso che è sempre più leggero. Coldiretti rendo noto un calo dei consumi di beni alimentari pari all’1,5%, in base all’indagine condotta su dati Istat del mese di luglio 2012 . E se i consumi calano, l’inflazione, a differenza del carrello, rallenta.

Cambiano anche le abitudini degli italiani, che rinunciano a carne e pesce, ma anche a tutti i vizi della tavola: dal cioccolato, ai liquori, ai dessert. Che la crisi possa portare ad un’alimentazione più sana?

La crisi ha portato a una revisione del carrello degli alimentari, con piu’ pasta (+3 %) e meno bistecche (-6 %)” spiega in una nota Coldiretti. Ad essere ridotti in quantità sono anche gli acquisti di pesce (-3 %) e ortofrutta (-3 %), mentre salgono quelli di pane (+3 %) e leggermente di carne di pollo (+1 %).

Ma la crisi sta cambiando anche le altre abitudini alimentari degli italiani – continua Coldiretti –  a partire dal taglio in quantita’ di alcuni piccoli ”vizi”, dal -6 % delle caramelle al -3 %dei liquori. Calano anche gli aperitivi (-4 %), i prodotti a base di cioccolato (-3 %), le bibite (-7 %) e i dessert (-10 %)”.

Il timore paventato da Coldiretti, a fronte di questo sensibile calo dei consumi, resta l’aumento dell’Iva previsto per settembre: “Dinanzi a tale situazione diventa necessario scongiurare il rischio del previsto aumento dell’Iva dal 21 al 23% che costerebbe agli italiani oltre un miliardo solo per le spese alimentari. I prezzi dei prodotti alimentari al dettaglio aumenterebbero in media di un punto percentuale con picchi dell’1,8 % per carne, prosciutto e pesce, con effetti insostenibili sull’inflazione e sull’andamento della spesa”.

 

Il menù degli italiani: più pasta, meno bistecche

Spending review anche a tavola per gli  italiani. La crisi colpisce anche i fornelli e soprattutto il carrello della spesa dei cittadini.

Secondo i dati diffusi oggi da Coldiretti, gli italiani mangiano sempre più pasta (+3 %) e meno bistecche (-6 %), con una flessione media dei consumi alimentari  pari all`1,5 %.

Il rapporto “La crisi cambia la spesa e le vacanze degli italiani” stilato da Coldiretti sulla base dei dati relativi ai primi 5 mesi del 2012,elaborati da Coop Italia, il potere di acquisto degli italiani si è fortemente contratto, anche tra gli scaffali del supermarket.

Sempre meno pesce (-3 %) e prodotti ortofrutticolo (-3 %), mentre in crescita esponenziale è il pane ( +3 %) e la più economica carne di pollo (+1%).

Un dato che salta all’occhio è anche la tendenza, emersa con maggior forza negli ultimi mesi, ad acquistare i prodotti alimentari nei discount: il 29 % lo preferisce al supermercato, a fronte di un 57 % che si mantiene fedele alla spesa nel centro commerciale o nelle grosse catene di Supermarket. E il negozio di alimentari sotto casa, che fine ha fatto?

Neanche parlarne.

“Il fenomeno di riduzione significativa dei negozi tradizionali determina anche evidenti effetti negativi legati alla riduzione dei servizi di prossimità, ma anche un indebolimento del sistema relazionale, dell`intelaiatura sociale e spesso anche della stessa sicurezza sociale dei centri urbani”, ha sottolineato Sergio Marini, Presidente della Coldiretti, che propone però una soluzione alternativa: “per contrastare lo spopolamento dei centri urbani va segnalata l`importanza della rete di vendita degli agricoltori di Campagna Amica che puo` contare nei paesi e nelle città su 5.326 aziende agricole, 753 agriturismi, 1.028 mercati, 178 botteghe per un totale di 6.532 punti vendita, ai quali si aggiungono 131 ristoranti e 109 orti urbani “.

Il futuro sarà dunque la spesa a km zero? O il carrello a euro zero?

Alessia CASIRAGHI

 

Aumenta il consumo degli alimentari

“Dopo il calo del 2011 a gennaio invertono la tendenza i consumi alimentari che fanno registrare un incoraggiante, ma debole aumento dello 0,1 per cento“.

E’ quanto afferma la Coldiretti nel commentare i dati di Confcommercio relativi ai consumi degli italiani nel mese di gennaio 2012. “L’inversione di tendenza per i consumi alimentari avviene dopo che – sottolinea la Coldiretti – nel 2011 si è verificato un calo dell’ 1,3 per cento secondo l’Istat. La ripresa è importante dopo che le tavole degli italiani – precisa la Coldiretti – si erano impoverite in quantità nel 2011 con meno carne bovina (-0,1 per cento), pasta (-0,2 per cento) carne di maiale e salumi (-0,8 per cento), ortofrutta (-1 per cento) e addirittura latte fresco (-2,2 per cento)”. “A preoccupare per l’anno in corso sono tuttavia gli aumenti previsti nel mese di ottobre per l’Iva che – sottolinea la Coldiretti – non mancheranno di determinare effetti depressivi sulla spesa per i generi alimentari. L’aumento dell’Iva dal 21 al 23 per cento – conclude la Coldiretti – colpirebbe alcuni prodotti di largo consumo come l’acqua minerale, la birra e il vino, ma anche specialità come i tartufi mentre a quello dal 10 al 12 per cento sono interessati dalla carne al pesce, dallo yogurt alle uova, ma anche il riso, il miele e lo zucchero”.

Fonte: agenparl.it

Crisi o non crisi, gli italiani non rinunciano ai pasti fuori casa

Secondo i dati di una ricerca Fipe-Confcommercio su ‘Europa al Ristorante‘ presentata al Salone alimentare ‘Sapore’ a RiminiFiera, gli italiani non rinunciano ai pasti fuori casa, negli ultimi dieci anni i consumi sarebbero cresciuti così tanto da far salire l’Italia sul podio europeo (+6,5 miliardi di euro). Quella del nostro Paese sembra una tradizione: la colazione fuori casa, il pranzo in ristorante, la pizza nel weekend sono abitudini alle quali difficilmente possiamo rinunciare. E’ così  che l’Italia passa da 0,44 a 0,50 euro (+13,6%) nella spesa a bar e ristoranti rispetto ad ogni euro speso in consumi alimentari domestici.

Nell’aumento pari a 21 miliardi di euro dei consumi fuori casa in dieci anni secondo la ricerca l’Italia ha contribuito per il 31,6%. Molto di più sono cresciuti in Europa i consumi alimentari in casa, pari a 37 miliardi. La spesa per gli alimentari rimane comunque una fonte di spesa importante: 882 miliardi di euro in Ue, pari al 13,1% della domanda complessiva pari a un quinto del budget complessivo di spesa dei cittadini europei.

Il commento della Fipe: “In definitiva per l’Italia il mercato alimentare fuori casa è stato, è e sarà l’àncora di salvezza per molte imprese della filiera“. D’altronde l’Italia gode di una rete di ristorazione molto sviluppata, sfiora 1,5 milioni di unità (Francia, Italia e Spagna – è insediato poco meno del 50% del totale e l’Italia fa la parte del leone con il 17,1%). Il rischio maggiore è che la corsa al prezzo più basso per vincere la crisi provochi una caduta in termini qualitativi che danneggerebbe l’immagine di un settore fondamentale per il nostro Paese.

M. Z.