Bail in, ovvero gli investitori chiamati a salvare le banche – Parte II

Dopo aver fatto il punto ieri sulle caratteristiche del bail in, vediamo come funziona il fondo di Garanzia dei Depositi, attraverso delle semplici domande e risposte e con un video esaustivo.

Che cosa garantisce il fondo?

In pratica i depositi che la banca si è obbligata a restituire e gli assegni circolari. Quindi sono esclusi depositi e fondi rimborsabili al portatore, titoli, pagherò cambiari, accettazioni.

Fino a quale cifra il fondo rimborsa?

100mila euro per depositante.

Chi garantisce i depositi?

Non lo Stato, ma le stesse banche consorziate, che intervengono “a chiamata”, cioè in caso di necessità, e per quote di contribuzione proporzionate a quanto “assicurano” presso il fondo, cioè all’ammontare dei depositi tutelati, non agli attivi in generale. Può accadere che una piccola banca abbia molti conti deposito e che una grande banca ne abbia pochi. Il fondo quindi non ha una dotazione finanziaria propria, se non per le spese di funzionamento, ma interviene solo quando necessario, chiedendo alle consorziate di mettere a disposizione gli importi necessari a coprire il buco creato dalla consorziata in difficoltà.

Quante volte è intervenuto il fondo?

Raramente, solo nove in venticinque anni, sempre per banche a carattere locale e solo una volta la soluzione è stata il rimborso dei depositanti: negli altri casi si è proceduto alla cessione delle attività e delle passività, in pratica un altro istituto ne ha rilevato le quote.

Se una banca con depositi molto elevati dovesse essere posta in liquidazione coatta, le altre banche riuscirebbero ad avere le risorse sufficienti per rimborsare i depositanti? E se le banche in crisi dovessero essere più di una contemporaneamente o a cascata? Il fondo garantirebbe i depositi per tutti?

Di fatto, la tutela presenta parecchi punti deboli, che in caso di grave crisi del sistema bancario potrebbe non reggere l’impatto e non riuscire a far fronte agli impegni presi.

Una riflessione ulteriore riguarda le PMI, poiché anche i conti intestati a queste potranno essere chiamati a contribuire al salvataggio: molte aziende hanno liquidità temporanee e fluttuanti, per esigenze finanziarie legate a pagamenti ed esborsi, quindi potrebbero rischiare di trovarsi coinvolte nel dissesto della banca. Inoltre, a peggiorare la situazione, fino al 31 dicembre 2018, i depositi superiori a 100mila euro delle imprese contribuiscono alla risoluzione in ugual misura rispetto agli altri crediti non garantiti, quindi con un grado di rischio superiore ai normali depositi.

Oltre ai depositi fino a 100mila euro sono esclusi dal bail-in:

– passività garantite (covered bonds e altri strumenti garantiti);

– passività derivanti dalla detenzione di beni della clientela (come il contenuto delle cassette di sicurezza) o in virtù di una relazione fiduciaria (come i titoli detenuti in un conto apposito);

Ma il bail in si può applicare anche a strumenti sottoscritti prima dell’1 gennaio 2016, quindi attenzione anche a quello che si è sottoscritto in passato: meglio controllare a quale rischio si può essere effettivamente coinvolti.

dott. Marco Degiorgis – Consulente patrimoniale indipendente, Studio Degiorgis

Bail in, ovvero gli investitori chiamati a salvare le banche – Parte I

Non si tratta di un prelievo forzoso, ma di una corresponsabilità degli investitori nella gestione della banca, senza troppe distinzioni tra capitale di rischio e capitale di debito.

Dal 1 gennaio 2016 è stata recepita anche in Italia la direttiva europea BRRD (Bank Recovery and Resolution Directive) che regolamenta le crisi bancarie e disciplina anche il salvataggio dall’interno (bail in) delle banche in fallimento.

In pratica che cosa succede? Se una banca ha gestito male le proprie risorse finanziarie e non riesce più a far fronte ai propri debiti, non sarà più lo Stato ad intervenire (bail out), ma la banca stessa dovrà provvedere a risanare la situazione con risorse interne, anche con i soldi dei clienti.

E’ una norma di equità rispetto alle imprese, per incentivare le banche ad evitare gestione spericolate. Aumenta però il rischio per gli investitori. Attenzione quindi sia a sottoscrivere prodotti emessi dalla banca sia a lasciare il denaro sul conto corrente o in conti deposito.

La procedura di risoluzione, vera novità della direttiva, sarà l’alternativa alla liquidazione coatta amministrativa, che corrisponde invece al fallimento per le imprese.

La Banca d’Italia è l’unico soggetto che potrà intervenire preventivamente al fine di evitare il dissesto, ad esempio con piani di risanamento, sostituendo gli organi amministrativi e di controllo, avviando l’amministrazione straordinaria, ma potrà farlo anche successivamente:

– vendendo una parte dell’attivo;

– trasferendo temporaneamente le attività e passività a una banca veicolo in vista di una successiva cessione sul mercato o ad una bad bank per gestirne la liquidazione;

– applicando il bail in.

Il bail in coinvolge anche i clienti della banca, a diverso titolo.

– Azioni e altri strumenti finanziari assimilati al capitale, come le azioni di risparmio e le obbligazioni convertibili

– Titoli subordinati senza garanzia; crediti non garantiti, come le obbligazioni bancarie non garantite

– Depositi superiori a 100mila euro di persone fisiche e Pmi, solo per la parte eccedente i 100mila.

Con il bail-in il capitale della banca in crisi viene ricostituito mediante l’assorbimento delle perdite da parte di azioni e altri strumenti finanziari posseduti dagli investitori della banca: questi ultimi titoli finanziari potrebbero subire una riduzione, anche totale, oppure una conversione in azioni come nel caso delle obbligazioni subordinate. Se tale riduzione non bastasse, analogo trattamento potrebbe essere riservato alle obbligazioni non garantite. In ogni caso, l’eventuale perdita per i creditori della banca non potrà essere mai superiore al valore depositato.

La gerarchia è obbligata, nel senso che prima verranno intaccati gli strumenti più rischiosi, quindi le azioni, poi i titoli subordinati e così via, lasciando come ultima possibilità i depositi. I depositi si intendono per persona, quindi se la stessa persona ha più conti o ha conti cointestati, il valore da cui si calcolerà l’eccedenza sarà il totale intestato alla persona. In pratica, se c’è un solo conto e cointestato, fino a 200mila euro il conto non sarà soggetto al bail in.

Se invece ci saranno più conti intestati alla stessa persona e se la somma dei medesimi sarà superiore a 100mila euro, saranno colpiti dal bail in.

Invece conti correnti, conti deposito (anche vincolati), libretti di risparmio, assegni circolari e certificati di deposito nominativi sono tutelati dal fondo di Garanzia dei Depositi, a cui aderiscono tutte le banche operanti in Italia e che interviene nel caso una delle consorziate venga posta in liquidazione coatta amministrativa.

Vedremo domani, alcune caratteristiche del fondo di Garanzia dei Depositi e faremo una riflessione su bail in e PMI.

dott. Marco Degiorgis – Consulente patrimoniale indipendente, Studio Degiorgis

A gennaio 2014 la patrimoniale colpirà i conti deposito

I cittadini che hanno deciso di mettere i propri risparmi in un conto deposito, con tutti gli sforzi che ciò comporta, stanno per ricevere una “mazzata”.
Il 2014, infatti, ha in serbo una mini patrimoniale che andrà a colpire soprattutto i conti deposito, già sofferenti a causa di una marcata contrazione dei rendimenti.

Dopo il via libera del Senato, infatti, si attende l’assenso da parte della Camera, ma sembra si tratti di una mera formalità.
Dall’1 gennaio, dunque, scatterà un aumento del 33% dell’imposta di bollo sui conti deposito e, più in generale, sugli strumenti finanziari.

Considerando la nuova stangata, la banca avrà il diritto di cambiare i contratti, comunicando però al cliente la proposta unilaterale di modifica.
A quel punto però il cliente, entro 60 giorni dalla ricezione di tale comunicazione, potrà decidere se recedere dal contratto senza penalità e senza spese di chiusura ottenendo, in sede di liquidazione del rapporto, l’applicazione delle condizioni precedentemente praticate.

Secondo l’articolo 118 del Testo Unico Bancario, “qualunque modifica unilaterale delle condizioni contrattuali deve essere comunicata espressamente al cliente secondo modalità contenenti in modo evidenziato la formula ‘Proposta di modifica unilaterale del contratto’, con preavviso minimo di due mesi, in forma scritta o mediante altro supporto durevole preventivamente accettato dal cliente. La modifica si intende approvata ove il cliente non receda, senza spese, dal contratto entro la data prevista per la sua applicazione. In tale caso, in sede di liquidazione del rapporto, il cliente ha diritto all’applicazione delle condizioni precedentemente praticate”.

Vera MORETTI

L’imposta di bollo che danneggia i piccoli risparmiatori

I risparmi che famiglie ed imprese cercano di mettere da parte, anche in tempi di crisi, vengono pesantemente tassati dalla imposta di bollo sui conti deposito incide.

I conti deposito, che offrono un rendimento anche significativo in funzione del periodo di vincolo, nel 2013 hanno subito un incremento dell’aliquota proporzionale alle somme depositate fino allo 0,15% rispetto allo 0,10% del 2012.
Inoltre, è stato eliminato il tetto massimo di 1.200 euro, e introdotto un tetto minimo di 34,20 euro.

Per i conti correnti, in cui i contribuenti versano liquidità senza vincoli, il governo Monti ha provveduto a un riordino fiscale con l’introduzione di un’imposta di bollo di 34,20 euro l’anno per giacenze medie annue oltre 5mila euro.
Se, fino all’anno scorso, le banche si accollavano l’imposta a carico del cliente, ora sono pochi gli istituti che garantiscono il pagamento dell’imposta, ovvero Banca Sistema, Banca Ifis, Banco Popolare, Ibl Banca e Bccforweb.

Per questo motivo, aziende e cittadini potrebbero decidere di optare per altre soluzioni, soprattutto i piccoli risparmiatori che, su un piccolo investimento, ricaverebbero un margine pressoché nullo.
Pagando 34,20 euro su una cifra dei mille euro, si pagherebbe il 3,4% dell’intero investimento, ovvero si annullerebbe il rendimento garantito dalla banca.

Vera MORETTI