Coworking sì, ma che sia eco-fiendly

Non solo coworking, ma condivisione degli spazi con attenzione alla natura.
Ora che il fenomeno del coworking è infatti molto diffuso, si stanno creando spazi che vogliono essere anche sostenibili, e questo sembra che sia un vantaggio non solo per l’ambiente ma anche per chi ci lavora.

Esistono già alcuni esempi pratici di questa teoria, come quello di Lisbona, all’interno del Mercado da Ribeira, dove c’è SecondHome, società inglese che offre uno dei coworking più versi del mondo.
Gli interni sono stati progettati e realizzati da Lucía Cano e Josè Selgas, fondatori dello studio di architettura SelgasCano e ricordano molto una serra. Tra un pc e l’altro, si trova un tavolo sociale lungo 70 metri sopra il quale ci sono circa 1.000 piante, belle sicuramente dal punto di vista estetico ma anche e soprattutto meritevoli di apportare innumerevoli benefici agli occupanti, migliorando la salubrità dell’aria, riducendo i rumori e assicurando un maggior senso benessere.

Anche Londra può vantare spazi di coworking all’avanguardia, con Huckletree, che, oltre a prestare attenzione al risparmio energetico, rende piacevole la permanenza offrendo ai lavoratori ambienti luminosi arredati con piante e mobili realizzati con materiali riciclati.

Negli Stati Uniti, infine, e precisamente a Denver, c’è Green Spaces, costruito con materiali ecosostenibili, e che, tra le altre cose, presta la massima attenzione alla corretta gestione dei rifiuti.
La presenza dei pannelli solari, inoltre, che sono ben 160 posizionati sul tetto della struttura, la rendono energeticamente autosufficiente, e questo è un importante valore aggiunto.

Vera MORETTI

Lavoro agile, una giornata da ricordare

Sono stati resi noti dal Comune di Milano i dati di adesione e alcune statistiche relative alla Giornata del Lavoro Agile che si è tenuta lo scorso 18 febbraio in tutta Italia. Il dato più eclatante riguarda il percorso risparmiato per andare in ufficio da chi ha aderito all’iniziativa: 246mila chilometri.

La Giornata del Lavoro Agile, voluta dall’Amministrazione comunale di Milano, ha consentito di abbattere del 3% le emissioni atmosferiche inquinanti, con un’emissione nell’atmosfera di 8 kg di Pm10, 110 kg di ossidi di azoto e 49 tonnellate di anidride carbonica in meno.

Alla giornata hanno aderito 502 sedi di lavoro sparse in tutta Italia e i partecipanti complessivi e certificati sono stati oltre 15mila, dai 7mila della prima edizione del 2014. Nei tre anni, le aziende partecipanti sono state 242, con un bacino potenziale di 127mila lavoratori. Alto l’indice di gradimento dell’iniziativa: 4,8 su 5, in base alle 3mila risposte al questionario distribuito nel 2016 ai 16mila partecipanti alla giornata.

Oltre alle emissioni inquinanti, la giornata dedicata allo smart working ha consentito a ogni lavoratore di risparmiare 110 minuti, contro i 112 del 2014, e i 108 del 2015. Per quanto riguarda gli spazi dove i lavoratori hanno svolto il proprio lavoro agile, l’87% di loro lo ha fatto da casa propria e ben il 16% da uno spazio di coworking. Tra le aziende che hanno aderito alla Giornata del Lavoro Agile, il 58% conta meno di 100 dipendenti, con una crescita però delle aziende più grandi.

Per quanto riguarda i mezzi di trasporto, il 42% dei lavoratori che hanno partecipato ha rinunciato all’auto e l’11% ad altri mezzi di trasporto, con una media di 40 km di spostamenti casa-lavoro risparmiati da ogni singolo lavoratore.

La maggioranza dei lavoratori che ha aderito alla giornata è costituita da donne, 53%, e il 52% delle lavoratrici e dei lavoratori che in questi tre anni ha sperimentato una giornata di lavoro agile lo ha fatto per la prima volta. Analizzando le fasce di età, il 70% dei lavoratori ha più di 40 anni e il 97% è diplomato o laureato.

L’attenzione di Confassociazioni per le politiche del territorio

Confassociazioni è sempre attenta alle dinamiche territoriali i campo economico e sociale, come dimostra l’appello di Enrico Molinari, vicepresidente esecutivo di Confassociazioni International, a partecipare al convegno “Il nuovo linguaggio del territorio: l’economia dello sviluppo regionale tra politiche europee ed identità locali”, in programma domani, 19 febbraio, dalle 17 a Genova, nel complesso di Santa Maria di Castello e organizzato da CWG Coworking Porto Antico.

Riflettere sul nuovo ruolo che i territori devono assumere per diventare un prodotto d’impresa di valore europeo e ragionare sulle nuove alleanze della conoscenza tra soggetti pubblici e privati – dice Molinari in una nota -, è oggi di basilare importanza per agganciare una ripresa più solida e durevole”.

Il nuovo linguaggio per la crescita dei territori – prosegue Molinaripassa oggi da un’economia regionale collegata alle politiche europee e, contemporaneamente, da competenze manageriali che hanno come obiettivo la valorizzazione dei patrimoni diffusi ripensati per competere in un contesto globale”.

Del resto Confassociazioni e Confassociazioni International rappresentano in Italia e in Europa 215 associazioni in rappresentanza di oltre 400mila professionisti e 120mila imprese del mondo del management, della finanza, dell’immobiliare e di tutte le professioni del futuro per le quali economia dello sviluppo significa partecipare con le proprie competenze alla crescita dei territori.

Sostenere modelli di gestione e di sviluppo innovativi, integrati e partecipati al patrimonio locale facendo rete – conclude il vicepresidente esecutivo di Confassociazioni Internationalsignifica poter convertire concretamente sul territorio le sinergie e il networking generato dall’apertura di nuovi mercati, aumentando così la sostenibilità dei sistemi e delle economie locali in chiave europea. Economia, rating territoriale, capacità di creare innovazione e sviluppo locale grazie a nuovi strumenti finanziari e capitalizzazione dei modelli di successo nella valorizzazione dei patrimoni tangibili e intangibili legati al territorio, saranno alcuni dei temi che verranno affrontati in questa giornata. Argomenti su cui ragionare in termini di benefici e prospettive future”.

Il manager preferisce il coworking

In italiano si chiama spazio di lavoro condiviso, ma per comodità, come spesso accade, per definirlo si usa un termine inglese, coworking. Un fenomeno in crescita, specialmente nelle grandi città, che è stato oggetto di una ricerca globale di Regus sul coworking, condotta in oltre 100 Paesi su 22mila manager e imprenditori, che ha indicato quali sono i vantaggi ottenibili dalla flessibilità e dalla condivisione degli spazi di lavoro.

Secondo gli intervistati, l’ottimizzazione dei costi di gestione è il principale beneficio riscontrato da chi sceglie il coworking (89%), seguito da una importante riduzione delle spese di manutenzione e pulizia (86%). I benefici per le imprese che utilizzano spazi di lavoro condivisi non si limitano però a una semplice questione economica: il 72% degli intervistati ritiene infatti che gli spazi di coworking possano costituire l’ambiente ideale per sviluppare nuove idee e per facilitare lo scambio di conoscenze e favorire l’innovazione. Anche la crescita di un forte spirito imprenditoriale (73%) è tra i benefici che derivano da questo tipo di scelta.

Secondo Regus, anche in Italia si registra una crescita di interesse verso modalità di lavoro in coworking  o anche solo verso l’utilizzo di spazi di lavoro flessibili nei business center, dove gli aspetti social di condivisione e di interscambio di esperienze sono più limitati, ma presenti.

Altri vantaggi identificati dalla ricerca Regus sul coworking sono: la possibilità di accrescere il proprio network di relazioni con fornitori e partner commerciali (80%) e l’opportunità di entrare in contatto con nuovi potenziali clienti (79%).

Senza contare un’esigenza dettata dalla difficile situazione economica, ossia l’importanza di svolgere la propria attività utilizzando ambienti di lavoro flessibili e condivisi che consentono di modificare gli spazi uffici in tempi rapidi senza costi o penali per adeguarsi alle mutate esigenze lavorative (73% degli intervistati).

Secondo Mauro Mordini, country manager di Regus in Italia, “manager e professionisti hanno identificato chiaramente quali sono i vantaggi nell’utilizzare uffici e spazi di lavoro in modo flessibile al fine di rispondere rapidamente alle condizioni dei mercati. Inoltre la possibilità di lavorare in modalità di coworking in un ufficio condiviso, presso una sede pratica e comoda come un business center, consente di svolgere la propria attività in modo produttivo in un ambiente collaborativo e stimolante che favorisce l’innovazione e lo sviluppo di una cultura imprenditoriale.

Milano regina del coworking

Un altro progetto di coworking che arriva dal capoluogo meneghino: si chiama Scala F ed è un nuovo spazio gestito dal network Cowo ed ospitato all’interno della cooperativa sociale Spaziopensiero, un openspace di ben 100 mq e completo di postazioni di lavoro, wi-fi , servizi e cucina.

Questa iniziativa ha visto la luce a Milano Rogoredo, e tra le novità più salienti, soprattutto per quanto riguarda la conciliazione lavoro-famiglia, c’è il co-nursing, rappresentato dal Nido d’Infanzia Asilo Bianco gestito dalla cooperativa stessa.

Lo scopo di questa proposta è, ovviamente, quello di agevolare i genitori che lavorano, i quali possono portare i loro bimbi all’asilo attiguo al posto di lavoro, ed onorare l’orario lavorativo senza drammi né corse contro il tempo.

Vera MORETTI

Milàn l’è un gran… coworking

di Davide PASSONI

Insieme alla Camera di Commercio di Ferrara, anche il comune di Milano si è distinto per la grande attenzione dedicata al tema del coworking. L’assessore alle Politiche per il lavoro, Sviluppo economico, Università e ricerca del comune di Milano, Cristina Tajani, spiega a Infoiva il perché. 

Come comune siete tra i primi in Italia a intuire le potenzialità del coworking: perché?
Il coworking è un ottimo strumento non solo per abbassare i costi del lavoro autonomo ma soprattutto per fare networking tra professionisti, cosa che permette, soprattutto ai giovani, di rafforzare competenze e spazi sul mercato. Milano è la città italiana con maggiore presenza di lavoratori autonomi e del terziario avanzato in cui si registra anche un numero significativo di imprese promosse da under 35. Sono soprattutto queste tipologie di professionisti ad avanzare la richiesta di spazi di lavoro condivisi. Abbiamo quindi avviato un monitoraggio delle realtà milanesi dove si pratica il coworking: realtà che, sulla base di una prima ricognizione abbiamo modo di ritenere siano già molte, almeno una trentina. Si tratta di luoghi creati proprio con lo scopo del coworking oppure di studi professionali medio-piccoli che vengono condivisi per abbassare le spese di affitto e i costi fissi. Anche sollecitati da questi operatori abbiamo quindi deciso di promuovere, in collaborazione con la Camera di Commercio di Milano, un intervento che stimoli i giovani a sperimentare il lavoro condiviso. Il bando partirà entro la primavera 2013 e prevede uno stanziamento di 200 mila euro da parte del Comune, che saranno assegnati tramite voucher da 1.500 euro destinati a giovani che intendono lavorare negli spazi della rete di coworking accreditati con il Comune.

Spesso questa formula di lavoro è associata a un’imprenditoria giovane: qual è, sul vostro territorio, la situazione dell’ occupazione giovanile? E dell’imprenditoria giovanile?
Il dato sulla disoccupazione giovanile a Milano al 20%: un dato preoccupante se confrontato con quello degli anni precedenti la crisi economica (nel 2007 era 18,6% e nel 2008 15,6%), ma è migliore rispetto al dato nazionale che si assesta oltre il 30%. Pur nelle difficoltà generali del momento Milano offre maggiori occasioni per i giovani e stiamo lavorando ad ampliarle con progetti come quelli degli incubatori di impresa destinati specificatamente ai giovani. È positivo, inoltre, constatare che il tasso di occupazione dei giovani uomini e delle giovani donne non è significativamente differente. Nelle nuove generazioni milanesi le opportunità di accesso al lavoro sono simili i tassi si divaricano intorno all’età della maternità quando molte giovani donne abbandonano il posto di lavoro e fanno fatica a ritrovarlo. Come già detto, la situazione dell’imprenditoria giovane a Milano è piuttosto dinamica anche se, per via della crisi, ha subito un certo rallentamento.

Non pensate che restringere i destinatari di questo tipo di finanziamenti, come tanti fanno, agli under 35 sia limitante? La crisi ha espulso dal mercato del lavoro molti over 40 che con il coworking potrebbero rimettersi in pista più facilmente…
Siamo impegnati ad aiutare le fasce più fragili dei lavoratori, di cui i giovani fanno parte, ma sicuramente dopo questo primo “esperimento” intendiamo allargare le possibilità di accesso al coworking anche ad altre categorie di lavoratori.

Pensa che in una tessuto produttivo come quello di Milano, dove già il coworking è una realtà da tempo, questo si possa sviluppare ed espandere in maniera convincente nei prossimi anni?
Sicuramente il coworking è destinato ad espandersi nella nostra città, perché tutti quelli che già lo stanno sperimentando ne sono entusiasti, non solo, ovviamente, per l’abbassamento di costi fissi delle loro attività ma perché grazie alla condivisione degli spazi si creano anche nuove sinergie e quindi nuovi progetti di lavoro. L’assessorato alle Politiche per il Lavoro, Sviluppo economico e Università e ricerca ha tra i suoi primi obiettivi proprio quello di sostenere le giovani imprese attraverso molti progetti, ne possiamo citare alcuni. Ne abbiamo appena avviato uno in via del tutto sperimentale, volto al recupero di spazi inutilizzati nelle periferie.

Il coworking diminuisce i costi e aumenta le idee: come comune, quali altri strumenti mettere a disposizione di imprese e professionisti per ottimizzare tempo, risorse e creatività?
Finanziando la nascita di nuove imprese e mettendo a disposizione gli spazi, lo scopo è duplice, da una parte creare lavoro e dall’altra provare a innescare positivi processi di integrazione sociale: ne sono nate, ad esempio, imprese di ristorazione artigianale prodotta da persone con disabilità, servizi di animazione per bambini, realtà di telemarketing svolto da donne sole con percorsi di disagio alle spalle. Sempre per sostenere i giovani attraverso il bando ‘Welcome Talent Business’ si sono premiati otto talenti rientrati dall’estero per aprire a Milano una nuova impresa: tra questi si sono distinti progetti legati alla sostenibilità e alle energie rinnovabili e alla valorizzazione e commercializzazione di prodotti enogastronomici di qualità del nostro territorio. Inoltre, proprio in questi giorni, è partito un altro bando dedicato al rientro di ricercatori e imprenditori nel settore agroalimentare, strategico per Milano anche in vista di Expo.

“Sostenere il coworking per sostenere le idee”

di Davide PASSONI

Lo abbiamo scritto lunedì: la Camera di commercio di Ferrara si è dimostrata subito molto ricettiva nei confronti del fenomeno coworking, tanto da prevedere delle sovvenzioni ad hoc. Siccome a noi di Infoiva non piace limitarci a leggere e riferire ma vogliamo capire dalle persone il perché delle loro scelte e delle loro decisioni, abbiamo intervistato il Segretario Generale della Camera di commercio estense, Mauro Giannattasio, per entrare più nel dettaglio della questione.

Come Camera di commercio siete stati tra i primi in Italia a intuire le potenzialità del coworking: perché?
Quello riguardante il coworking non è un progetto a sé stante, ma si inserisce nel piano generale a sostegno dell’occupazione giovanile, avviato tre anni fa dalla Camera di commercio di Ferrara, e che segue tre direttrici fondamentali. La prima è il sostegno alle imprese che assumono o stabilizzano a tempo indeterminato giovani under 35: con questo strumento, in tre anni abbiamo avuto 206 tra stabilizzazioni e nuove assunzioni. Si tratta di 5mila euro a fondo perduto, che corrispondono grosso modo a un anno di contributi previdenziali che, di fatto, paghiamo noi al posto delle imprese; imprese che hanno risposto positivamente all’iniziativa.

Poi?
La seconda è la creazione di nuove imprese da parte di giovani under 35: sono 46 le start up nate in due anni con il nostro sostegno. Infine, la terza, è il consolidamento attraverso i Confidi delle imprese giovani già esistenti che, più delle altre, soffrono per la pesante contingenza economica. All’interno del primo e secondo punto abbiamo inserito il sostegno al coworking perché, verificando “sul campo” abbiamo constatato che sia tra gli imprenditori sia tra i giovani c’era molta attesa nei confronti di questa nuova tipologia di lavoro.

Di che cifre parliamo per il sostegno alle iniziative di coworking?
Si tratta di un contributo di circa 2mila euro a fondo perduto per ogni persona che abbia i requisiti per richiederlo: più o meno il costo annuo di una postazione. In questo modo il giovane si copre per il primo anno almeno i costi per “l’ufficio”.

Spesso questa formula di lavoro è associata a un’imprenditoria giovane: qual è, sul vostro territorio, la situazione dell’occupazione giovanile? E dell’imprenditoria giovanile?
Tra terremoto e crisi, nel nostro territorio ce n’è per tutti… Al 30 giugno 2012 la disoccupazione generale era cresciuta del 14,5% rispetto al 30 giugno 2011; del totale dei disoccupati il 48% era under 40 e il 57% donne. Al 30 settembre 2012, erano 3380 le imprese condotte da giovani, la maggior parte nel settore del turismo.

Non pensate che restringere i destinatari dei finanziamenti agli under 35 sia limitante? La crisi ha espulso dal mercato del lavoro molti over 40 che con il coworking potrebbero rimettersi in pista più facilmente…
Sì, ma era necessario che ci dessimo delle priorità. Con le risorse a disposizione, la giunta ha dovuto scegliere e ha scelto i giovani. Però, come ha sottolineato anche il presidente Roncarati, la giunta si è riservata di aprire i finanziamenti alle attività di coworking anche ai meno giovani, a seconda della risposta che avremo a questa prima iniziativa.

Pensa che in una realtà produttiva come quella del Ferrarese, fatta di artigianato e manifattura, il coworking possa attecchire in modo efficace?
Il coworking, soprattutto per come lo vorremmo intendere noi, non è solo aiutare un giovane ad aprire una postazione di lavoro e a condividerla: in tutte queste esperienze quello che conta è lo sviluppo naturale dello scambio di idee. A noi interessa che circolino le idee, perché il fatto che non circolino capitali non deve essere un alibi per le persone e le aziende per smettere di pensare, innovare, creare e svilupparsi.

Il coworking diminuisce i costi e aumenta le idee: come Camera di commercio, quali altri strumenti mettere a disposizione dei vostri associati per ottimizzare tempo, risorse e creatività?
Abbiamo un’ampia offerta di servizi per le imprese, a seconda del loro ambito di attività: per accesso credito, innovazione, internazionalizzazione, startup, reti aziendali… Aggiungiamo poi la possibilità di informare aziende e professionisti su tutti i finanziamenti erogati dai sistemi camerali e delle associazioni e si renderà conto che gli strumenti per fare impresa non mancano.

Coworking: una ricetta per coltivare talenti

 

Loro preferiscono definirlo ‘passion working space‘, perchè chi l’ha detto che il posto di lavoro deve essere per forza noioso? Sono Victor Vassallo, Fabrizio Ventre, Gianni Potti e Pieluigi Ancilotto, 4 imprenditori padovani che della loro ‘passione’ ne hanno fatto un mestiere, e, anche e soprattutto, un nuovo modo di concepire lo spazio dove nasce la creatività.

Talent Garden Padova è uno dei primi esempi ‘virtuosi’ di coworking in Italia. La ricetta è semplice:  condividere uno spazio di lavoro non significa soltanto dividersi sedie, scrivanie e bollette, ma vuole dire dare vita a un network di professionisti in grado di far circolare idee e creatività. Talent Garden nasce esattamente da questo desiderio: far convergere, nel medesimo spazio, che non è solo fisico ma anche relazionale, professionisti e freelance del mondo della comunicazione, web e digitale.

Noi di Infoiva abbiamo intervistato Victor Vassallo e Gianni Potti, i fondatori di Talent Garden Padova, che ci ha raccontato come è nata l’idea di dare vita ad un vero e proprio ‘giardino del talento‘.

Quando e come è nata l’idea di dare vita al Giardino dei Talenti?
Nella primavera del 2012 i 4 co-founder padovani hanno incrociato gli amici bresciani Davide Dattoli e Gianfausto Ferrari, che avevano dato vita, a fine 2011, al primo Tag italiano a Brescia; è stato amore a prima vista perché il progetto di coworking, o meglio di creare un vero e proprio Passion Working Space, ci è piaciuto da subito e da li a poco abbiamo iniziato a sviluppare la nostra realtà, facendo di fatto entrare Tag Padova nella prima Rete d’Innovazione d’Italia.

Quanti membri conta oggi il vostro progetto?
Gli abitanti sono 17, equamente divisi tra developer, web designer, esperti di web marketing e di comunicazione multimediale; poi ci sono una dozzina di soci perché nel nostro modello padovano abbiamo voluto condividere la partecipazione di imprenditori di settori e province diverse.

Quali figure professionali possono entrare a far parte del Giardino dei Talenti? Come vi si accede?
Tag Padova è rivolto a talenti che vogliono lavorare e fare network nei campi della comunicazione, del web e del digitale; professionisti e freelance che si occupano di comunicazione, marketing, programmazione, grafica, con un focus particolare per progetti legati a web e digitale (esperti SEO, SEM, web marketing, social media, comunicazione multimediale e strategie digitali; programmatori e sviluppatori si software e app per web e mobile; web e graphic designer).

Coworking: che cosa significa per voi? Condividere spazi o condividere idee?
La nostra è una filosofia ben lontana da quella del business center ma si basa sulla condivisione di idee, scambio, contaminazione tra individui che hanno talenti, professionalità, passioni e interessi affini e complementari.

Sono soprattutto le start up a scegliere la formula del coworking o anche imprese già avviate?
C’è un po’ di tutto, perché per noi non esiste una ricetta uguale per tutti, proprio perché il nostro modello non è tanto legato ai progetti, ma alle persone: vogliamo farle interagire tra di loro per creare quell’humus utile a far germogliare meglio possibili nuove imprese.

La Regione Veneto ha destinato incentivi o contributi a chi dà vita a un coworking?
Attualmente non ci risulta. E’ una cultura ancora tutta da trasferire qua a Padova.

In Italia, a vostro avviso, esiste una cultura di coworking o molto si deve ancora fare?
Molto si deve ancora fare, e ancor più La cultura della condivisione e del fare rete deve imporsi sul nostro mondo veneto per essere competitivi sui mercati.

E se ancora non siete convinti, il prossimo appuntamento da segnarsi con Talent Garden Padova è con Facebook Mastery, venerdì 22 Febbraio. Dove? Naturalmente a Padova.

Alessia CASIRAGHI

 

Coworking: numeri e tendenze

di Davide PASSONI

Il fenomeno del coworking è in continua ascesa nel mondo, non solo in Italia. Partiamo da qualche numero. Dal 2006 a oggi, la crescita mondiale degli spazi dedicati al lavoro condiviso è cresciuta in maniera esponenziale, raddoppiando di anno in anno. Attualmente, gli spazi di coworking a livello globale sono oltre 2mila, dei quali più di 800 solo in Europa. Emerge dal terzo sondaggio globale sul coworking condotto da Deskmag, webzine dedicata al fenomeno (CLICCA QUI PER CONSULTARLO).

La cosa interessante è anche la “morfologia” di questi spazi lavorativi. Molto spesso, infatti, le prime esperienze mondiali di coworking trovavano luogo in vecchi capannoni, edifici industriali dismessi, aree abbandonate rimesse in sesto con pochi soldi, tanto impegno e volontà. Oggi si assiste a una “riscossa” e a una “vendetta” dei luoghi di coworking, che da location “povere” si impadroniscono di uffici e centri direzionali desertificati dalla crisi; ora diventano luoghi di lavoro sociale, mettendo definitivamente in soffitta il telelavoro: comodo, utile ma poco “contaminante”.

Non è un caso, infatti, che tanti dei risultati emersi dal sondaggio di Deskmag vadano proprio nella direzione di una maggiore produttività legata alla contaminazione: la maggior parte degli intervistati sostiene che lavorare in uno spazio condiviso ha consentito loro di sviluppare nuove idee di business e creatività, oltre a permettere di focalizzarsi meglio sugli obiettivi nei tempi concessi. Facile intuire i motivi che hanno spinto gli intervistati a scegliere il coworking: atmosfera piacevole, valore della comunità, interazione con gli altri e condivisione sono al top della classifica.

Interessanti anche, in Europa, le dinamiche che hanno interessato donne e coworking negli ultimi 3 anni. Le quote rosa sono infatti cresciute costantemente (32% nel 2010, 34% nel 2011, 38% nel 2012) e l’Europa vanta la maggior percentuale di donne in coworking rispetto ad altre aree geografiche: 42%. La maggior parte dei coworker, inoltre, come ci si aspettava è composta da freelance (53-55%), ma non mancano imprenditori e persino impiegati.

Insomma, tante dinamiche da scoprire nel sondaggio Deskmag, una sola convinzione: per il coworking, the best is yet to come. E nei prossimi giorni, spazio ad alcune esperienze italiane di lavoro condiviso.

Investire nel coworking: ecco chi ci crede

di Davide PASSONI

Come ricordato nella nostra copertina settimanale, adesso che si stanno scoprendo le potenzialità del coworking in termini di “minima spesa, massima resa”, si moltiplicano i casi di bandi e finanziamenti destinati a sovvenzionare l’apertura di attività tramite questa particolare formula di lavoro.

Apripista in questo senso sono state le città di Ferrara e Milano. Se il capoluogo meneghino può vantare sul proprio territorio una presenza già significativa di spazi di coworking, nella città estense la locale Camera di commercio ha facilmente intuito le potenzialità di questa formula e ha voluto lanciare un bando pubblico destinato al suo sovvenzionamento: 2mila euro a fondo perduto per ogni giovane startupper che avvierà la propria attività imprenditoriale in coworking. Unici vincoli per i destinatari delle somme, l’essere under 35 e lo sviluppare la propria impresa esclusivamente in ambito di coworking. Un punto sul quale a Ferrara scommettono non poco, visto che questo finanziamento si inserisce in un bando la cui dote complessiva a favore dell’imprenditoria giovanile è di ben 300mila euro.

Milano invece, come ricordato sopra, ha già una piccola ma significativa tradizione nella condivisione degli spazi in coworking. Una tradizione che non è sfuggita, per fortuna, all’amministrazione comunale che ha annunciato un finanziamento di 200mila euro in voucher per stimolare la diffusione del coworking tra professionisti e imprenditori under 35. Il progetto, finanziato in buona parte dalla locale Camera di commercio, fa parte, così come a Ferrara, di una più ampia strategia di stimolo all’imprenditoria giovanile che vede anche lo stanziamento di 800mila euro dedicati ad agevolare l’accesso al credito di startupper anch’essi under 35.

In un Paese nel quale le cifre della disoccupazione giovanile sono la vera emergenza sociale del presente e dell’immediato futuro, chi decide di investire sulla propria professionalità utilizzando formule innovative e “low cost” va premiato senza se e senza ma. Se è il pubblico a farlo, onore al merito. Ma se anche qualche privato comprendesse tutte le potenzialità del coworking, siamo certi che tanti bilanci aziendali si alleggerirebbero mentre il tasso di idee e creatività dei consulenti diverrebbe per più pesante. Indovinate chi ci guadagnerebbe?