Debiti della PA, lo Stato scuce il denaro

Il Consiglio dei ministri ha adottato ieri il provvedimento urgente per il pagamento dei debiti della PA. Finalmente. Lo ha confermato il premier Mario Monti durante la conferenza stampa a palazzo Chigi al termine del consiglio dei Ministri. Il decreto legge erogherà 40 miliardi, di cui 15 o 20 già ceduti e 3 o 4 che dovranno essere compensati.

Secondo Monti, “la quota di debiti della PA non ceduta alle banche era già 61 miliardi di euro, salito a 74 a fine 2010 e a 80 miliardi a fine 2011. I debiti accumulati finora dalle pubbliche amministrazioni hanno scaricato gli oneri sul futuro delle imprese e dei cittadini“.

Ho visto – ha continuato Montiun’improvvisa voglia di tutti di pagare molto di più alle imprese, compresi coloro che le hanno soffocate in passato. Con il decreto legge approvato oggi abbiamo trovato un crinale sottile tra il fare troppo poco o il troppo in generale. Mi auguro che ciò consenta al nuovo governo di uscire dalla situazione di disavanzo eccessivo“.

Il ministro per lo Sviluppo Economico, Corrado Passera, ha aggiunto che tra le modalità di pagamenti dei debiti PA ci sarà la “compensazione tra debiti e crediti. Abbiamo allargato la tipologia di crediti che potranno essere compensati: non solo i debiti passati a ruolo“. Per pagare alle banche i crediti verso lo Stato acquistati dalle imprese, si ricorrerà ad “emissioni ad hoc“.

Sempre Passera ha aggiunto che la certificazione e il censimento dei debiti della Pubblica Amministrazione “saranno fatti nell’ambito della prossima Finanziaria“.

Secondo il ministro dell’Economia Vittorio Grilli, i primi pagamenti cominceranno già da lunedì 8, ma per avviare l’intero processo sarà necessario aspettare il “riparto” nazionale delle risorse disponibili. Grilli ha detto che alcune amministrazioni “potranno cominciare a pagare i debiti subito dopo la pubblicazione del decreto, che immagino sarà lunedì“. Un riferimento ai Comuni che hanno già liquidità in cassa, finora bloccata dal patto di stabilità.

Prorogati gli accordi tra ABI e imprese per il recupero crediti delle PA

Sono stati prorogati fino al 31 dicembre 2013 da ABI i due protocolli sottoscritti il 22 maggio scorso con le imprese per agevolare lo smobilizzo dei crediti delle imprese nei confronti della Pubblica Amministrazione e per favorire il finanziamento di progetti di investimento.

Il primo dei due accordi è relativo alla costituzione di un plafond da parte del settore bancario destinato alla realizzazione di operazioni di smobilizzo, nella forma dell’anticipazione e dello sconto, dei crediti che le pmi vantano nei confronti della Pubblica Amministrazione.

A questo proposito, è previsto che, per le operazioni di anticipazione senza cessione del credito:

  • l’impresa si impegni a dare alla banca mandato irrevocabile all’incasso del credito vantato nei confronti della PA;
  • sia condizione necessaria ai fini della realizzazione della stessa anticipazione, l’acquisizione della copertura (diretta o nella forma della controgaranzia) del Fondo di Garanzia per le PMI o di altro garante equivalente.

Per quanto riguarda, invece, il secondo accordo, è previsto un plafond di 10 milioni di euro (stessa cifra del primo) da costituire per soddisfare le esigenze delle pmi in termini di finanziamento dei progetti d’investimento in beni materiali e immateriali strumentali all’attività d’impresa.

Si tratta di iniziative rivolte esclusivamente alle pmi che al momento di presentazione della domanda risultino “in bonis” e senza ritardi di pagamento (per il finanziamento degli investimenti) ovvero “in bonis” e con ritardi di pagamento non superiori a 90 giorni (per lo smobilizzo dei crediti vantati verso la PA).

Per entrambe le operazioni è prevista l’applicazione di tassi d’interesse che tengano conto delle condizioni alle quali le banche hanno ottenuto provvista da parte della BCE o della Cassa Depositi e Prestiti.

Vera MORETTI

Perché la PA non paga le imprese?

di Davide PASSONI

Uno degli scandali più grandi dello Stato ladro che chiede, pretende e poco dà in cambio, è il ritardo cronico con cui salda i propri debiti alle imprese. Un ritardo che, spesso è un “mai”. Forse forse che lo Stato fa finta di nulla per anni per non aumentare il debito pubblico?

Una domanda che si è posta la santa Cgia di Mestre, la voce della coscienza delle imprese e dei professionisti italiani spremuti e mazziati, che da tempo si batte per ridurre i ritardi di pagamento tra la Pubblica amministrazione e le imprese private. Non per nulla, dalla Cgia ricordano che le imprese – a seguito di forniture, servizi od opere pubbliche eseguite – sono in credito con lo Stato di oltre 70 miliardi di euro, oltre 4 punti percentuali di Pil. Scandalo e vergogna.

Una domanda sorta osservando che, secondo il manuale del SEC95, che definisce le regole contabili che valgono per tutti i Paesi UE, i debiti commerciali verso le imprese private non devono essere contabilizzati nel bilancio pubblico. Gli effetti sulle casse pubbliche si fanno sentire solo nel momento in cui tali debiti vengono saldati, alimentando così il fabbisogno pubblico e peggiorando di conseguenza il rapporto tra debito e Pil. Pensa un po’ che furbata!

Tagliente, come sempre, Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia di Mestre; “In linea di massima se lo Stato pagasse i 70 miliardi di euro che deve ai suoi creditori, il rapporto debito/Pil aumenterebbe di 4,3 punti percentuali, attestandosi attorno al 125%. Un risultato che, ovviamente, comporterebbe un aumento della spesa pubblica e il rischio di una caduta di credibilità e di fiducia dei mercati finanziari nei confronti del nostro Paese. Tuttavia questi mancati pagamenti stanno mettendo in gravissima difficoltà moltissime piccole imprese che, notoriamente, sono a corto di liquidità, con ricadute occupazionali molto preoccupanti”.

Infine, uno zuccherino al governo dei professori. La Cgia ricorda che il Governo Monti, grazie al decreto sulle liberalizzazioni, ha messo a disposizione della Pubblica amministrazione 5,7 miliardi di euro per saldare una parte dell’ammontare complessivo che deve ai privati e sta studiando, con il meccanismo del “pro solvendo”, una soluzione che potrebbe non trasformare questi debiti commerciali in finanziari. Se le cose andassero così, si potrebbe sbloccare il pagamento dell’intera massa di crediti che le aziende avanzano dallo Stato, scongiurando, da un lato, un’impennata del debito pubblico e garantendo, dall’altro, le più elementari condizioni di democrazia economica: ovvero, pagare i creditori dello Stato in tempi ragionevoli. Miraggio, pensiamo noi…

Sequestro conservativo per combattere la piaga del recupero crediti transfrontalieri

Al fine di dare una risposta al grave problema del recupero crediti transfrontalieri  (ben 600 milioni di euro per le imprese Ue ogni anno) la Commissione Europea sta vagliando una nuova normativa. Attualmente esiste solo una legislazione nazionale, che obbliga le banche a saldare un pagamento a un creditore attingendo al conto bancario di un cliente.

La novità introdotta dalla Commissione Europea prevede l’istituzione di un’ordinanza di sequestro conservativo in caso di debiti insoluti. Viviane Reding, Commissaria UE per la Giustizia ha spiegato: “Il sequestro conservativo vuole essere solo cautelare, lasciando il denaro dov’è fino a che un’autorità giudiziaria non avrà deciso del rimborso delle somme” – e aggiunge – “ogni anno le imprese registrano perdite dovute a crediti inesigibili pari a circa il 2,6% del loro giro d’affari. È questo un punto debole del nostro mercato unico, cui dobbiamo porre rimedio rapidamente ed energicamente! Le imprese hanno bisogno di soluzioni semplici“.

Con la nuova misura si intende dare maggior fiducia e sicurezza alle imprese europee che potranno godere dei loro introiti nei tempi stabiliti dalla legge senza dover perdere tempo e forze per esigerli.