Crediti Iva, proposta salva-imprese dei Giovani Imprenditori di Confindustria Veneto

Il Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria Veneto, presieduto da Giordano Riello, dice basta con i crediti Iva di lunga durata imposti per legge e che hanno portato negli ultimi anni alla chiusura o al fallimento di centinaia di aziende e quindi alla relativa perdita occupazionale.

Il Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria Veneto ha approntato una proposta di legge sui crediti Iva che prevede la possibilità per un contribuente di inviare la nota di variazione dell’Iva fin dal momento dell’annuncio dell’apertura di una procedura concorsuale per il suo debitore inadempiente. Per un’impresa, ciò significa poter recuperare l’Iva versata in precedenza per una fattura emessa ma mai saldata dall’acquirente di un bene o fruitore di un servizio.

La normativa vigente, sostiene il Gruppo, in base all’interpretazione data dall’Agenzia delle Entrate all’art. 26, comma 2, del Dpr n. 633/1972, risulta vessatoria nei confronti di chi fa il proprio dovere poiché, per la riscossione dei crediti Iva, impone di attendere la fine della fase esecutiva per poter procedere all’emissione della nota di variazione, procrastinandola dunque all’infruttuoso esperimento della procedura.

Un’attesa così prolungata, dice il Gruppo, può incidere pesantemente sulle condizioni di liquidità dell’azienda, e purtroppo lo ha fatto nel passato anche recente. Al danno originato dall’inadempienza del contraente, che non eroga il corrispettivo a fronte della cessione di un bene o dell’erogazione di un servizio, si aggiunge quello di dover versare un’imposta teoricamente “neutrale”, che in questi casi si trasforma in una iniqua tagliola per l’imprenditore.

Il Gruppo Giovani Imprenditori del Veneto, riprendendo i lavori della Commissione Fisco di Confindustria, propone di introdurre, per i crediti Iva, una norma di interpretazione autentica dell’articolo in oggetto, in cui si evidenzi che il richiamo all’esito di procedure rimaste infruttuose, come momento a partire dal quale sia possibile l’emissione della nota di variazione dell’Iva, vada inteso limitatamente alle procedure esecutive individuali e non a quelle concorsuali, come del resto dovrebbe già evincersi da una rigorosa lettura della norma.

Lo Stato – dichiara il presidente del Gruppo Giovani imprenditori di Confindustria Veneto, Giordano Riellodovrebbe essere al fianco di chi crea sviluppo, ma al contrario, tra ritardi nei pagamenti della pubblica amministrazione, norme e prassi interpretative che penalizzano le imprese, di fatto spesso è causa di fallimenti e di drammi esistenziali“.

In questo Paese – continua Riello, commentando la proposta sui crediti Iva – più di quindicimila imprese hanno chiuso i battenti per essere creditrici nei confronti di uno Stato inadempiente e, durante il periodo di crisi, un terzo delle aziende italiane è fallito per il debito insoluto della Pubblica Amministrazione. La speculazione sui tempi dell’Iva costituisce solo uno degli esempi di come la normativa vigente, o l’interpretazione che ne viene data, può concorrere ad aggravare un contesto sfavorevole per le imprese. Dobbiamo assolutamente cambiare registro e in fretta, se vogliamo evitare che il declino del nostro sistema diventi irreversibile. La nostra proposta, in tal senso, intende essere un contributo per un’inversione di tendenza. Per dare sostegno al mondo produttivo ma anche per rinsaldare la fiducia nelle istituzioni, fondamento di una società democratica”.

Ecco il cappio dello split payment

Quando era uscita la novità dello split payment, noi di Infoiva lo avevamo scritto: occhio alla fregatura. E in effetti di fregatura, almeno per le imprese si tratta. Lo ha certificato anche l’Ufficio studi della Cgia, secondo il quale moltissime piccole imprese che lavorano prevalentemente con lo Stato e le Autonomie locali non potranno disporre almeno di 1,5 miliardi di euro di liquidità fino alla metà di maggio. La cifra è stata ricavata considerando che nell’ultimo anno le transazioni commerciali delle imprese con la Pa ammontavano a circa 67 miliardi di euro, con un’aliquota Iva media pari al 16% circa.

Come abbiamo ricordato nei giorni del battesimo dello split payment, con questo nuovo meccanismo i fornitori della Pa che dall’1 gennaio hanno emesso regolare fattura con addebito di Iva, incasseranno solo l’imponibile. Lo split payment si applicherà non solo alle fatture emesse dal 1 gennaio 2015 ma anche alle fatture che risultano sospese al 31 dicembre 2014.

Sarà la Pubblica Amministrazione a versare l’Iva all’Erario anziché al fornitore, il quale si troverà sempre a credito di Iva: a fronte dell’Iva non incassata addebitata sulle proprie fatture emesse, il fornitore dovrà regolarmente pagare l’Iva ai propri fornitori. A parziale compensazione, il meccanismo dello split payment consente al fornitore della pubblica amministrazione di chiedere il rimborso Iva trimestrale.

In questo modo, le imprese che lavorano prevalentemente con la Pubblica amministrazione non incasseranno più l’Iva e quindi avranno una minore disponibilità di liquidità. Anche se l’Iva incassata dalle imprese ritornava comunque allo Stato, in questo modo lo split payment rischia di minare pesantemente la tenuta finanziaria di molte piccole imprese.

Se, infatti, il gap temporale tra incasso dell’Iva e giro di quest’ultima allo Stato consentiva alle imprese di avere della liquidità pronta per i pagamenti immediati, con lo split payment, come detto, le aziende si troveranno a credito di Iva e avranno l’acqua alla gola almeno fino al prossimo 16 maggio, quando il calendario fiscale consentirà alle aziende fornitrici della Pa di compensare i crediti Iva maturati con eventuali debiti fiscali verso l’Erario o con gli enti previdenziali/assicurativi. Per queste imprese si tratterà dunque di quasi 5 mesi durissimi

Pur sapendo che la novità fiscale introdotta con legge di Stabilità ha come obiettivo quello di contrastare l’evasione dell’Iva – sottolinea il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi – in questi primi 5 mesi dell’anno non saranno poche le aziende che dovranno fare i salti mortali per avere a disposizione un po’ di liquidità. Se a ciò aggiungiamo che chi lavora con la Pubblica Amministrazione sconta dei ritardi di pagamento non riscontrabili in nessun altro Paese europeo, il risultato è drammatico. Lavorare per lo Stato non sempre è conveniente”.

Crediti Iva, una beffa per le imprese

di Davide PASSONI

Difficile fare business e sopravvivere quando la crisi morde duro. Praticamente impossibile se la pubblica amministrazione ci mette del suo per prendere a cannonate le imprese che già faticano a rimanere a galla. Infatti, se molte aziende registrano una difficoltà sempre crescente per reperire liquidità per sosntentarsi, lo stato ci mette del suo nel peggiorare le cose grazie al ritardo nei pagamenti dalla PA.

Quante sono le imprese che aspettano il pagamento di opere e servizi realizzate ed erogati e non ancora saldati dalle amministrazioni pubbliche? E quante sono quelle che attendono invano un rimborso IVA per le tasse pagate in più? Tante? Troppe, diciamo noi.

I crediti IVA, ben lungi da essere un di cui del problema, ne sono ormai una parte sostanziale. E a poco serve che il Governo, nella persona del ministro Passera, abbia riconosciuto il problema relativamente ai rimborsi IVA del 2010: non ci voleva un professore per capire che al 31 gennaio 2012 solo 23.416 domande di rimborso erano state accolte su 62.211, per un importo erogato che sta oltre 3 miliardi sotto rispetto al totale vantato dai richiedenti, pari a 8,6 miliardi. Certo, prendere atto è già qualcosa, ma qui serve far uscire il grano.

Può infatti bastare sentirsi dire dal Governo che “in conformità al piano di accelerazione avviato dall’Agenzia delle Entrate, gli importi relativi alle restanti richieste, qualora accolte, verranno erogati nel corso del 2012 tenuto conto della effettiva disponibilità finanziaria“? Che vuol dire “tenuto conto della effettiva disponibilità finanziaria“? Che questi soldi non arriveranno. E l’idea di “pagare” queste somme con titoli di debito pubblico da girare poi alle banche a garanzia della solvibilità dei debiti delle aziende? Sparita. Capiamo che in questo periodo nemmeno le banche se la passano bene, ma almeno loro hanno una Bce che presta denaro a tassi ridicoli. E alle aziende alla canna del gas, chi lo presta il denaro? Ormai quasi più nessun, men che meno a tassi di favore.

E allora su, Monti, su Passera, su ministri tutti: trovate il modo di snellire le procedure elefantiache e di garantire tempi certi per i rimborsi; ve lo chiedono le aziende, ve lo chiede l’economia, ve lo chiede l’Italia. Nessuna delle tre ha più tempo da perdere.

Crediti annuali Iva, informazioni sulle compensazioni

Dal 1° gennaio 2010 sono in vigore le nuove regole che disciplinano la compensazione dei crediti Iva emergenti dalle dichiarazioni annuali. Le  nuove disposizioni riguardano  esclusivamente  la  compensazione  dei crediti Iva con  altri tributi, contributi previdenziali e  assistenziali (compensazione orizzontale) restando immutate le modalità di compensazione dei crediti Iva con debiti della stessa natura (compensazione verticale)  nonché  le  modalità   di   compensazione   dei crediti relativi agli altri tributi.

L’art. 10, comma 1, lettera a), numero 1, del D.L. 78/2009 ha previsto che:

–          l’utilizzo in compensazione orizzontale dei crediti IVA annuali di importo superiore a 10.000 euro può avvenire solo a seguito della presentazione della dichiarazione  annuale Iva. Per il credito IVA di importo pari o inferiore a € 10.000 invece  non è prevista alcuna limitazione alla compensazione;

–          i contribuenti che intendono utilizzare in compensazione crediti IVA annuali per importi superiori a 15.000 euro annui devono richiedere l’apposizione del visto di conformità da parte di un soggetto abilitato (all’articolo 35, comma 1, lettera a) del d.lgs. n. 241 del 9 luglio 1997) ovvero, in alternativa, la sottoscrizione della dichiarazione anche da parte dei soggetti incaricati del controllo contabile di cui all’art. 2409-bis del Codice Civile, attestante l’esecuzione dei controlli  previsti  ai fini del rilascio del visto di conformità.

–          la compensazione può essere operata solo attraverso i pagamenti di F24 telematici (esclusi quindi i pagamenti tramite il servizio home banking);

L’Agenzia delle Entrate, con propria circolare, ha confermato che le disposizioni in argomento si applicano ai crediti IVA che scaturiscono dall’anno 2009 e che emergono dalla dichiarazione IVA 2010. Le citate limitazioni contenute nel DL 78/2009 non si applichino quindi ai crediti iva maturati nell’anno 2008 e che emergono dalla dichiarazione annuale IVA 2009. Questi ultimi possono essere utilizzati in compensazione fino all’invio telematico della dichiarazione IVA 2010.

Approfondimenti sull’argomento si possono rinvenire nella circolare n. 14/IR dell’11 febbraio 2010 del Consiglio nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili e nelle seguenti Circolari emesse dall’Agenzia delle Entrate: C.M. 23.12.2009, n. 57/E; C.M. 15.1.2010, n. 1/E; C.M. 12.3.2010, n. 12/E .

 Dott. RICCARDO PEDERZINI