Catania: workshop “Credito e agricoltura”

Facilitare l’accesso al credito per gli imprenditori agricoli e mettere loro a disposizione strumenti finanziari affidabili per aiutarli a superare la crisi congiunturale.

È questo l’obiettivo dei nuovi strumenti messi a punto dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, con il supporto tecnico dell’Ismea e la collaborazione di Borsa Merci telematica italiana (Bmti) e dell’Abi, che saranno al centro del workshop “Credito e agricoltura: nuove opportunità per le imprese” che si terrà domani, martedì 28 febbraio a Roma.

In particolare sarà presentato un ampio ventaglio di nuovi strumenti tra cui il Fondo credito, istituito con il decreto legge sulle liberalizzazioni, forme innovative di garanzia in agricoltura e l’estensione delle garanzie Ismea ai finanziamenti di breve termine, anche a fronte di transazioni commerciali. Saranno inoltre presentati una serie di servizi finanziari di assicurazione e di factoring legati alle transazioni effettuate sulla piattaforma della Bmti.

I lavori, che si terranno presso la sede di Unioncamere (Piazza Sallustio 21) a partire dalle 10.30, saranno aperti dal Presidente di Unioncamere Ferruccio Dardanello, mentre le conclusioni (alle ore 12.40) saranno affidate al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Mario Catania. Nel corso del workshop interverranno, tra gli altri, il Presidente di Ismea Arturo Semerari, il Coordinatore degli Assessori regionali Dario Stefano e il presidente di Bmti S.c.p.a. Francesco Bettoni. Al termine dei lavori, alle 13, è prevista una conferenza stampa del Ministro Catania.

Fonte: agenparl.it

Credit crunch, imprese quasi salve

di Mirko ZAGO

Le imprese italiane sono sotto la morsa del credit crunch. Il termine anglosassone che ormai riecheggia sulle pagine dei quotidiani e in rete da qualche mese, è diventato una vera minaccia per le piccole e medie imprese, ancora una volta sotto la stretta della difficoltà di accedere al credito. Come se non bastasse l’eccessivo tempo perso a batter cassa specie alla pubblica amministrazione, che ancora si macchia della colpa di ritardi ingiustificabili, partecipa a mettere quotidianamente in ginocchio decine di attività produttive.

Dinnanzi ad una situazione così preoccupante, sono ormai intervenuti tutti, dai politici, agli amministratori, ai responsabili d’impresa con risultati felici sulla carta ma sconfortanti nella realtà, questa la situazione fino a ieri. La decisione dell’ inasprimento dei requisiti patrimoniali delle banche da parte dell’Europa con l’entrata in vigore imminente di Basilea 3, ha creato non poca confusione nell’humus delle banche italiane, che si sono sentite colpite ingiustamente, dopo la promozione a pieni voti a seguito degli stress test della scorsa estate. Ripatrimonializzare potrebbe voler dire chiudere ancor più i rubinetti dei prestiti alle imprese. Le imprese piccole e medie, che rappresentano il 92% del tessuto impreditoriale nazionale, già stremate da continui rallentamenti si vedrebbero d’improvviso costrette a sopportare d’improvviso gli effetti di una tirata di freno a mano.

Dalla Banca d’Italia si viene a sapere che negli ultimi 3 mesi del 2011, i prestiti erogati dal sistema bancario alle imprese hanno subito una diminuzione dell’1,5% e nelmese di dicembre addirittura 2,2%. La Cgia di Mestre come molti altri, denuncia: “Questi dati confermano che ci troviamo di fronte ad una vera e propria stretta creditizia. Le banche hanno chiuso i rubinetti del credito ed in una fase recessiva, come quella che stiamo vivendo in questo momento, corriamo il rischio che il nostro sistema produttivo, costituito prevalentemente da piccole e piccolissime imprese,  collassi”. Il segretario Giuseppe Bortolussi prosegue: “Nel 2011 le insolvenze in capo alle imprese italiane hanno toccato gli 80,6 miliardi di euro, con un incremento rispetto l’anno precedente pari al + 36%. Questa situazione ha sicuramente indotto molti istituti di credito a ridurre i prestiti soprattutto a quelle realtà produttive che non erano più in grado di dimostrare una certa affidabilità”. La difficoltà a reperire capitali è un dramma per il 51,3% delle imprese. Il fatto che l’86,2% di esse non si affiderà ad isituti di credito per reperire risorse illustra chiaramente la scarsa fiducia e la difficile situazione in cui ci si trova. Non fosse anche per gli aumenti registrati in agosto del costo medio dei nuovi finanziamenti alle imprese, salito al 3,4 per cento (una maggiorazione di mezzo punto percentuale).

Come riuscire a librarsi in volo dunque, visto le premesse pessime? Spiragli ci sono per quanti riescono ad arricchire il proprio biglietto da visita, dimostrando alle banche di possedere una buona capacità di esportazione, un ottimo business plan articolato e al tempo stesso credibile e possibilità e volontà di investire nell’innovazione. Fondamentali saranno anche gli interventi politici. Ambra Redaelli, presidente del comitato regionale Piccola Industria e responsabile credito per Confindustria Lombardia rende noto che “alla luce delle persistenti difficoltà Confindustria e Abi si stanno confrontando per valutare le iniziative per uscire da questa crisi: la riapertura della moratoria, che è stata tanto utile durante la prima crisi, sarà riproposta per chi non ne ha ancora usufruito”.

Al fine di rimediare ai ritardi nei pagamenti, alcune banche come ad esempio Mps, stanno prevedendo strumenti ad hoc che aiuteranno le imprese a far fronte ai tempi intermedi tra la richiesta di pagamento e l’incasso concreto. Altri soggetti che possono compartecipare a risolvere i problemi sono la cassa depositi e prestiti, le regioni, le camere di commercio, i confidi, il fondo italiano di investimento, la Sace, senza contare la Banca Europea e il Fondo Europeo per gli investimenti che sono responsabili dello sblocco di gran parte dei fondi salva imprese. Anche la politica sta finalmente dando risposte concrete. Il governo Monti ha disposto  sei miliardi di euro per ridurre il debito della Pa verso i privati e previsto l’adozione entro sei mesi dei decreti per attuare la direttiva Ue. Una virata verso il salvataggio, giusto ad un passo dallo scontro con l’iceberg.

FACTA: mandato internazionale contro l’evasione fiscale

Si chiama Foreign Account Tax Compliance Act (FATCA) e ha riunito intorno un tavolo ben 6 Paesi: Italia, Francia, Germania, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti. Si tratta della nuova normativa volta alla definizione di un approccio Intergovernativo per supportare e migliorare la Compliance Fiscale Internazionale.

In poche parole, la caccia all’evasione diventa intercontinentale. Lo scopo della FACTA è di attuare un approccio comune volto a “favorire la compliance fiscale internazionale e facilitare l’applicazione della legislazione fiscale a beneficio di entrambe le parti (i Paesi ndr )coinvolte”.

Il FACTA è già in vigore negli Stati Uniti dal 18 marzo del 2010, è solo dal 2012 che il Ministero dell’Economia e delle Finanze italiano ha annunciato la volontà, insieme agli altri Paesi europei, di aderire al FACTA, con lo scopo di “intensificare la lotta all’evasione fiscale internazionale”.

Dopo lo spesometro, il redditometro, in arrivo a giugno, e il nuovo database Serpico , l’Italia si mette in prima nella lotta all’evasione fiscale grazie all’accesso alla Foreign Account Tax Compliance Act, che permetterà allo Stato di ottenere la comunicazione delle informazioni da parte delle istituzioni finanziarie estere (Foreign Financial Institutions – FFIs), in relazione a conti correnti esteri, fondi di investimento e movimenti bancari.

L’ approccio intergovernativo adottato dagli Usa permetterà dunque ai 6 Paesi dell’Europa di dare il via ad uno “scambio automatico di informazioni in due direzioni”, ovvero da e verso gli Stati Uniti e l’Europa. In particolare, non sfuggiranno all’occhio vigile del fisco i conti aperti dai cittadini europei negli istituti finanziari statunitensi.

Grazie al FACTA, Italia, Francia, Germania, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti si sono poi impegnati a collaborare sul lungo termine allo scopo di lavorare al raggiungimento di standard comuni in materia di obblighi dichiarativi e di due diligence.

Intesa Sanpaolo: 1,3 miliardi per le Pmi del Veneto

Piccoli imprenditori veneti a rapporto. La Regione rafforza la sua vicinanza e il suo sostegno alle Pmi grazie al rinnovato accordo tra Piccola Industria Confindustria Veneto e le banche del territorio del Gruppo Intesa Sanpaolo, stanziando un plafond di 1,3 miliardi di euro a sostegno della piccola e media industria regionale.

Banca Intesa San Paolo, Cassa di Risparmio del Veneto e Cassa di Risparmio di Venezia hanno infatti ratificato l’accordo nazionale che prevede lo stanziamento di 10 miliardi di euro per le imprese italiane.

“E’ un’ intesa di grande importanza – sottolinea Alberto Baban, Presidente di Piccola Industria Confindustria Veneto – in un momento in cui stiamo facendo i conti con una grave crisi di liquidità che crea molte difficoltà agli investimenti”.

L’impegno, ha evidenziato invece il Presidente Piccola Industria Confindustria Veneto,Vincenzo Boccia, è di costruire “un percorso di collaborazione che guarda allo sviluppo e al futuro del sistema produttivo italiano”.

Intesa San Paolo conferma così la sua vocazione a sostegno della piccola e media imprenditoria made in Italy. “Oggi vi e’ una minore richiesta di credito da parte delle imprese – ha precisato Marco Morelli, Direttore Generale Vicario Intesa Sanpaolo – ma da parte nostra vi e’ la necessità di valutare con grande attenzione la concretezza del progetto e la struttura imprenditoriale del richiedente. Per questo porteremo dappertutto gli esperti delle nostre società specializzate: metteremo a disposizione delle aziende la nostra esperienza e ascolteremo proposte e critiche, suggerimenti e idee, territorio per territorio”.

‘Sbloccacrediti’ per le micro e piccole imprese lombarde

di Alessia CASIRAGHI

Un ulteriore stanziamento di 5 milioni di euro per il fondo rotativo regionale “Sbloccacrediti“, lanciato un anno fa per aiutare le micro e le piccole imprese lombarde che vantano crediti scaduti verso i Comuni lombardi.

Unioncamere Lombardia, Unicredit e Anci Lombardia rilanciano e arricchiscono il contributo regionale per le PMI che non sono in condizione di onorare gli impegni contrattuali per i vincoli posti dal patto di Stabilità.

Il fondo stanziato raggiunge così la quota di 15 milioni di euro. La novità riguarda anche il massimale dei crediti smobilizzabili, che passano da 15 mila euro fino ad un massimo di 50 mila euro.

Grazie a “Sbloccacrediti” le imprese lombarde potranno richiedere agli istituti di credito, senza alcun costo, né per spese bancarie né per interessi, un anticipo sui crediti scaduti nei confronti dei Comuni se, a causa dei vincoli posti dal patto di Stabilità, hanno difficoltà a rispettare le scadenze dei pagamenti ai fornitori di beni e servizi.

Per aderire all’iniziativa e fare richiesta del credito le PMI dovranno rivolgersi a una delle agenzie di UniCredit in Lombardia, presentando la domanda di accesso al fondo. La Banca attiverà in seguito i contatti con il comune debitore per svolgere tutti gli adempimenti necessari, senza alcun costo per l’impresa e senza alcun obbligo per i titolari dell’impresa di diventare correntisti della Banca.

Per ulteriori informazioni potete visistare il sito di UnionCamere Lombardia o www.co.camcom.it.

Finanziamenti per un’impresa su due

Sono più di un terzo le imprese che nel 2011 hanno dichiarato di aver ottenuto da parte delle banche un finanziamento inferiore a quanto richiesto, se non, nei casi peggiori, di non averlo ottenuto per niente. Secondo quanto rivela l’Osservatorio sul credito per le imprese del commercio, del turismo e dei servizi, pubblicato da Confcommercio sarebbero il 34,4% le imprese che nell’ultimo trimestre del 2011 denunciano di non aver potuto accedere ad alcuna forma di finanziamento, in aumento rispetto ai tre mesi precedenti, quando la percentuale raggiungeva quota 29,6%. Diminuisce quindi il numero delle PMI che riescono ad ottenere il finanziamento richiesto-  dal 55,8% al 49,8% – praticamente un’impresa su due.

I dati raccolti rivelano poi che le imprese maggiormente sfavorite si trovano nel Nord-Est e nel Mezzogiorno. A completare il quadro il peggioramento di tutti gli indicatori relativi all’offerta di credito: costo del finanziamento, costo dell’istruttoria e delle altre condizioni, durata dei finanziamenti, garanzie richieste.

Ma quante e quali sono le imprese che necessitano di ricorrere a un finanziamento in Italia?
Le imprese del terziario per far fronte al proprio fabbisogno finanziario si trovano costrette a richiedere un aiuto economico: nel terzo trimestre del 2011 solo il 49,2% ha dichiarato di non essere ricorso ad un finanziamento, mentre il 35,7% ha accusato qualche difficoltà o ritardo nei pagamenti. Risultato: il 15,1% delle imprese del terziario ha manifestato la propria necessità di ricorrere ad un aiuto economico per far quadrare i conti a fine trimestre. A registrare maggiori difficoltà sono state le microimprese e quelle operative nelle regioni del centro e del sud Italia.

Le previsioni per il quarto trimestre peggiorano ulteriormente il quadro, facendo registrare un saldo pari a -2,7. A manifestare maggior preoccupazione le imprese attive nel commercio, in particolare gli esercizi operativi nelle grandi aree metropolitane.

Resta stabile la percentuale (22%) delle imprese del terziario che nel terzo trimestre del 2011 si sono rivolte alle banche per chiedere un finanziamento o la rinegoziazione di un finanziamento già in atto. Occorre sottolineare però che nel terzo trimestre è diminuita la percentuale delle imprese che ottengono il credito con un ammontare pari o superiore rispetto alla richiesta: sono state il 49,8% contro il 55,8% del trimestre precedente. Ovvero meno della metà.

E’ aumentata l‘area di irrigidimento che ha colpito nei mesi scorsi, con riferimento a luglio, agosto e settembre, il 34,4% delle imprese contro il 29,6% del trimestre precedente.

A.C.

Piccole Imprese: per la crescita c’è ancora da aspettare

L’ Osservatorio Confcommercio-Format sul credito per le imprese del commercio, del turismo e dei servizi ha evidenziato come anche per l’ultimo trimestre dell’anno conclusosi da poco permangano difficoltà per piccole e medie imprese. Se nel terzo trimestre si è assistito ad una crescita incoraggiante dei consumi, le imprese sono costrette a pagare ancora per il nodo del costo dei finanziamenti. E’ quasi un’impresa su due, ovvero il 48,9% a segnalare difficoltà nell’attività spesso a causa si problemi relativi al fabbisogno finanziario. Ad essersi rivolto ad istituti di crediti per ottenere finanziamenti è stato il 26% delle imprese (+3% rispetto al precedente trimestre) avendo in cambio l’erogazione di un importo inferiore rispetto a quello richiesto, quando la risposta non sia stata negativa.

Questa situazione ha alimentato anche una scarsa fiducia nel sistema bancario e una percezione che i costi dei servizi bancari siano aumentati ingiustificatamente e spesso congiunti a condizioni sfavorevoli.

Mirko Zago