Carburanti: le associazioni di categoria vedono il futuro molto incerto

E’ stato presentato, dalle delegazioni delle associazioni di categoria dei proprietari indipendenti e dei gestori degli impianti di rifornimento carburanti Assopetroli-Assoenergia, Grandi reti, Faib Confesercenti, Fegica Cisl e Figisc Confcommercio, il nuovo modello di “Contratto di Commissione” in materia di rivendita dei carburanti, che è stato depositato presso il ministero dello Sviluppo Economico.

In concreto, le Associazioni si sono trovate d’accordo nel sostenere che il settore della distribuzione di carburanti si trova in un periodo di profondo affanno, che dura ormai da quasi cinque anni non solo in Italia, ma in tutta Europa.

La conseguente riduzione dei consumi è stata aggravata dalla pressione fiscale, sempre più alle stelle, insostenibile sia per i consumatori sia per i gestori.

A questo proposito, il presidente di Assopetroli-Assoenergia, Franco Ferrari Aggradi, ha poi aggiunto che: “con il contratto di commissione che è stato fortemente voluto da Assopetroli, si apre ora una fase nuova nei rapporti tra distributori indipendenti e gestori che deve segnare l`avvio di un confronto fra tutti gli operatori del settore orientato al miglioramento dell`efficienza degli impianti di distribuzione dei carburanti non solo per garantire reddito d`impresa e occupazione ma, soprattutto, per garantire la massima qualità e flessibilità del servizio offerto all`utenza finale anche sotto il profilo del contenimento del costo dei carburanti che sono i più cari d`Europa pressoché esclusivamente per il maggior carico fiscale gravante sugli stessi, ben 26 centesimi al litro rispetto alla media europea“.

Vediamo ora la situazione odierna per quanto riguarda i prezzi dei carburanti a livello nazionale.

Le medie sono oggi a 1,787 per la benzina e a 1,716 per il diesel.
Per quanto riguarda la situazione a livello Paese, i prezzi della benzina, in modalità servito, vanno da 1,777 di Esso a 1,792 di Tamoil.
Il gasolio, invece, si trova tra i 1,713 di Esso ed Eni e i 1,721 di Tamoil.

Vera MORETTI

Decreto sviluppo, le principali novità fiscali

Le principali novità contenute nel Dl 83/2012 con “misure per la crescita del Paese”, la cui legge di conversione è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale l’11 agosto.

Iva per cassa
Passa da 200mila a 2 milioni di euro la soglia di volume d’affari che apre alla liquidazione dell’Iva “per cassa”.

Interessi da project bond: imposta agevolata
Viene concesso un regime fiscale agevolato alle obbligazioni emesse da società di progetto per finanziare investimenti in infrastrutture o servizi di pubblica utilità. Il regime agevolato ha lo scopo di attrarre capitali su questi titoli, permettendo la tassazione degli interessi che ne derivano al 12,5% anziché al 20%.

Bonus energia e ristrutturazioni edilizie
Ancora sei mesi per usufruire della detrazione fiscale del 55% relativa agli interventi di riqualificazione energetica. Lo sconto è stato prorogato fino al 30 giugno 2013, rimanendo distinto fino a quella data dal bonus per le ristrutturazioni edilizie, salito al 50% dei costi sostenuti fino a un limite massimo di 96mila euro di spesa contro i precedenti 48mila.

Aerotaxi
Il tributo sugli aerotaxi viene esteso anche ai voli effettuati tramite elicottero ma, per le tratte non superiori a 100 chilometri, il prelievo scende a 10 euro.

Assunzioni qualificate
Un contributo concesso sotto forma di credito d’imposta alle imprese che assumono a tempo indeterminato nuovo personale “altamente qualificato” (ossia con un dottorato di ricerca universitario o una laurea magistrale in discipline tecniche o scientifiche) e impiegato in attività di ricerca e sviluppo. Il beneficio fiscale, utilizzabile soltanto in compensazione, è pari al 35% delle spese sostenute per le assunzioni a tempo indeterminato, con un limite massimo di 200mila euro all’anno per impresa. Parte dei fondi stanziati (2 milioni di euro per il 2012 e 3 a decorrere dall’anno 2013) è stata riservata alle imprese che hanno sede o unità locali nei territori dei comuni colpiti dal terremoto in Emilia.

Come ti stritolo la partita Iva

di Davide PASSONI

L’operazione terrorismo portata avanti dal governo sulle partite Iva ha funzionato. Brava Fornero, bravo Monti. A forza di parlare di false partite Iva e a forza di identificare i veri partitivisti come dei parasubordinati nonché potenziali evasori, una delle risorse più importanti per la nostra asfittica economia schiacciata dalla crisi ha poderosamente tirato il freno a mano.

Ad aprile 2012 sono state infatti aperte 46.337 nuove partite Iva: se nel raffronto anno su anno si parla di una flessione del 3%, rispetto a marzo 2011 il calo è stato pari al 25,8%. Non un calo, un crollo. Il dato emerge dalle cifre pubblicate dal Dipartimento delle Finanze, ovvero il gran nemico dei partitivisti. Che potrà dirsi a pieno titolo soddisfatto del risultato.

Il commercio continua a registrare il maggior numero di aperture di partite Iva: il 22,1% del totale, seguito dalle attività professionali con il 14,7%. Considerando i macrosettori produttivi, solo in quello agricolo si registra un aumento di aperture (+4,5%), mentre l’industria accusa la diminuzione maggiore (-8,9%). Consoliamoci con i giovani: il 51,3% delle aperture è operato da giovani fino a 35 anni, scaglione di età unico in aumento rispetto al corrispondente mese del 2011 a +13,6%.

Che cosa pensare, dunque, se non, come detto all’inizio si tratta di un effetto dell’operazione terrorismo fatta sulle partite Iva? Lo avevamo scritto tempo fa: se passassero gli emendamenti al ddl lavoro su co.co.pro. e partite iva, la piccola impresa che vive di commesse e cerca collaboratori per i quali essere a sua volta committente, si troverebbe nell’impossibilità di offrire commesse perché non potrebbe fruire dei servizi di un professionista a partita Iva pagandolo il giusto. La piccola impresa, che vive di un rischio imprenditoriale proprio, non potrebbe permettersi di pagare un salario minimo ai co.co.pro. perché non potrebbe far fronte ai costi aggiuntivi che tale formula prevedrebbe. Per cui, non avrebbe più committenti, di conseguenza nemmeno commesse. In sostanza, fallirebbe. Questo dato sul crollo delle nuove partite Iva aggiunge amarezza ad amarezza. Non solo, infatti, la riforma del lavoro introduce minore flessibilità in entrata soffocando un mercato già ingessato; in più, la stretta sulle partite Iva chiude l’ultimo rubinetto ancora aperto per dare un minimo di lavoro e ossigeno alla piccola impresa. Prima temevamo che sarebbe successo, oggi questo dato sulle partite Iva ce ne dà la certezza.

Altro che “Cresci Italia“, qui ormai siamo “Crepa Italia“.