La crisi abbatte il lavoro, in 5 anni crollati i contratti a tempo indeterminato

 

Mai che dagli studi del Servizio Politiche del Lavoro della Uil arrivassero buone notizie… Ma per quanto drammatici siano i dati comunicati nei giorni scorsi segretario confederale Guglielmo Loy, coordinatore dello studio, mai numeri furono più scontati: in 5 anni di violenta crisi economica i contratti a tempo indeterminato sono crollati del 46,4% con un progressivo e inevitabile spostamento dell’offerta verso i contratti a tempo determinato, aumentati del 19,7% nell’ultimo quinquennio.

Nell’ultimo anno preso in considerazione dallo studio, il 2013, è il Lazio la regione in cui si concentra il maggior numero di attivazioni, circa 1,4 milioni, sorpassando così la Lombardia che ne denuncia 1,3 milioni seguita dalla Puglia con 1 milione di contratti a tempo determinato.

Il trend non si interrompe nel primo trimestre di quest’anno: addirittura il 67% dei contratti sono a termine, circa 1.600.000. Sono state invece, tra gennaio e marzo di quest’anno, solo 420mila le assunzioni con contratti a tempo indeterminato e quasi 190mila, quelle con contratti di collaborazione, mentre i rapporti di apprendistato sono stati poco più di 50mila, il 2,4% del totale.

JM

La fiducia non basta, otto famiglie su dieci in difficoltà economiche

I dati dell’outlook Confcommercio-Censis sul primo semestre 2014 fotografano la triste realtà delle famiglie italiane: otto nuclei familiari su dieci vivono «una sensazione di precarietà e instabilità», solo una su cinque «ritiene invece di essere in una situazione di solidità». Nonostante «un leggero miglioramento del clima di fiducia», legato ad «ottimismo sulle riforme Renzi»: emerge che «ben il 66% del campione ritiene che il Governo sia in grado di far superare al paese la lunga fase di crisi economica».

«Il protrarsi della crisi , la mancanza di lavoro, il peso delle tasse», evidenziano i dati forniti dall’indagine Confcommercio-Censis su consumi e clima di fiducia per il primo semestre di quest’anno, «continuano ad alimentare lo stato di forte difficoltà in cui si trovano le famiglie italiane che, rispetto alla propria situazione economica e alla propria capacità di spesa, avvertono nella maggior parte dei casi – quasi l’80% – una sensazione di precarietà e instabilità».

Jacopo MARCHESANO

Crolla l’artigianato, perse 75.500 aziende

Nonostante nel primo trimestre di quest’anno si registri qualche timido segnale di ripresa, la situazione maturata in questi ultimi 5 anni di crisi economica ha portato alla chiusura 75.500 imprese artigiane. «Drastica riduzione dei consumi delle famiglie, forte aumento sia delle tasse sia del peso della burocrazia e la restrizione del credito – segnala Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia – sono tra le cause che hanno costretto moltissimi artigiani a gettare la spugna. Non potendo contare su nessun ammortizzatore sociale, dopo la chiusura dell’attività moltissimi artigiani non hanno trovato nessun altro impiego e sono andati ad ingrossare il numero dei senza lavoro, portandosi appresso i debiti accumulati in questi anni e un futuro tutto da inventare».

Setttantacinquemila imprese in cinque anni, quarantuno al giorno, i numeri parlano chiaro: costruzioni, trasporti e manifattura i settori che hanno fatto registrare gli andamenti peggiori.

Jacopo MARCHESANO

Calano le imprese, ma è boom di imprenditori under 35

Il saldo tra aperture e chiusure di imprese nel terzo trimestre è stato sì positivo per quasi 13mila unità, ma anche il più basso degli ultimi dieci anni e delle quasi 300mila imprese nate tra inizio anno e la fine di settembre, più di un terzo hanno alla guida uno o più giovani con meno di 35 anni. A dispetto della crisi, la voglia di mettersi in gioco per i giovani connazionali non manca nemmeno in un periodo storico economicamente drammatico come questo.

Come dimostra un’indagine di Unioncamere, presentata in occasione della 138/a assemblea delle Camere di Commercio, contro ogni previsione la culla di questa rinnovata vitalità è il Sud Italia, dove ha sede il 38,5% delle nuove piccole o micro imprese giovanili. I settori maggiormente in voga tra gli imprenditori under 35 sono il commercio (20,5%), l’edilizia (9,4%) e la ristorazione (5,6%). «C’è una generazione di giovani che non si rassegna a lasciare l’Italia, né si arrende al vento della protesta ma si rimbocca le maniche – ha affermato il presidente di Unioncamere Ferruccio Dardanelloe guarda con coraggio al domani. Sono giovani che escono dal mondo della scuola ma anche, spesso per colpa della crisi, dal mondo del lavoro e che hanno trovato la forza di puntare su un’idea e sulle proprie competenze. A questi italiani dobbiamo intanto dire grazie ma soprattutto creare le condizioni per aiutarli a realizzare il loro progetto di vita. Abbiamo il dovere di dare loro un paese più moderno, più efficiente e più credibile. Senza dimenticare però le difficoltà in cui versano le famiglie e le aziende che si vedono ridurre ulteriormente gli impieghi da parte delle banche. L’Italia ha bisogno di energie e talenti».

Segnali di ripresa? Ecco cosa ne pensa l’Europa

La nostra settimana dedicata all’approfondimento dei, seppur timidi e contenuti, segnali di ripresa economica che hanno fatto “gridare al miracolo” il governatore di Bankitalia Ignazio Visco nei giorni scorsi, dopo aver interpretato con cura i numeri di tali crescita e aver ascoltato le voci delle principali associazioni di categoria, continua attraverso i commenti che arrivano direttamente da Bruxelles

“Nonostante qualche piccolo segnale di crescita in Italia l’economia mostra ancora segni di debolezza e l’incertezza politica frena gli investimenti e di conseguenza una ripresa più decisa e risolutiva”, dichiara il commissario Ue agli Affari economici e vicepresidente della Commissione Europea Olli Rehn. Per descrivere la delicata situazone italiana, il politico finlandese si è lanciato in una metafora sportiva sempre attuale nel nostro Paese: “l’Italia è come la Ferrari, ci vuole un motore più competitivo ed essere pronti a cambiare e ad adeguarsi”.

Scontata invece la paternale sull’abolizione dell’Imu, provvedimento mai digerito a Bruxelles, perché “ha suscitato e scuscita preoccupazioni, rispetto allo spostamento degli oneri fiscali dai fattori produttivi verso altri cespiti” e aggiungendo che “sarà doveroso verificare la nuova service tax”. 

Jacopo MARCHESANO

Bankitalia: entrate in crescita, debito in calo

 

Secondo gli ultimi dati forniti da Bankitalia nei primi sette mesi del 2013 le entrate sono state pari a 225,0 miliardi, in aumento dell’1,4% rispetto a quelle dello stesso periodo del 2012. Il debito delle amministrazioni pubbliche è diminuito a luglio di 2,3 miliardi rispetto al mese precedente risultando pari a 2.072,9 miliardi. ).

Sul fabbisogno ha inciso per 8,7 miliardi il sostegno ai paesi dell`area dell`euro in difficoltà (comprendente la quota di competenza dell’Italia dei prestiti erogati dall`European financial stability facility – Efsf – pari a 5,8 miliardi e il versamento effettuato in aprile della terza tranche per la sottoscrizione del capitale dell`European Stability Mechanism – Esm – per 2,9 miliardi). Tale sostegno complessivamente ha raggiunto 51,3 miliardi.

Unioncamere: tariffe locali e tasse frenano la ripresa

Più acqua potabile “dal rubinetto” e trasporti extra-urbani, meno elettricità e gas: è questo il mix che, a cavallo tra 2012 e 2013, ha mantenuto su livelli sostenuti l’inflazione tariffaria e pesato su bilanci delle imprese e portafogli delle famiglie italiane.

Tasse e tariffe locali soffiano decisamente sull’inflazione e soprattutto rischiano di rappresentare un freno alla ripresa economica. E’ la fotografia che emerge dall’analisi di Unioncamere sull’andamento dei prezzi amministrati a controllo locale e nazionale – realizzata attraverso il proprio Istituto di ricerca specializzato nelle indagini su distribuzione e servizi (INDIS) – sulla base dell’Osservatorio ”Prezzi e Mercati”.

Ocse, rallenta il calo del Pil italiano

Sembrerebbero positive le notizie per quanto riguarda la possibilità che l’Italia si metta effettivamente alle spalle la recessione, centrando quella ripresa indicata come una “terra promessa” dal premier Enrico Letta. Secondo l’Ocse, l’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, infatti, nel secondo trimestre dell’anno in corso il nostro Paese è rimasto in recessione, ma ha rallentato la caduta del Pil.
Il Pil dell’area Ocse cresce dello 0,5% nel secondo trimestre dell’anno su base congiunturale, cioè rispetto al trimestre precedente, in accelerazione rispetto al +0,3% segnato tra gennaio e marzo.

Aumentano le ore di Cig per industria e costruzioni

 

Non c’è luce alla fine del tunnel della crisi per il settore costruzioni e industria. Le ore di Cig, acronimo di cassa integrazione guadagni, autorizzate nelle costruzioni sono aumentate di 7,8 milioni, pari al 13,7% in più rispetto allo scorso anno. Le ore di Cig autorizzate nell`industria sono cresciute di 22,3 milioni, il 6,4% in più. Negli ultimi cinque anni i due settori hanno perso un numero equivalente di addetti, rispettivamente 370mila e 362mila unità.

L`acutizzarsi della crisi in questi due comparti si riflette pesantemente anche sull`artigianato. Nei primi sei mesi dell`anno, le ore autorizzate di Cig sono state pari a 46,1 milioni con un incremento intorno al 10% (+4,1 milioni di ore) rispetto al 2012, che tradotto in posti di lavoro potrebbe portare ad una perdita potenziale di 28mila occupazioni.