Retribuzioni ferme a luglio

Dopo il dato allarmante diffuso dall’Istat sull’inflazione record ad agosto, ecco puntuale l’altra faccia – dolente – della medaglia, il dato sulle retribuzioni di luglio: ferme, naturalmente, rispetto a giugno, mentre segnano un incremento dell’1,7% rispetto a luglio 2010. Se si considera che l’inflazione a luglio si era attestata al +2,7% annuo, appare chiaro che il rialzo tendenziale delle retribuzioni rimane inferiore a quello dei prezzi al consumo.

A fronte di un aumento tendenziale medio delle retribuzioni pari all’1,7%, i settori che presentano gli incrementi più elevati sono militari-difesa (3,7%), forze dell’ordine (3,5%) e attività dei vigili del fuoco (3,1%). Si registrano, invece, variazioni nulle per ministeri, regioni e autonomie locali, servizio sanitario nazionale e scuola, a causa del blocco della contrattazione nella Pubblica amministrazione. A luglio sono stati rinnovati due accordi riguardanti i dipendenti delle aziende municipalizzate del servizio smaltimento rifiuti e i giornalisti, mentre nessun accordo è scaduto nel mese. In ogni caso, a lla fine di luglio risultano in attesa di rinnovo 32 accordi, relativi a circa 4,3 milioni di dipendenti.

L’Italia dei consumi: Nord-Est batte Sud recuperando i livelli pre-crisi

Uno studio di Confcommercio rivela come le dinamiche dei consumi nell’Italia della crisi globale muti profondamente da Nord a Sud: se nel periodo che va dal 2007 al 2011 è calato significativamente il contributo in termini di consumo delle regioni del Sud Italia, il Nord, ed in particolare il Nord-Est, ha registrato al contrario una ripresa positiva della spesa sul totale nazionale, in costante aumento.

Lo studio condotto da Confcommercio, nell’ambito dell’ “Aggiornamento delle analisi e delle previsioni dei consumi delle famiglie nelle regioni italiane”, mette in luce come nello zoccolo dello stivale i consumi si siano contratti passando dal 27,2% del 2007 al 26,6% del 2011. A livello di singole regioni, i picchi sono stati registrati in Calabria (-4,2%), Puglia (-3,6%), Sicilia (-3,2%) e Campania (-3%). Segue invece un andamento completamente opposto la curva della spesa a livello nazionale se si guarda alle regioni del Settentrione: le quote sono in costante aumento sia nel Nord-Est (dal 21,8% al 22,2%) che nel Nord-Ovest (dal 30,1% al 30,6%), al punto che il Nord-Est ha recuperato nel 2010 i livelli di consumo pre-crisi.

Difficili le previsioni per il futuro: la debolezza dei consumi a livello pro capite, complice il biennio di crisi 2008-2009, lascia intravedere un rallentamento generalizzato dell’uscita dalla crisi. Confcommercio ha stimato infatti che, a fine 2011, saranno ben 17 regioni italiane su 20 a rischiare di registrare un livello di consumi inferiore a quello del 2000. Ancora meno rosee appaiono le prospettive a lungo termine: nel 2017 si prevede infatti che il Mezzogiorno avrà acuito il suo ritardo con una continua riduzione della spesa per consumi rispetto al totale nazionale.

Modesta la previsione per il 2011 con una ripresa sull’intero territorio nazionale stimata attorno al + 0,8%, anche se le famiglie italiane stanno cercando di recuperare i livelli di consumo pre-crisi.

Alessia Casiraghi

Commercialisti: si alle liberalizzazioni ma si tuteli la professione

Il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili ha lanciato al governo e alle forze politiche di maggioranza e opposizione un messaggio chiaro: “In questa difficile fase, tutti devono essere disposti a dare il proprio contributo, anche per impedire che altri si sottraggano dal dare il proprio. Liberalizzare i mercati, anche quelli professionali ove opportuno, non deve pero’ diventare il pretesto per distruggere le libere professioni”.

Liberalizzare i mercati, ivi compresi quelli professionali, – afferma Claudio Siciliotti, presidente del Consiglio nazionale della categoria – significa rimuovere le barriere e le limitazioni ritenute più dannose per l’economia che utili per la tutela dell’interesse pubblico.

“Le bozze di testi poi ritirati che si sono lette recentemente inducono a una certa preoccupazione. Se anziche’ tentare l’ennesimo scomposto assalto agli Ordini – conclude Siciliotti- trovassimo finalmente norme che si occupano di vere liberalizzazioni, noi commercialisti saremmo pronti a sostenerle, in un quadro complessivo di sacrifici equilibrati richiesti a tutte le diverse componenti sociali di questo Paese”.

In crescita le imprese dell’edilizia nonostante la difficoltà di credito

Secondo semestre buono per le imprese dell’edilizia. A dirlo è una previsione elaborata da Aniem che prospetta una crescita fino all’11% rispetto ai sei mesi precedenti. A fronte di un 58% di imprese che intendano incrementare l’attività, ci sarebbe un 37% di imprenditori che prevede di ridurre ulteriormente l’occupazione entro dicembre.

Il calo medio del fatturato per azienda ha raggiunto il 22% nel 2010, una perdita difficile da recuperare. Le imprese ce le stanno mettendo tutta per uscire dall’impasse dovendo però scontrarsi con difficoltà di accesso al credito. Anche le concessioni di mutui non è facile, nel 2011 sono 52% delle imprese del settore ad aver visto negarne uno. Gli addetti del settore e i vertici di rappresentanza sindacale invocano un aiuto concreto da parte del governo.

 

Il decreto anticrisi rispetta gli ordini professionali

C’è soddisfazione dal mondo degli ordini professionali per il decreto anticrisi, che non intaccherebbe i principi cardine del sistema e prevede invece solo utili ammodernamenti. Allontanati gli allarmi delle settimane scorse è tempo per affrontare le novità. Gli esami di stato rimangono, si istituiscono maggiori controlli territoriali per vegliare sull’ordine, vengono apposte chiarezze circa i compensi dei professionisti, vengono abrogate le indebite restrizioni per l’accesso alla professione.

Queste in linea generale le novità introdotte. La presidente dei Consulenti del Lavoro Marina Calderone commenta così: “In un momento in cui a tutti i lavoratori vengono richiesti sacrifici è giusto che anche i professionisti facciano la loro parte. Fondamentale per noi era il mantenimento dei principi su cui si basa il sistema ordinistico italiano che è pieno riconoscimento del valore delle professioni. Le novità introdotte dal decreto legge anticrisi erano peraltro già contenute nella proposta di modernizzazione degli Ordini presentata al Ministro di Giustizia a luglio 2010 e nel provvedimento attualmente in corso di iter parlamentare, per il quale ci sono state le audizioni in Commissione Giustizia della Camera” – e prosegue – “Una manovra da 45,5 miliardi di euro in due anni richiede la coesione di tutti gli attori sociali e istituzionali, evitando tentativi di accaparramento di competenze altrui approfittando della situazione di crisi. Ribadisco il nostro ringraziamento al Governo per avere sottolineato l’importanza e la necessità degli Ordini nel nostro Paese“.

 

Presenze negli stabilimenti balneari in calo a luglio

Secondo il Sindacato Italiano Balneari (Sib) l’andamento delle presenze negli stabilimenti marittimi italiani non sarebbe stato positivo per il mese di luglio. La situazione peggiore si sarebbe registrata in Liguria. Riccardo Borgo, Presidente del Sindacato sottolinea: “Continua a luglio il segno negativo negli stabilimenti balneari, in Liguria abbiamo registrato meno 25% di presenze sulle spiagge e nei consumi rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, solo la Sicilia e la Sardegna riescono a contenere le perdite“.

Parte della colpa è da dare alle avverse condizioni meteo, ma serve comunque  “avviare un monitoraggio dettagliato su
tutti i circa 8.000 chilometri di costa della nostra Penisola individuando quei tratti di litorale su cui intervenire al più presto con opere di ripascimento e/o di consolidamento“.

Questo l’andamento per regione:

Abruzzo, Basilicata, Marche e Molise invariato; Calabria ed Emilia Romagna -10%; Campania -15% idem per il Friulia V.G.; Lazio -20%, Liguria -25%; Puglia -8%, Sardegna e Sicilia -5%; Toscana -20%; Veneto -12%.

Il terziario punta sul turismo per uscire dalla crisi

Il presidente di Unascom-Confcommercio di Treviso, Guido Pomini, nel corso della presentazione di un’indagine sul settore terziario a livello locale ha affermato che chiave di svolta per uscire dalla crisi sono nuovi investimenti in cultura ed altri elementi di attrazione per i flussi turistici stranieri.

Il 45% degli intervistati giudica la situazione attuale classificabile come mediocre ma un 43% bolla il quadro complessivo come ”negativo ed immobile”. Anche la stagione dei saldi non è stata trionfale rispetto agli anni precedenti. Il 32% teme un peggioramento delle condizioni dei mercati anche per colpa dell’andamento economico internazionale e la mancanze di strategie chiare da parte dei governi.

Sembra invece tenere il turismo. “Per questo – conclude Pomini – occorre avere la lungimiranza di investire in ciò che gli stranieri considerano uno fra i massimi punti di forza del Paese, cioè le attrattive culturali”.

Mirko Zago

Sempre più tasse per gli europei

Eurostat diffonde i dati relativi all’impatto della crisi economica sui sistemi fiscali dei diversi Stati Membri, il report sui trend nell’Unione Europea oltre a fare il punto sulla pressione fiscale per le società non finanziarie e fornisce la classifica dei Paesi in cui le tasse gravano di più.

Il brusco calo del Pil avrebbe portato l’Europa a calmierare la pressione fiscale. Il raffronto 2008-2009 evidenzia una riduzione della pressione fiscale generalizzata. Il peso delle tasse resta comunque altissimo, pari a oltre il 30% in più rispetto ad America e Giappone.

L’aumento dell’IVA è stato di +1,3 punti dall’inizio della crisi economico-finanziaria. In particolare nell’Unione Europea dei 27, dove è passato dal 19,4% nel 2008 al 20,7% nel 2011. Tra i Paesi più “opprimenti” troviamo Svezia, Belgio e Olanda.

In Italia, le imposte sui redditi delle persone fisiche presentano una differenza 2000-2011 da 45,6 a -0,3. Le imposte sui redditi delle società da 31,4 a -9,9. A preoccupare maggiormente l’innalzamento della tassazione sul lavoro, che arriva a sfiorare il 50%, così come le tasse sul consumo (circa il 30%) e le tasse sul capitale (circa 20%).

Settore dell’oreficeria in sentore di crisi

Confartigianato ha espresso preoccupazione per la crisi in cui il settore orafo si trova. Le osservazioni sono state rivolte direttamente al sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta nel corso di un incontro di quest’ultimo con le organizzazioni che compongono la Consulta nazionale orafi. ”Dal Governo arrivato un importante segnale di attenzione – ha spiegato Luciano Bigazzi, presidente degli Orafi di Confartigianato – per affrontare i gravi problemi del settore orafo che sta vivendo uno dei suoi momenti pi difficili: la produzione a maggio diminuita del 18,1% e l’occupazione calata del 2,8% tra marzo 2010 e marzo 2011”.

Bigazzi ha proseguito: ”L’oreficeria italiana costituita da circa 11.000 imprese impegnate nella produzione e da oltre 20.000 dettaglianti, con complessivi 120.000 addetti, per un fatturato annuo di 6,5 miliardi di euro e un contributo significativo all’equilibrio della nostra bilancia commerciale. un settore d’eccellenza del made in Italy che per deve essere tutelato e valorizzato per consentire ai nostri prodotti di continuare a competere sui mercati internazionali”. Da risolvere rimangono i problemi dei dazi doganali e le barriere non tariffarie che penalizzano le esportazioni, le restrizioni sul fronte del credito, gli alti costi delle materie prime, il fenomeno della contraffazione e dell’oro sottotitolato.

Occupazione, Bankitalia non vede la ripresa

Secondo il bollettino di Bankitalianon emergono segnali di una significativa ripresa dell’occupazione“, tanto che nel 2011 “risulterebbe ancora modesta la creazione di nuovi posti di lavoro“.

Secondo via Nazionale, a frenare l’occupazione sarebbe sopratutto “il graduale riassorbimento, nei processi produttivi, del personale in cassa integrazione” che, nel secondo trimestre dell’anno, “ha interrotto la riduzione delle ore autorizzate“. Per questo, secondo Bankitalia, la ripresa dell’occupazione “procederebbe a rilento“.

Sempre secondo il Bollettino, il tasso di occupazione delle persone tra i 15 e i 64 anni è salito, nel primo trimestre 2011, di un decimo di punto ma la partecipazione al mercato del lavoro è ancora in calo: pesa “l’effetto scoraggiamento” che ha portato a una riduzione della partecipazione al 62,2% dal 62,4%.

In questo quadro di incertezza “le imprese continuano a prediligere le assunzioni con contratti flessibili e part-time“: secondo i dati di fonte Inail elaborati dal Ebitemp, nel primo trimestre hanno registrato un incremento delle ore di lavoro interinale del 24,3% su base tendenziale. Nello stesso periodo il numero degli occupati dipendenti a termine è aumentato del 4,1% rispetto al trimestre 2010 a fronte di una riduzione dello 0,1 di quelli permanenti. Il numero dei dipendenti a tempo parziale è poi cresciuto del 2,5% e il lavoro autonomo, che include i collaboratori a progetto, ha segnato un incremento dello 0,9%.