Debiti della Pubblica Amministrazione ancora troppo alti

I tempi che la Pubblica amministrazione impiega per pagare le imprese fornitrici di beni e servizi si stanno restringendo, ma ancora non hanno raggiunto una soglia che possa essere considerata accettabile.
Nel 2016, infatti, è stata registrata una media di 58 giorni, che, sebbene sia calata sensibilmente rispetto agli anni precedenti, è ben lontana dalla normalità.

Considerando che 58 giorni rappresentano la media nazionale, è ben facile capire che ci siano ancora molte zone del Paese dove i ritardi con cui gli enti pubblici pagano gli imprenditori sono molto più profondi e critici. Infatti, due terzi delle amministrazioni non salda le fatture entro i termini fissati dalla legge, che sono di 30 giorni, con l’eccezione di 60 giorni per gli enti del sistema sanitario nazionale.

Tra le regioni più ritardatarie, spicca il Molise, dove gli enti pubblici pagano in 107 giorni. Un abisso rispetto alle aziende della Provincia autonoma di Bolzano dove l’attesa è di 36 giorni.

Per quanto riguarda le province, primato negativo spetta a Catanzaro, dove la pubblica amministrazione salda le fatture in 111 giorni. Virtuose sono invece Mantova e Sondrio, dove gli imprenditori vengono pagati in 25 giorni.

Ma non bastano gli esempi positivi per togliere l’Italia dalla vetta della classifica europea per il maggiore debito commerciale della pubblica amministrazione verso le imprese, una somma che tocca i 3 punti di Pil, vale a dire il doppio della media europea.

La situazione è intricata, ma urge trovare una soluzione, poiché non possiamo essere sempre i fanalini di coda. A questo proposito, Giorgio Merletti, presidente di Confartigianato, sostiene che si potrebbe trovare un accordo applicando la compensazione diretta ed universale tra i debiti e i crediti degli imprenditori nei confronti dello Stato.

Vera MORETTI

Cgia dice no alle assunzioni nella PA

In vista delle nuove assunzioni previste dalla Pubblica amministrazione, c’è chi storce il naso e vorrebbe che, prima di assumere nuove risorse, la PA provvedesse ad azzerare i debiti nei confronti delle aziende fornitrici, che attualmente ammontano a 64 miliardi di euro, di cui 34 esistenti a causa di ritardi nei pagamenti.

A questo proposito si è espresso Paolo Zabeo, coordinatore dell’Ufficio Studi della Cgia, che ha voluto replicare duramente alle dichiarazioni di Angelo Rughetti, Sottosegretario alla Pubblica amministrazione, il quale ha ipotizzato quasi 500.000 nuovi assunzioni nel pubblico impiego in sostituzione di altrettanti statali che nei prossimi 4 anni andranno in pensione.

Queste le parole di Zabeo: “A causa dei mancati pagamenti della Pa negli ultimi anni sono state migliaia e migliaia le imprese private che lavorano per lo Stato ad essere state costrette a licenziare una parte dei dipendenti perché non in grado di sostenerne i costi. Quindi, prima di lanciare promesse dal vago sapore elettorale, sarebbe bene conoscere e risolvere i danni che causa la Pa al sistema privato che, in termini economici, non ha eguali nel resto d’Europa”.

E questo quanto aggiungo da Renato Mason, segretario della Cgia: “La nostra Pa non solo paga con un ritardo inaccettabile, ma quando lo fa non versa più l’Iva al proprio fornitore. Insomma, oltre al danno anche la beffa. Pertanto, le imprese che lavorano per lo Stato, oltre a subire tempi di pagamento spesso irragionevoli, scontano anche il mancato incasso dell’Iva che, pur rappresentando una partita di giro, consentiva alle imprese di avere maggiore liquidità per fronteggiare i pagamenti di ogni giorno. Questa situazione, associandosi alla contrazione degli impieghi bancari nei confronti delle imprese in atto dal 2011, ha peggiorato la tenuta finanziaria di moltissime aziende, soprattutto quelle di piccola dimensione”.

Vera MORETTI

Sanità in netto ritardo con i pagamenti ai fornitori

Un debito di 22,9 miliardi di euro è quanto la sanità italiana ha accumulato nei confronti dei suoi fornitori.
Nonostante sia in calo, il debito non rientra ancora sui limiti fisiologici, con criticità urgenti soprattutto nel Mezzogiorno, dove le Asl sono in evidente affanno con i pagamenti, e ciò mette in seria difficoltà molte piccole e medie imprese.

Tra le cause di questo problema davvero spinoso c’è anche la disparità delle forniture, che, come ha dichiarato Paolo Zabeo, coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA, “continuano ad essere acquistate con forti differenze di prezzo tra le varie regioni. Se, come ha avuto modo di denunciare la Fondazione Gimbe, nella sanità italiana si annidano circa 22,5 miliardi di euro di sprechi, è verosimile ritenere che una parte dei ritardi nei pagamenti sia in qualche modo riconducibile alle distorsioni sopra descritte. In altre parole, non è da escludere che in alcune regioni, in particolar modo del Sud, avvengano degli accordi informali tra le parti per cui le Asl o le case di cura impongono ai propri fornitori pagamenti con ritardi pesantissimi, ma a prezzi superiori rispetto a quelli, ad esempio, praticati nel settore privato”.

Renato Mason, segretario della CGIA, ha poi aggiunto: “Nonostante l’ammontare degli sprechi, sarebbe sbagliato generalizzare. E’ importante sottolineare che la nostra spesa sanitaria pubblica è inferiore di un punto percentuale di Pil rispetto a quella francese e di 0,5 punti rispetto a quella britannica. Inoltre, l’ottima qualità del servizio reso a molti cittadini italiani, soprattutto del nord Italia, non ha eguali nel resto d’Europa”.

Guardando le cifre, la sanità regionale più indebitata è quella del Lazio, con 3,8 miliardi di euro, seguita dalla Campania con 3 miliardi di euro, la Lombardia con 2,3 miliardi, la Sicilia e il Piemonte entrambe con 1,8 miliardi di euro ancora da onorare.
Considerando invece la popolazione residente, primo è il Molise, con 1.735 euro pro capite. Seguono il Lazio con 644 euro per abitante, la Calabria con 562 euro pro capite e la Campania con 518 euro per ogni residente.

Peggiore pagatrice dell’anno scorso è stata la Asl del Molise, che ha pagato i propri fornitori con un ritardo medio ponderato di 390 giorni. L’Asp di Catanzaro, invece, ha saldato i propri debiti dopo 182 giorni, mentre l’Asl Napoli Centro dopo 127 giorni. Le aziende sanitarie più virtuose, invece, sono state l’Usl Umbria 1 e l’Azienda sanitaria universitaria di Trieste. Addirittura in questi due casi il saldo è avvenuto con anticipo, rispettivamente di 24 e 13 giorni.

Considerando i tempi di pagamento relativi alle forniture di dispositivi medici, del 2016, in Molise il saldo della fattura è avvenuto mediamente dopo 621 giorni, in Calabria dopo 443 giorni e in Campania dopo 259 giorni.
In teoria, i pagamenti delle strutture sanitarie dovrebbero avvenire entro 60 giorni dall’emissione della fattura, ma nessun valore medio regionale rispetta questo termine e per questo motivo da giugno 2014 è stata aperta dalla Commissione europea una procedura di infrazione contro l’Italia, ritenuta responsabile d aver violato la Direttiva europea sui ritardi di pagamento entrata in vigore nel marzo 2013, ad oggi ancora in corso.

Vera MORETTI

Debiti Pa ancora nel mirino

Quello dei debiti Pa nei confronti delle imprese italiane è un tema sul quale non bisogna mai abbassare la guardia. Nonostante negli ultimi anni qualcosa sia stato fatto, se solo si smette di parlarne la Pubblica amministrazione ne approfitta e le imprese continuano a restare in braghe di tela.

La Cgia, per fortuna, torna periodicamente a bacchettare lo Stato sui debiti Pa e anche questa volta lo fa con cifre alla mano. Secondo gli artigiani mestrini, a oggi i debiti Pa ammontano ancora alla cifra monstre di 65 miliardi.

Lo conferma il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo: “Anche se a nostro avviso il dato è sottodimensionato, dall’ultima stima elaborata dalla Banca d’Italia emerge che i mancati pagamenti della Pa ammontano a 65 miliardi di euro: 34 a causa dei ritardi di pagamento e gli altri 31 sono di natura fisiologica. Ovvero, legati ai tempi di pagamento contrattuali che, secondo la Direttiva europea entrata in vigore nel 2013, non possono superare i 30-60 giorni dall’emissione della fattura”.

Un problema, quello dei tempi di pagamento, che incide pesantemente sull’ammontare dei debiti Pa. Altro che 30-60 giorni!

Secondo Intrum Justitia, che monitora annualmente i ritardi di pagamento di tutte le Pa d’Europa – sottolinea Zabeo -, l’Italia rimane fanalino di coda nella graduatoria dei 27 paesi Ue con un tempo medio di pagamento registrato quest’anno di 131 giorni. Un arco temporale più che doppio rispetto al limite fissato da Bruxelles. In altre parole, a differenza di quanto sostiene la Banca d’Italia, noi riteniamo che anche una buona parte di questi 31 miliardi di euro siano ascrivibili alla cattiva abitudine della nostra Pa di pagare con grave ritardo i propri fornitori”.

Una pessima abitudine legata ai debiti Pa che è costata all’Italia una procedura d’infrazione da parte della Commissione Ue, avviata nel giugno del 2014. Bruxelles accusa infatti l’Italia di saldare i conti con grave ritardo e non come previsto dalle regole Ue entro i 30-60 giorni dall’emissione della fattura.

Sul problema dei debiti Pa rincara la dose il segretario della Cgia, Renato Mason: “In nessuna altra Pubblica amministrazione si comporta peggio della nostra. Sebbene negli ultimi anni le cose siano migliorate, il gap con i nostri principali partner economici rimane ancora molto elevato. In Francia, ad esempio, i fornitori vengono pagati mediamente dopo 58 giorni, nel Regno Unito dopo 30 e in Germania addirittura dopo 15 giorni. La media dei 27 Paesi Ue, invece, è di 45 giorni”.

Infine, una stoccata anche alle imprese private che, se non sono ai livelli della Pa, di certo non brillano per la puntualità nei pagamenti. Sempre secondo l’indagine condotta a livello europeo da Intrum Justitia, ricorda la Cgia, nel 2016, le imprese italiane saldano i propri subfornitori mediamente dopo 80 giorni, il peggior risultato a livello europeo). Tanto per fare dei paragoni, in Francia la media è di 48 giorni, nel Regno Unito di 2, in Germania di 15 giorni e nell’Ue di 36. I debiti Pa sono in buona compagnia…

Pubblica amministrazione, palla al piede per l’economia

Passano i governi, passano gli anni, ma le piaghe dei debiti PA nei confronti delle imprese dell’inefficienza di certa parte della Pubblica amministrazione sembrano non guarire mai. Del resto, come ha ricordato il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo, le inefficienze, le arretratezze e i ritardi della Pubblica amministrazione hanno “un impatto molto negativo sull’economia del nostro Paese frenandone la ripresa”.

Un’affermazione che, come sempre quando a parlare è la Cgia, non si basa su impressioni o sul sentito dire, ma su numeri e dati scientifici, i quali, ancorché provenienti da fonti statistiche diverse confermano solo la palla al piede della Pubblica amministrazione.

La Cgia ha fatto un elenco, numeri alla mano, dei costi della Pubblica amministrazione inefficiente per le imprese italiane:

  • 31 miliardi all’anno: il costo della burocrazia per le Piccole e medie imprese;
  • 70 miliardi: i debiti della PA nei confronti dei fornitori privati;
  • 24 miliardi: la spesa pubblica in eccesso che tiene alta la pressione fiscale rispetto alla media Ue;
  • 42 miliardi all’anno: il deficit logistico-infrastrutturale che penalizza il sistema economico italiano;
  • 16 miliardi all’anno: il costo della lentezza della giustizia civile italiana;
  • 23,6 miliardi all’anno: il costo degli sprechi e della corruzione nella sanità.

Alla luce di queste cifre mostruose, Zabeo chiude con un’analisi di scenario che prova a guardare positivo: “È possibile affermare con buona approssimazione che gli effetti economici derivanti dall’inefficienza della nostra Pubblica amministrazione siano superiori al mancato gettito riconducibile all’evasione fiscale che, a seconda delle fonti, sottrae alle casse dello Stato tra i 90 e i 120 miliardi di euro ogni anno. E’ altresì verosimile ritenere che se recuperassimo una buona parte dei soldi evasi al fisco, la nostra macchina pubblica funzionerebbe meglio e costerebbe meno. Analogamente, è altrettanto plausibile ipotizzare che se si riuscisse a tagliare sensibilmente la spesa pubblica, permettendo così la riduzione di pari importo anche del peso fiscale, molto probabilmente l’evasione sarebbe più contenuta, visto che molti esperti sostengono che la fedeltà fiscale di un Paese è direttamente proporzionale al livello di pressione fiscale a cui sono sottoposti i propri contribuenti”.

Tempi medi di pagamento: 10 proposte dai Giovani di Confapi per ridurre i ritardi

Dieci proposte a costo zero per lo Stato e per gli Enti Locali per risolvere il problema dei tempi di pagamento di Pubblica Amministrazione e privati e ridare slancio all’economia. Le hanno presentate venerdì scorso a Roma i Giovani di Confapi, in occasione del loro congresso nazionale.

Le proposte, presentate dal presidente dei Giovani di Confapi Angelo Bruscino, fanno parte di uno studio realizzato dall’Osservatorio sui Tempi di Pagamento coordinato dal Docente di Bilancio Consolidato e Analisi di Bilancio all’Università degli studi del Piemonte Orientale, Paolo Esposito.

Dal lavoro di ricerca condotto da Confapi, emergono dieci proposte normative e soluzioni manageriali sui ritardi dei tempi medi di pagamento:

  • non fallibilità per Pmi affette da ritardi dei Tempi Medi di Pagamento (con una relativa modifica della Legge Fallimentare);
  • sospensione fiscale per le Pmi affette da ritardi dei tempi medi di pagamento, da acconti Irpef, Ires, Irap;
  • esenzione da verifica Durc con fissazione soglia per gli importi inferiori a 10mila euro a carico delle Pmi affette da ritardi dei Tempi Medi di Pagamento;
  • intervento Normativo per Pmi affette da ritardi dei Tempi Medi di Pagamento, che preveda il raddoppio dei termini per il rateizzo di debiti tributari iscritti a ruolo (240 mesi – raddoppio dei termini da 10 anni a 20 anni);
  • Patto con Equitalia e Inps;
  • istituzione di un Fondo Nazionale di garanzia che supporti finanziariamente Pmi affetta da ritardi dei Tempi Medi di Pagamento (con Cassa Depositi e Prestiti e CCIAA);
  • emissione di Titoli di Stato che supportino finanziariamente Pmi affette da ritardi dei Tempi Medi di Pagamento (Cassa Depositi e Prestiti);
  • baratto/transazioni con monete complementari per le Pmi affette da ritardi dei Tempi Medi di Pagamento (esperienza inglese del Comune di Bristol);
  • estensione normativa del JOB ACT per PMI affette da ritardi dei Tempi Medi di Pagamento;
  • “Prompt Payment Act” Italiano – Codice etico per le Pmi che aderiscono volontariamente obbligandosi a “pagamenti liquidabili responsabilmente” nei 30 giorni dall’emissione delle fatture e l’accordo con Equitalia e Inps (attraverso un intervento normativo) prevedendo il raddoppio dei termini per il rateizzo previdenziale, tributario, esattoriale con sospensione coattiva dei recuperi erariali.

Fino a quando le imprese – ha dichiarato Angelo Bruscinopotranno fare da banca allo Stato sottraendo così risorse alla ricerca e all’innovazione di processi e di prodotti? In Italia sono ancora migliaia le aziende che quest’anno falliranno a causa di crediti non pagati. Nonostante le evoluzioni normative, l’obbligo europeo e il continuo richiamo a normalizzare nel nostro paese sul tema dei tempi di pagamento, la situazione resta gravissima”.

In questi anni di crisi – continua Bruscinoal danno spesso si è aggiunta anche la beffa subita da moltissime Pmi condannate a ‘morire di credito’; i mancati pagamenti per beni e servizi resi, sono tra i tanti problemi quelli che contribuiscono a scoraggiare fortemente la ripresa nello Stivale. Molte imprese si ritrovano schiacciate tra il credit crunch e tra clienti che non pagano generando così una spirale che si ripercuote sui fornitori e i dipendenti”.

Migliorano (o quasi) i tempi di pagamento

In un quadro macroeconomico che, sia per le imprese sia per le famiglie, continua all’insegna del grigiore, ogni tanto compare qualche notizia positiva a fare ben sperare. Nello specifico si tratta dei tempi di pagamento delle fatture tra famiglie e imprese che, nel 2015, sono scesi a una media di 48 giorni, contro i 75 del 2014.

Il dato emerge da una ricerca effettuata dall’Ufficio studi della Cgia, che ha elaborato dati provenienti da Intrum Justitia. Va sottolineato che il calo arriva quasi al 40%, anche se si tratta di tempi di pagamento che sono oltre il doppio rispetto alla media europea (23 giorni).

Guardando poi ai tempi di pagamento tra famiglie e imprese in altri Paesi, si vede che in Spagna le fatture sono saldate in media dopo 45 giorni, in Francia dopo 33, in UK dopo 15 e in Germania dopo 13.

Un dato significativo questa diminuzione dei tempi di pagamento tra privati e imprese che ha una spiegazione logica, secondo il Coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo: “Al netto delle prestazioni che vengono pagate a vista, in questi ultimi anni le imprese, principalmente quelle artigiane, sono diventate più prudenti. Innanzitutto hanno cominciato a selezionare la clientela e in secondo luogo hanno investito parecchio nel recupero crediti. Nel settore dell’edilizia e dell’autoriparazione, in particolar modo, è diventata una consuetudine farsi anticipare alcune spese dai nuovi clienti, come ad esempio l’acquisto dei materiali e dei pezzi di ricambio. Grazie a questi accorgimenti molte aziende sono riuscite ad accorciare i tempi e, soprattutto, i mancati pagamenti”.

Inoltre, il nostro Paese non rinuncia a vestire altre due maglie nere dei tempi di pagamento, quella delle transazioni commerciali tra Pubblica amministrazione e fornitori e quella dei tempi di pagamento tra imprese private: nel primo caso si tratta, in media, di 144 giorni, nel secondo di 80.

Debiti PA, il ballo dei numeri

La questione dei debiti PA nei confronti delle imprese è ben lungi dall’essere risolta, anche se qualche timido miglioramento comincia a intravedersi. Stando all’ultimo aggiornamento del ministero dell’Economia al 20 luglio, dalle amministrazioni pubbliche alle imprese sono arrivati finora 38,685 miliardi di euro sui 56,3 miliardi complessivamente stanziati a questo scopo, anche se la quota di risorse messa a disposizione degli enti debitori per saldare i debiti PA è di 44,675 miliardi.

Si tratta comunque solo di un inizio, ma se vogliamo guardare il bicchiere mezzo pieno per quanto riguarda i debiti PA, consoliamoci con il fatto che, secondo i dati comunicati dal Mef, le imprese sono rientrate di quasi 10 miliardi di euro (9,594 per la precisione).

Il bicchiere è invece mezzo vuoto se si confronta il totale dei pagamenti finora effettuati da province e comuni con i 16,1 miliardi stanziati a loro favore per saldare i debiti PA: in questo caso si nota come rimangano ancora 6,5 miliardi da utilizzare, di cui circa 2,2 disponibili agli enti stessi.

In termini percentuali, comuni e province hanno utilizzato circa l’81% delle risorse a loro disposizione per saldare i debiti PA e dovrebbero avere disponibili altri 4,312 miliardi. L’Ance però (l’associazione dei costruttori edili, quelli maggiormente esposti nei confronti della PA) ha fatto dei conti diversi. Il suo centro studi ha infatti sempre indicato in 19 miliardi la quota totale di mancati pagamenti alle imprese per appalti su lavori svolti: in questo caso resterebbe ancora da liquidare più o meno la stessa cifra di quella finora girata alle imprese.

Cerved: calano le società protestate e ritardi nei pagamenti

Tanto per rendere le cose più facili e aggiungere contraddizioni a contraddizioni, un ennesimo studio parla di segnali concreti di ripresa per le imprese. Questa volta tocca a Cerved che, analizzando il proprio database che monitora le esperienze di pagamento di 2,5 milioni di imprese italiane, rileva come, nel primo trimestre 2015, è calato del 18% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno il numero delle società protestate, fermo a circa 15mila.

Secondo Cerved, il calo dei protesti si accompagna a una riduzione dei tempi di liquidazione delle fatture e dei ritardi dei pagamenti; una tendenza che indica diffuso miglioramento delle abitudini di pagamento delle aziende italiane

Cerved rileva come, in media, nei primi tre mesi del 2015 le imprese italiane hanno pagato le proprie fatture in 76,5 giorni, un giorno in meno rispetto allo stesso periodo 2014, mentre i ritardi sono scesi a 17,2 giorni dai 18,4 dello stesso periodo del 2014: è il livello più basso dal 2012.

Altro segnale positivo individuato da Cerved riguarda la riduzione dello stock di fatture commerciali non pagate da parte della Pa, un calo registrato sia in termini numerici (49,8% al 31 marzo 2015, contro il 53,9% al 31 marzo 2014), sia in termini di valore (il 49,5% dal 60,1%). Rimane comunque alta la quota di mancati pagamenti sulle fatture di nuova emissione.

Secondo Gianandrea De Bernardis, amministratore delegato di Cerved, “i dati del primo trimestre confermano i segnali positivi emersi negli scorsi ed evidenziano che la crisi ha trasformato alcuni comportamenti delle imprese: le aziende, più attente nel concedere credito, ottengono pagamenti più rapidi e più puntuali. Nel Nord del Paese e nell’industria i protesti sono già tornati sotto i livelli pre-crisi e proseguono i pagamenti da parte della Pubblica Amministrazione, anche se rimane alta la quota di mancati pagamenti sulle nuove fatture“.

Pagamenti alla Pubblica Amministrazione, il caso Veneto

Quello dei pagamenti alla Pubblica Amministrazione è uno dei capitoli fonti di maggiore stress per impese e cittadini. Lentezza e burocrazia sono gli ostacoli peggiori da superare, specialmente per le aziende alle prese anche con le incombenze fiscale.

In Veneto UniCredit, tramite UniCredit Management Bank, (UCCMB) ha effettuato dei test incoraggianti sui pagamenti telematici per velocizzare i pagamenti alla Pubblica Amministrazione per ciò che riguarda tributi, oneri e altre prestazioni verso la Regione e gli Enti territoriali.

Grazie alla collaborazione fra la Regione e UCCMB, banca che partecipa al Sistema nazionale dei pagamenti alla Pubblica Amministrazione fin dalle prime sperimentazioni, in tutti quei Comuni che stanno attivando tale servizio si rende possibile procedere ai pagamenti tramite il Portale della Regione e con un bonifico bancario.

Nel Comune di Padova, per esempio, le imposte di soggiorno potranno essere pagate anche telematicamente e nel Comune di Feltre (BL) sarà possibile saldare in remoto varie prestazioni, tra cui le rette per gli asili nido, le violazioni al codice della strada, gli oneri di urbanizzazione e i verbali amministrativi.

UCCMB è fra le prime ad aver partecipato alle attività connesse alla sperimentazione e alla produzione di pagamenti on line con la Regione Veneto e agisce, in tal senso, anche in molti altri territori regionali per i pagamenti alla Pubblica Amministrazione.