Cos’è la deduzione fiscale, come e chi la applica per risparmiare sulle tasse

Al pari delle detrazioni fiscali, in Italia pure le deduzioni permettono, anche se in maniera differente, di risparmiare sulle tasse. Se con la detrazione, infatti, si ottiene un risparmio secco di imposta sulle tasse da pagare, con le deduzioni fiscali, invece, l’applicazione dello sconto avviene sull’ammontare su cui andare poi a calcolare le imposte, ovverosia sul reddito imponibile lordo. Questa è, nella pratica, la risposta a cos’è la deduzione, ma vediamo al riguardo di approfondire tutti gli aspetti fiscali correlati.

Perché la deduzione fiscale si applica sempre prima della detrazione

Per quanto detto, quindi, la deduzione fiscale abbassa il reddito imponibile su cui calcolare le tasse. Dopodiché, dall’imposta lorda, se maturate, si possono poi sottrarre e quindi scaricare, in sede di dichiarazione dei redditi, le detrazioni fiscali. Il che significa che l’applicazione delle deduzioni precede sempre la fruizione delle detrazioni fiscali.

Oneri deducibili, quando lo sconto sulle imposte è parziale e quando invece è totale

Le spese che si possono detrarre fiscalmente rientrano tra i cosiddetti oneri deducibili, e si possono scaricare dal reddito imponibile lordo in maniera totale o parziale in base a quella che è la tipologia di costo sostenuto.

Per esempio, per un’attività imprenditoriale, sono totalmente deducibili dal reddito aziendale i costi sostenuti per l’acquisto dei cosiddetti beni strumentali. Che possono spaziare dai macchinari ai computer, passando per il software.

Alcuni costi, invece, sono sempre deducibili ma solo parzialmente. Per esempio, i costi legati all’acquisto di un veicolo, le spese per i contratti di leasing sui beni immobili, ed i costi sostenuti per la partecipazione a fiere e congressi.

La deduzione fiscale, chi la applica con i conseguenti benefici per risparmiare sulle tasse da versare

La deduzione fiscale è fruibile non solo dalle imprese, ed in generale da parte dei titolari di partita IVA, ma anche dalle persone fisiche quando previsto in base alla normativa fiscale vigente. Ed il tutto chiaramente a patto di essere in possesso di fattura o di ricevuta di pagamento per la spesa sostenuta.

Inoltre, l’applicazione e la fruizione della deduzione fiscale spetta sempre, con i conseguenti benefici, a chi sostiene la spesa. Includendo pure quel soggetto che ha sostenuto la spesa per conto ed a favore di un familiare che è fiscalmente a carico.

Detrazioni su donazioni al Terzo settore: quanto sono detraibili e deducibili?

Quanto sono detraibili le donazioni e le erogazioni liberali al Terzo settore? In sede di dichiarazione dei redditi, le erogazioni al Terzo settore costituiscono una quota crescente delle detrazioni, soprattutto in applicazione di quanto previsto dal decreto “Cura Italia” approvato in piena emergenza Covid. Pertanto, nelle dichiarazioni dei redditi successive si potrà avere consistenza delle donazioni effettuate verso gli enti del Terzo settore soprattutto nel periodo della pandemia di Covid-19. Tuttavia, le tipologie di donazioni sono varie e variano a seconda dell’ente ricevente, senza dimenticare il bonus art e le erogazioni a vantaggio delle popolazioni colpite da eventi dannosi.

Qual è la percentuale di detrazione fiscale spettante per le donazioni al Terzo settore?

In linea di massima, le erogazioni liberali a favore del Terzo settore danno diritto alle persone fisiche che le hanno effettuate a una detrazione fiscale dell’imposta sul reddito corrispondente al 30% dell’importo della donazione stessa. Il contribuente può aver provveduto a effettuare l’erogazione liberale sia in denaro che in natura. Il limite della detrazione fiscale è fissato in 30 mila euro, secondo quanto prevede il decreto “Cura Italia” all’articolo 66.

Detrazioni della dichiarazione dei redditi 2021 in virtù del decreto ‘Cura Italia’

Tuttavia, questa disciplina non trova applicazione nella dichiarazione dei redditi del 2022 (per i redditi prodotti nel 2021). Infatti, la percentuale di detrazione fiscale e i relativi limiti sono stati applicati alla dichiarazione dei redditi del 2021 per l’anno di imposta 2020. Per la dichiarazione dei redditi del 2022, pertanto, le persone fisiche beneficeranno delle detrazioni fiscali, delle deduzioni o dei crediti di imposta a seconda di chi beneficia delle erogazioni liberali e degli obiettivi perseguiti.

Detrazioni fiscali delle erogazioni liberali al terzo settore: cosa c’è da sapere per il modello 730?

Prendendo dunque a riferimento le varie donazioni effettuate nei riguardi di determinati enti, si può fare riferimento alle norme introdotte per la riforma del Terzo settore. L’articolo 83 del Codice del Terzo settore (Cts) permette a tutte le persone fisiche che abbiano provveduto a donazioni a vantaggio degli enti del Terzo settore di beneficiare della detrazione fiscale ai fini Irpef per una aliquota del 30% dell’importo della donazione stessa. Il limite massimo della detrazione spettante è fissato in 30 mila euro. La percentuale aumenta se riferita alle donazioni verso le Organizzazioni di volontariato (Odv) al 35%.

Deduzioni sulle donazioni fatte agli enti del Terzo settore del 10%

I contribuenti hanno, peraltro, la possibilità di scegliere tra la detrazione del 30 o del 35% e la deduzione. In quest’ultimo caso, si può effettuare la deduzione delle erogazioni liberate rispettando il tetto del 10% del reddito dichiarato. Sulle eventuali eccedenze è possibile effettuare la deduzione nei quattro periodi di imposta susseguenti. In ogni caso, nelle istruzioni del modello 730 viene indicato che queste agevolazioni possono essere utilizzate dai contribuenti per le dichiarazioni dei redditi del 2022 sulle somme donate a favore di:

  • Onlus;
  • associazioni di promozione sociale (Aps);
  • organizzazioni di volontariato (Odv);
  • associazioni di promozione sociale (Aps).

Come indicare nel modello 730 di dichiarazione dei redditi le somme concesse in donazione al Terzo settore?

L’indicazione delle somme date in donazione agli enti del Terzo settore nel modello 730 di dichiarazione dei redditi comporta l’iscrizione:

  • del codice 71 in corrispondenza dei righi E 8 ed E 10. Questo passaggio vale per le somme erogate a vantaggio delle associazioni di promozione sociale (Aps) e delle Onlus. La detrazione fiscale limite è pari a 30 mila euro;
  • il codice 76 in corrispondenza dei righi E 8, E 9 ed E 10. Questo passaggio riguarda le donazioni effettuate nei confronti delle organizzazioni di volontariato (Odv) con detrazione spettante del 35%.

Donazioni agli enti del Terzo settore, quando serve il pagamento tracciabile?

Ulteriore requisito per la detrazione fiscale delle liberalità effettuate verso le organizzazioni di volontariato (Odv), le Onlus e le associazioni per la promozione sociale è quello del versamento delle somme mediante mezzi tracciabili. Ad esempio, il versamento deve essere stato fatto attraverso la banca, la posta o con carta di credito.

Ulteriori formule di donazioni agli enti del Terzo settore: quali sono?

Oltre alle agevolazioni fiscale che abbiamo visto in precedenza, sono presenti anche altre formule di erogazioni. La prima è quella prevista dal comma 1.1 dell’articolo 15, del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir) che prevede la detrazione fiscale con aliquota del 26% sull’importo delle erogazioni in denaro a favore di iniziative;

  • religiose e laiche;
  • umanitarie;
  • di fondazioni, associazioni, enti e comitati.

Il limite per le persone fisiche delle donazioni è fissato in 30 mila euro; per i soggetti Ires vige lo stesso tetto oppure il 2% del reddito dichiarato. Lo prevede la lettera h, del comma 2, dell’articolo 100 del Tuir.

Donazioni a enti di ricerca scientifica e di beni culturali: quali sono?

Ulteriori donazioni possono essere fatte a favore degli enti di ricerca scientifica e di beni culturali. È infatti previsto che le persone fisiche possano elargire somme di denaro o in natura in donazione con la deduzione fiscale sul reddito complessivo dichiarato nel limite del 10%. La stessa agevolazione spetta ai soggetti Ires. Il tetto massimo di deduzione fiscale, in entrambi i casi, è pari a 70 mila euro. Questa agevolazione, che deriva dall’articolo 14 del decreto legge numero 35 del 2005, non è più valida dal 2018 per le donazioni a vantaggio delle associazione di promozione sociale e le Onlus. La stessa verrà disapplicata anche per le altre tipologie di enti beneficiari con l’entrata in vigore dei regimi fiscali relativi agli enti del Terzo settore (Ets). Si attende l’ok della Commissione europea.

Enti di cultura e di arte, detrazione fiscale alternativa del 19%

Le donazioni alternative per gli enti attivi nell’arte e nella cultura riguardano le detrazioni fiscali del 19% sull’importo delle erogazioni liberali. Gli enti che beneficiano delle donazioni sono obbligati a usare le somme donate nei termini fissati dalla lettera h) ed h bis) del comma 1, dell’articolo 15, del Tuir.

Bonus art ed erogazioni per calamità naturali, che cos’è e quale detrazione è prevista?

Un ulteriore beneficio fiscale sulle donazioni effettuate si può ottenere dal bonus art. Si tratta di una detrazione del 65% delle somme donate, con il tetto del 15% rispetto al reddito imponibile. Le donazioni devono prevedere somme per:

  • la manutenzione, il restauro, la protezione di beni culturali;
  • il sostegno a istituti di cultura pubblici;
  • orchestre ed enti concertistici;
  • festival, teatri e centri di produzione teatrale;
  • centri di danza e circuiti di distribuzione.

Inoltre, si possono detrarre le erogazioni effettuate per le popolazioni danneggiate dalle calamità straordinarie o da aventi dannosi. Per la detrazione fiscale è necessario utilizzare i righi E 8, E 9 ed E 10 del modello 730 di dichiarazione dei redditi. Il codice da usare è il 20.

Abitazione principale o data in locazione: come si dichiara la rendita?

Come si dichiara la rendita per l’abitazione nel caso in cui sia principale oppure se l’immobile è dato in locazione? Ovvero come vanno dichiarati i redditi prodotti e quando va dichiarata la rendita catastale nel modello 730 di dichiarazione dei redditi? Ecco come procedere con l’indicazione del quadro, della colonna e dei codici da utilizzare nel modello 730 e quando l’Imu sostituisce l’Irpef per l’abitazione principale.

Abitazione principale del contribuente: è soggetta a tassazione Irpef?

L’abitazione costituente la casa principale del contribuente non è soggetta alla tassazione Irpef. Tuttavia, la rendita catastale deve essere inserita nel modello 730 di dichiarazione dei redditi. È necessario chiarire che sull’abitazione principale vige il principio di alternanza tra Imu e Irpef se non è locata. Diversamente, in caso di contratto di locazione, si procede con il reddito imponibile dell’immobile.

Immobile esente da Imu, si applica l’Irpef?

Nel caso in cui l’abitazione è esente dall’Imu e non è stata locata, si attua il principio di alternanza tra Imu e Irpef. Ovvero, l’abitazione diventa soggetta ai fini dell’Irpef. Pertanto, il reddito dell’abitazione va a concorrere a formare il reddito complessivo per il calcolo dell’Irpef. Tuttavia, tale reddito dell’abitazione non è tassato: infatti, è prevista la deduzione dell’Irpef fino a concorrere all’importo della rendita catastale dell’abitazione stessa e delle relative pertinenze.

Come si dichiara nel modello 730 la rendita catastale dell’abitazione principale?

La rendita catastale, dunque, va inserita nel modello 730 di dichiarazione dei redditi nel caso di esenzione dall’Irpef. L’importo, non rivalutato, si inserisce nella colonna numero 1 del rigo B 1. Successivamente è necessario popolare la colonna “2” inserendo il codice “1”. La deduzione della rendita catastale ai fini della determinazione del reddito imponibile verrà effettuata da chi presta l’assistenza fiscale.

Abitazione principale, come si dichiara la rendita se l’immobile è soggetto a Imu?

Se, invece, l’abitazione principale è soggetta a Imu e, dunque, non è dovuta l’Irpef, si ricade nell’ipotesi nella quale la rendita non concorre alla formazione del reddito imponibile. Non è necessaria altresì la deduzione della rendita catastale. Nel modello 730 di dichiarazione dei redditi si deve procedere con la compilazione delle colonne “1” e “2” del rigo B 1. Nei campi si deve inserire la rendita catastale (senza la rivalutazione) e il codice “1”; invece nella colonna 12, indicata come “casi particolari Imu”, deve essere immesso il codice “2”.

Come inserire i redditi da locazione dell’abitazione nel quadro B del modello 730?

Diverso è il caso in cui l’abitazione, non costituente la casa principale, è data in locazione. In primis, chi possiede immobili oppure o è titolare di altri diritti reali deve compilare il quadro B del modello 730 di dichiarazione dei redditi.

Come si calcola l’imponibile del reddito da immobile?

La determinazione dell’imponibile per il calcolo del reddito dell’immobile varia dal fatto che il fabbricato sia locato oppure no. Gli immobili non locati, infatti, concorrono a formare l’imponibile nella misura della rendita catastale. È necessaria la rivalutazione del 5%. Tuttavia, se l’immobile è stato già assoggettato nello stesso anno del periodo di imposta a Imu, non concorre a formare il reddito ai fini dell’Irpef. Come per le abitazioni principali, dunque, vige il principio di alternanza.

Come indicare nel modello 730 i fabbricati non locati?

Per gli immobili che non sono case principali e non sono locati, dunque, l’iscrizione nel modello 730 al quadro B deve comunque avvenire, anche se nulla cambia ai fini della determinazione del reddito complessivo annuale, come avviene per gli immobili locati. C’è un’eccezione per gli immobili a uso abitativo e non locati ma che si trovano nello stesso comune nel quale il soggetto contribuente ha già l’abitazione principale. In questa condizione, il reddito concorre alla formazione della base imponibile ai fini dell’Irpef per il 50%. Gli immobili non locati devono essere iscritti alla colonna 1 e al rigo B 1. I campi devono essere popolati con la rendita catastale. La rivalutazione del 5% non deve essere inserita: infatti, verrà iscritta successivamente da chi effettua l’assistenza fiscale. Se il fabbricato è esente da Imu, e dunque assoggettato all’Irpef, il contribuente deve selezionare la casella 12 riguardante i casi particolari Imu.

Immobili concessi in locazione, compilazione del modello 730

Per gli immobili dati in locazione il calcolo del reddito è pari alla misura del canone ricevuto alla quale si applica la riduzione forfettaria del 5%. Se l’abitazione locato si trova nei comuni di Venezia, Burano, Giudeccca e Murano la riduzione è pari al 25%; inoltre per gli immobili di interesse storico od artistico la riduzione è del 35%.

Se il totale del canone è inferiore alla rendita catastale, il contribuente deve prendere a riferimento quest’ultima ai fini del calcolo del reddito. Gli immobili locati devono essere iscritti alla colonna “5” con i seguenti codici inerenti la tassazione:

  • codice “1” se si è proceduto alla riduzione forfettaria del 5%;
  • i fabbricati storici ed artistici necessitano del codice “4”.

Nella colonna numero 6 il contribuente deve inserire il complessivo del canone di locazione ricevuto. Invece, la colonna numero “11”, si deve utilizzare solamente nel caso in cui si applichi la cedolare secca.

Casi di rinegoziazione del canone di locazione nel 2021: come si procede?

Se nel 2021 è stato rinegoziato il canone di locazione si procede con la compilazione del modello 730 nella seguente maniera:

  • il quadro da compilare è quello “B”;
  • la colonna “7” si utilizza per i casi particolari;
  • è necessario inserire uno dei tre codici previsti ovvero 6, 7 e 8. Il codice “6” va utilizzato se la rinegoziazione ha previsto la riduzione del canone di locazione; diversamente, il codice “7” si utilizza se il contribuente non ha fatto comunicazione all’Agenzia delle entrate della rinegoziazione del canone dell’immobile a uso abitativo. Lo stesso codice si utilizza anche per i casi nei quali, oltre alla mancata comunicazione all’Agenzia delle entrate, non sia stato pagato il canone concordato, anche parzialmente.

Quando gli immobili a utilizzo abitativo si possono non assoggettare a tassazione?

Dal 1° gennaio 2020, il contribuente può non assoggettare a imposta i canoni di locazione riguardanti i fabbricati a uso  abitativo nei casi in cui:

  • non abbia ottenuto i canoni di locazione prima della data ultima prevista per la presentazione della dichiarazione dei redditi;
  • oppure non sia stata presentata ingiunzione di pagamento o intimazione allo sfratto per la morosità di chi ha preso in locazione l’immobile.

Tuttavia, il contribuente deve inserire nel modello 730 la rendita catastale.

Compilazione del modello 730: quando si usa il codice ‘8’?

Nel modello 730 di dichiarazione dei redditi, in corrispondenza della colonna 7 del quadro B, il contribuente deve immettere il codice “8” nei seguenti casi:

  • per la rinegoziazione del canone di locazione con riduzione del canone stesso;
  • se il contribuente non ha presentato comunicazione all’Agenzia delle entrate;
  • nelle situazioni di comproprietà con il contribuente comproprietario dell’immobile;
  • se la locazione sia stata fatta da uno o più comproprietari per la propria quota.

730 precompilato, ecco come procedere con le modifiche delle spese in detrazione o in deduzione

A partire dalla giornata di ieri, 31 maggio, i contribuenti possono modificare e inviare il modello 730 precompilato ai fini della dichiarazione dei redditi 2022 già presente nella propria area personale del sito dell’Agenzia delle entrate. Nei giorni precedenti, infatti, si poteva semplicemente visualizzare il modello precompilato, senza apportare cambiamenti o inviarlo. Nella fase di semplice visualizzazione, sono state 2,6 milioni i contribuenti che hanno fatto accesso alla precompilata. Prima di inviare il modello all’Agenzia delle entrate, è necessario procedere con il controllo delle spese detraibili e deducibili. Il modello può essere inviato personalmente, oppure servirsi dei Centri di assistenza fiscale (Caf) o di professionisti abilitati (ad esempio, commercialisti e consulenti del lavoro).

Modello 730 precompilato, come modificare le spese in detrazione o deduzione?

In particolare, il controllo delle spese detraibili o deducibili 730 precompilato può portare all’integrazione dei dati già presenti nel modello. Lo si può fare dal quadro E del modello 730 per le spese sostenute nell’anno di imposta 2021, da rimborsare nel 2022. A tal proposito è necessario prestare attenzione:

  • se la spesa oggetto di rimborso è stata effettuata nel 2021 e nello stesso anno è stata dedotta o detratta, non va effettuata la detrazione o non va dedotta la spesa stessa. In questo caso è importante controllare che nel modello 730 precompilato non sia presente la spesa. In questa eventualità, occorre rettificare l’informazione con l’eliminazione della spesa stessa. Pertanto, se il rimborso di una spesa detraibile o deducibile avviene nel medesimo anno in cui sia stata sostenuta, il bonus fiscale si perde.
  • caso differente per il rimborso del 2021 di una spesa dedotta oppure detratta negli anni prima. In questa situazione il rimborso va iscritto nel rigo D 7 della colonna 4, inserendo il codice 3 per le spese dedotte e il codice 4 per le spese detratte. Dunque, nella colonna 3 è necessario indicare l’anno nel quale si sia già goduto del bonus. Il rimborso deve essere indicato fino alla concorrenza dell’importo che ha già avuto la detrazione o la deduzione.

Cosa avviene per le spese sanitarie nel modello 730 precompilate? Ecco i casi

Nel caso in cui si tratti di rimborso delle spese sanitarie sostenute nell’anno 2020 ma rateizzate in 4 anni, è necessario utilizzare il rigo D 7. L’importo da assegnare, dunque, è quello di un quarto, perché la rateizzazione è per 4 anni. In questa situazione, il contribuente dovrà prendere a riferimento la quota di spesa dell’anno 2021. La detrazione di questa quota va inserita nel rigo E 6 solo per la parte di importo eccedente il quarto a rimborso. Negli altri anni dei quattro previsti per la rateizzazione, l’operazione da fare è uguale.

Spese sostenute nel 2021 da rimborsare nel 2022: il contribuente deve verificare caso per caso

Nel caso di spese sostenute nel 2021 che dovranno essere rimborsate nell’anno in corso, è necessario verificare caso per caso se inserire la spesa nel quadro E. Infatti, se nel modello 730 precompilato del 2022 si procede con la detrazione o con la deduzione della spesa, nella dichiarazione dei redditi del prossimo anno si dovrà procedere con la tassazione del rimborso stesso. La tassazione separata sconta la percentuale media dei due anni anteriori, con aliquota minima del 23%. La detrazione in genere è del 19%. Fanno eccezioni le erogazioni liberali che hanno aliquote dal 26% fino al 35%. Le spese contenute nel quadro E, nella Sezione II, relativa agli oneri deducibili, e quelle del recupero edilizio e assimilate (Sezione III), assicurano risparmi maggiori. Pertanto, il contribuente dovrebbe fare un confronto tra:

  • il risparmio subito, di quest’anno;
  • la tassazione da applicare al rimborso.

Da questo confronto, il contribuente può decidere se prendere il bonus subito sui redditi del 2021 oppure il rimborso senza tasse nel 2022.

Contribuenti che hanno redditi tra 120 mila e 240 mila euro: detrazioni ridotte in proporzione al reddito

I contribuenti che hanno livelli di redditi da un minimo di 120 mila euro e un massimo di 240 mila euro, hanno la possibilità di detrarre le spese (a eccezione di quelle sanitarie) con riduzione proporzionale all’aumentare del reddito stesso. A partire dai 240 mila euro vi è l’azzeramento delle detrazioni. Per le tasse del rimborso del 2021 relative alle spese detratte nell’anno 2020 solo parzialmente, si ritiene, in attesa di chiarimenti, di iscrivere nel rigo D 7 solo la parte del rimborso in proporzione a quella della spesa detratta.

Fondi pensione PEPP: dall’Unione Europea un nuovo strumento previdenziale

Il nostro ordinamento tende a favorire forme di previdenza complementare, soprattutto in seguito all’introduzione di nuovi sistemi di calcolo della pensione che prevedono di fatto importi minori. Proprio in forza di tale principio, il Consiglio dei Ministri n° 76 ha approvato la bozza di decreto legge per il recepimento della direttiva UE n 1238 del 2019 che prevede l’introduzione del PEPP, cioè un fondo previdenziale a contribuzione volontaria. Ecco nel dettaglio cosa sono i Fondi pensione PEPP.

Cosa sono i fondi pensione PEPP e quali vantaggi portano?

I Fondi PEPP vanno ad arricchire il panorama dei fondi previdenziali a contribuzione volontaria disponibili per gli italiani. Si tratta di piani individuali che permettono di ottenere anche deduzioni fiscali fino a un importo massimo di 5.164,57 euro . Tra le peculiarità vi è però l’impossibilità di versare nel fondo PEPP il Trattamento di Fine Rapporto. Trattandosi di un prodotto paneuropeo è caratterizzato dalla portabilità, cioè la possibilità di avvalersene in tutti i Paesi dell’Unione Europea. Questa caratteristica rende i fondi PEPP particolarmente interessanti soprattutto per i giovani che stanno sperimentando negli ultimi anni la mobilità nel lavoro.

In secondo luogo può essere distribuito da un’ampia platea di soggetti come compagnie assicurative, banche, società di investimento, fondi pensione professionali, gestori patrimoniali).

Caratteristiche dei PEPP

In base allo schema di decreto legislativo adottato dopo aver sentito Consob, COVIP, IVASS e Banca d’Italia, sarà il COVIP a dover ricevere le domande per la registrazione dei Fondi PEPP. In pratica gli enti prima visti, ad esempio le compagnie di assicurazione, che vogliono creare un fondo PEPP dovranno rivolgersi al COVIP ( Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione), presentare il loro progetto e attendere l’autorizzazione. Una volta ottenuta, potranno “lanciare” il prodotto e quindi accogliere i clienti, cioè i soggetti interessati al piano di previdenza complementare PEPP. Sempre il Covip condurrà le attività di monitoraggio.

Saranno i fornitori dei servizi ( ad esempio banche e compagnie di assicurazione) a delineare, nell’ambito dello schema delineato nel decreto di attuazione, le peculiarità del Fondo. Questo potrà prevedere l’erogazione di rendite, l’erogazione del capitale in unica soluzione, il prelievo dei fondi in base alle necessità oppure un sistema misto che preveda tali diverse opzioni, ad esempio l’erogazione di una quota iniziale e poi una rendita mensile.

Vantaggi dei fondi pensione PEPP

Si è già detto che è possibile portare in deduzione i versamenti effettuati dai redditi fino a un massimo di 5.164,57 euro, inoltre il rendimento dei fondi pensione viene tassato con un’aliquota agevolata al 20%. Ricordiamo che l’aliquota base Irpef è al 23% mentre l’aliquota per le rendite finanziarie è al 26% ( fanno eccezione i titoli di Stato ed equiparati con tassazione al 12,50%).

Tra i vantaggi offerti dai fondi pensione PEPP vi è la possibilità per il titolare di chiedere un anticipo sulle somme, questo però solo in casi stabiliti e in particolare per:

  • spese sanitarie straordinarie e improvvise ( può essere chiesto in qualunque momento e l’importo massimo è il 75%);
  • acquisto della prima casa per sé o per i figli, ma in questo caso si può chiedere l’anticipo solo trascorsi 8 anni dall’adesione e sempre nel limite del 75% degli importi maturati;
  • per ulteriori esigenze, anche in questo caso solo dopo 8 anni dalla sottoscrizione e nel limite del 30%.

Si può procedere al versamento nel fondo PEPP anche dopo aver raggiunto l’età pensionabile, ma solo nel caso in cui al raggiungimento della stessa il fondo sia già aperto da un anno. Inoltre i pensionati che entro 5 anni raggiungeranno l’età per la pensione di vecchiaia prevista dal loro regime di appartenenza, potranno richiedere una rendita integrativa anticipata  (RITA) fino al raggiungimento di tale età. Per accedere a questo beneficio, utile ad esempio nel caso di perdita del lavoro, è necessario aver versato almeno 20 anni di contribuzione nella gestione di appartenenza.