Dedurre gli spostamenti in TAXI: basta la semplice ricevuta del tassista?

Spesso ci capita di prendere un taxi per raggiungere un cliente o un luogo di lavoro. I lavoratori dipendenti, se autorizzati dalla propria azienda, possono portare come giustificativo in nota spese la ricevuta rilasciata dal tassista a fine corsa. Solitamente questa ricevuta riporta l’orario in cui si è preso il taxi, il percorso fatto (partenza e arrivo) e il prezzo della corsa.

Ma questa ricevuta che valore ha? Nessun valore dal punto di vista fiscale, se non quello di attestare il percorso fatto ed il prezzo. Infatti i tassisti in base all’articolo 2, lettera 1, DPR 696/96, non sono soggetti all’obbligo di emissione di scontrino fiscale, né di ricevuta fiscale.

Come fare allora per portare in deduzione questo tipo di servizio? Occorre che il cliente richieda una fattura al tassista. Infatti, seppure non tenuto a farlo di sua spontanea volontà, il tassista è obbligato per legge ad emettere fattura se questa gli viene richiesta dal cliente prima della ultimazione della prestazione. Il tassista, può anche emettere fattura in un secondo momento, recapitando la fattura presso la sede del cliente entro 24 ore dalla prestazione. Il tassista che rifiutasse l’emissione della fattura a richiesta del cliente è punibile con sanzione amministrativa.

Professionista? Con i buoni pasto puoi scaricare quello che mangi

Un panino al baretto sotto l’ufficio? un’insalatona alla tavola fredda all’angolo? Mangia ciò che vuoi e dove vuoi,  ma sappi che anche tu, libero professionista, puoi utilizzare i buoni pasto per pagare (e detrarre dalle tasse…) quello che mangi. Questi piccoli titoli di credito colorati, conosciuti anche come ticket resturant, battezzati così da una delle più importanti aziende che li distribuiscono, sono ormai moneta corrente. Li vediamo utilizzati prevalentemente dai dipendenti delle aziende, che li usano durante la pausa pranzo per pagare il pasto, o al supermercato per pagare la spesa. Non sono in molti però i professionisti che sanno di poter utilizzare questi titoli di credito per pagare i propri pasti o la propria spesa, portando così in deduzione piccole spese quotidiane che altrimenti andrebbero “perse” (ricordiamo infatti che il semplice scontrino fiscale di una tavola calda, un ristorante, un bar o una pizzeria, non sono sufficienti per essere dedotti. Occorre sempre una fattura fiscale.).  L’acquisto dei buoni pasto per un professionista con partita iva è una cosa davvero semplicissima: possono essere acquistati online presso una delle aziende distributrici ed in pochissimi giorni (alcune aziende consegnano in 24 ore!) ci vengono consegnati a casa o in ufficio. Inoltre non esistono dei limiti minimi di spesa, se ne possono comprare quanti se ne vogliono, da un blocchetto ad infiniti blocchetti, ed il valore nominale di ciascun titolo può variare da € 5,16 a salire (esistono anche tagli da 7 e 10 euro). A meno che non si effettuino acquisti per grandi quantitativi, per cui magari si potrà richiedere una personalizzazione dei titoli all’azienda distributrice (stampando sul titolo i dati della propria ragione sociale), prima di utilizzarli dovremmo ricordarci di timbrarli con il nostro timbro personale al fine di renderli validi. Ma quanto può farci risparmiare sulle tasse, l’utilizzo dei buoni pasto? La disciplina fiscale dei buoni pasto per i liberi professionisti prevede che se ne possano portare in detrazione un importo massimo pari al 2% del reddito derivante dal proprio lavoro autonomo (attenzione, perché si cumula con le altre spese di ristorazione e alberghiere che porterai in deduzione), mentre l’iva, che è calcolata al 10%, non può essere portata in detrazione.

Insomma, iniziando ad utilizzare i buoni pasto durante la pausa pranzo non diventeremo certamente ricchi, ma potremmo iniziare a risparmiare quotidianamente, boccone dopo boccone, sulle tasse da pagare a fine anno.

Buoni pasto, un benefit che fa risparmiare l’azienda ed il dipendente.

Il buono pasto è un benefit, che le aziende spesso usano come incentivo per i propri dipendenti. Si tratta di un beneficio di sicuro vantaggio economico sia per i dipendenti, che possono guadagnare qualche centinaia di euro in più al mese (fino a 1.300 euro all’anno), sia per le aziende, che possono incentivare i propri dipendenti senza dover subire il peso degli oneri fiscali. Infatti, secondo le attuali regole, i buoni pasto sono esclusi dal reddito imponibile fino al limite complessivo giornaliero di € 5,29. In questo modo il datore di lavoro può corrispondere ai propri dipendenti, sotto questa forma, parte del reddito a loro spettante, rimanendo esonerato dagli oneri previdenziali. Anche il lavoratore ne trae dei benefici dal punto di vista fiscale, infatti il valore dei buoni pasto non concorre al reddito soggetto a tassazione.

Ma quali sono le regole che vanno rispettate relativamente alla materia “buoni pasto”? Innanzitutto le aziende non possono corrispondere ai propri dipendenti più buoni pasto rispetto alle giornate di effettiva presenza. Poi altre regole essenziali sono: non cumulabilità / non commerciabilità / non cedibilità / non convertibilità in denaro del buono; utilizzo del buono entro un dato limite temporale; utilizzo del buono esclusivamente per l’intero valore nominale.

Ma qual è l’effettivo risparmio per un datore di lavoro che incentiva i propri dipendenti con i buoni pasto?  Per rispondere a questa domanda ci aiuteremo con degli esempi pratici.

  • Esempio 1: mettiamo che la nostra azienda voglia offrire ad un proprio dipendente un bonus giornaliero di circa cinque euro in denaro. Il valore di questo bonus per l’azienda è di € 8,62 + € 3,47 di oneri previdenziali + € 2,87 di ratei tredicesima, quattordicesima, festivi, ferie, TFR + € 0,64 di IRAP + € 0,24 di IRE su Irap = € 15,84 spesi dall’azienda, contro € 5,16 incassati dal dipendente.
  • Esempio 2: mettiamo che la nostra azienda decida di incentivare un proprio dipendente offrendo lo stesso valore bonus quotidiano del precedente esempio, ma che decida di erogare questo bonus attraverso i buoni pasto anziché denaro contante. Il valore del bonus per l’azienda è di € 8,62 – € 0,79 di oneri previdenziali – € 2,66 di medie 34% IRPEF = € 5,17 spesi dall’azienda, contro € 5,16 ricevuti dal dipendente attraverso il  buono pasto.

Come potete vedere il risparmio per l’impresa c’è ed è dimostrato. E se tutto questo può servire per offrire un incentivo alla produzione, tanto meglio!

d.S.