Irpef, confermate le 3 aliquote e il taglio del cuneo fiscale

Prime indiscrezioni sul documento di programmazione economico-finanziaria, confermate le 3 aliquote Irpef e il taglio del cuneo fiscale.

Taglio Irpef confermato per il 2025, prime indiscrezioni sul Def

Il ministro Giorgetti ha reso note le prime indiscrezioni sul documento di programmazione economico-finanziaria per il 2025. Tante le conferme che aiutano lavoratori e pensionati ad avere una busta paga più corposa. Il taglio delle aliquote Irpef da 4 a 3, come risaputo, non è strutturale, ma vige solo per l’anno di imposta 2024. Tra i propositi del Governo vi è l’obiettivo di arrivare gradualmente all’imposta proporzionale, riducendo le aliquote prima a 2 e, infine, a 1. Per ora tutto fermo e mentre c’è chi auspica di tornare a 4 aliquote, il Ministro dell’Economia dichiara che anche per il 2025 si punta a confermare le 3 attuali aliquote.

Taglio del cuneo fiscale confermato anche per il 2025 nel documento di programmazione economico-finanziaria

In base alle regole previste dall’Unione europea, il Def deve essere pronto entro il 20 settembre, ma il Ministro ha chiarito che dovrebbe essere pronto in anticipo. Poche le novità che dovrebbero essere introdotte visto che i conti non sono brillanti. Le prime dichiarazioni anticipano che oltre a confermare le 3 aliquote Irpef, si punta manche a conservare il taglio del cuneo fiscale.

Queste due misure per il 2024 hanno un costo di 14 miliardi di euro, lo stesso previsto per il 2025. Conferma il ministro Giorgetti che per il taglio dell’Irpef sono già disponibili fondi, derivanti dall’ eliminazione dell’Ace (aiuto alla crescita economica) e dalla global minimum tax.

È presente un differenziale che secondo il Ministro potrà essere colmato con le maggiori entrate previste con il concordato preventivo biennale. Quando sarà certa la maggiore entrata derivante dal concordato sarà possibile ricominciare a parlare anche di un ulteriore appiattimento dell’Irpef.

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Confermato anche il taglio del cuneo fiscale, attualmente l’esonero contributivo applicato alla quota di contributi a carico dei lavoratori è del 7% per redditi fino a 25.000 euro e 6% per redditi fino a 35.000?euro. Il taglio del cuneo corrisponde a circa 100 euro in più in busta paga. Il taglio dell’Irpef ha invece consentito un risparmio annuo massimo di 260 euro.

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Più di un milione di famiglie italiane a rischio di povertà

Roberto Monducci, direttore del dipartimento per la produzione statistica di Istat, in audizione alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato per parlare del Documento di economia e finanza, ha dovuto far notare una situazione italiana ancora piuttosto grave, soprattutto per quanto riguarda le condizioni economiche delle famiglie, di certo poco migliorate, se non per nulla, nel 2016 rispetto all’anno precedente.

Anzi, Monducci ha dichiarato che “nel 2016 risultano in condizione di grave deprivazione 1 milione 250 mila minori, pari al 12,3% della popolazione con meno di 18 anni. Tale quota risulta in lieve diminuzione rispetto agli anni precedenti”.

Relativamente al potere di acquisto degli italiani, si è notato un aumento, anche se rimane un atteggiamento cauto per quanto riguarda i consumi. Ciò significa che le famiglie stanno aumentando la propensione al risparmio, anche se la componente dell’incertezza rimane ben salda e visibile, come se si stesse guidando una macchina con il freno a mano tirato. E questa cautela, a volte eccessiva, è un’eredità pesante che deriva dalla crisi economica degli ultimi anni.

Nel 2016, tra le principali voci di spesa che hanno segnato una contrazione, si evidenziano gli investimenti (-4,5%), in calo per il settimo anno consecutivo. Per quanto riguarda gli investimenti pubblici emerge un trend persistentemente negativo e la divaricazione tra amministrazioni centrali che bene o male producono incrementi e la parte locale che tende a scendere è importante. Questa è stato messo in evidenza perché riteniamo possano nascere politiche più attente agli investimenti su base locale”.

Questo significa che il rischio di non centrare l’obiettivo indicato dal Governo nel Def relativo al Pil nel 2017 è molto alto, come ha spiegato Monducci: “Le oscillazioni del commercio estero e della produzione industriale osservati nei mesi di gennaio e febbraio potrebbero rappresentare dei fattori di rischio per la crescita del primo trimestre 2017. In particolare, la diminuzione della produzione di beni strumentali potrebbe indicare una decelerazione degli investimenti. Si segnala che una crescita nel primo trimestre in linea o inferiore a quella osservata negli ultimi tre mesi del 2016 richiederebbe, ai fini del raggiungimento degli obiettivi indicati dal governo per il 2017, una accelerazione dei ritmi di espansione nei trimestri successivi”.

Vera MORETTI

Pressione fiscale al 44,4%: è record

La pressione fiscale, anche se sempre ad un livello altissimo, si è “fermata” al 44,4% e non è arrivata, come era stato previsto, al 45,3%.
Ad annunciarlo è stata una nota di aggiornamento del Def, il documento di economia e finanza.
Non si tratta sicuramente di una buona notizia, perché la pressione fiscale al 44,4% rappresenta un record negativo che registra un balzo di ben 1,9 punti rispetto al 42,6% del 2011.

Oltre al peso delle tasse, a peggiorare è anche la disoccupazione, che toccherà l’11,6%, superando dunque le stime che avevano previsto un +11,4%, e che salirà all’11,8% nel 2014.
Sale anche la spesa delle pensioni che nel 2013 aumenta gli esborsi di 5,7 miliardi toccando il 16,2% del Pil dal 15,9% del 2012: la spesa per le pensioni passa dai 249,5 miliardi del 2012 ai 255,2 di quest’anno. Rimarrà al 16,2% del Pil anche nel 2014.

Il governo riduce, infine, di 5,3 miliardi la stima per la spesa di interessi: quest’anno si attesterà a 83,9 miliardi contro la precedente previsione di 89,2 miliardi dello scorso novembre.
La spesa per interessi si riduce rispetto agli 86,7 miliardi del 2012, ma salirà a 90,3 miliardi nel 2014.

d.S.

Nel 2014 il taglio Irap?

La svolta relativa all’Irap potrebbe arrivare nel 2014: il ministro dell’Economia Vittorio Grilli, infatti, ha anticipato che in quell’anno potrebbe verificarsi il taglio Irap, previsto dalla Legge di Stabilità.
Questa possibilità potrebbe verificarsi se si riuscisse ad attingere agli incassi provenienti dalla lotta all’evasione fiscale, sempre più serrata.

In realtà, è presto per cantare vittoria, perché, per avere la certezza dell’attuazione di tale riduzione, si dovrà attendere il 2013, quando il DEF, Documento di Economia e Finanza elaborato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, rivelerà il maggiore gettito entrato nelle Casse dello Stato derivante dalle misure anti evasione intraprese dal Governo.
Saranno proprio queste le risorse che finanzieranno il “fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale” di famiglie e imprese.

A rivelare ciò è stato lo stesso ministro, in occasione del Forum dei Giovani di Confcommercio di Venezia: “Nella Legge di Stabilità c’è più di una dimensione entro la quale ridurre le tasse. Ci sono più assi: il primo è il contenimento dell’IVA, l’aumento della produttività, l’aumento dei redditi delle famiglie in condizioni economiche meno fortunate. Ma la coperta è corta e non si riesce a fare tutto nelle dimensioni che vorremmo“.

Vera MORETTI

A breve l’aggiornamento del Def

Per il 20 settembre è stato fissato l’aggiornamento del Documento di Economia e Finanza, che dovrebbe portare ad una revisione al ribasso del prodotto interno lordo.

Questa previsione, per molti scontata, deriva dalle stime ufficiali che riguardano il 2012, che già in aprile faceva registrare un’un economia in calo dell’1,2%, ora peggiorata di un punto, poiché oscilla tra il -2% e il -2,4%.
E dato che le congiunture negative sono destinate a continuare, anche il 2013 subirà una revisione al ribasso, poiché, se dovesse riprendere la crescita, sarebbe solo dello 0,5%.

Pil ancora negativo, dunque, come conseguenza dei dati che confermano il periodo di recessione nel quale ancora ci troviamo.
Tra le stime negative per l’anno prossimo Bankitalia prevede un -0,2% e l’Fmi prevede un -0,3% ma, nonostante ciò, il ministro dell’Economia Vittorio Grilli ha assicurato che non comporterà manovre aggiuntive per centrare il prossimo anno l’obiettivo del pareggio di bilancio.

Va detto che il Def potrebbe slittare di qualche giorno perché, proprio per il 20 settembre è prevista la diffusione, da parte di Istat, un importante dato per valutare l’andamento dell’economia: fatturato e ordinativi per l’industria italiana in luglio, che permetterebbe di avere un quadro più completo.

Al Ministero dell’Economia si lavora anche sulla Legge di Stabilità, la cui presentazione è attesa per la metà di ottobre e c‘è attesa soprattutto per l‘Iva. Per ora, infatti, il non aumento dell’aliquota è garantito solo fino al giugno 2013.

Per ottenere ciò, occorrerà trovare risorse pari a 6 miliardi di euro, oltre a quanto potrebbe arrivare dalla spending review e all’anticipo della delega fiscale, ovvero altri 2 miliardi di euro.

Vera MORETTI

I partiti: “Caro Monti, meno tasse e più crescita”. Da che pulpito

di Davide PASSONI

Cosa cosa cosa“? Questa è stata la nostra reazione nell’ascoltare prima e leggere poi la risoluzione di maggioranza sul Def, approvata dall’Aula di Montecitorio e accolta dal governo, firmata da Fabrizio Cicchitto (Pdl), Dario Franceschini (Pd), Gian Luca Galletti (Udc), Benedetto Della Vedova (Fli), Silvano Moffa (PT), Bruno Tabacci (ApI), Renato Cambursano (Gruppo Misto) e Roberto Commercio (Mpa). Insomma, da tutto quello che una volta si chiamava l’arco costituzionale, fuori gli estremisti dell’una e dell’altra ala del parlamento, Lega e Idv.

Leggete questi estratti e capirete il perché del nostro stupore. “La priorità dell’azione del Governo e del Parlamento non può essere da questo momento in avanti che la crescita dell’economia nazionale, attraverso il rafforzamento della produttività totale dei fattori di sistema“. E va be’, fin qui ci siamo. Il governo deve dunque “portare avanti con determinazione” gli obiettivi di finanza pubblica, “accompagnando all’azione di riequilibrio dei conti pubblici il perseguimento dell’equità e della crescita, così da evitare che eventuali effetti recessivi indotti dalle politiche di risanamento finanziario peggiorino il deficit e il debito pubblico, vanificando i potenziali miglioramenti legati a queste stesse politiche, in vista del raggiungimento, entro il 2013, dell’obiettivo del pareggio di bilancio in termini strutturali“. Ineccepibile.

Ma il bello viene ora: “Le risorse rinvenienti dalla spending review (quale???? ndr) e dall’azione di contrasto dell’evasione e dell’elusione fiscale, da proseguire senza esitazioni mettendo a punto un piano organico di interventi – prosegue il documento – devono essere prioritariamente destinate, fermo restando l’obiettivo del pareggio di bilancio, alla riduzione della pressione fiscale sui redditi da lavoro dipendente e da impresa, ridefinendo, nell’ambito della riforma fiscale, un nuovo patto fra fisco e contribuenti“. Che cosa? Le forze politiche che appoggiano il governo Monti si sono accorte solo ora che sta facendo easattamente quello che hanno fatto loro fino a 6 mesi fa? Ovvero fare avanzi primari senza tagliare le spese ma solo aumentando le tasse? E ora che se ne sono accorte gli dicono: “Caro Monti, mi raccomando, non ammazzare imprese e famiglie con le imposte, taglia la spesa e prendi soldi da lì, mi raccomando“.

Che faccia tosta. Per quanto sia vero che l’attuale governo usi la leva fiscale più e peggio dei suoi predecessori, con quale sfrontatezza questi si permettono di dare lezioni all’esecutivo. Vero, forse siamo noi che vediamo le cose come attraverso una lente distorta. Del resto, questa è solo una risoluzione non vincolante, emessa in un clima di collaborazione e stima e accolta dal governo. E non si esaurisce qui, ci sono altri aspetti significtivi toccati. Resta però il fatto che i signori che si lasciano andare a questi consigli sono gli stessi che la spending review non l’anno mai voluta attuare, che hanno contribuito a portare la spesa pubblica fin dove è arrivata, che non mollano di un centimetro quando sono loro a doversi mettere a dieta. E giù applausi e lodi bipartisan a questo clima di reciproca responsabilità istituzionale.

A noi, in realtà, pare la vecchia storia del bue che dà del cornuto all’asino.