Deloitte assume, come iniziare a lavorare con una delle aziende più grandi

Fino a poco tempo fa in pochi conoscevano la società Deloitte, erano soprattutto i tecnici a saperne l’importanza. A un certo punto inizia la crescita e la stessa è talmente importante che la società si appresta ad assumere ulteriori 4.500 unità di personale, ecco in quali ruoli.

Chi è Deloitte?

Deloitte è una società a vocazione globale che offre a banche e aziende servizi di consulenze e revisione. In Italia è diventata importante perché fa da supporto alle banche e imprese che vogliono effettuare operazioni di cessione del credito con la certezza di riuscire a riscuotere i crediti stessi in quanto certificati.

Ciò che ha portato Deloitte alla ribalta della cronaca è stata la richiesta di video sui lavori effettuati per il Superbonus, in questo modo si offre la certezza alle banche e agli altri intermediari autorizzati a intervenire nelle operazioni di cessione che non vi sono truffe. Non è un caso che Deloitte a livello globale faccia parte delle Big Four, cioè le 4 società più importanti al mondo nel settore delle consulenze e revisione.

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Dove assume Deloitte?

Il Ceo (per Italia, Grecia e Malta) di Deloitte, Pompei, ha annunciato che dal 2019 ad oggi il fatturato di Deloitte è cresciuto del 75%. Gli utili dell’ultimo anno sono cresciuti del 23% a ciò si aggiunge un raddoppio del personale.

Per il 2023 si prevede un’ulteriore crescita ed è proprio per questo motivo che sono previste ulteriori 4.500 assunzioni nei prossimi 12 mesi. La missione dichiarata è quella di aiutare l’Italia a crescere e accompagnarla nella transizione digitale ed ecologica. Per il solo 2023 sono previste 450 assunzioni a Bari, quindi una zona in cui la disoccupazione è piuttosto elevata.

I professionisti saranno impegnati nel progetto Next Hub, rivolto a talenti, laureate e laureati, diplomate e diplomati, che abbiano voglia di contribuire alla trasformazione digitale del nostro Paese. Altri progetti riguardano partnership importanti con l’Università Federico II di Napoli, il Policlinico Agostino Gemelli, il progetto Cortina 2026.

In Italia le sedi di Deloitte distribuite in modo omogeneo sono 25.

Come lavorare con Deloitte?

Per il reclutamento del personale Deloitte ha intrapreso un’importante partnership con l’Università LUM, in questo caso si prevedono percorsi mirati di studio e inserimento in azienda. I percorsi di formazione sono:

  • laurea triennale in Economia e Organizzazione aziendale;
  • Ingegneria gestionale;
  • Economia e Management;
  • Master in Contabilità e sistemi operativi.

Per chi ha già questi titoli è possibile inviare il proprio curriculum nella sezione “lavora con noi” di Deloitte, è inoltre possibile rispondere ad annunci su Linkedin. Infine, c’è la possibilità di “segnalazione” alle Risorse Umane da parte di chi già lavora per Deloitte.

Per quanto riguarda le retribuzioni, il contratto di stage prevede un rimborso di 800 euro mensili, ma un neo-laureato entra con un contratto da Junior Consultant (neolaureato): dai 24.000€ ai 30.000€. Naturalmente nel tempo le remunerazioni aumentano.

Lavorare in Deloitte vuol dire entrare in una grande azienda che offre importanti opportunità di crescita personale.

Naturalmente è necessario avere una formazione adeguata, ma anche doti personali di particolare spessore come Leadership, problem solving, talento, empatia e lavoro di squadra

Truffa Superbonus 110%: disposto il sequestro dei crediti presso gli intermediari finanziari

La Corte di Cassazione, terza sezione penale, ha depositato 5 sentenze contro altrettanti istituti di credito con rigetto delle istanze di dissequestro delle somme derivanti da truffe Superbonus 110%. Ecco cosa è successo.

Sequestro dei crediti ceduti per 5 intermediari finanziari

La vicenda ha visto il perpetrarsi di diverse truffe di valore ingente ai danni dello Stato nella realizzazione dei lavori del Superbonus 110%. Il valore della truffa era di un milione di euro. Nel corso dell’indagine per associazione a delinquere finalizzata a truffa, evasione fiscale e falso, si effettua il sequestro preventivo dei crediti di imposta maturati dal beneficiario e ceduti all’intermediario finanziario. Questi hanno proposto ricorso avverso il provvedimento e si è quindi arrivati alle sentenze. Le pronunce sono come detto 5:

  • 40865 nei confronti di Banco Desio;
  • 40866 contro Illimity Bank;
  • 40867 sentenza emessa contro Poste Italiane;
  • 40868 Groupama Assicurazioni;
  • 40869 Cassa Depositi e Prestiti.

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Superbonus 110% perché c’è il sequestro delle somme presso gli intermediari finanziari?

Nelle varie procedure i richiedenti avevano ricevuto i benefici previsti dal decreto 34 del 2020 con riconoscimento quindi dei crediti a fronte di lavori eseguiti per l’efficientamento energetico degli edifici, quindi il Superbonus. Come risaputo, la normativa prevede la possibilità di utilizzare i crediti di imposta maturati compensandoli con il proprio debito fiscale, oppure di cedere i crediti.

La disciplina della cessione dei crediti nel tempo è stata molto irrigidita. Con la circolare 23 del 2022 dell’Agenzia delle Entrate si introduce per la prima volta la responsabilità in solido in caso di truffa Superbonus tra il beneficiario e il cessionario. La responsabilità in solido si esclude nel momento in cui il cessionario dimostra di aver adottato tutti gli accorgimenti necessari al fine di verificare che effettivamente i lavori sono stati eseguiti e che vi è coerenza tra le somme dichiarate e i lavori effettuati. In un secondo momento la responsabilità in solido ha avuto una rivisitazione, ma confermata nei casi di dolo o colpa grave da parte del cessionario.

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Truffa Superbonus: le somme restano sotto sequestro cautelare

Ora arrivano le prime pronunce in merito. Nei casi in oggetto quindi, ipotizzate le truffe, i crediti di imposta già ceduti sono stati sottoposti a sequestro a scopo cautelare prima di poter essere utilizzati dal cessionario stesso. Gli intermediari hanno quindi chiesto il dissequestro delle stesse somme, ma questo in tutti i 5 casi la Corte di Cassazione ha ritenuto di doverli confermare. Nel caso in cui quindi ci arrivasse a condanne definitive per truffa ai danni dello Stato, le somme sarebbero introitate nuovamente dallo Stato.

Quale tutela per gli intermediari finanziari? Questi potrebbero sempre rivalersi sul cedente/beneficiario, ma non è detto, soprattutto se trattasi di somme elevate, che riescano a recuperare il mal torto.

Proprio il rischio connesso alla responsabilità in solido ha portato di fatto le banche a stringere la cinghia e a non accettare facilmente la cessione dei crediti da Superbonus 110% richiedendo le foto al fine di dimostrare i lavori eseguiti. Addirittura la società Deloitte che cura la parte burocratica per diversi intermediari ha richiesto l’asseverazione dei lavori non semplicemente con le foto, ma anche attraverso dei video.

Superbonus 110%: condizioni cessione del credito praticate dalle banche

Il Superbonus sembra non trovare pace, infatti, sebbene la circolare dell’Agenzia delle Entrate n° 33 del 2022 abbia ridefinito la responsabilità solidale (dopo l’inasprimento della circolare 23), il problema vero sembra essere la cessione del credito infatti poche banche la praticano e soprattutto le condizioni non sono particolarmente favorevoli.

Cessione del credito Superbonus 110%: le banche stringono la cinghia

Il primo scoglio importante è la società Deloitte a cui hanno affidato le pratiche per il Superbonus sia banca Mediolanum, sia Intesa San Paolo, infatti richiede molte incombenze al fine di dimostrare lo stato di avanzamento dei lavori e quindi sollevarsi dalle varie responsabilità.

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Video Superbonus: chiesto l’intervento del Garante Privacy e Antitrust

Oltre questo, negli ultimi mesi si è assistito a un peggioramento delle condizioni a cui le banche accettano di acquistare il credito. Sappiamo che il Superbonus 110% permette di avere il 110 % di quanto effettivamente speso per l’esecuzione dei lavori trainanti e dei lavori trainati. Ciò però solo nel caso in cui il beneficiario intenda utilizzare il Superbonus in detrazione sulle proprie imposte.
La soluzione alternativa per chi ha un’incapienza nelle imposte, cioè paga l’IRPEF in misura nettamente inferiore rispetto a quello che sarebbe il credito, vi è la possibilità di cedere il credito a imprese e fornitori oppure alle banche.

Imprese e fornitori attualmente praticano in modo davvero sporadico la cessione, questo per una ragione prettamente economica, infatti non hanno abbastanza liquidità nella maggior parte dei casi per affrontare la cessione. Resta quindi l’opzione banche. Queste con l’inasprimento della responsabilità prevista per il caso di truffe hanno stretto i cordoni, molte non effettuano più la cessione ad esempio Credem, Unicredit, Banca Sella, mentre altre hanno optato per il riconoscimento di quote ristrette.

Qual è la percentuale di cessione del credito riconosciuta dalle banche?

Le percentuali di cessione del credito oscillano intorno all’85% (Poste Italiane e Intesa San Paolo), questo vuol dire che a fronte di un credito maturato per l’esecuzione dei lavori pari ad esempio a 100.000 euro, le banche riconoscono 85.000 euro, ma trattandosi di spese effettuate questo vuol dire che la parte rimanente della spesa resta a carico del beneficiario del Superbonus.

Naturalmente per chi non ha liquidità vi è la possibilità di aprire una linea di credito presso la stessa banca, ma su questa sono applicati gli interessi, quindi per il beneficiario vi è un doppio costo. L’apertura della linea di credito sembra inoltre l’unica possibilità per poter accedere alla cessione del credito con Banca Mediolanum.

Tra le varie opportunità sembra offrire un maggiore riscontro Banca Carige che a differenza delle altre riconosce il 93, 19% del valore del credito maturato.

Video Superbonus: chiesto l’intervento del Garante Privacy e Antitrust

Continua la diatriba tra la società Deloitte e la Rete Professioni Tecniche in merito alla richiesta di video per l’asseverazione dello Stato di Avanzamento dei Lavori per il Superbonus 110%. La rete in particolare ha chiesto l’intervento dell’Antitrust e del Garante Privacy.

Video Superbonus: quando è necessario?

È necessario un passo indietro per sintetizzare la vicenda. L’Agenzia delle Entrate con la circolare 23 del 2022 ha delineato la responsabilità in solido tra beneficiario e cessionario del credito del Superbonus. Questo ha portato a una reazione soprattutto da parte delle banche e, mentre molte hanno chiesto l’asseverazione tramite foto ( oltre naturalmente alle altre asseverazioni chieste dalla legge), Deloitte, che si occupa della cessione del credito per Intesa San Paolo ( ma non solo), ha chiesto un video dettagliato.

Per scoprire le caratteristiche che deve avere il video, leggi l’articolo: Cessione del credito Superbonus 110%: serve il video dei lavori

Nel frattempo, con la circolare 33 l’Agenzia delle Entrate ha ridefinito i confini della responsabilità in solido. Leggi l’articolo:

Chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate in merito alla responsabilità in solido

Questa circolare però di fatto non fa venire meno la responsabilità e per questo Deloitte per ora mantiene la richiesta del video.

Perché RPT chiede l’intervento dell’Antitrust e Garante Privacy?

Fatto il sunto, ecco cosa succede. La Rete delle Professioni Recniche ( ingegneri, architetti, geometri) ha presentato una diffida alla società Deloitte e ha sollevato il caso davanti all’Antitrust e al Garante della Privacy.

Nella diffida la RPT sottolinea che le richieste di Deloitte sono illegittime ( non previste da alcuna norma), vessatorie e lesive della dignità dei professionisti.

La segnalazione all’Antitrust invece si basa sul fatto che Deloitte sfrutterebbe la posizione dominante sotto il profilo contrattuale imponendo attività inutili che incidono sul merito creditizio del cedente. Il video sarebbe in realtà del tutto inutile in quanto già la legge prevede il rilascio di altre asseverazioni comprovanti l’esecuzione dei lavori. Si tratterebbe inoltre di un inasprimento burocratico teso a creare confusione e ritardi e complicare le successive cessioni del credito.

Per quanto riguarda invece la richiesta di intervento del Garante Privacy, lo stesso sarebbe correlato al fatto che il video dovrebbe riprendere proprietà private, operai, lavoranti o soggetti terzi la cui immagine o la cui ripresa viene acquisita con modalità che non consentono sempre l’acquisizione del libero assenso dei diretti interessati.

Cessione del credito Superbonus 110%: serve il video dei lavori

Il Superbonus non smette di stupire e tra coloro che sono impegnati nella cessione del credito c’è chi chiede il video comprovante lo stato di avanzamento dei lavori.

Nuove misure per una cessione del credito sicura

L’Agenzia delle Entrate, in seguito a numerose frodi, con la Circolare 23/E/2022 ha previsto la responsabilità in solido tra il beneficiario del bonus 110% e i soggetti che operano la cessione del credito. Successivamente il Governo ha provveduto a semplificare le procedure prevedendo la responsabilità in solido solo in caso di dolo o colpa grave. Questo alleggerimento della responsabilità non trova applicazione nel caso in cui il cessionario sia una banca o un istituto di credito in genere. Proprio per questo tali soggetti prima di addivenire alla cessione del credito pongono molta attenzione e vi è una società, Deloitte, che addirittura richiede dei video della durata massima di 5 minuti in cui possano desumersi i lavori eseguiti e quindi lo Stato di Avanzamento dei Lavori (SAL).

La novità potrebbe essere anche ben accetta, ma siamo ormai agli sgoccioli, infatti il 30 settembre è la data ultima per le villette unifamiliari per dimostrare di aver portato a termine almeno il 30% dei lavori. In caso contrario si decade dalle agevolazioni, sebbene le stesse siano già state riconosciute.

Cessione del credito: le banche iniziano a chiedere i video dei lavori

Deloitte a molti forse dice poco, ma in realtà si tratta della società che gestisce la cessione dei crediti per conto di Intesa San Paolo. La società ha precisato che si tratta di una misura utile al contrasto alle frodi in attuazione delle disposizioni contenute nella circolare 23 dell’Agenzia delle Entrate. Deloitte sottolinea che è noto che l’Agenzia delle Entrate sta effettuando controlli sul 60%-80% dei bonus concessi e quindi c’è un’elevata probabilità che le frodi siano scoperte e che di conseguenza sia applicata la norma che prevede la responsabilità solidale tra cessionario e beneficiario. La maggior parte degli istituti di credito chiede le foto del SAL, ma Deloitte vuole maggiori prove.

Deloitte afferma che è evidente che un breve video inerente lo stato dei lavori proveniente dall’asseveratore possa costituire per l’Agenzia delle Entrate una prova inconfutabile del SAL, cioè dello Stato di Avanzamento dei Lavori, e rappresenta una tutela erariale e della collettività.

Come deve essere realizzato il video per la cessione del credito del Superbonus 110%?

In base alle indicazioni fornite da Deloitte il video deve riprendere il volto dell’asseveratore e l’immobile oggetto dell’intervento, è necessario inquadrare il cartellone che deve essere esposto sul cantiere e che indica tutti i dati relativi ai lavori, deve essere inquadrato il numero civico e il contesto urbanistico.

Nel video dovranno essere citati gli importi spesi e gli interventi asseverati inquadrando gli stessi, ad esempio se il tetto è stato rifatto deve essere inquadrato il tetto, se il cappotto termico è stato montato deve essere inquadrato e via discorrendo.

Naturalmente non sono mancate critiche perché questo tipo di asseverazione, come sottolinea Rete Professioni Tecniche, non ha alcun appiglio normativo. Resta il fatto che trattasi di una scelta dell’istituto finanziario che può decidere quali certezze richiedere al beneficiario prima di accettare la cessione. Inoltre si tratta di una pratica che potrebbe presto essere richiesta anche da altri istituti.

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Federauto: “Il Governo ascolti le nostre proposte”

Ce lo aspettavamo e, puntualmente, è arrivato. Non per fare i pessimisti a tutti i costi (è un modo di pensare che non ci appartiene), ma l’ennesimo calo delle immatricolazioni di auto a ottobre era previsto ed è stato confermato.

Secondo i dati diffusi dal Ministero dei Trasporti, il mese scorso si è chiuso con 110.841 immatricolazioni di autovetture nuove segnando una flessione del -5,6% rispetto a ottobre 2012. “Le previsioni del nostro Osservatorio – ha commentato Filippo Pavan Bernacchi, presidente di Federauto, l’associazione che rappresenta i concessionari di tutti marchi commercializzati in Italia -, diramate lo scorso 30 ottobre, sono state confermate dal dato ufficiale che fotografa una flessione del -5,6% fra ottobre 2013 e ottobre 2012. E quindi, a dispetto di chi vorrebbe ‘vendere’ ottimismo ad ogni costo, il mercato auto non riparte. Anzi, continua nel suo ciclo negativo apertosi 41 mesi fa. Una nuova spia rossa lampeggiante, quindi, si è accesa sul cruscotto del settore automotive”.

Una filiera che, come tante nel nostro Paese, è da troppo tempo in grave sofferenza. Secondo Roberto Bolciaghi, presidente dell’associazione dei concessionari Renault, “a parte l’instabilità politica, che non ci fa bene, e l’incerto incedere dell’economia italiana, i mali primari che impediscono alla domanda di esprimersi con numeri adeguati sono la pressione fiscale e i costi di gestione. Ormai è dimostrato che ogniqualvolta lo Stato aumenta le tasse incassa sempre meno. Questo perché si contrae la domanda e i fatturati diminuiscono ingenerando un circolo vizioso che fa bruciare centinaia di migliaia di posti di lavoro”.

Non si tratta quindi di un male e di un calo che interessano solo il mondo delle concessionarie. Federauto ci ha messo del suo, tanto che Pavan Bernacchi ricorda numeri di mercato, impegni della filiera e rischi che il governo si deve prendere per rivitalizzare un settore che sta andando incontro a morte certa: “Il 2013 chiuderà presumibilmente attorno a 1.280.000 pezzi, registrando un -8% rispetto al 2012. Ma questo dato non rende giustizia alla realtà delle cose. Il mercato italiano dovrebbe esprimere circa 2.000.000 di pezzi. Mancano quindi all’appello 720.000 immatricolazioni rispetto alla media degli ultimi 5 anni. In altri termini stiamo performando il -35% rispetto a quanto la filiera, che dà lavoro a 1.200.000 persone, necessita per sopravvivere. Ma il paradosso è che lo Stato sta perdendo circa 3 miliardi tra Iva e altre imposte. Questo abbiamo sostenuto lo scorso 24 ottobre scorso nella riunione convocata dal Ministero dello Sviluppo Economico, nel primo giro di orizzonte fatto con il Ministro Zanonato e il Sottosegretario De Vincenti. Il Governo è stato informato con chiarezza, da parte di tutti i principali attori della filiera, di quanto la crisi sia profonda e articolata. Abbiamo lasciato sul Tavolo queste riflessioni con un nuovo appuntamento a fine mese. L’attenzione del Ministro e del Sottosegretario c’è stata e siamo loro grati, ma adesso ci aspettiamo che sul tema del mercato, quel mercato italiano, fanalino di coda europeo, che cala da 41 mesi, il Governo sia disponibile ad ascoltare le nostre proposte e a considerarle nella giusta prospettiva. Senza un intervento deciso, anche solo per detassare l’acquisto delle vetture o il loro utilizzo, la situazione è destinata a peggiorare al di là di quanto possano raccontare degli sterili numeri ”.

Filiera dell’auto, il brivido dell’ibrido

Oggi il ministero dei Trasporti renderà noti i dati sulle immatricolazioni, ma le previsioni, tanto per cambiare, sono tutt’altro che ottimistiche. Federauto prevede infatti una flessione del 5% delle immatricolazioni del mese scorso verso lo stesso periodo del 2012, quando la cifra si era collocata a poco meno di 117.400 unità. “Il panel di Federauto stimava un -9% rispetto allo stesso periodo dell’ottobre 2012. Questo, insieme ad altri dati raccolti dai concessionari ufficiali italiani, fa propendere il nostro osservatorio a prevedere per ottobre 2013 un calo complessivo del -5%“, ha detto Filippo Pavan Bernacchi, presidente di Federauto. E mentre prosegue il mercato nazionale dell’auto continua a essere uno dei grandi malati dell’economia italiana, volano le vendite di veicoli ad alimentazioni alternativa.

I dati contenuti nel IV Osservatorio Deloitte sull’Auto Elettrica presentati la scorsa settimana a Milano, in Assolombarda, durante il convegno “Come sta cambiando la mobilita” parlano da soli: le immatricolazioni sono ancora in calo (-8,4% rispetto ai primi 9 mesi del 2012), ma le vendite di veicoli ‘green’ registrano un’impennata. Da gennaio a ottobre le immatricolazioni di veicoli a metano hanno fatto segnare un aumento del 30%. Ma il vero boom è quello fatto registrare dalle auto ibride: nel giro di 9 mesi la loro presenza sul territorio nazionale è cresciuta del 141%. Bene anche i veicoli elettrici: le auto vendute sono state 588, in aumento del 64% rispetto ai primi 9 mesi del 2012.

L’Italia sembra dunque protagonista di una rivoluzione della mobilità e il settore dell’autonoleggio si prepara per intercettare questa nuova domanda. Lo studio Deloitte evidenzia che il 73% delle aziende di autonoleggio presenta veicoli elettrici e/o ibridi nella propria flotta.

Secondo il Ministro dell’Ambiente, Andrea Orlando, l’auto elettrica rappresenta ”un settore sempre più strategico per il nostro Paese” e in questo scenario ”l’auto elettrica può svolgere un ruolo cruciale perché rilancia le tecnologie italiane sostenibili e perché contribuisce a ridurre le emissioni, questione particolarmente sentita nel Nord e nella Pianura Padana”.

Quello che è certo, è che questi dati stridono con i dati relativi al mercato “tradizionale” dell’auto. Sempre secondo Pavan Bernacchi, “gli sterili numeri non danno la misura esatta dello tsunami che si è abbattuto sul nostro settore. Stiamo vendendo 750.000 vetture in meno rispetto alla media degli ultimi 5 anni e questo si traduce, in primis, in centinaia di migliaia di posti di lavoro bruciati”.

Con tanti saluti alla ripresa, che in tanti continuano a vedere.