Ruggeri: “Divorzi immediati ed economici (in Romania)”

Sono sempre di più negli ultimi mesi le coppie che volano a Timisoara o a Bucarest per ottenere in tempi brevi, senza passare dal lungo periodo della separazione, il tanto sospirato divorzio. Dopo i pareri su “divorzio breve” del Decano dei Matrimonialisti Italiani, l’avvocato Cesare Rimini, dell’opinionista di Radio Vaticana, l’avvocato Alberto Gambino, e del tesoriere della Lega Italiana per il Divorzio Breve, Alessandro Gerardi, oggi abbiamo incontrato l’avvocato Luca Ruggeri, contitolare dello Studio Legale Ruggeri & Galli, che offre la possibilità alle coppie sposate di richiedere il divorzio in Paesi dove le procedere sono nettamente più semplici e veloci.

Avvocato Ruggeri, perché divorziare in Romania?
Perché le procedure e tempi per divorziare sono drasticamente più semplici e brevi di quelli italiani. Le coppie che sono decise ad interrompere definitivamente il rapporto matrimoniale non sono obbligate a passare per la fase della separazione e quindi tutto si velocizza.

Detto questo come procede il vostro Studio?
La procedura che seguiamo è semplice: predisposto il ricorso introduttivo, il nostro Studio presenterà apposita istanza al Tribunale Civile del Paese estero. Unico requisito richiesto, oltre al consenso di entrambi per l’avvio del procedimento, è la presenza, nel Paese estero, della residenza provvisoria di uno dei due coniugi, che non comporterà alcuna problematica di carattere fiscale in Italia, né causerà la cancellazione della residenza italiana e nemmeno la residenza “effettiva”.
Dopo circa 1- 2 mesi dal deposito del ricorso congiunto di divorzio, verrà fissata la prima ed unica udienza, durante la quale verrà emesso il provvedimento di divorzio. La sentenza così ottenuta dal tribunale estero dovrà semplicemente essere trascritta in Italia presso il Comune in cui il matrimonio è stato celebrato.

Costi e tempistiche totali?
Per quanto riguarda i tempi per le famiglie che non hanno figli minori a carico siamo intorno ai 4-5 mesi. I costi possono variare dai 3.300 ai 3.500 euro.

Salvo sorprese, nelle prossime settimane sarà approvato in Italia il cosiddetto “divorzio breve”. Temete un calo delle richieste?
È possibile che si sia un calo, ma i tempi che proponiamo noi con un divorzio in Romania sarebbero comunque molto più limitati rispetto al “divorzio breve” all’italiana.

Jacopo MARCHESANO

Gerardi: “Assurdo aspettare molti anni per un divorzio!”

 

Dopo i pareri, diametralmente opposti, di Cesare Rimini e Alberto Gambino, oggi abbiamo incontrato il tesoriere della Lega Italiana per il Divorzio Breve, l’avvocato Alessandro Gerardi, per una breve chiacchierata riguardo al provvedimento, in esame in questi giorni alla Camera, che dovrebbe accorciare le tempistiche per il divorzio.

Avv. Gerardi, il divorzio breve è la “banalizzazione del matrimonio” o una “battaglia di civiltà”?
Battaglia di civiltà giuridica e sociale, senza dubbio. Basti pensare che in tutti i Paesi europei ed extraeuropei è possibile ottenere il divorzio non solo in tempi relativamente rapidi, ma anche attraverso procedure semplici e con costi molto contenuti. Solo in Italia, Irlanda del Nord e Polonia tutto questo non è possibile. Da noi la coppia che intende giungere allo scioglimento definitivo del vincolo coniugale deve infatti affrontare un lungo, tortuoso, costoso e complicato iter procedurale: prima deve rivolgersi al Tribunale per ottenere la separazione; dopodichè – una volta divenuta definitiva la sentenza di separazione e trascorsi minimo tre anni – si vede costretta a promuovere un secondo giudizio di divorzio. Solo quando la sentenza di divorzio è passata in giudicato (il che, a volte, avviene davvero dopo molti anni), i coniugi ottengono finalmente lo status di persone “libere” e possono quindi risposarsi e rifarsi una vita.

Recentemente il Presidente della CEI, cardinale Angelo Bagnasco, è tornato a definire “utile” e “necessario” questo doppio iter procedurale, sottolineando che il periodo triennale di separazione “non è una forma di coercizione della libertà degli individui, ma serve a far decantare l’emotività e le situazioni di conflitto”…
Il capo dei Vescovi italiani dimentica però di dire che secondo i dati statistici, solo il 2% delle coppie che si separa poi si riconcilia e torna a vivere sotto lo stesso tetto; il che vuol dire che in genere chi si rivolge al Tribunale per mettere fine alla propria vita sponsale ha già maturato una scelta irreversibile. A cosa serve quindi imporre ai coniugi questa lunga camera di “decompressione” tra separazione e divorzio?

Si riuscirà così a snellire la mole dei processi civili pendenti?
Bisogna distinguere. Attualmente sul tappetto vi sono infatti due proposte: la prima, di fonte parlamentare, è in discussione in Commissione Giustizia della Camera e prevede la riduzione del periodo di separazione legale, che dagli attuali tre anni scenderebbe a uno (o a nove mesi, in caso di separazione consensuale e senza figli minorenni). La seconda, di fonte governativa, è stata preannunciata nei giorni scorsi dal Ministro della Giustizia Andrea Orlando e prevede – in caso di separazione e divorzio consensuali e senza figli minorenni – la possibilità di ottenere lo scioglimento del vincolo coniugale tramite un accordo stragiudiziale concluso tra gli avvocati, senza quindi passare attraverso i Tribunali. Ebbene, solo con quest’ultima proposta si riuscirebbe a snellire in modo significativo l’enorme mole dei processi civili pendenti (attualmente 5 milioni e mezzo); grazie ad essa infatti i coniugi non sarebbero più costretti a promuovere un doppio procedimento giudiziario per separarsi e poi divorziare. Al contrario, il disegno di legge di iniziativa parlamentare, qualora venisse approvato, non alleggerirebbe il carico di lavoro degli uffici giudiziari, atteso che la stessa incide solo sui tempi della separazione (accorciandoli), senza modificare in alcun modo la competenza del giudice, che rimanerrebbe invariata.

Recidere il vincolo matrimoniale davanti a un pubblico ufficiale, senza passare per un magistrato, quando sarà possibile in Italia?
Previsioni è difficile farne. Personalmente ho molta fiducia nel progetto del Ministro della Giustizia Andrea Orlando: è un primo passo che – sebbene non risolutivo – dimostra come ormai anche qui da noi si stia facendo strada la convinzione che nei procedimenti di separazione e divorzio consensuali – perlomeno in quelli dove non vi è la presenza dei figli minori – è inutile imporre alla coppia un doppio passaggio davanti al Tribunale. Direi che sono abbastanza fiducioso sul fatto che anche qui da noi, tra qualche anno, sarà possibile ottenere lo scioglimento del vincolo coniugale senza passare nelle aule di giustizia, proprio come già avviene in Francia, Portogallo, Svezia e Brasile. Del resto, se un matrimonio fallisce e non ci sono figli minorenni, in via consensuale tutto si risolve in un mero accordo economico, e quindi perché intasare i Tribunali con questo tipo di procedimenti?

Jacopo MARCHESANO

Gambino: “Divorzio breve? Si perderebbe la possibilità di una riconciliazione”

 

Proseguiamo questa nostra settimana dedicata all’approfondimento sul cosiddetto “divorzio breve” intervistando il giurista Alberto Gambino, professore ordinario di diritto privato all’Università Europea di Roma e già componente dell’Osservatorio nazionale sulla famiglia presso il Ministero delle Politiche familiari nel biennio 2007-2008.

Prof. Gambino, il tema del “divorzio breve” ciclicamente si ripropone. Pensa davvero che siamo al momento decisivo per una “riforma del divorzio”?
Non lo auspico, in quanto sembra che la soluzione ai problemi relativi alla crisi matrimoniale e allo scioglimento del vincolo sia solo l’accorciamento dei termini di durata della separazione da tre ad un anno. L’istituto della separazione non è stato pensato dal legislatore quale mero passaggio procedimentale per giungere ineluttabilmente al divorzio, ma come fase temporanea che potrebbe dar luogo anche ad una riconciliazione tra i coniugi: abbreviarne i tempi, in nome di un maggiore efficienza e di un presunto effetto deflattivo sul contenzioso, diminuisce inesorabilmente la chance di equità e giustizia, e – perché no – di reversibilità della crisi.

Recidere il vincolo matrimoniale davanti a un pubblico ufficiale, senza passare per un magistrato, quando sarà possibile in Italia?
Se, come appare dal dettato costituzionale, il carattere della famiglia fondata sul matrimonio assume una dimensione “istituzionale” e non meramente volontaristica, allora ciò che rileva ai fini dello scioglimento del matrimonio non è il consenso dei coniugi, ma la giusta causa prevista dalla legge, la cui ricorrenza in concreto deve essere accertata da un giudice, il quale scioglie il matrimonio con sentenza costitutiva.

Quanto influisce nel dibattito sul “divorzio breve” la cultura cattolica imperante nel nostro Paese?
Direi poco, se solo si ha l’onestà intellettuale di riconoscere che la tendenziale stabilità dell’istituto matrimoniale discende non certo dal carattere dell’indissolubilità del vincolo cattolico, ma dal fatto che il matrimonio non è paragonabile ad un semplice contratto, che può sciogliersi col mero consenso delle parti.

Jacopo MARCHESANO

Divorzio breve, è la volta buona?

Quella del cosiddetto “divorzio breve” è una questione che periodicamente si ripresenta in Italia, per diversi motivi. Intanto perché le cause relative a questo ambito contribuiscono non poco ad aumentare l’arretrato civile, che non è di lieve entità: si parla di 5,4 milioni di cause. Poi, per tutto il retaggio cattolico che permea la cultura del nostro Paese e che, secondo molti, è il vero ostacolo a un’evoluzione più moderna dell’istituto del divorzio.

Fatto sta che anche il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha annunciato, tra le misure per fronteggiare l’enorme mole di processi civili pendenti, un provvedimento in materia di divorzio breve. Il Guardasigilli ha esposto il proprio programma in commissione Giustizia, al Senato e, tra le quattro emergenze da affrontare subito (arretrato civile, lotta alla criminalità organizzata, mancanza di personale e sovraffollamento carcerario), quella dell’arretrato civile, lo preoccupa maggiormente. Ecco perché Orlando vorrebbe fare in modo che le cause pendenti che ingolfano i tribunali siano risolte con procedure alternative o trasferite in una sede arbitrale. Tra esse vi sono separazioni e divorzi.

All’inizio del mese, dalla Commissione giustizia della Camera era stato licenziato un testo bipartisan sul divorzio breve presentato da Alessandra Moretti (Pd) e Luca D’Alessandro (Fi), da discutere in aula entro maggio. Punti salienti erano che tra la separazione e il divorzio dovesse passare un anno, invece dei tre previsti oggi (9 mesi se la coppia non ha figli minorenni) e che la decorrenza del tempo partisse non dalla prima udienza di fronte al presidente del Tribunale, ma dal deposito della domanda di divorzio.

Un testo buono, sul quale Orlando è intervenuto inserendo la novità dell’accordo senza tribunale, sul modello francese: basterebbe l’accordo tra gli avvocati. Un modello proposto a gennaio dal ministro della Giustizia transalpino Christiane Taubira, che ha commissionato anche un rapporto per verificare la possibilità che sia un cancelliere e non un giudice a sancire i divorzi consensuali. Anche in Francia, come da noi, lo scopo della proposta è quello di decongestionare i tribunali civili. Secondo il ministro, “l’accordo dei coniugi assistiti dagli avvocati superi la necessità dell’intervento giurisdizionale, tranne nei casi di figli minori o portatori di grave handicap”. Staremo a vedere quale destino avrà questa proposta…