Fanatico delle patatine? Ecco il franchising Kingdom Chips Bruxelles

Nel franchising della ristorazione ci sono diverse declinazioni del concetto di street food, ma c’è un elemento che non manca mai: le patatine fritte. E c’è un marchio, appena sbarcato in Italia, che delle patatine fritte fa il suo core business e che cerca affiliati in franchising: Kingdom Chips Bruxelles.

Come comunica l’azienda, grazie all’introduzione del franchising in Italia “la sfida è stata quella di ricreare il tradizionale gusto e la qualità delle classiche patatine belghe, insieme ad una vasto assortimento di salse come accompagnamento, sia classiche che originali e per lo più sconosciute ai competitor”.

Dettagli

Superficie media del punto vendita: almen0 20 mq

Bacino d’utenza: non specificato

Investimento iniziale: almeno 30mila euro

Fatturato medio annuo: almeno 100mila euro

Fee d’ingresso: 30mila euro

Royalties: 5%

Durata del contratto: Non specificato

Per maggiori informazioni http://www.kingdomchips.it/

Dagli Usa le tendenze del franchising

Per intuire e anticipare tendenze e novità del franchising, male non fa dare un’occhiata a quello che accade negli Stati Uniti, il Paese che il franchising lo ha inventato e che, ancora oggi, ne detta i ritmi e indica le direzioni da prendere.

In questo ci facciamo ispirare da un’analisi della rivista economica americana Entrepreneur, ripresa in Italia anche da AZ Franchising, che ha fatto il punto sulle migliori performance tra i marchi statunitensi in franchising, alcuni dei quali presenti anche in Italia, altri no.

Per stilare una sorta di graduatoria, Entrepreneur, all’interno del suo sistema di analisi e classificazione Franchise 500, ha analizzato i tassi di crescita tra il 2013 e il 2014, negli Usa e in Canada, di alcuni dei più importanti franchising, mettendo sotto i riflettori specialmente le nuove aperture di punti vendita.

Dalle analisi svolte dalla rivista, il franchising più dinamico negli Stati Uniti si è dimostrato quello della catena di fast food Subway, seguito da Dunkin’ Donut (dolci). Quest’ultimo in Italia non è presente, così come quelli dal terzo all’ottavo posto (Cruise Planners, Jimmy John’s Gourmet Sandwiches, Vanguard Cleaning Systems, Great Clips, Taco Bell e Bricks 4 Kidz), mentre al nono posto c’è il franchising globale per eccellenza, McDonald’s.

Come si vede, Oltreoceano ben 5 sui primi 10 franchisor operano nel settore della ristorazione, tipicamente del fast food, ma non mancano servizi alla persona, agenzie di viaggi, servizi di pulizie domestiche e industriali.

La casa è il tuo regno? Apri un franchising Boutique Casa

Il mondo della casa, dei casalinghi e del tessile è da sempre uno di quelli che, nel mondo del franchising, danno maggiori soddisfazioni. Per questo non stupisce che nel relativo settore ci sia sempre spazio per nuovi player con anche possibilità di guadagno.

Uno di questi player in franchising è Boutique Casa che, come comunica l’azienda, nasce da un’esperienza trentennale alla quale, però, mancava qualcosa:Avevamo percepito che il settore dell’arredo-tessile per la casa mancava di un soggetto capace di offrire prodotti con un elevato rapporto tra qualità intrinseca/design e prezzo. Abbiamo quindi messo a frutto la nostra esperienza per realizzare il nostro sogno: sviluppare una rete di punti vendita in franchising caratterizzati ad un imbattibile rapporto qualità-prezzo”.

Dettagli

Superficie media del punto vendita: da 60 a 100 mq

Bacino d’utenza: almeno 40mila abitanti

Investimento iniziale: almeno 12 a 20mila euro

Fatturato medio annuo: da 120 a 500mila euro

Fee d’ingresso: nessuna

Royalties: nessuna

Durata del contratto: 4 anni

Per maggiori informazioni Boutiquecasa.it

Ti appassiona la gelateria? Ecco il franchising Dolz

Si avvicina l’estate, la stagione di una delle eccellenze italiane, il gelato. Una gelateria può essere un’ottima idea di business, anche slegata dalla stagionalità, ma spesso aprire una gelateria comporta costi e investimenti difficilmente sostenibili.

Esiste però anche la gelateria in franchising e uno dei marchi che operano in questo campo è Dolz, gelateria self service che, come comunica l’azienda, ha un progetto che può essere “duplicato più e più volte, in Italia e all’estero, pensando a poter condividere questo entusiasmante progetto con imprenditori dinamici, determinati e seri nei propri impegni, offrendo nel contempo al mercato un prodotto di altissima qualità, sempre fresco, molto divertente, innovativo, per tutte le età, ed ad alta redditività”.

Dettagli

Superficie media del punto vendita: da 50 a 100 mq

Bacino d’utenza: almeno 40mila abitanti

Investimento iniziale: almeno 95mila euro

Fatturato medio annuo: da 400 a 700mila euro

Fee d’ingresso: 12500 euro

Royalties: 3,00

Durata del contratto: 5 anni

Per maggiori informazioni http://www.gelateriadolz.it/franchising/franchising-dolz/

Ami la moda e il jeans? C’è il franchising Gate21 Jeans&Fashion

Negli ultimi anni il jeans ha vissuto una seconda giovinezza ed è stato interpretato tanto dai più grandi stilisti quanto dai marchi più basic. Ecco perché potrebbe rivelarsi vincente l’idea di aprire un’attività in franchising nel settore dell’abbigliamento con un marchio molto orientato verso il jeans.

Uno di questi è Gate 21 Jeans&Fashion la cui strategia di sviluppo, secondo quanto fa sapere l’azienda, “
si focalizza sulla ricerca di location in centri storici importanti o centri commerciali. Tutti i punti vendita sono caratterizzati da un design ricercato, creato per esaltare al meglio il prodotto in vendita. Con il contratto di franchising, l’azienda consente all’affiliato l’utilizzo del marchio Gate21 Jeans&Fashion secondo le direttive imposte. La durata minima del contratto di franchising è di 5 anni e non prevede fee d’ingresso e royalties”.

Dettagli

Superficie media del punto vendita: da 90 a 200 mq

Bacino d’utenza: almeno 15mila abitanti

Investimento iniziale: almeno 20mila euro

Fatturato medio annuo: non specificato

Fee d’ingresso: nessuna

Royalties: nessuna

Durata del contratto: 5 anni

Per maggiori informazioni http://www.gate21.it/index.php/franchising

Dal World Franchise Council altolà ai governi impiccioni

I franchisor non ci stanno e chiedono che i governi non intervengano in maniera decisa nel business del franchising come sta invece accadendo in alcuni Paesi. Questo, almeno, è il senso del documento finale stilato dalle varie associazioni nazionali del franchising, presenti all’ultimo World Franchise Council di Las Vegas.

Le azioni dei governi non dovrebbero in maniera ingiustificata interferire nella relazione fra il Franchisor e l’Affiliato”, dicono i partecipanti al World Franchise Council, poiché “la relazione fra il Franchisor e l’Affiliato è caratterizzata da un equilibrio ben bilanciato che si è dimostrato di successo nel corso dei decenni. Questa relazione è simbiotica, funziona e i governi che tentano di spingersi troppo oltre interferendo nella stabilità di questa relazione stanno perseguendo un sentiero pericoloso”.

La prova di questo equilibrio – prosegue il documento uscito dal World Franchise Councilsi riscontra nei mercati aperti: in molti casi dove il franchising è un settore maturo, esso è cresciuto molto più velocemente del resto dei settori economici. Se il franchisor e gli affiliati prendono le decisioni su cosa funziona meglio per loro insieme, allora questo porterà al miglioramento delle operation, a maggiori opportunità di espansione, e al soddisfacimento degli interessi di entrambe le parti”.

E quindi, che cosa chiedono gli estensori del documento del World Franchise Council? Che i governi evitino di regolare il business del franchising, a meno che non ci sia forte evidenza che i franchisor non siano in grado di condurre il business in maniera efficiente e responsabile; che non dettino i termini e le condizioni del contratto di franchising; che non limitino il numero dei franchising concessi, non indichino dove ubicare le location in franchising, quale modello di espansione utilizzare, quanto rapidamente il sistema può crescere, o da chi le parti devono reperire i beni e servizi necessari per sostenere il business.

Una presa di posizione netta, quella del World Franchise Council, che si spera possa essere messa in pratica da quei governi che ancora intervengono nel business del franchising, rischiando di spogliarlo delle capacità di crescita che porta con sé.

Negozio di abbigliamento in franchising, ecco perché aprirlo

Il franchising nella moda è uno dei settori nei quali è più promettente fare business. Lo sa anche AZ Franchising che, sul proprio sito, ha recentemente fatto il punto sul mercato in questo settore, partendo da un dato: secondo le stime di Smi, Sistema Moda Italia, a trainare il fatturato del 2014 verso un +2,1% sarà il settore dell’abbigliamento, visto in crescita del 2,8%. Infatti, l’Italia cuba circa il 30% del fatturato tessile-moda dei 27 Paesi dell’Ue grazie a un giro di affari di 51 miliardi di euro e un numero di esercizi commerciali pari a 50mila.

Sempre secondo AZ Franchising, la scelta di aprire un negozio di abbigliamento in franchising è vantaggiosa per diversi motivi. Intanto perché è necessario avere le “spalle forti” di una rete di franchising per contenere i costi e resistere in un mercato globale sempre più competitivo. Poi perché le imprese in franchising “possono contare su una strutturazione e una vocazione internazionale”, a tutto vantaggio di ciascun affiliato, che grazie a questa tranquillità di business può cogliere i segnali di ripresa non appena si presentano.

AZ Franchising ricorda poi quali sono i requisiti minimi per poter aprire un negozio di abbigliamento in franchising. Innanzitutto, il locale deve essere di metratura media, da 50 metri fino a oltre 100 metri quadrati. Poi, l’investimento oscilla tra i 20mila e i 100 mila euro, ma si può partire da 20mila euro. Quasi sempre non vengono richiesti diritti d’ingresso né canoni mensili e non è necessario avere un’esperienza pregressa nel settore. Ultime, ma non meno importanti, le prospettive di guadagno che, a seconda dei marchi, possono arrivare fino a 700mila euro annui.

Ecco perché, secondo AZ Franchising, nonostante la saturazione del settore, un negozio di abbigliamento in franchising può essere una scelta imprenditoriale positiva.

Come cambia il franchising in Italia

Secondo l’ultimo rapporto di Confimprese sul franchising in Italia, è raddoppiata negli ultimi 6 anni, passando dal 18 al 36%, la percentuale di franchisor che dichiarano di avere imprenditori stranieri tra gli affiliati, soprattutto cinesi e nordafricani. Allo stesso modo, sale la percentuale di franchisor che dichiarano di avere prevalentemente affiliati donne: 27,2 a 33,3%.

Altro dato interessante sulla configurazione del franchising in Italia è il divario tra i franchisor che annoverano affiliati con disponibilità economica fino 20mila euro e quelli che, invece, hanno affiliati con risorse proprie più consistenti, che oscillano tra 70 e 150mila euro. Ferma al 7,5% la percentuale di quanti hanno una liquidità superiore a 150mila euro.

Sul fronte dell’età di chi gestisce esercizi in franchising in Italia si nota un innalzamento della media. Se nel 2008 l’84,5% dei franchisor dichiarava che la maggioranza dei loro franchisee era tra i 25 e 45 anni, oggi il 77,5% dei franchisor dichiara che l’età dei loro franchisee è compresa tra i 36 e i 55 anni.

Passando invece al grado di istruzione delle persone attive nel franchising in Italia, anche questo si sta innalzando. Il 25,5% dei franchisor dichiara infatti di avere soprattutto franchisee laureati, contro il 5,6% del 2008; infatti, alla rilevazione effettuata 6 anni fa il 40,8% dichiarava di avere soprattutto diplomati.

Sul fronte dell’investimento iniziale, il 60% del campione sostiene di aver ridotto l’investimento iniziale in attrezzature e arredo, il 48% l’investimento in prima fornitura di merce, il 40% la fee d’ingresso e le royalties.

Insomma, se il franchising in Italia è un settore che, indubbiamente, combatte la crisi, il merito è anche della fluidità che si porta dietro, sia in termini di anagrafica sia in termini di capacità d’investimento e di propensione al rischio.