Case green, ok dell’UE alla riqualificazione energetica

Le case green sono sempre più una realtà fortemente voluta dall’Unione Europea, l’Italia si oppone ma la Commissione Europea dà il suo consenso.

Case green, arriva il primo via libero europeo

L’Unione Europea tira dritto sulla riqualificazione energetica degli edifici. Via libera dalla commissione per l’industria, la ricerca e l’energia del Parlamento europeo alla proposta di revisione della direttiva sulle performance energetiche degli edifici.

Il testo approvato in commissione europea prevede che gli edifici residenziali riescano a raggiungere una classe di prestazione energetica minima di tipo E entro il 2030 e D entro il 2033. L’Italia si è opposta ed ha votato contro, ma a maggioranza la nuova legge europea continua il suo iter incassando il consenso. Ed il Governo sembra essere già a lavoro per scongiurare l’approvazione finale di questo emendamento, che potrebbe pesare in maniera pesante sulle tasche degli italiani.

Per Gilberto Pichettoministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, la direttiva «va emendata per adattarla al contesto italiano che è speciale rispetto al resto d’Europa. Il patrimonio immobiliare del nostro Paese è antico, prezioso e fragile».

Quanto costerà sulle tasche degli italiani?

Il peso si bilanci familiari potrebbe essere fatale. Il perché è molto semplice. Si parla di grandi interventi di ristrutturazione da fare sulle proprie case. Infissi, cappotto termico, e tutti gli altri interventi di miglioramento energetico che i proprietari immobiliari dovranno affrontare.  Così che se non trovano aiuti concreti, attraverso bonus o altri mezzi, potrebbe aggravare la situazione patrimoniale di molte famiglie. C’è tempo solo di 7 anni per apportare le modifiche richieste, anche se ancora non vi è l’approvazione definitiva.

Ad oggi il presidente Enea, Gilberto Dialuce, ha spiegato che le abitazioni in classe inferiore alla D sono circa il 74%. Di questi sono il 34% gli immobili in classe G, 23.8% in classe F e il 15,9% in classe E. Si ricorda che per conoscere la classe energetica del proprio appartamento è opportuno farsi redigere, da un tecnico abilitato, l’attestato di prestazione energetica A.P.E. E anche questo ha un costo da sostenere, anche se in media non supera mai le 200 euro.

Case green, l’obiettivo europeo

L’obiettivo delle nuove norme sarà quello di ridurre le emissioni di gas a effetto serra. Ma anche di ridurre il consumo di energia nel settore edile dell’Unione europea entro il 2023. Inoltre, renderlo neutro entro il 2050. Un obiettivo ambizioso a tutela dell’ambiente e contro il cambiamento climatico che sta portando all’assottigliamento dei ghiacciati e molte più calamità naturali. In ogni caso il si europeo è stato incassato, a marzo ci sarà il passaggio alla fase successiva ed il negoziato tra Parlamento, Commissione e Consiglio. Sperando che l’Italia possa ottenere una deroga visto il suo incredibile patrimonio storico ed immobiliare.

Decreto flussi 2022: ultime novità per le aziende che assumono immigrati

Il decreto flussi è un provvedimento che ogni anno determina il numero massimo di ingressi di stranieri regolari in Italia, deve trattarsi di cittadini non appartenenti all’Unione Europea. Vediamo ora cosa è previsto dal decreto flussi 2022.

Decreto flussi 2022: 69.700 nuovi ingressi

Il decreto flussi viene emanato al fine soprattutto di far fronte a determinate esigenze lavorative in Italia, quindi non si tratta semplicemente di un atto di solidarietà, ma è volto a far fronte al fabbisogno di manodopera prevalentemente in mansioni in cui è difficile trovare lavoratori italiani. Il decreto flussi per il 2022 è stato adottato il 21 dicembre 2021 con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in base alla legge 40 del 1998. Prevede l’ingresso regolare di 69.700 quote massime .

42.000 ingressi per agricoltura e settore turistico alberghiero

Del totale previsto, 42.000 sono ingressi per lavori stagionali nel settore dell’agricoltura e turistico-alberghiero. Le istanze per questa quota possono essere presentate dal 1° febbraio 2022. Tra le quote viste occorre ricordare che 14.000 sono a beneficio di associazioni come CIA, Coldiretti, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delle Cooperative, si tratta quindi di una particolare quota riservata alle aziende agricole.

27.700 lavoratori per autotrasporto, turismo ed edilizia

Il decreto flussi 2022 prevede anche l’ingresso di 27.700 lavoratori per il settore dell’autotrasporto, settore turistico-alberghiero e delle edilizia e quindi non nei lavori stagionali e questa rispetto al passato è una novità. Per il settore dell’autotrasporto di merci per conto terzi è previsto che per poter approfittare del decreto flussi è necessario essere in possesso di una patente di guida equivalente alla CE e convertibile in base agli accordi di reciprocità. Si tratta di patenti rilasciate da: Algeria, Marocco, Moldova, Repubblica di Macedonia del Nord, Sri Lanka, Tunisia, Ucraina. In questo caso le istanze possono essere presentate dalle ore 9:00 del 27 gennaio 2022.

Decreto flussi 2022: quote di provenienza

All’interno di queste fasce ci sono delle quote riservate, in particolare, il decreto flussi 2022 prevede che ci siano 17.000 ingressi da: Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia – Herzegovina, Corea (Repubblica di Corea), Costa d’Avorio, Egitto, El Salvador, Etiopia, Filippine, Gambia, Ghana, Giappone, India, Kosovo, Mali, Marocco, Mauritius, Moldova, Montenegro, Niger, Nigeria, Pakistan, Repubblica di Macedonia del Nord, Senegal, Serbia, Sri Lanka, Sudan, Tunisia, Ucraina.

Ulteriori 3.000 quote sono riservate a Paesi che sottoscrivono accordi di migrazione con l’Italia. Si tratta quindi a ben vedere di un’immigrazione strettamente controllata.

Lavoratori autonomi

Il decreto prevede anche una quota di ingressi per i lavoratori autonomi, si tratta di 500 soggetti tra artisti di fama, imprenditori che vogliono investire almeno 50.000 euro, quindi si tratta in questo caso di creare nuove imprese che possano anche portare occupazione, amministratori e titolari di cariche societarie, liberi professionisti che però esercitino attività riconosciute a livello nazionale da associazioni che siano presenti in elenchi tenuti dalle Pubbliche Amministrazioni.

La conversione dei permessi di soggiorno

Il decreto flussi 2022 prevede anche la conversione di permessi di soggiorno, anche in questo caso però ci sono dei limiti numerici.

  • titolari di permesso di soggiorno stagionale da trasformare in non stagionale: 4.400;
  • permesso di soggiorno per studio, tirocinio e formazione professionale da convertire in permesso di soggiorno per lavoro subordinato in quota 2000 e permesso di lavoro autonomo con quota 370;
  • soggiornanti di lungo periodo con permesso rilasciato da un altro Paese dell’Unione Europea da convertire in permesso di soggiorno per lavoro subordinato con quota 200 e in permessi di soggiorno per lavoro autonomo con una quota di 30.

Come inoltrare la richiesta

La richiesta per assumere lavoratori stranieri in Italia oppure chiedere la conversione del permesso di soggiorno per i motivi prima visti, deve essere inoltrata telematicamente https://nullaostalavoro.dlci.interno.it c’è tempo fino al 31 dicembre 2022, ma visto che ci sono le quote prima citate, non è opportuno attendere tanto. Inoltre sono previste domande scaglionate per il 2022, la prima quota di domande deve essere presentata entro il 17 marzo 2022. Nonostante le specifiche date viste prima per l’inoltro delle domande, l’applicativo è disponibile già dal 12 gennaio 2022.

La domanda può essere presentata dal datore di lavoro che ha bisogno di assumere un lavoratore Extra UE, per poter accedere al sistema è necessario avere lo SPID. Il datore di lavoro può avere cittadinanza italiana, ma può essere anche un cittadino straniere regolarmente residente in Italia.

Comprare un fabbricato recuperato da meno di 5 anni da impresa di recupero: quali tasse?

Quali imposte, tasse e Iva si pagano per acquistare un fabbricato strumentale, recuperato da meno di 5 anni, comprato direttamente dall’impresa che ha provveduto al recupero? In primis si parla di un immobile accatastato nella categoria catastale A/10 e nei gruppi catastali B, C, D ed E. Nel caso di recupero da meno di 5 anni, ai fini delle tasse da pagare, è necessario distinguere il soggetto qualsiasi dal fondo immobiliare.

Che cos’è l’impresa di recupero?

È importante sapere quale sia l’impresa di recupero. Si intende impresa di recupero qualsiasi soggetto Iva che svolga interventi previsti dal comma 1, lettera c), d) ed f), dell’articolo 3, del decreto del Presidente della Repubblica numero 380 del 6 giugno 2001. E, pertanto, l’impresa di recupero svolge interventi di risanamento conservativo e di restauro, di ristrutturazione edilizia e di ristrutturazione urbanistica.

Acquisto fabbricato strumentale recuperato da meno di 5 anni da impresa di recupero: quale Iva va applicata?

Se il fabbricato strumentale è stato recuperato da meno di 5 anni e si tratta di qualsiasi soggetto compratore (a eccezione di un fondo immobiliare), l’Iva da applicare è al 10%. Lo disciplina l’articolo 10 numero 8 ter, punto numero 127 quinquiesdecies, Tabella A, III del Dpr numero 633 del 1972. Oltre all’imposta sul valore aggiunto, sono da pagarsi altre tasse e imposte.

Comprare un fabbricato da impresa di recupero: quali imposte per un soggetto qualsiasi?

Nel caso in cui si compri un fabbricato strumentale recuperato da meno di 5 anni dall’impresa che ha provveduto al recupero, sono da pagarsi le seguenti imposte:

  • di registro di 200 euro, ai sensi di quanto prevede il comma 10 ter 1, dell’articolo 35 del decreto legge numero 223 del 4 luglio 2006, poi convertito nella legge numero 248 del 4 agosto 2006;
  • di bollo per 230 euro, secondo quanto dispone del comma 1 bis, numero 1) dell’articolo 1, della tariffa Allegata A al decreto del Presidente della Repubblica numero 642 del 26 ottobre 1972;
  • la tassa ipotecaria per 90 euro ai sensi di quanto disciplinato dai punti 1.1 e 1.2 dell’articolo 1, della Tabella delle Tasse ipotecarie allegata al decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990.

Imposta ipotecaria e catastale nell’acquisto di un fabbricato strumentale

Se l’acquisto del fabbricato recuperato è stato effettuato da un soggetto qualsiasi, l’imposta ipotecaria e quella catastale da pagare corrispondono:

  • al 3% secondo quanto dispone la Nota all’articolo 1 bis della Tariffa allegata al decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990;
  • all’1% nel secondo caso, secondo quanto prevede il comma 1, dell’articolo 10, del decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990.

Imposte e tasse se a comprare il fabbricato strumentale è un fondo immobiliare

L’acquisto di un fabbricato strumentale recuperato da meno di 5 anni dall’impresa di recupero può essere effettuato anche da un fondo immobiliare. In questo caso, l’Iva da pagare è applicata al 10%. L’aliquota dunque è applicata nella stessa misura di un qualsiasi soggetto acquirente. Le altre imposte a carico corrispondono:

  • all’imposta di registro di 200 euro;
  • a quella ipotecaria dell’1,5% con la riduzione dal 3% operata dal comma 10 ter, dell’articolo 35, del decreto legge numero 233 del 4 luglio 2006;
  • all’imposta catastale con percentuale dello 0,5%, ridotta dalla stessa legge precedente;
  • all’imposta di bollo di 230 euro;
  • alla tassa ipotecaria di 90 euro.

Costruzioni: nel 2017 si riparte?

Dopo 10 anni di buio quasi totale per il settore, il 2017 delle costruzioni potrebbe essere un anno di svolta, almeno stando alle previsioni fatte dall’Ance nel suo Osservatorio congiunturale sull’industria delle costruzioni.

Secondo l’associazione nazionale dei costruttori edili, quest’anno potrebbe esserci un +8% di investimenti nel settore delle costruzioni, contro una previsione fatta a luglio 2016 che parlava invece di un -1,2%.

Un’inversione di tendenza dovuta in larga parte, secondo l’Ance, alla legge di bilancio 2017, che contiene misure relative al rilancio degli investimenti nelle infrastrutture, oltre al rafforzamento degli incentivi fiscali, specialmente quelli legati agli interventi di messa in sicurezza sismica e di efficientamento energetico.

Del resto, per le opere pubbliche è stato stanziato per i 2017 il 23,4% in più rispetto all’anno precedente. Inoltre, secondo l’Ance, la corretta attuazione delle misure previste nella legge di bilancio consentirebbe di ottenere 1,7 miliardi di investimenti in più nel settore delle costruzioni nel 2017, con un +1,9% per le opere pubbliche, +1,4% nel recupero abitativo e +0,3% nel comparto non residenziale.

L’Ance ritiene che nell’anno in corso possa continuare la crescita del mercato della casa, che ha portato nei primi nove mesi del 2016 un +20,4% delle compravendite rispetto all’anno precedente. La stima per il totale delle compravendite nel 2016 sarà di 520mila unità, secondo l’Ance, 20mila in più rispetto a quanto previsto nel 2015. Per il 2017 sono previste 550mila transazioni.

In generale, il 2016 non è stato gran che per gli investimenti in costruzioni: +0,3% contro l’1% previsto un anno fa, soprattutto a causa di misure contenute nella legge di stabilità 2016 che non hanno prodotto i risultati attesi. Del resto, nei primi nove mesi del 2016 quello delle costruzioni è risultato l’unico comparto con segno negativo (-4,9%) e con una perdita, dal 2008, di 600mila posti di lavoro.

Una difficile ripresa, quella del settore delle costruzioni, minata dall’ancora difficile accesso al credito. Nei primi 9 mesi del 2016 i flussi di finanziamento delle banche hanno fatto segnare un -4,3% nel comparto abitativo e un -14,1% nel comparto non residenziale.

Per fortuna, gli investimenti hanno continuato a crescere nel campo della riqualificazione del patrimonio abitativo, con un +1,7% nel 2016, soprattutto grazie anche ai bonus fiscali, che hanno spinto gli investimenti in riqualificazione degli immobili al 37% del totale degli investimenti nel settore delle costruzioni.

Edilizia tenuta a galla dagli incentivi

Dove non arriva la ripresa dei consumi a far mettere un po’ di benzina nel motore asfittico dell’ edilizia, arrivano gli incentivi fiscali.

Lo rileva l’ultimo rapporto sul recupero e la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio, realizzato dal Servizio Studi della Camera in collaborazione con il Cresme, il Centro ricerche economiche sociali di mercato per l’ edilizia e il territorio.

Secondo il rapporto, la detrazione del 50% sulle spese di ristrutturazione e l’Ecobonus del 65% per la riqualificazione energetica degli edifici daranno una piccola boccata di ossigeno all’edilizia e porteranno a una spesa di 29 miliardi di euro a fine 2016.

Il settore dell’ edilizia beneficerà principalmente delle ristrutturazioni, ma si prevede che anche gli interventi di riqualificazione energetica sugli edifici si manterranno su buoni livelli

Gli incentivi fiscali, quindi, continueranno a sostenere l’ edilizia come hanno fatto fin dalla loro introduzione nel 1998. Solo che, nei primi anni, il settore era tonico e le detrazioni fiscali hanno fatto da ulteriore propulsore. Oggi sono l’unica benzina rimasta.

Il rapporto rileva che in 18 anni hanno beneficiato delle agevolazioni 14,2 milioni di interventi, il 55% del numero di famiglie italiane, che hanno investito 237 miliardi di euro, di cui 205 per il recupero edilizio e circa 32 per la riqualificazione energetica.

Nel solo 2015 gli investimenti generati dagli incentivi sono stati superiori a 25 miliardi mentre, stando alle proiezioni del Cresme e del Servizio Studi della Camera, il 2016 si dovrebbe chiudere con investimenti per 29 miliardi nel settore della riqualificazione edilizia.

Per fortuna, gli incentivi fiscali hanno aiutato anche l’occupazione nell’ edilizia, settore che ha visto, dall’inizio della crisi, la peggiore emorragia di imprese. Secondo il rapporto, tra il 2011 e il 2016 gli incentivi hanno generato quasi 1 milione e 500mila occupati diretti.

A fronte di questi dati si capisce come l’ edilizia, in Italia, sia oggi tenuta in piedi principalmente da ristrutturazioni e riqualificazioni energetiche. Il Cresme stima che, nel 2015, il valore della produzione dell’intero settore dell’ edilizia sia stato di 163,6 miliardi; di questi, 117,9 se ne sono andati in interventi di manutenzione straordinaria e ordinaria, una cifra pari a circa il 72% del totale.

Di questi 117,9 miliardi, 35,9 sono stati spesi per interventi di manutenzione ordinaria e 82 per la manutenzione straordinaria, 47,9 dei quali in interventi sul patrimonio residenziale.

Settore costruzioni e sofferenze bancarie

Che quello delle costruzioni sia il settore che maggiormente ha patito e continua a patire i colpi feroci della crisi, è un dato di fatto. Una situazione che, a cascata, ha creato altri pesanti contraccolpi al settore, come ha rilevato l’Ufficio Studi della Cgia in una recente analisi.

Gli artigiani mestrini hanno infatti constato che le imprese del settore dell’edilizia e le attività immobiliari generano il 41,4% delle sofferenze in capo alle imprese. La filiera delle costruzioni, rileva la Cgia, ha in essere 64,8 miliardi di euro di crediti problematici su un totale di 156,8 miliardi generati dalle imprese (dati rilevati a fine luglio 2016).

Entrando più nel dettaglio, il comparto delle costruzioni è primo nella classifica delle sofferenze con 43,1 miliardi a fine luglio 2016 (27,5% del totale), mentre le attività immobiliari (compravendita di beni immobili, affitto e gestione di immobili, intermediazione immobiliare e gestione di immobili per conto terzi) ne hanno 21,7 (13,9%).

La filiera immobiliare e delle costruzioni batte di gran lunga in termini di sofferenze, il settore manifatturiero (35,1 miliardi, 22,4%) e del commercio (26,8 miliardi, 17,1%).

“È necessario premettere – puntualizza il coordinatore dell’Ufficio Studi della Cgia, Paolo Zabeoche la crescita delle sofferenze è direttamente un riflesso dello stato di profonda crisi in cui versa il comparto edilizio e delle costruzioni, che ha perso circa un terzo del suo valore aggiunto tra il 2007 e il 2015. E se diversi settori economici hanno beneficiato di una piccola ripresa nel biennio 2011-2012 e nell’anno 2015, per l’edilizia in otto anni c’è sempre stato il segno meno; anche per il 2016 c’è incertezza dal momento che segnali di ripartenza chiari non stanno ancora emergendo”.

La situazione di crisi e di difficoltà a restituire il credito da parte del settore delle costruzioni ha un riflesso diretto sull’ammontare dei prestiti. In 5 anni il credito alle imprese delle costruzioni è infatti calato di 35,3 miliardi (-20,2%), passando da 174,6 miliardi di fine luglio 2011 a 139,3 miliardi dello stesso periodo del 2016.

Nonostante ciò, la filiera immobiliare (costruzioni e attività immobiliari) è la prima destinataria del credito alle imprese con il 28,9% (253,7 miliardi a fine luglio 2016), seguita dalla manifattura (210,7 miliardi, pari al 24%) e dal commercio (142,3 miliardi, pari al 16,2%).

Infine un’analisi sui settori nei quali il peso delle sofferenze incide di più sui prestiti. Anche in questo caso, prime le costruzioni con il 30,9%. Spacchettando il dato, le costruzioni generano 43,1 miliardi di euro di sofferenze su un totale prestiti di 139,3 miliardi, seguite dalla filiera immobiliare e dalle attività immobiliari 19%.

Il segretario della Cgia, Renato Mason, lancia un allarme e un appello: “Chiediamo a tutte le forze politiche presenti in Parlamento di attivarsi per istituire una Commissione di inchiesta che individui le responsabilità di coloro che hanno generato questa montagna di crediti deteriorati e di chi ha concesso prestiti con troppa generosità a chi non se lo meritava”.

Periti industriali: case italiane vecchie e a rischio

L’Italia è un Paese di abitazioni vecchie e a rischio. Ciò che viene drammaticamente alla luce dopo ogni calamità naturale, terremoti in primis, è ora certificato dai dati presentati nei giorni scorsi dal Centro studi Opificium del Consiglio nazionale dei periti industriali.

I periti industriali hanno infatti rilevato che, in Italia, solo lo scorso anno ci sono stati oltre 150mila interventi negli edifici da parte dei vigili del fuoco (+20% rispetto al 2010) per problemi di statica, impiantistica o fughe di gas.

Inoltre, il Consiglio nazionale dei periti industriali ha rilevato che circa 3 milioni di famiglie vivono in case danneggiate e non sicure, con un numero di infortuni e decessi per incendi o esplosioni in casa, superiore rispetto a quello provocato da un terremoto.

La realtà messa in luce dai periti industriali deriva dal fatto che, in Italia, per oltre il 50% degli edifici storici non si conosce la consistenza volumetrica, né lo stato di conservazione dei materiali. Inoltre, in base ai dati del Centro studi Opificium, il 74,1% degli edifici residenziali italiani è stato costruito prima degli Anni ’80 e il 25,9% prima della Seconda guerra mondiale.

Per quanto riguarda lo stato di conservazione degli edifici residenziali, i periti industriali sottolineano che oltre 2 milioni di essi (il 16,9% del totale) sono in mediocre (15,2%) o pessimo (1,7%) stato di conservazione, specialmente per quanto riguarda le abitazioni più antiche.

Il commento del Consiglio nazionale dei periti industriali non lascia dubbi: “Cifre drammatiche, che mettono in evidenza un dato allarmante: non sono solo i danni strutturali (dovuti ad eventi sismici) la causa di vittime e infortuni, ma una molteplicità di fattori (fughe di gas, esplosioni elettriche, impianti non a norma, ecc), spesso poco considerati dall’opinione pubblica“.

Per questo, lo studio commissionato dal Consiglio nazionale dei periti industriali contiene diversi parametri di riferimento e procedure operative per rendere il libretto del fabbricato più efficace rispetto a una valutazione puntuale delle criticità che lo interessano.

Nello studio si individua un indice di efficienza composto da due parametri – indice documentale e indice tecnico – i quali, associati al fascicolo, rendono lo strumento facile da consultare e da aggiornare, anche subito dopo un intervento manutentivo.

Una crisi senza fine per l’ edilizia

Ormai lo sanno anche i sassi. Il comparto dell’ edilizia è quello che ha subito i colpi più duri dalla crisi e continua a subirli, come dimostrano i dati dell’Osservatorio congiunturale Ance presentato nei giorni scorsi a Roma. Anche nel 2016, infatti, cala l’occupazione nel settore edile: -3,5% nei primi 3 mesi rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.

Sempre nel trimestre, il credito per gli investimenti nel settore residenziale è sceso dell’11,1%, portando i calo degli investimenti in edilizia a -70% dal 2007. Nonostante nel trimestre siano aumentate le compravendite (+20,6%), purtroppo le imprese dell’ edilizia continuano a distinguersi per la situazione negativa della loro liquidità, specialmente per quelle che lavorano con la Pa: se vengono pagate, il saldo avviene in media a 168 giorni, quasi tre volte più della scadenza di legge (60 giorni).

Questo trend ha portato a perdere, nei primi 7 anni di crisi (2008-2014), oltre 580mila posti di lavoro e alla chiusura di oltre 100mila imprese. Considerando l’indotto, l’edilizia ha perso, dall’inizio della crisi 800mila posti di lavoro.

Ecco perché l’Ance, ha parlato del 2016 come di un’occasione perduta per il mondo dell’ edilizia. Perché l’avvio dell’anno in calo ha indotto l’associazione dei costruttori a ridimensionare le aspettative di crescita degli investimenti da +1% a +0,3%.

In assenza di correttivi, anche il 2017 sarà un anno buio per l’ edilizia, con le stime di un -1,2% dei livelli produttivi su base annua, -3,6% di opere pubbliche, -0,2% di ristrutturazioni, -3% di edilizia residenziale.

Quali sarebbero questi correttivi per far fiatare il settore? L’associazione nazionale dei costruttori li ha riassunti in una serie di richieste al governo: proroga per altri 3 anni delle detrazioni Irpef del 50% dell’Iva per chi acquista abitazioni in classe energetica A o B; periodo transitorio del nuovo codice degli appalti; norme per favorire gli interventi di sostituzione edilizia; messa a regime degli incentivi potenziati per la ristrutturazione edilizia e per la riqualificazione energetica.

Tutti interventi che potrebbero contribuire a una micro ripresa nel settore. Micro, perché tornare ai livelli pre-crisi sarà forse impossibile. Per sempre.

Regolamento Edilizio Unico, soddisfazione degli architetti italiani

Gli architetti italiani sono soddisfatti per l’approvazione del Regolamento Edilizio Unico ed esprimono il loro plauso attraverso una nota del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori.

Con l’approvazione delle definizioni standardizzate – si legge nella notasiamo finalmente a un passo dall’effettivo avvio del Regolamento Edilizio Unico per l’adozione del quale gli architetti italiani si sono battuti, mettendo a disposizione tutte le loro competenze, al fine di realizzare una svolta per il mondo dell’edilizia e per cittadini che finalmente potranno contare su norme chiare e prestazionali, condivise su tutto il territorio nazionale e che favoriranno la qualità dell’abitare”.

Va oltre il presidente degli architetti italiani, Leopoldo Freyrie: “Consideriamo una nostra vittoria poter passare dalla follia normativa degli oltre 8mila regolamenti, uno per Comune, ad uno schema sul quale si baserà il Regolamento Edilizio Unico, che contiene solo 42 definizioni e che consente finalmente di semplificare non solo la costruzione, ma soprattutto la rigenerazione degli edifici”.

Ci auguriamo che al più presto la Conferenza Stato Regioni provveda a svolgere gli atti di sua competenza affinché il provvedimento possa essere approvato al più presto. Il nostro Paese ha bisogno di norme chiare e prestazionali, condivise su tutto il territorio nazionale, che favoriscano la qualità dell’abitare invece della buro-edilizia fonte, tra l’altro, di corruzione e di abusivismo. Procedere verso la semplificazione è necessario proprio per garantire il rispetto della legalità e la trasparenza”, conclude Freyrie a nome di tutti gli architetti italiani.

Biancofiore (Ance): Pmi pronte a investire in Iran

La fine delle sanzioni economiche nei confronti dell’Iran è una ghiotta e ricca occasione di business per le imprese italiane, a partire dalle imprese edili. Lo sa bene l’ Ance (Associazione Nazionale Costruttori Edili) che, a conclusione della prima giornata della visita in Italia del presidente iraniano Hassan Rouhani e degli incontri bilaterali, ha commentato questa apertura attraverso le parole del presidente del Gruppo Pmi Internazionale dell’ Ance, Gerardo Biancofiore.

Le Pmi italiane del mondo dell’edilizia e delle costruzioni – ha detto Biancofioresono pronte ad affrontare la sfida del mercato iraniano che oggi si riapre grazie alla fine dell’embargo. La missione della delegazione governativa iraniana è il frutto del grande lavoro messo in campo da tutti gli attori istituzionali in grande sinergia con Confindustria e Ance“.

L’Italia delle costruzioni – ha proseguito Biancofioreè molto amata in Iran e molte nostre imprese, anche di medie dimensioni ma altamente specializzate, negli ultimi decenni hanno realizzato progetti importanti nel Paese”.

La sfida che ci proponiamo come Pmi dell’edilizia – ha detto ancora Biancofioreè di contribuire alla crescita e alla ripresa economica dell’Iran e al contempo di vivere lo sviluppo economico di quel Paese, a cui ci lega una storia di amicizia e grandi scambi commerciali, non da spettatori ma da protagonisti. Ed in quest’ottica saranno tante le aziende italiane a partecipare a febbraio alla missione del Governo in Iran dedicata ai settori delle infrastrutture e costruzioni ed Oil&Gas, che vedrà la partecipazione del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Graziano Delrio. La missione, che fa seguito alla tavola rotonda sulle infrastrutture, tenutasi presso l’ Ance il 15 dicembre 2015, è resa possibile dalla collaborazione con la Farnesina, l’Ambasciata d’Italia a Teheran e l’ICE-Agenzia, oltre al sostegno del Mise e del Mit“.