Cosa sono le bare fiscali e qual è la normativa applicata?

In ambito commerciale si sente spesso parlare di bare fiscali, o meglio, di commercio di bare fiscali,  ma di cosa si tratta e qual è il trattamento riservato dal legislatore?

Cosa sono le bare fiscali

Le bare fiscali sono operazioni commerciali a fini elusivi, già da questa prima descrizione emerge che trattasi di un comportamento scorretto e che espone al rischio di applicazione di sanzioni pecuniarie. Le bare fiscali sono attuate attraverso l’acquisizione da parte di una società “ in salute” di una società o azienda che si trova invece in difficoltà economiche e che registra perdite fiscali.

Dal punto di vista pratico da tale comportamento traggono vantaggi entrambe le società, infatti la società con perdite fiscali ottiene generalmente un riscontro economico derivante dalla fusione o incorporazione da parte della società acquirente, mentre questa può pagare minori importi fiscali in quanto ingloba le perdite dell’altra società e riduce la propria base imponibile.

La disciplina delle bare fiscali

Il legislatore ha tentato di porre un argine a tale comportamento elusivo attraverso diverse norme tra cui l’articolo 84, comma 3 del Tuir, introdotto con articolo 8 del decreto legislativo 358 del 1997. L’articolo 84 comma 3 vieta il riporto a nuovo delle perdite fiscali pregresse nel caso in cui la maggioranza delle azioni o delle quote della società in perdita sia trasferita a terzi e risulti modificata l’attività principale esercitata dalla società in un arco temporale compreso tra il secondo esercizio anteriore al trasferimento e il secondo esercizio successivo. Tale disciplina non trova applicazione nel caso in cui in base a diversi parametri sia dimostrata la vitalità dell’attività acquisita.

In particolare l’articolo 84 comma 3 prevede che non sia applicata la disciplina anti-elusiva del commercio di bare fiscali nel caso in cui l’azienda acquisita abbia un numero non inferiore a 10 dipendenti nei due anni antecedenti all’operazione di fusione/acquisizione e nel caso in cui nell’anno che precede il trasferimento delle partecipazioni ( azioni o quote) dal conto economico rilevino ricavi,  proventi e costi lordi per prestazioni di lavoro subordinato superiori al 40% rispetto alla media dei due anni precedenti. Questi sono appunto gli indici di vitalità che non fanno scattare la normativa antielusione.

Bare fiscali e limiti al riporto delle perdite

La disciplina delle bare fiscali comprende inoltre l’articolo 172 comma 7 del Tuir. Lo stesso stabilisce che le perdite della società che partecipano alla fusione/incorporazione, possono essere portate in diminuzione del reddito della società risultante dalla fusione/incorporazione nel limite del rispettivo patrimonio netto quale risulta dall’ultimo bilancio.

Se il patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio è inferiore rispetto alle perdite, occorre avere come punto di riferimento la situazione patrimoniale di cui all’articolo 2501 quater del codice civile (redazione situazione patrimoniale in caso di fusione/incorporazione), senza tener conto dei conferimenti e versamenti fatti negli ultimi ventiquattro mesi anteriori alla data cui si riferisce la situazione stessa.

Casi particolari

Deve essere ricordato che la normativa antielusiva trova applicazione solo nel caso in cui la società incorporante sia pre-esistente rispetto all’operazione, infatti se trattasi di un soggetto di nuova costituzione non  si tratta di elusione fiscale in quanto le perdite della società incorporata non possono essere spalmate sulla società incorporante al fine di ridurne la base imponibile. La disciplina dell’elusione fiscale per commercio di bare fiscali inoltre non si applica nel caso in cui  le partecipazioni della società in perdita siano acquisite da società controllate dallo stesso soggetto che controlla la società in perdita.

 

Bonus POS: cos’è, come funziona e chi può ottenerlo

Imprenditori e lavoratori autonomi possono richiedere il Bonus Pos fino al 30 giugno 2022, continuano a restare in vigore le norme sul credito di imposta per le commissioni applicate ai pagamenti con POS. Ecco di cosa si tratta.

Bonus POS per incentivare i pagamenti con POS

Sappiamo tutti che il nostro legislatore sta mettendo a punto una serie di normative volte a disincentivare l’elusione fiscale e tra gli strumenti più ampiamente utilizzati vi sono i pagamenti elettronici e quindi attraverso carta. L’obbligo per i commercianti di avere il POS ormai risale nel tempo, ma solo dal 30 giugno 2022 prendono il via le sanzioni per coloro (commercianti, artigiani e professionisti) che rifiutano tale tipologia di pagamento.

La lamentela più importante portata avanti dai commercianti è legata però al costo di tale tecnologia e in particolare le commissioni applicate dalle banche e il costo del POS. Le commissioni possono assumere un carattere importante soprattutto nel caso in cui gli importi da riscuotere siano molto bassi, ad esempio il classico caffè al bar, infatti la commissione in questo caso potrebbe essere più alta del guadagno. Proprio per questo il Governo ha cercato di mediare.

Credito di imposta per le commissioni POS

Il decreto legge 99/2021 prevede però delle importanti novità, la prima è la possibilità di utilizzare al 100% le commissioni che i commercianti pagano sulle transazioni fino al 30 giugno 2022 come credito di imposta. Dopo il 30 giugno 2022 il credito di imposta dovrebbe ritornare alla originaria formulazione e quindi al 30% (articolo 22 decreto legge 124 del 2019). Lo stesso può essere fatto valere attraverso il modello F24. La normativa prevede che entro il giorno 20 di ogni mese l’intermediario ( banca) faccia recapitare al cliente il totale delle commissioni addebitate e queste possano quindi essere portate in compensazione dal mese successivo attraverso altre imposte solitamente pagate con il modello F24.

Bonus POS: credito di imposta per acquisto e noleggio

La seconda possibilità è data dal fatto che commercianti e professionisti fino al 30 giugno 2022 possono ottenere il credito di imposta per il noleggio e l’acquisto di strumenti necessari alla predisposizione dei pagamenti elettronici. Il credito di imposta massimo che si può ottenere è di 160 euro, lo stesso viene però parametrato ai ricavi.

  • Professionisti e commercianti che hanno ammontare complessivo di ricavi e compensi inferiore a 200.000 euro possono ottenere un credito d’imposta fino al 70% di quanto effettivamente speso;
  • Coloro che dichiarano ricavi e compensi tra 200 mila euro e un milione di euro, possono ottenere un credito d’imposta pari al 40% di quanto effettivamente speso;
  • Per professionisti e commercianti che dichiarano un totale di ricavi e compensi compresi tra un milione e 5 milioni di euro, possono invece ottenere solo il 10%.

Tra i costi che possono trovare copertura ci sono anche quelli per il collegamento di tali dispositivi al registratore di cassa.

Per commercianti e professionisti che scelgono l’acquisto o il noleggio di strumenti di pagamento che consentono di memorizzare i dati e trasmetterli all’Agenzia delle Entrate telematicamente, il bonus avrà un tetto massimo di 320 euro. In questo caso cambiano anche le percentuali:

  • 100% per professionisti e commercianti con ricavi e compensi non superiori a 200 mila euro;
  • 70% per ricavi e compensi compresi tra 200.000 euro e un milione di euro;
  • 40% per ricavi e compensi tra un milione di euro e 5 milioni di euro.

Per ottenere il Bonus è necessario utilizzare il modello F24, nella sezione “erario” dovrà essere inserito il codice tributo, occorre poi indicare il mese e l’anno di addebito delle commissioni.

Delega fiscale, i punti salienti

Sono in molti coloro tra gli operatori in ambito fiscale e tributario che sono a dir poco scettici di fronte alla delega fiscale licenziata la scorsa settimana dalla Camera. Apparentemente un percorso senza ostacoli: 309 sì, 99 astenuti, nessun voto contrario. Eppure se ne sono viste talmente tante negli ultimi anni che un minimo di cautela è d’obbligo.

Sia come sia, vediamo per punti quali sono i contenuti più qualificanti della delega fiscale approvata dalla Camera e diventata legge.

OBIETTIVI. Riduzione della pressione tributaria sui contribuenti, nel rispetto del principio di equità – compatibilmente con il rispetto dell’art.81 della Costituzione – nonché degli obiettivi di equilibrio di bilancio e di riduzione del rapporto tra debito e Pil stabiliti in sede europea.

PROCESSO TRIBUTARIO. Vengono recepiti i principi indicati dal Cnel per la riforma dei procedimenti e del processo in materia tributaria. Coordinamento e semplificazione delle norme sugli obblighi dei contribuenti; vengono potenziate le forme di contraddittorio tra amministrazione e contribuenti; leale e reciproca collaborazione tra amministrazione e cittadini; rafforzamento della conciliazione nel processo tributario.

LOTTA ALL’EVASIONE FISCALE. Le maggiori entrate derivanti dal contrasto all’evasione e all’erosione fiscale devono essere esclusivamente attribuite al Fondo per la riduzione della pressione fiscale. Favorire quindi l’emersione di base imponibile anche attraverso misure finalizzate al contrasto di interessi. Potenziamento della fatturazione elettronica e riduzione degli adempimenti amministrativi e contabili a carico dei contribuenti.

CATASTO. Nuovo metodo di conteggio del valore basato non sul numero dei vani ma sui metri quadrati e su una formula che lo avvicina alle reali stime di mercato. Massima pubblicità e trasparenza delle funzioni statistiche e monitoraggio semestrale (con relazione del Governo al Parlamento) sugli effetti della revisione, articolati a livello comunale, per verificare l’invarianza di gettito. Valori e rendite non potranno andare al di sopra del valore di mercato.

RESPONSABILIZZAZIONE. Deve essere individuabile, per ciascun tributo, il livello di governo che beneficia delle relative entrate. Va suddiviso per soggetti istituzionali (Stato, Regioni, enti locali), il quadro dei beneficiari e/o dei cobeneficiari delle singole imposizioni. Stop alla deregulation sulle addizionali.

COMPENSAZIONE. Generalizzazione del meccanismo della compensazione tra crediti d’imposta vantati dal contribuente e debiti tributari a suo carico.

GIOCHI. I Comuni parteciperanno alla pianificazione della dislocazione di sale da gioco e punti vendita; maggiori controlli anti-riciclaggio e rafforzamento delle norme sulla trasparenza e sui requisiti soggettivi.

INCENTIVI E CONTRIBUTI. I risparmi di spesa derivanti da riduzione di contributi o incentivi alle imprese devono essere destinati alla riduzione dell’imposizione fiscale sulle imprese. Mantenimento del regime penale per i comportamenti più gravi; revisione del regime della dichiarazione infedele e del sistema sanzionatorio amministrativo per correlare le sanzioni all’effettiva gravità dei comportamenti, con possibilità per le fattispecie meno gravi di applicare sanzioni amministrative anziché penali.

DICHIARAZIONE PRECOMPILATA E SEMPLIFICAZIONE. Per la predisposizione delle dichiarazioni e per il calcolo delle imposte, va prevista la possibilità di invio ai contribuenti e di restituzione da parte di questi ultimi di modelli precompilati.

STATUTO DEL CONTRIBUENTE. Ultimo ma fondamentale passo, i decreti devono rispettare i principi costituzionali, quelli dell’ordinamento dell’Ue, e quelli dello Statuto del contribuente, con particolare riferimento al vincolo di irretroattività delle norme tributarie di sfavore.

Assoedilizia: la patrimoniale danno per l’Italia

I sostenitori della patrimoniale, che da oltre due mesi con proposte esplicite o larvate cavalcano questa tesi, stanno facendo un grande danno al Paese.” Ad affermarlo è Achille Colombo Clerici, presidente di Assoedilizia, che dall’Africa Forum Ambrosetti-Fondazione BdS Banco di Sicilia, svoltosi a Taormina, lancia il suo avvertimento riguardo ai possibili danni che l’imposta sulla patrimoniale potrebbe causare al nostro Paese.

Per Colombo Clerici la patrimoniale si riduce nei fatti ad un’imposta immobiliare, che ha come effetto quello di generare “una discriminazione sociale e civile intollerabile fra categorie di risparmiatori e di investitori economici aventi tutti una pari dignità e una pari funzione sociale”.

Un altro rischio evidente rappresentato dalla patrimoniale riguarda la sua frequente associazione a problematiche quali l’evasione e l’elusione fiscale, con tutte le implicazioni negative collegate ai toni punitivi punitivi e colpevolizzanti del giustizialismo fiscale e sociale.

Per il presidente di Assoedilizia si tratta invece di una “ricchezza rappresentata da risparmi – quindi redditi, magari accumulati da generazioni, sui quali si son pagate le relative tasse, anche patrimoniali laddove siamo in presenza di passaggi successori ”.

La patrimoniale rischia di avere un vero e proprio effetto depressivo sull’economia e sulle famiglie italiane: “La sensazione dominante presso le famiglie risparmiatrici, sottoposte quotidianamente alla doccia scozzese delle proposte più’ disparate e fantasiose che vengono riportate dalla stampa, non e’ solo quella di trovarsi ‘tra color che son sospesi’,ma soprattutto di sentirsi di fatto ingiustamente e vanamente impoveriti da una prospettiva fiscale ineluttabile, della cui entità peraltro non v’e’ certezza.”

Per Clerici la patrimoniale appare piuttosto come un ostacolo al un rilancio della crescita economica dell’Italia: “chiediamo ai commercianti, agli artigiani, agli operatori turistici, alle agenzia immobiliari, insomma a tutti coloro che hanno a che fare con le spese e gli investimenti delle famiglie e ci diranno della crescente contrazione dei consumi da parte dei nostri connazionali”.

A.C.