La spending review è legge

La spending review non è più un decreto ma una legge.

La Camera, con una votazione di 371 favorevoli, 86 contrari e 22 astenuti, ha dunque dato l’ok definitivo, dopo che il testo era passato al Senato.

Questo provvedimento porterà, come principale risultato, il congelamento dell’Iva, anche se, per ottenerlo, sono stati fatti tagli, considerati “generici” dal sottosegretario all’Economia Gianfranco Polillo, che però destano preoccupazioni e dubbi soprattutto da parte delle Regioni e degli amministratori locali.
Per loro, infatti, più che una revisione della spesa, questa nuova legge assomiglia molto ad un’altra manovra.

I tagli degli organici pubblici, a dire il vero, hanno sollevato le proteste dei sindacati, in particolare di Cgil e Uil, che hanno già indetto uno sciopero per fine settembre. Anche se si sono dati appuntamento fuori dall’Aula di Montecitorio con tanto di mannaie per simboleggiare quanto grave sarà la conseguenza di questo decreto sul lavoro pubblico.
Polillo, però, più che con le mannaie promette che, nei prossimi mesi si lavorerà con il bisturi, con Enrico Bondi in prima linea in qualità di supercommissario all’economia.

Dopo la pausa estiva, i primi obiettivi su cui lavorare saranno i dossier Amato (finanziamenti ai partiti e permessi sindacali) e Giavazzi (incentivi alle imprese), anche se non saranno tralasciati riordino delle agevolazioni fiscali e nuova revisione della spesa degli enti locali.

Vera MORETTI

Spending review, ma che bel grattacapo!

di Davide PASSONI

Ci avevano fatto credere che la spending review avrebbe tagliato miliardi e miliardi di sprechi, ma adesso i nodi vengono al pettine. Nel weekend il ministro Giarda aveva parlato a Radio Vaticana (che tempismo, in questo periodo…), dicendo che, in ottica di spending review, “la massa di spesa che oggi è sotto attenzione è di circa un centinaio di miliardi di euro, diviso tra Stato, enti previdenziali, regioni ed enti locali; è la parte di spesa che è stata valutata come potenzialmente aggredibile nel breve periodo“.

Tutti a dire: wow, 100 miliardi di tagli, era ora. Alt! Cento miliardi sotto attenzione, dai quali, stando sempre al governo, se ne raggranelleranno poco più di 4 dai tagli. Bravissimi i membri di questo governo a scombinare le carte quando comunicano qualcosa: meglio dei politici più scafati. Robetta, comunque, i 4 miliardi, ma nulla di diverso rispetto a quanto anticipato nelle scorse settimane tanto da Giarda quanto dal commissario straordinario Enrico Bondi, che ieri ha presentato il cosiddetto “cronoprogramma” per la razionalizzazione di spese e servizi, raccontando di aver intrapreso un’analisi degli strumenti di controllo dei prezzi negli acquisti di beni e servizi da parte della Pa. I primi risultati dell’analisi suggeriscono la possibilità di una serie di azioni per realizzare un sistema di acquisto integrato e performante, in grado di ottimizzare il prezzo unitario di acquisto.

Ma dai! Geniale. Visto che ogni ministero, ogni Asl, ogni comune compra per i fatti suoi spendendo dove e come peggio crede i soldi di noi contribuenti, integrare le piattaforme di acquisto per spuntare prezzi migliori e, magari, tagliar fuori gli amici degli amici dal magna magna ci sembra un’operazione di elementare economia domestica, da padri di famiglia. Mica da professori e commissari.

Ma mica si interverrà subito, nooo. Il comitato interministeriale sarà riconvocato per il 12 giugno, quando saranno disponibili i risultati della spending review interna effettuata da ciascun ministero per la quale ciascun ministro deve proporre un progetto che contenga sia gli interventi di revisione e riduzione della spesa, sia le misure di razionalizzazione organizzativa e di risparmio per gli esercizi futuri. Poi si analizzerà, si discuterà, e intanto saremo a metà 2012, con davanti meno di un anno prima delle prossime elezioni politiche. Siamo sicuri che quel minimo di tagli previsto lo riusciranno a fare, come dicono, entro la fine di giugno? Di sicuro non quelli alle tasse, per quelli c’è tempo, c’è tempo… Anzi, lo hanno già detto: o si taglia subito, o i due punti di Iva in più a ottobre non ce li leva nessuno. E quindi… tasse!

Spending review o spending ciofeca?

di Davide PASSONI

Viva, viva la spending review. Tanto promessa, tanto sperata, tanto invocata, alla fine è arrivata. E, come temevamo, si è trattato più di una spending ciofeca che di una spending review. La bozza del decreto legge sulla revisione di spesa prevede infatti un risparmio di 4,2 miliardi di euro. Non siamo bravissimi in matematica, ma su un totale di spesa pubblica che ammonta a, malcontati, 730 miliardi all’anno, siamo nell’ordine di tagli per lo zero e rotti per cento. Bruscolini.

Il bello è che il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Catricalà ha annunciato in pompa magna che entro 15 giorni dalla sua nomina, il commissario per l’acquisto di beni e servizi della pubblica amministrazione, Enrico Bondi, presenterà un programma al Consiglio dei ministri con un piano di tagli pari a circa 2,1 miliardi di euro, dei 4,2 di cui sopra. Tanta roba.

E il colpo di teatro? Dal taglio degli sprechi saranno esclusi “la Presidenza della Repubblica, la Corte costituzionale e il Parlamento“. Ossia, tre dei principali focolai di spreco dello stato. Certo, nessuno chiede che i 300 e rotti miliardi di euro impegnati ogni anno per stipendi e pensioni siano tagliati. Ma una razionalizzazione dei centri di costo e di acquisto, per esempio, della sanità? Unificare ordini e acquisti per i beni e i servizi destinati ai Ministeri? Vediamo se scaturiranno da questo passaggio della bozza, secondo la quale nel programma di tagli rientrano “tutte le amministrazioni, autorità, anche indipendenti, organismi, uffici, agenzie o soggetti pubblici comunque denominati, gli enti locali, nonché le amministrazioni regionali sottoposte a piani di rientro dal disavanzo sanitario per le voci relative alla spesa sanitaria“. E poi, ministeri, occhio: entro il 31 maggio tocca presentare la propria relazione sui tagli di spesa. E se vogliamo, possiamo dar loro una mano. Il Governo, infatti, chiede aiuto ai cittadini per segnalare gli sprechi: cliccate qui e compilate il modulo. Ne vedremo delle belle, pensiamo…

Certo che, leggendo la bozza quando recita che dovrà essere garantita una “riduzione in termini monetari per la spesa per l’acquisto di beni e servizi” tramite una “più adeguata utilizzazione delle procedure espletate dalle centrali di acquisto e una più efficiente gestione delle scorte“, viene da sorridere. Se davvero si riuscisse a fare questo, altro che 2,1 miliardi! Il sospetto è che la volontà di tagliare ci sia, ma manchi la forza. La forza non politica che questo governo dovrebbe avere, visto il suo continuo considerarsi slegato dalle logiche di palazzo. Questo palazzo, invece, continua a far sentire il suo peso, eccome. Tant’è vero che, e lo ripetiamo perché si capisca bene, dai tagli sono esclusi “la Presidenza della Repubblica, la Corte costituzionale e il Parlamento“.

Lo sappiamo, siamo incontentabili. Non si può avere tutto subito, da qualche parte bisogna cominciare a tagliare, l’importante è dare un segnale, qualcosa è meglio che niente, bla bla bla… Peccato che ormai il segnale sia quello di allarme rosso e il qualcosa promesso sia quasi niente. Senza contare che lo Stato vuole tutto e subito da noi contribuenti, per il resto… il paradiso può attendere. Non è più ora di tagliare per gradi, ci vuole decisione. E 4,2 miliardi, ci scusi professor Monti, non sono quello che l’Italia si aspetta dai tagli alla spesa.