INT chiede la proroga del modello 770

Riccardo Alemanno, presidente dell’Istituto Nazionale Tributaristi, ha inviato una lettera al Sottosegretario al Ministero dell’ Economia e delle Finanze Enrico Zanetti, con la richiesta della proroga del modello 770/2015.

Queste le parole usate da Alemanno: “La presente per richiedere la proroga della scadenza dell’ invio del modello 770-2015 al 20 settembre c.a. al fine di avere più tempo per la compilazione che, con l’attuale scadenza, si va a sovrapporre ad un periodo estremamente impegnativo collegato al modello Unico ed agli studi di settore. Peraltro la proroga dell’invio del modello 770, dichiarazione riepilogativa non collegata a contestuali versamenti, non comporterebbe oneri per lo Stato e quindi non avrebbe impatti negativi sulle finanze pubbliche“.

Il presidente di INT ha inoltre riproposto a Zanetti, ospite alla Convention di Roma di Confassociazioni di cui Alemanno è Vice Presidente vicario, il tema dell’abolizione del modello 770 semplificato: “vorrei porre alla Sua attenzione anche il tema dell’ abolizione del predetto modello dichiarativo semplificato. L’abolizione del 770 semplificato non comporterebbe problemi in tema di controllo in quanto, dato l’obbligo di Certificazione Unica anche per i redditi da lavoro autonomo e non solo per quelli da lavoro dipendente ed essendo già in possesso dell’Amministrazione finanziaria i pagamenti di ritenute e contributi effettuati tutti con mod. F24 telematico, la stessa avrebbe comunque i dati necessari per l’esecuzione dei controlli“.

Vera MORETTI

Vecchio regime dei minimi fino al 30 gennaio 2015

Come sempre accade in Italia, sulle questioni tributarie e fiscali si fanno sempre dei grandi polveroni. Non sfugge a questa regola neppure la telenovela sul nuovo regime dei minimi.

Il passaggio a una tassazione agevolata triplicata al 15% dal vecchio 5% ha spinto il ministro del Lavoro Poletti a gettare acqua sul fuoco, anziché benzina: “Sugli aspetti fiscali del nuovo regime dei minimi – ha detto – sarà il ministero dell’Economia a predisporre opportune modifiche, mentre per gli aspetti previdenziali confermo e mi impegno ad adottare i necessari interventi. Posso anticipare la mia intenzione di incontrare le associazioni e le figure professionali interessate da questo provvedimento nei prossimi giorni per superare i profili critici”.

E, dopo che il premier Renzi ha parlato di “clamoroso autogol”, ecco la possibilità di rientrare nel vecchio regime dei minimi entro il 30 gennaio 2015 a patto che, assicura l’Agenzia delle Entrate, si posseggano i requisiti soggettivi e oggettivi, si chieda di potersi avvalere del regime agevolato previsto dal dl n.98/2011 abrogato dalla Legge di Stabilità 2015 (art.1, comma 85, lettera b, legge n. 190/ 2014) e si dichiari come data di inizio attività il 31 dicembre 2014.

Infatti la legge consente di rientrare nel vecchio regime dei minimi in quanto prevede 30 giorni di tempo per i soggetti che intraprendono l’esercizio di un’impresa per darne comunicazione all’Agenzia delle Entrate. Si tratta dell’art. 35 del dpr n. 633/1972, che lascia così una scappatoia grazie alla quale evitare il nuovo regime dei minimi per le attività avviate il 31 dicembre 2014. 

Quello che tutto il mondo professionale si aspetta è però una revisione delle aliquote dei professionisti iscritti nella gestione separata che per il 2015 hanno subito l’impennata vergognosa; se non all’aliquota del vecchio regime dei minimi, al massimo a un 10%. Magari già negli emendamenti che saranno presentati al decreto Milleproroghe, in occasione del quale il sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti (che già si era battuto per lasciare le vecchie aliquote) ha proposto la proroga del vecchio regime dei minimi anche per il 2015.

 

Quello che è certo è che sul nuovo regime dei minimi si è consumata una delle figure peggiori di un esecutivo che, al netto delle enormi difficoltà nelle quali si è trovato a operare, non ha sempre brillato per lungimiranza nei confronti dei professionisti.

Crediti PA, gli ingegneri incontrano l’Abi

Quello dei debiti e dei crediti PA è un cancro del quale ogni tanto ci si dimentica di parlare, ma che continua a corrodere e far morire imprese e professionisti. Tra questi ultimi, gli ingegneri sono molto sensibili al problema, tanto che mercoledì 3 dicembre incontreranno l’Abi, l’Associazione Bancaria Italiana, per fare il punto sullo stato dell’arte dei crediti PA.

Circa un mese fa Armando Zambrano, Presidente del Consiglio Nazionale degli Ingegneri (Cni), aveva denunciato il fatto che le banche non vogliono i crediti PA, dando voce alle segnalazioni inviate dai professionisti. Ora anche il sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti ha preso atto del fatto che la cessione alle banche dei crediti PA fatica a partire, per due motivi principali: il primo riguarda la possibilità, da parte della PA, di effettuare verifiche ed eventualmente bloccare i crediti PA ceduti al fine di accertare eventuali inadempienze contributive; il secondo è connesso ad alcune criticità della piattaforma elettronica, tra cui l’impossibilità di tracciare gli eventuali rifiuti della PA, debitrice sui crediti ceduti. Il Sottosegretario ha preso atto della necessità di affrontare e risolvere queste problematiche.

Armando Zambrano ha commentato: “Prendiamo atto con soddisfazione della posizione espressa dal Sottosegretario Zanetti che dimostra di avere piena coscienza della problematica e condivide con noi del Cni la necessità di un intervento. Da parte nostra, al fine di trovare una soluzione, abbiamo programmato un incontro con l’Abi”.

Avvicinamento tra commercialisti e Ministero dell’Economia

L’incontro avvenuto tra Gerardo Longobardi, presidente dei Commercialisti Italiani, ed Enrico Zanetti, sottosegretario all’Economia, sembra abbia portato ad uno scambio proficuo e valido, considerando anche le prospettive future.

All’incontro erano presenti anche il consigliere nazionale dei commercialisti, Andrea Foschi e i rappresentanti dell’ufficio legislativo del ministero della Giustizia.

Longobardi ha spiegato così l’incontro: “Abbiamo sottoposto al sottosegretario Zanetti le questioni al momento per i Commercialisti più rilevanti in materia di revisione. E’ urgente per noi trovare innanzitutto una soluzione al problema del disallineamento tra i 18 mesi previsti per il tirocinio da Commercialista e i 36 previsti invece per accedere all’attività di Revisore legale dei conti, per evitare che esso possa comportare un appesantimento della prova d’esame d’abilitazione alla professione di Commercialista. Si tratta di una situazione sulla quale ai giovani professionisti va fornito un chiarimento definitivo in tempi ragionevoli. Il sottosegretario Zanetti ci ha garantito che sono allo studio soluzioni praticabili”.

Durante questo confronto si è parlato anche di formazione continua, revisori inattivi e controllo della qualità, nei confronti dei quali sembra ci sia un’apertura a seguito delle richieste dei commercialisti.

A questo proposito, Zanetti ha garantito che i corsi frequentati dai commercialisti in merito verranno riconosciuti anche ai fini dell’obbligo di formazione continua previsto per gli iscritti al Registro dei Revisori.

Dialogo aperto anche in materia di controllo di qualità. Per Longobardi “nelle verifiche di qualità sarebbe opportuno avvalersi delle competenze tecniche e dell’adeguata formazione professionale dei commercialisti. Un aspetto, questo, che il Mef non affronterà nell’immediato, ma sul quale mi sembra di poter dire ci siano spazi per un confronto”.

Vera MORETTI

Nuova missiva di Alemanno a Padoan

La lettera scritta da Riccardo Alemanno, presidente dell’Istituto Nazionale Tributaristi, al ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan e al sottosegretario Enrico Zanetti relativi al caos Tasi che, ahimè, sta diventando sempre più incalzante per i contribuenti, non ha sortito l’effetto desiderato.

Per questo, il presidente INT ha deciso di indirizzare al ministro un’ulteriore missiva nella quale ha voluto manifestare la sua profonda amarezza per una proroga che “solo per alcuni contribuenti mitiga il caos creatosi attorno al nuovo tributo/tassa”, colpevole di creare una forte discriminazione “nei confronti di chi possiede immobili nei comuni che hanno deliberato entro i termini previsti, mi spiace pertanto constatare, ancora una volta, che nel nostro Paese non sempre chi rispetta le regole viene poi premiato o quanto meno non penalizzato“.

Nella sua nuova lettera, Alemanno ha anche aggiunto una nuova richiesta, relativa al versamento dell’acconto Tasi con scadenza il 16 giugno, ovvero la non applicazione delle sanzioni per differenze tra il versato ed il dovuto se tali differenze vengano sanate con versamento entro il 16 settembre / ottobre.

Il numero uno dell’Istituto Nazionale Tributaristi ha inoltre aggiunto: “Anche se ormai sono molti anni che devo affrontare problematiche spesso paradossali in ambito tributario, continuo a non volere cedere all’amarezza ed allo sconforto di norme che sembrano emanate ed applicate da chi non conosce la realtà del Paese. Continuerò a stigmatizzare certe situazioni, fornendo però alternative che possano evitare al contribuente ulteriori difficoltà e costi. Nei giorni scorsi ho scritto su un social network ad una collega amareggiata e rassegnata che bisogna resistere sempre rassegnarsi mai, forse proprio dai colleghi e dal senso di responsabilità derivante dal mandato a rappresentarli deriva la volontà di non abbattersi, nonostante ci sia chi ce la metta proprio tutta per riuscire a farlo“.

Vera MORETTI

Nessun rinvio per il Pos professionisti

Nessun rinvio per il provvedimento che prevede l’obbligo di utilizzo del Pos per i professionisti.
Dall’1 gennaio, dunque, come deliberato dalla Legge di Stabilità, entrerà in vigore la norma, nonostante le proteste arrivate da tutte le categorie di professionisti.

Enrico Zanetti, vicepresidente della Commissione Finanze della Camera, aveva chiesto di far slittare la data di entrata in vigore della legge all’1 gennaio 2015, ma, anche ora che ha visto bocciata la sua richiesta, ha annunciato: “l’emendamento è stato giudicato inammissibile per ragioni idiote. Abbiamo fatto ricorso ed abbiamo appena avuto notizia che è stato respinto per le stesse ragioni già commentate. Spero solo che sia perché eravamo gli unici ad essersene preoccupati e che il Governo preferisca poi assumersene la paternità con un intervento “di revisione” nei prossimi giorni, per non lasciare solo a noi la vittoria politica“.

Contrari anche, come detto, gli Ordini professionali degli Ingegneri e degli Architetti, e i sindacati di categoria, per i quali l’utilizzo di tale metodo di pagamento “poco si concilia con importi delle prestazioni professionali normalmente superiori ai 1.000 euro“, come dichiarato anche da InarSind (Sindacato Ingegneri Architetti Libero Professionisti).
Federarchitetti ha inoltre annunciato che la categoria, vista la crisi dell’edilizia, è pronta ad astenersi per protesta dall’attività professionale se il Governo confermerà l’obbligo di POS a partire da gennaio 2014.

Se non c’è stato alcun rinvio, la Commissione Bilancio della Camera sta però votando gli emendamenti alla Legge di Stabilità, tra i quali anche un altro emendamento relativo all’obbligo di POS per i professionisti: quello presentato da Rete delle Professioni Tecniche (RPT) che propone alcune modifiche volte ad esonerare dall’obbligo alcune categorie di professionisti, sulla base di determinati criteri:

  • i professionisti che realizzano meno del 50% del proprio fatturato da prestazioni erogate ai consumatori finali;
  • i professionisti che accettano il pagamento differito attraverso altri strumenti bancari, ad esempio a seguito di emissione di parcella o avviso di parcella con le coordinate bancarie del professionista;
  • i professionisti che recepiscono un numero limitato di pagamenti, ad esempio meno di due al mese.

Vera MORETTI

I Commercialisti propongono una riforma fiscale radicale

Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili ha approvato il Manifesto dei commercialisti per una riforma radicale del Fisco. Sono quattro le linee d’azione prioritarie indicate nel documento che verrà consegnato al Ministero dell’Economia: regole certe nei rapporti tra fisco e contribuenti; maggiore fermezza contro l’evasione, purché ci sia anche un nuovo processo tributario, affidato a uomini e competenze professionali reali; un prelievo fiscale equo, efficiente e coerente; un federalismo in cui conti l’autonomia finanziaria piuttosto che l’autonomia impositiva. Un documento, quello dei commercialisti, nel quale sono elencate anche le condizioni pregiudiziali per la reale praticabilità della riforma e gli obiettivi fondamentali da perseguire.

Le condizioni: i commercialisti ritengono innanzitutto che una radicale rivisitazione del sistema fiscale vada subordinata a cinque condizioni che sono altrettanti no. No ad una riforma priva dei presupposti sociali e politici per durare a lungo e sì, invece, ad un percorso condiviso da tutte le parti sociali e dalle forze politiche di maggioranza e opposizione, per evitare che ciò che viene fatto dalle prime venga poi “smontato” dalle seconde. No ad una riforma in cui le logiche di gettito prevalgano sugli obiettivi socio-economici di fondo. No ad una riforma “tela di Penolope”, che blocchi, fino al suo completamento, interventi immediati di riduzione o modificazione del prelievo su famiglie, imprese e professionisti. No ad una riforma che dimentichi la necessità di una semplificazione normativa. No, infine, ad una riforma che possa giustificare nuovi condoni fiscali, con i quali chiudere eventualmente con il pregresso.

Le linee d’azione prioritarie e gli obiettivi fondamentali: il documento elenca anche alcune linee d’azioni prioritarie dalle quali discendono gli obiettivi fondamentali da perseguire per un fisco migliore. Per i commercialisti vanno innanzitutto garantite regole certe per rilanciare la fiducia, elevando a norma di rango costituzionale lo Statuto del contribuente, costruendo un nucleo di principi certi e indisponibili dallo stesso Governo di turno, creando, come in molti Paesi, un’autorità indipendente che vigili sulle norme fiscali e affrontando la questione dell’”abuso del diritto”. Serve poi maggiore fermezza nella lotta all’evasione, dando priorità al nuovo redditometro (uno strumento da perfezionare e informatizzare), premiando la trasparenza finanziaria e accentuando la lotta ai paradisi fiscali. Tutto ciò senza però dimenticare la giustizia tributaria, evitando di pensare solo alla riscossione dei tributi. Il sistema tributario, scrivono i commercialisti, deve funzionare anche quando il rapporto tra fisco e contribuenti sfocia in contenzioso. Serve dunque anche una riforma della giustizia tributaria, con un nuovo processo tributario, affidato a uomini con le opportune professionalità. Per costruire un prelievo fiscale equo, efficiente e coerente, va riequilibrata la tassazione tra redditi patrimoniali e redditi produttivi, distinguendo accumulo e risparmio per incentivare la capitalizzazione delle imprese. I commercialisti chiedono anche di abolire l’Irap, imposta iniqua e distorsiva, e di premiare fiscalmente le imprese che danno lavoro. Infine, il capitolo dedicato al federalismo. Per il Consiglio nazionale della categoria esso deve enfatizzare l’inversione dei flussi di cassa rispetto al potere di creare tributi. Ciò che conta, in sostanza, è rendere regioni ed enti locali titolari del gettito prodotto dai loro territori, trasformando i trasferimenti erariali in entrate proprie.

I delegati ai tavoli per la riforma: i quattro delegati dei commercialisti ai tavoli sulla riforma fiscale sono il presidente della categoria Claudio Siciliotti (Bilancio pubblico), Enrico Zanetti, Capo Ufficio Studi della Presidenza del Consiglio Nazionale dei commercialisti (Economia non osservata), Gianpaolo Valente, Segretario Generale dell’Istituto di Ricerca dei commercialisti (Erosione fiscale) e il consigliere nazionale Roberto D’Imperio (Sovrapposizione).

Laura LESEVRE