Ristori enti Terzo settore, si può presentare domanda da lunedì 29 novembre

In arrivo i ristori per gli enti non profit. Si potrà presentare da lunedì 29 novembre 2021 la domanda per gli aiuti agli enti del Terzo settore (Ets). La piattaforma telematica per l’invio delle istanze sarà a disposizione fino all’11 dicembre.

Ristori agli enti non profit, il decreto interministeriale del 26 novembre 2021

Si tratta di risorse da destinare agli enti che ne faranno richiesta dal Fondo straordinario degli enti del Terzo settore. Il decreto interministeriale che ha fissato gli aiuti da ripartire è stato firmato nella giornata di ieri, venerdì 26 novembre. I ristori andranno a sostenere gli enti non profit che, per l’emergenza sanitaria ed economica conseguente alla Covid-19, abbiano dovuto interrompere le proprie attività istituzionali.

Ristori agli enti non profit, quante risorse?

In tutto saranno 230 milioni di euro da destinare agli enti del Terzo settore. Venti milioni andranno agli enti non commerciali che rientrano nelle attività socio-sanitarie e socio-assistenziali. I ristori verranno assegnati agli enti sulla base delle domande che verranno presentate, nei limiti delle risorse assegnate. Per gli enti che abbiano dichiarato entrate per oltre 100 mila euro, l’entità del ristoro verrà aumentata del 30%.

Quali enti non profit possono presentare domanda dei ristori?

Gli enti che possono presentare domanda sono:

  • le Onlus;
  • le organizzazioni di volontariato;
  • le associazioni di promozione sociale (Aps).

Ciascun ente deve risultare iscritta nei registri in data anteriore rispetto al 25 dicembre 2020.

Come presentare la domanda di ristori per gli enti non profit?

La domanda dei ristori potrà essere presentata dagli enti del Terzo settore dal 29 novembre a sabato 11 dicembre 2021. Per inoltrare l’istanza è necessario utilizzare la piattaforma dedicata sul portale Servizi lavoro “Ristori enti terzo settore“. Il ministero del Lavoro, a completamento delle domande, individuerà  sia gli enti che potranno beneficiare dei ristori che l’ammontare spettante a ciascuna associazione.

Contributi a fondo perduto perequativo: i requisiti

Con la circolare 227357 del 4 settembre 2021 l’Agenzia delle entrate ha individuato gli specifici campi delle dichiarazione dei redditi per poter determinare gli ammontari dei risultati di esercizio. I periodi delle dichiarazione dei redditi sono inerenti ai periodi di imposta al 31 dicembre 2019 e al 31 dicembre 2020. I dati sono necessari per il riconoscimento dei contributi a fondo perduto perequativo.

Contributi a fondo perequativo: i riferimenti del decreto Sostegni bis

Nella circolare dell’Agenzia delle entrate si fa riferimento ai contributi a fondo perduto a favore degli operatori economici colpiti dall’emergenza epidemiologica da Covid-19. In particolare, i contributi a fondo perduto sono quelli inerenti ai commi dal 16 al 27 dell’articolo 1 del decreto legge numero 73 del 25 maggio 2021 (decreto “Sostegni bis“). Il decreto è stato poi convertito dalla legge numero 106 del 23 luglio 2021.

I requisiti richiesti dal Sostegni bis per richiedere i contributi a fondo perduto

Nel dettaglio, l’erogazione dei contributi a fondo perduto sono a favore degli esercenti attività di impresa, arte o professione o produttori di reddito agrario. Tra i requisiti è richiesto il possesso della partita Iva e la residenza o stabilità nel territorio dello Stato. In merito a quanto richiede il decreto sui periodi di imposta, è necessario che nel periodo precedente al periodo in vigore del decreto “Sostegni bis” (il 2020) l’impresa richiedente non abbia conseguito un ammontare di compensi o di ricavi superiore ai 10 milioni di euro.

Il requisito del peggioramento del risultato economico d’esercizio

L’individuazione degli specifici campi delle dichiarazioni dei redditi serve a determinare il peggioramento del risultato economico d’esercizio per l’emergenza sanitaria. In particolare, il peggioramento deve essere relativo “al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2020 rispetto a quello inerente al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2019, in misura pari o superiore alla percentuale definita con decreto dal ministero dell’Economia e delle Finanze”. Tale percentuale è ancora in corso di definizione e verrà adottata con decreto del ministero dell’Economia e delle Finanze.

Allegato ‘A’ dei campi delle dichiarazione dei redditi della circolare Agenzia entrate 227357 del 4 settembre 2021

I campi delle dichiarazioni dei redditi indispensabili per determinare gli ammontari dei risultati economici d’esercizio ai fini del riconoscimento del contributo a fondo perduto perequativi si trovano nell’allegato “A” della circolare numero 227357 del 4 settembre 2021. In particolare, per il reddito agricolo si fa riferimento, sia per il 2019 che per il 2020, al reddito agrario imponibile del modello 730. Il dettaglio dei puntamenti si ritrova nell’allegato A.

Contributi a fondo perduto perequativo per le persone fisiche

Per quanto concerne le dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche è necessario distinguere la tipologia di reddito. Nel dettaglio:

  • per il reddito agrario è necessario far riferimento al reddito agrario imponibile sia nell’anno di imposta del 2019 che del 2020;
  • analogamente per le persone fisiche in contabilità ordinaria e contabilità semplificata, per i due anni, si fa riferimento al reddito d’impresa analitico al lordo delle perdite;
  • sui redditi dei lavoratori autonomi vige la differenza, ovvero il reddito di lavoro autonomo analitico al lordo delle perdite;
  • per le attività di lavoro autonomo e di impresa in regime di vantaggio o forfettari ad aliquota sostitutiva si considera il reddito al lordo delle perdite;
  • sul reddito di allevamento di animali, di produzione di vegetali e di attività agricole connesse si prende in esame il reddito d’impresa forfettario al lordo delle perdite.

Società di persone, i redditi da considerare per ottenere il fondo perduto perequativo

Per le società di persone che vogliano beneficiare dei contributi a fondo perduto per le perdite subite a causa del coronavirus, si distinguono:

  • le società a contabilità ordinaria, semplificata e in regime di Tonnage tax per le quali si considera il reddito d’impresa al lordo delle perdite per il 2019 e 2020;
  • per le attività di lavoro autonomo il reddito analitico;
  • sugli allevamenti di animali, produzione di vegetali e attività agricole connesse il reddito d’impresa forfettario al lordo delle perdite;
  • sulle società agrarie il reddito agrario imponibile.

Dichiarazione dei redditi Enti non commerciali ai fini del fondo perduto perequativo

I redditi degli enti non commerciali ai fini della richiesta degli aiuti a fondo perduto riguardano per il 2019 e 2020:

  • il reddito degli enti a contabilità ordinaria, semplificata e contabilità pubblica va preso al lordo delle perdite;
  • nel caso di lavoro autonomo si considera il reddito analitico al lordo delle perdite;
  • per gli enti che hanno reddito da allevamenti di animali o da produzione di vegetali e attività agricole connesse si fa riferimento al reddito di impresa forfettario al lordo delle perdite;
  • dei redditi agrari degli enti non commerciali si prende il reddito imponibile.

Richiesta contributi a fondo perduto per le società di capitali

Per la richiesta dei contributi a fondo perduto delle società di capitali, i redditi da considerare per il 2019 e 2002 sono:

  • nel caso di reddito di impresa, si considera l’analitico al lordo delle perdite;
  • le società sportive dilettantistiche devono considerare il reddito forfettario al lordo delle perdite;
  • per il regime di Tonnage tax si considera il reddito d’impresa forfettario al lordo delle perdite.

Dichiarazione redditi, ecco i modelli

Ora è fatta, l’Agenzia delle Entrate ha approvato i rimanenti modelli per dichiarazione redditi che ancora restavano sospesi: Irap 2015, Unico 2015 Persone Fisiche (PF), Società di capitali (Sc), Società di persone (Sp), Consolidato nazionale e mondiale (Cnm), Enti non commerciali (Enc).

Un tour de force concluso grazie all’approvazione di diversi provvedimenti per la dichiarazione redditi da parte del direttore delle Entrate il 30 gennaio. Alcune delle principali novità riguardano il modello Unico Pf 2015, nel quale trovano spazio il bonus Irpef riconosciuto in busta paga ai lavoratori dipendenti con reddito complessivo non superiore a 26mila euro, la detrazione del 19% per giovani agricoltori under 35 e l’Art-Bonus.

Inoltre, all’interno dei modelli per la dichiarazione redditi Unico Enc e Sp, gli enti non commerciali e le società semplici che decidono di effettuare erogazioni liberali a favore della cultura utilizzano anch’esse l’Art-Bonus per ridurre l’Ires dovuta (Unico Enc) o da trasferire ai soci (Unico Sp).

L’esenzione Imu per gli enti non commerciali

Il pagamento dell’Imu relativamente ad enti non commerciali era stato discusso varie volte, ma sempre lasciando qualche dubbio circa i margini di applicazione.

Se, stando alle pronunce della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale, l’esenzione per gli enti non commerciali si applica a condizione che l’immobile sia posseduto e utilizzato per attività meritevoli direttamente dallo stesso ente non commerciale, il Mef ha stravolto questo orientamento concludendo che l’esenzione Imu si applica nel caso di immobili concessi in comodato a titolo gratuito ad altri enti dello stesso tipo.

Secondo il Mef, infatti, l’elemento decisivo per l’applicazione o meno dell’Imu è la presenza di un reddito determinato dall’immobile, che nel caso del comodato a titolo gratuito non sussiste.
Ciò che conta, per il Ministero, è la gratuità della concessione, e quindi la non formazione di reddito in capo all’ente.

Questo è un caso, inoltre, che non ha nulla a che vedere neppure con gli immobili dati in locazione: se, infatti, quest’ultima prevede la determinazione di un reddito ed esclude l’applicabilità dell’esenzione, nel caso del comodato gratuito non si genera alcun reddito in capo all’ente, e pertanto l’esenzione si applica.

Ovviamente l’ente utilizzatore non deve pagare l’Imu perché non è soggetto passivo, ma deve fornire all’ente non commerciale che gli ha concesso l’immobile, tutti gli elementi necessari per consentirgli l’esatto adempimento degli obblighi tributari sia di carattere formale che sostanziale.

L’esenzione rappresenta il giusto riconoscimento del valore sociale apportato dagli enti no profit attivi in settori particolarmente delicati della vita dei cittadini.
È proprio il carattere non lucrativo l’elemento che giustifica l’esenzione, e che tra l’altro, esprimendosi in termini di umanizzazione, costituisce un ritorno nelle tasche dei cittadini.

E’ pertanto la natura del contratto di comodato e la sua non onerosità a consentire al ministero di giustificare l’esenzione Imu. Restano ovviamente soggetti a tassazione gli immobili locati in quanto l’affitto rappresenta un reddito e una fonte di ricchezza che è oggettivamente incompatibile con gli obiettivi che le norme sull’esenzione dall’Imu tutelano.

Vera MORETTI

Esenzione Imu per gli Enc

La scadenza del 4 febbraio relativa all’Imu non riguarda gli enti non commerciali.

Per gli Enc è infatti prevista una dichiarazione unica e riepilogativa di tutti gli elementi rilevanti ai fini dell’esenzione.
Dall’1 gennaio, infatti, l’esenzione dall’imposta viene applicata in proporzione all’utilizzo non commerciale dell’immobile, che comunque deve risultare da un’apposita dichiarazione.

Se nel 2012 l’esenzione valeva solo per gli immobili interamente destinati ad attività non commerciali, nel 2013 viene invece rispettato il criterio dell’imposta proporzionale.
Ciò significa che vengono tassate solo le aree impiegate per le attività commerciali.
La nuova esenzione sembra quindi semplificare gli adempimenti dei contribuenti, soprattutto perché evita agli enti non commerciali l’invio di due dichiarazioni.
Gli Enc dovranno attendere l’approvazione dell’apposito modello.

Inoltre, occorre ricordare che le fondazioni bancarie non rientrano tra gli enti che possono fruire delle esenzioni Imu.

Vera MORETTI

I requisiti degli enti non commerciali per non pagare l’IMU

Per quanto riguarda il pagamento dell’Imu, è stato deciso che gli enti non commerciali non sono tenuti a saldarlo, ma devono avere requisiti ben precisi:

  1. attività assistenzialirelative alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti ed a pagamento, o di prestazioni economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno e di difficoltà che la persona umana incontra nel corso della sua vita” escluse quelle di carattere sanitario, previdenziale obbligatorio e giudiziario;
  • attività sanitarie: sono quelle dirette ad assicurare i livelli essenziali di assistenza.

Per entrambe le categorie l’esenzione è valida se vengono effettuate con modalità non commerciali quando sono accreditate e contrattualizzate o convenzionate con lo Stato, le Regioni o gli enti locali e sono svolte in modo complementare o integrativo al servizio pubblico, secondo la normativa statale e regionale vigente, e quando prestano all’utenza servizi gratuiti, salvo gli importi di partecipazione alla spesa previsti dalla legge.

Se le attività non sono accreditate e contrattualizzate o convenzionate si ritengono effettuate con modalità non commerciali se sono svolte a titolo gratuito “ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e, comunque, non superiore alla metà dei corrispettivi medi per analoghe attività svolte con modalità concorrenziali (quindi a scopo di lucro) nello stesso ambito territoriale, tenuto anche conto dell’assenza di relazione con il costo effettivo del servizio”.

  • attività didattiche: sono quelle dirette all’istruzione ed alla formazione. Perché l’attività didattica sia non commerciale essa deve essere paritaria rispetto a quella statale, l’ente che la svolge deve adottare un regolamento che garantisca la non discriminazione in fase di accettazione degli alunni, accogliere gli alunni portatori di handicap, applicare la contrattazione collettiva al personale docente e non docente, avere strutture adeguate agli standard previsti dalla legge, rendere pubblico il bilancio, svolgere l’attività a titolo gratuito ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e tali da coprire solo una frazione del costo effettivo del servizio;
  • attività ricettive: sono quelle che prevedono “l’accessibilità limitata ai destinatari propri delle attività istituzionali dell’ente e la discontinuità dell’apertura nonché, relativamente alla ricettività sociale (cioè quella svolta per fini di utilità sociale) quelle dirette a garantire l’esigenza di sistemazioni abitative anche temporanee per bisogni speciali (per esempio, uno sfratto oppure un periodo di soggiorno in una città dove non si risiede per assistere un parente ricoverato presso un ospedale), ovvero svolte nei confronti di persone svantaggiate in ragione di condizioni fisiche, psichiche, economiche sociali o familiari, escluse in ogni caso le attività svolte in strutture alberghiere e para alberghiere”;
  • attività culturali: sono quelle rivolte a formare e diffondere espressioni della cultura e dell’arte;
  • attività ricreative: sono quelle dirette all’animazione del tempo libero;
  • attività sportive: sono quelle rientranti nelle discipline sportive riconosciute dal Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI) svolte dalle associazioni sportive e dalle relative sezioni senza scopo di lucro.

Anche le attività ricettive, culturali, ricreative e sportive per essere svolte con modalità non commerciali devono essere effettuate a titolo gratuito ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e, comunque, non superiori alla metà dei corrispettivi medi per analoghe attività svolte con modalità concorrenziali nello stesso ambito territoriale, tenuto conto dell’assenza di relazione con il costo effettivo del servizio.

I requisiti generali a cui devono rispondere gli enti che chiedono l’esenzione sono:

  • il divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione, nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell’ente, in favore di amministratori, soci, partecipanti, lavoratori o collaboratori, a meno che la distribuzione o la destinazione non sia imposta per legge, oppure sia effettuata a favore di enti che per legge, statuto o regolamento interno, fanno parte della medesima e unitaria struttura e svolgono la stessa attività od altre attività istituzionali specificamente previste dalla legge;
  • l’obbligo di utilizzare gli utili o avanzi di gestione esclusivamente per la realizzazione delle attività funzionali a perseguire lo scopo istituzionale di solidarietà sociale, vale a dire, in parole più semplici, delle attività istituzionali;
  • l’obbligo di devolvere il patrimonio dell’ente non commerciale, nel caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad un altro ente non commerciale che svolga un’analoga attività istituzionale.

Nel caso di utilizzazione mista dell’immobile posseduto dall’ente non commerciale, cioè di utilizzo di esso sia per attività commerciali che per una o più delle attività non commerciali elencate in precedenza, l’Imu è dovuta in proporzione all’utilizzo a fini commerciali o, il che è lo stesso, l’esenzione dall’Imu spetta in proporzione all’utilizzazione dell’immobile per attività non commerciali.

Questo rapporto proporzionale è determinato “con riferimento allo spazio, al numero dei soggetti nei confronti dei quali vengono svolte le attività commerciali e quelle non commerciali e al tempo” di utilizzo dell’immobile.

Vera MORETTI

Sport dilettanti: Sconti extra per le associazioni sportive dilettantistiche

Tra gli enti non commerciali si distinguono le associazioni, tra le quali fanno parte le associazioni sportive dilettantistiche, oggetto di questa trattazione, a cui sono assegnate ancora più rilevanti benefici fiscali. Tali agevolazioni sono previste solo in relazione alle attività rese all’interno della vita associativa, mentre quelle rivolte a terzi esterni, diversi da associati o partecipanti, restano escluse.

I benefici previsti per le associazioni sportive dilettantistiche consistono nell’escludere da tassazione:

– le attività svolte nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, anche se esercitate verso il pagamento di corrispettivi specifici, purché siano realizzate in conformità alle finalità istituzionali, ossia all’oggetto sociale dell’ente, aventi cioè carattere non commerciale( in questo senso l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che le prestazioni di bagno turco e idromassaggio non possono beneficiare dell’agevolazione);
– la cessione di pubblicazioni anche a terzi non soci, dietro corrispettivo, se le stesse vengono cedute prevalentemente agli associati.

Mentre devono sempre essere considerate commerciali, anche se attuate nei confronti dei partecipanti o associati, le seguenti attività:

– cessioni di beni nuovi prodotti per la vendita;
– somministrazione di pasti;
– erogazione di acqua, gas, energia elettrica e vapore;
– prestazioni alberghiere, di alloggio, di trasporto e di deposito;
– prestazioni di servizi portuali e aeroportuali;
– gestione di spacci aziendali e di mense;
– organizzazione di viaggi e soggiorni turistici;
– gestione di fiere ed esposizioni a carattere commerciale;
– pubblicità commerciale;
– telecomunicazioni e radiodiffusioni circolari.

Sport dilettanti: Il regime fiscale degli enti non commerciali

Come anticipato, la definizione di ente non commerciale è fornita dal fisco, che si preoccupa di stabilirne l’intero sistema fiscale. Gli enti non commerciali si differenziano da quelli commerciali e dalle società, per la modalità di determinazione del reddito, simile per i primi a quello delle persone fisiche.

Il reddito complessivo, infatti, è la risultante della sommatoria di tutti i redditi, appartenenti alle diverse categorie di reddito fondiario, di capitale, di impresa e diversi, ciascuno determinato secondo la propria specifica disciplina. Dato che le attività svolte dagli enti non commerciali hanno rilevanza sociale, essi godono di un trattamento fiscale di favore, chiamato decommercializzazione, attraverso il quale alcune attività svolte dall’ente, e alcune tipologie di introiti sono esclusi da tassazione. Ad esempio i fondi ricavati da raccolte pubbliche, effettuate occasionalmente, e i contributi pubblici.

Sport dilettanti: La grande famiglia degli enti non commerciali

Le associazioni sportive dilettantistiche rientrano nella categoria degli enti non commerciali. L’unica definizione prevista, per tali soggetti, è data dal t.u.i.r., all’articolo 73 lett. c), secondo il quale si definiscono enti non commerciali quei soggetti che non svolgono, in modo esclusivo o prevalente, l’attività commerciale.

Questo non significa che essi non possano, in assoluto, svolgere alcuna attività commerciale; l’importante è che questa non diventi prevalente rispetto alle altre attività. Per capire se un ente può essere definito non commerciale, occorre analizzare il suo oggetto principale, determinato in genere dalla legge, dall’atto costitutivo, dallo statuto, o in base all’effettiva attività svolta.

Gli enti non commerciali si distinguono pertanto dai soggetti che, invece, svolgono in maniera prevalente l’attività commerciale, ossia le società e gli enti commerciali. Mentre le società sono finalizzate al raggiungimento dell’utile, per la sua successiva suddivisione tra i soci, gli enti commerciali non hanno alcun scopo di lucro.